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Juliana degli scandali (eLit): eLit
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E-book243 pagine2 ore

Juliana degli scandali (eLit): eLit

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Info su questo ebook

TALLANT'S SAGA VOL. 3 - Tornato in patria dopo diversi anni di assenza, Martin Davencourt incontra in circostanze a dir poco incredibili Juliana Tallant, la sua più cara amica d'infanzia. Vedova due volte e spesso al centro di succosi scandali, lei si è guadagnata la fama di donna immorale e dissoluta. Come se non bastasse, non fa nulla per evitare i pettegolezzi, anzi, pare mettersi d'impegno per alimentarli. Attratto suo malgrado dalla fascinosa vedova, Martin cerca disperatamente di tenerla lontana dalla sua vita e da quella dei suoi cari. Ma non può fare a meno di chiedersi se sotto quella maschera di sregolatezza non si nasconda ancora la ragazzina innocente dei suoi ricordi.
LinguaItaliano
Data di uscita29 dic 2017
ISBN9788858979501
Juliana degli scandali (eLit): eLit
Autore

Nicola Cornick

Nata nello Yorkshire, nei pressi delle brughiere che ispirarono alle sorelle Bronte Cime tempestose e Jane Eyre, e laureata in Storia all'università di Londra, ha lasciato il lavoro per dedicarsi alla sua vera passione: scrivere.

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    Anteprima del libro

    Juliana degli scandali (eLit) - Nicola Cornick

    avverarsi.

    1

    1818

    Emma Wren era famosa per gli audaci intrattenimenti che amava organizzare. I suoi inviti erano molto ricercati dalle donne sfrontate e dai libertini che gli elementi più rispettabili dell'alta società criticavano duramente.

    In una calda notte di giugno la signora Wren aveva preparato per un selezionato gruppo di invitati una cena speciale allo scopo di festeggiare l'addio al celibato di uno dei membri più fedeli del suo circolo, il famoso donnaiolo lord Andrew Brookes. Il menu per la serata era stato oggetto di accese discussioni tra la padrona di casa e la cuoca, che aveva minacciato di licenziarsi una volta appreso che cos'era previsto come dolce. Alla fine era stato raggiunto un compromesso e Carème, il cuoco francese del principe reggente, era stato assunto per l'occasione.

    Era tardi quando finalmente fu servito il dolce. Gli invitati, in prevalenza uomini, erano riversi contro gli schienali delle sedie, sazi, inebriati dall'ottimo vino e piacevolmente intrattenuti dalle cortigiane che la signora Wren aveva arditamente piazzato tra le sue conoscenti.

    Una di loro era accoccolata in grembo al futuro sposo, lo imboccava con acini d'uva presi da un vassoio d'argento posto al centro del tavolo e gli sussurrava frasi provocanti all'orecchio. La mano di lord Brookes era già infilata nella sua generosa scollatura e il viso era paonazzo per l'alcol e la lussuria.

    Le doppie porte si aprirono e la signora Wren batté le mani per attirare l'attenzione degli ospiti.

    «Signore e signori, vi prego di dare il benvenuto al dolce, una creazione speciale per celebrare questa triste circostanza. Sono sicura, tuttavia, che non basti un matrimonio per separare un uomo dai suoi amici. Andrew, questo è il nostro regalo» concluse in tono malizioso.

    Tra gli applausi scroscianti fece cenno ai valletti di avanzare e posare sul tavolo l'enorme vassoio che reggevano. Gli uomini obbedirono, poi si tirarono indietro e il maggiordomo in livrea sollevò il coperchio d'argento.

    Cadde un silenzio attonito e sconvolto.

    Parecchi degli uomini si sporsero in avanti, a bocca aperta e occhi sgranati, e Brookes si immobilizzò.

    Sul vassoio d'argento al centro del tavolo lady Juliana Myfleet giaceva in tutta la sua gloria, nuda e magnifica. I capelli ramati erano ornati da una tiara di diamanti, una giarrettiera ingioiellata brillava intorno alla coscia destra e una sottile catena d'argento le cingeva il collo. Ghirigori di crema e pezzetti di frutta erano sistemati in posizione strategica sul corpo nudo e slanciato, coperto da una glassa zuccherosa che brillava alla luce delle candele.

