Estate spagnola: Harmony Collezione
Di Penny Jordan
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Penny Jordan
Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.
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Anteprima del libro
Estate spagnola - Penny Jordan
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Stormy Spanish Summer
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Penny Jordan
Traduzione di Cornelia Scotti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-219-8
1
«Felicity!»
La voce senza emozione che aveva pronunciato quelle parole apparteneva a un alto e aristocratico uomo spagnolo, dai capelli neri e l’aspetto elegante. Nei suoi occhi non era comparsa la minima luce di benvenuto, anzi. Era chiaro dall’espressione del suo viso che Vidal y Salvatores, Duca di Fuentualba, non avrebbe mai visto con favore la presenza di Felicity nel suo paese. Che poi era in parte anche quello della ragazza, dal momento che il padre era spagnolo.
Spagnolo, e anche zio acquisito di Vidal.
Per affrontare quel viaggio, Felicity aveva dovuto raccogliere tutto il suo coraggio e superare notti intere trascorse a rimuginare sul passato. Non che lo avrebbe mai confessato a Vidal, tanto non sarebbe servito a ottenere comprensione da lui. Ne aveva già avuto la prova.
Un’ondata di panico le si agitò nello stomaco, per poi salire veloce fino al cuore, che iniziò a battere forte. Non doveva pensarci. Non ora, quando aveva bisogno di tutta la forza che possedeva per tenere a bada i ricordi che ancora, dopo anni, la riempivano di vergogna e orrore. Fliss sentiva intensamente la mancanza della madre, della sua forza amorevole e piena di incoraggiamento. Così come provava nostalgia per le tre amiche del cuore e d’infanzia, dato che nessuna di loro era più presente nella sua vita. Sua madre infatti era morta tanti anni prima, mentre le amiche erano state trasportate lontano dalle rispettive carriere, in luoghi molto distanti tra loro. Solo lei era rimasta nella città d’origine ed era diventata dirigente del locale Ente del Turismo. Un lavoro di responsabilità. Impegnativo.
Un lavoro che la occupava al punto da impedirle di costruire una relazione stabile e seria con un uomo?
La domanda toccava un punto nevralgico, e Felicity provò una contrazione familiare e intensa. Visto che non era affatto necessaria la sua presenza per la lettura del testamento di suo padre, forse avrebbe fatto meglio a pensare al perché avesse deciso di utilizzare una parte dell’aspettativa che aveva accumulato lavorando spesso fino a notte tarda, per andare fin laggiù. Certo Vidal avrebbe fatto volentieri a meno della sua partecipazione all’evento.
Vidal.
Se solo fosse stata capace di liberarsi del passato. Se solo non si fosse trovata avviluppata nella vergogna che l’attanagliava, e non la lasciava libera. Se solo... c’erano così tanti se nella sua vita, e quasi tutti dipendevano da Vidal.
Lui, nella calura del piazzale antistante l’affollato aeroporto spagnolo dove era appena atterrata, mosse un passo in avanti e Felicity reagì d’istinto. Il suo corpo si irrigidì in una posa che era a metà tra il panico e la difesa, mentre la mente si offuscava completamente, impedendole di muoversi o di parlare.
Erano passati sette anni da quando lo aveva visto per l’ultima volta, ma le era bastato un colpo d’occhio per riconoscerlo. Sarebbe stato impossibile il contrario. I suoi lineamenti le erano rimasti impressi nella mente, nel profondo del suo essere, al punto che, persino in quel momento, le ferite che le aveva provocato ripresero a sanguinare. Quasi fossero state infettate da una sostanza velenosa. Era un’assurdità, si disse Fliss. Vidal non aveva alcun potere su di lei e lei era lì per provarglielo.
Si costrinse ad alzare la testa e a guardarlo negli occhi. «Non era necessario che venissi a prendermi» gli disse.
Sul viso di lui comparve l’espressione altezzosa e aristocratica che lei ricordava bene. Quella stessa espressione che una volta riusciva a farla sentire inadeguata e sporca, e che anche in quel momento le procurò un moto di apprensione.
Fliss si scosse di dosso l’orribile sensazione di essere alla stregua di un insetto insignificante agli occhi dell’uomo bellissimo che aveva davanti. Faceva caldo e lei era stanca dal viaggio e sentiva il bisogno di una doccia e una stanza con l’aria condizionata. Senza contare che sapeva perfettamente che il suo aspetto casual e sportivo non avrebbe mai retto il confronto con l’innata eleganza delle donne spagnole, meno che mai sotto il cocente sole mediterraneo che le faceva arricciare i capelli sul collo e le dava un aspetto trasandato.
Vidal aggrottò la fronte mentre il suo sguardo veniva attirato inesorabilmente dalla sensualità naturale dei capelli color miele di lei. Ricordava bene l’ultima volta che l’aveva vista. I suoi capelli, tutto il suo corpo, erano abbandonati sul letto di lei, insieme a quello di un giovane uomo chino su quel corpo delizioso. Era stato subito evidente che l’arrivo di Vidal e di sua madre aveva interrotto una intimità dissoluta.
Vidal distolse lo sguardo con rabbia. La presenza di lei era sgradita e non voluta. La mancanza di senso morale della ragazza andava contro tutto ciò in cui lui credeva eppure, anche se contro la sua stessa volontà, Vidal non riusciva a fare a meno di provare un odioso senso di orgoglio ferito, di doloroso rifiuto.