    Pareva una statua intagliata nel ghiaccio, un'irraggiungibile principessa delle nevi, ma l'espressione degli occhi verdi non aveva nulla di virginale. Juliana tese un cucchiaio d'argento a Brookes e gli sorrise invitante.

    «Serviti pure per primo, caro...»

    Brookes obbedì con entusiasmo raccogliendo pezzetti di frutta e crema e gli altri uomini si accalcarono intorno alla tavola tra grida eccitate e applausi entusiasti.

    Sir Jasper Colling, uno degli ammiratori più ardenti di Juliana, si fece largo a gomitate.

    «Voglio assaggiare questo magnifico dolce» dichiarò con un sorriso lascivo.

    «Aspetta il tuo turno, amico» lo spinse indietro Brookes. «Questa è la mia festa e io ho la precedenza.»

    Lady Juliana indugiò con lo sguardo su un gentiluomo che non aveva mai visto agli scatenati ricevimenti di Emma Wren: era alto e biondo, con ampie spalle e un viso abbronzato dai lineamenti marcati. Non si era fatto avanti come tutti gli altri invitati e anzi osservava la scena con espressione cupa e indecifrabile.

    Juliana avvertì una strana sensazione di riconoscimento e gli sorrise provocante.

    «Su, caro, buttati anche tu. Non essere timido.»

    Il gentiluomo sollevò la testa e i suoi occhi verde azzurro la squadrarono indifferenti.

    «Vi ringrazio, signora, ma i dolci non mi sono mai piaciuti» dichiarò.

    Juliana non era abituata ai rifiuti e lo squadrò offesa: sembrava sui trent'anni, appena più vecchio di lei, e aveva un'aria vissuta e un po' cinica, come se avesse visto molte volte spettacoli del genere.

    Per un attimo si sentì giovane e confusa, come se quella scena audace, quei sorrisi lascivi, quelle mani rapaci fossero un incubo in cui era capitata per sbaglio. Sconvolta dal freddo disprezzo negli occhi dello sconosciuto, fu tentata di balzare giù dal tavolo e fuggire.

    Poi lui si girò per far cenno a un valletto di riempirgli il bicchiere e la strana sensazione passò. Juliana si voltò verso il membro più giovane ed eccitato della compagnia.

    «Simon, caro, perché non lecchi via la crema da...? Ecco, proprio lì.»

    Si inarcò per offrire il corpo alle mani frenetiche degli invitati, poi si alzò di scatto spargendo la frutta sul pavimento e fece cenno a una cameriera di passarle il mantello. Gli uomini lanciarono grida deluse, ma le più intraprendenti tra le cortigiane avevano già raccolto acini d'uva e pezzetti di fragola per imboccarli.

    Juliana si avvolse nel mantello e lanciò un'occhiata intorno a sé: la serata prometteva di degenerare rapidamente in una delle famose orge di Emma.

    Un giovane valletto, rosso in viso per l'imbarazzo, le tenne aperta la porta e lei uscì a piedi nudi lasciandosi dietro gli ultimi pezzetti di frutta. La crema si appiccicava al mantello e la glassa zuccherosa cominciava a provocarle un prurito fastidioso. Sperava che Emma si fosse ricordata di farle preparare un bagno.

    Mentre la porta si richiudeva alle sue spalle, sentì levarsi un brusio eccitato: senza dubbio gli invitati stavano già commentando la sua ultima esibizione. Il matrimonio di Brookes sarebbe stato certo ricordato per quel memorabile addio al celibato, più che per la fastosa cerimonia prevista per il giorno dopo. Ancora una volta le rispettabili matrone avrebbero disapprovato il comportamento scandaloso di lady Juliana Myfleet, figlia del marchese di Tallant.

    «Da questa parte, milady.»

    La cameriera le fece cenno di seguirla su per l'ampia scalinata. Come tutte quelle assunte da Emma, era giovanissima e piuttosto scialba, in modo da non costituire una concorrenza pericolosa. La fece accomodare nella stanza usata in precedenza per liberarsi dei suoi abiti, accanto a una camera più piccola, dove un'altra cameriera stava riempiendo una vasca di acqua calda. Rossa in viso, la ragazza concluse il suo compito, accennò un rapido inchino e fuggì, come se trovarsi nella stessa stanza con la vedova più scandalosa dell'alta società potesse metterla in pericolo.