A sedici anni lei si era dimostrata una poco di buono, eppure la sensualità di cui aveva dato prova, invece di disgustarlo, lo aveva affascinato. Aveva fatto nascere in lui un’ondata travolgente di desiderio, che Felicity aveva subito captato e per cui lo aveva apertamente deriso. Le ferite di quella sera non si erano mai più rimarginate e per quello Vidal non l’avrebbe mai perdonata.
Non sarebbe dovuta andare laggiù, disse Fliss a se stessa. Non senza prepararsi ad affrontare Vidal, né senza sapere cosa lui pensava di lei, e perché. Eppure, come avrebbe potuto non andare? Rifiutare a se stessa la possibilità di sapere finalmente qualcosa dell’uomo che era stato suo padre sarebbe stata una pazzia.
Al contrario di lei, Vidal aveva un aspetto impeccabile e fresco nonostante la temperatura torrida. Indossava un abito di cotone beige chiaro, con una camicia blu scuro che metteva in risalto il colore insolito dei suoi occhi dorati. Occhi che in quel momento brillavano di una luce crudele e da predatore che le dava i brividi.
Era lo stesso sguardo con cui l’aveva annientata anni prima, e che lei non era più riuscita a dimenticare. Che aveva popolato per anni gli incubi delle sue notti e che l’aveva fatta sentire sporca e piccola.
Quella volta però non gli avrebbe fatto capire come si sentiva. Non si sarebbe fatta minuscola sotto i suoi occhi, né avrebbe lasciato che la intimidisse. Solo a se stessa avrebbe ammesso che era stato uno shock trovarlo all’aeroporto. Anche se aveva scritto agli avvocati della sua intenzione di presenziare alla lettura del testamento, cosa su cui lui era certamente contrario, non si era aspettata di doverlo incontrare così presto.
Un sorrisino le spuntò sulle labbra. In un certo senso era contenta... già pregustava il piacere di avere la meglio su di lui.
«Non sei cambiato, Vidal» gli disse, dopo aver raccolto tutto il coraggio che possedeva. «È evidente che detesti l’idea che io sia figlia di mio padre. D’altronde è ovvio, no? È anche a causa tua se i miei genitori furono costretti a lasciarsi. Sei tu quello che li tradì con tua nonna.»
«Non avrebbe mai permesso che si sposassero.»
Fliss sapeva che era vero. Anche sua madre lo aveva detto, con dolore ma in verità senza recriminazioni. «Avrebbero potuto trovare un modo, se solo avessero avuto più tempo.»
Vidal distolse lo sguardo. Nella sua testa rimbalzava un ricordo che non voleva ascoltare. Il suono della sua stessa voce quando era un bambino ingenuo di sette anni, che raccontava alla nonna di come, insieme alla ragazza alla pari che si occupava di lui, avevano incontrato lo zio adottivo durante una visita all’Alhambra. A quell’epoca non sapeva che lo zio avrebbe dovuto trovarsi da tutt’altra parte, a occuparsi degli affari di famiglia, e neppure si era reso conto delle conseguenze che la sua innocente dichiarazione avrebbe portato.
Sua nonna invece aveva compreso benissimo. Felipe era il figlio della sua più cara amica, Maria Romero, una vedova di origini aristocratiche la cui famiglia era rimasta priva di mezzi. Quando la donna aveva saputo di essere affetta da un tumore e di avere solo pochi mesi di vita, aveva chiesto all’amica, dopo la sua morte, di adottare il figlio dodicenne e di crescerlo come fosse suo. Le due amiche avevano condiviso la convinzione che le donne delle loro origini, di buona famiglia e ottime tradizioni, dovevano sempre sposare uomini all’altezza della loro discendenza.
Il senso di colpa era un fardello pesante da portare.
Lui era odioso, arrogante, con un orgoglio freddo come il ghiaccio e duro come il granito, pensò Fliss. Tecnicamente sua madre era morta per uno scompenso cardiaco, ma chi poteva negare che il suo cuore non si fosse ammalato a causa dei sogni infranti per un amore contrastato? All’epoca della sua morte, sua madre aveva solo trentasette anni, e lei era una ragazza di diciotto, sul punto di andare all’università. Ora, a ventitré, era ormai una donna.
Possibile fosse il senso di colpa a dare una sfumatura rossastra alla pelle color bronzo di Vidal? Fliss ne dubitava. Quell’uomo non era capace di provare i sentimenti che scuotono le persone normali. Il suo sangue aristocratico glielo impediva. La storia dell’antenato di Vidal era inquietante. A quel che si diceva, nella Spagna di molti secoli prima, una principessa araba era stata rapita da un duca castigliano, membro di una famiglia aristocratica che era nemica giurata della sua. L’uomo l’aveva trasformata nella sua concubina e aveva poi donato alla moglie legittima il figlio nato dall’unione con la povera sventurata, che era stata quindi abbandonata ed era morta di dolore per la perdita del suo bambino.
Era stata proprio la mamma a raccontare a Fliss quell’episodio e lei non aveva faticato a credere alla veridicità della storia. Bastava guardare il viso del duca odierno, con i suoi lineamenti duri e l’atteggiamento sempre altezzoso, la sua indifferenza ai sentimenti degli altri e il continuo giudicare le scelte di tutti, senza mai accettare spiegazioni o motivazioni. Come aveva fatto con lei da piccola, quando le aveva negato la possibilità di vedere suo padre, di conoscerlo, solo perché convinto che quella bambina non fosse all’altezza della loro famiglia.
Suo padre. Fliss gustò quelle parole nel silenzio della mente, le fece rotolare in bocca assaporandone il significato misterioso e dolcissimo. Aveva trascorso così tanta parte della vita a fantasticare sull’uomo che l’aveva concepita, a immaginare i loro incontri e