    Juliana sorrise alla prima cameriera, fece scivolare a terra il mantello, si chinò per togliersi la giarrettiera ed entrò nell'acqua.

    «Grazie. Puoi andare» la congedò.

    L'altra raccolse il mantello tutto chiazzato di crema, le rivolse un rapido inchino e uscì con le labbra strette per la disapprovazione.

    Juliana scoppiò a ridere, prese la spazzola dal lungo manico di legno e cominciò a ripulirsi. I resti della crema galleggiavano sull'acqua insieme a qualche pezzetto di mela come una schiuma non troppo gradevole. Lei fece una smorfia: con quel ritmo, avrebbe avuto bisogno di un secondo bagno per ripulirsi a fondo.

    Si abbandonò all'indietro e rivisse il momento in cui il maggiordomo aveva sollevato il coperchio rivelandola.

    Era stato divertente causare tanto scandalo: le donne l'avevano guardata invidiose e gli uomini avidi come ragazzini in un negozio di dolci. Le piaceva suscitare emozioni intense: ammirazione, desiderio... e disprezzo.

    Si trasse a sedere di scatto ricordando l'espressione dello sconosciuto dai capelli biondi.

    Vi ringrazio, signora, ma i dolci non mi sono mai piaciuti.

    Che impudenza! Come aveva osato comportarsi in modo tanto sprezzante? In fondo era solo uno scherzo. E poi, cosa faceva un simile puritano a una delle sfrenate serate di Emma?

    Ricordò la sua espressione e provò di nuovo un momento di turbamento. Le pareva di conoscerlo, ma evidentemente si sbagliava.

    Si alzò facendo traboccare l'acqua dalla vasca e cercò un asciugamano. La tiara di diamanti si impigliò nella stoffa e lei la liberò con uno scatto impaziente gettandola sul pavimento. All'improvviso era ansiosa di andarsene.

    Raggiunse la camera vicina lasciando sul tappeto l'impronta dei piedi bagnati. I suoi abiti erano distesi sul letto.

    Le sarebbe bastato suonare il campanello, perché la giovane cameriera dall'aria severa venisse ad aiutarla a rivestirsi, ma non voleva aspettare. Aveva lasciato Hattie, la sua cameriera personale, a casa in Portman Square; anche Hattie disapprovava i suoi eccessi, tanto che gli amici le chiedevano spesso perché non la sostituisse, ma lei in fondo le era affezionata. Per quanto severa, Hattie aveva in parte sostituito la madre che non ricordava.

    Cominciò a rivestirsi da sola. L'abito da sera che aveva scelto era quasi trasparente: di impalpabile garza color acquamarina, era stato disegnato per aderire al suo corpo snello, ma ora si rivelava difficile da indossare senza aiuto e le ricadeva lungo i fianchi in pieghe poco seducenti.

    Irritata, sedette al tavolo da toilette ed esaminò il viso riflesso nello specchio. I capelli ramati le ricadevano in disordine sulle spalle conferendole un'aria più giovane e innocente, accentuata dalle lentiggini sul naso.

    Si sporse in avanti: negli occhi verdi c'era un'ombra di vulnerabilità che non voleva riconoscere. La faceva sentire strana, come era accaduto quando lo sconosciuto l'aveva squadrata con tanto sdegno.

    La porta si aprì ed Emma Wren entrò in un fruscio di gonne. Dal colore delle guance e dagli occhi lucidi, Juliana capì che era ubriaca.

    «Sei stata magnifica, mia cara!» esclamò Emma eccitata. «Gli uomini non riescono a parlare d'altro. Ti aspettano tutti impazienti. Sei pronta a scendere?»

    Juliana si voltò. «Non ancora» prese tempo. «Ho bisogno d'aiuto per acconciare i capelli e sistemare il vestito.»

    «Avresti dovuto chiamare la mia cameriera: ti avrebbe aiutato lei. Per quanto... sei davvero affascinante, così in disordine» commentò Emma tirandosi indietro per osservarla meglio. «I capelli sciolti ti fanno apparire così giovane e innocente!» concluse ironica.

    Per l'ennesima volta Juliana pensò che Emma era sprecata, come moglie di un membro del governo. Sarebbe stata un'ottima tenutaria di bordello. In effetti c'era poca differenza tra la sua casa e uno dei famosi locali di Covent Garden.

    Le voltò le spalle irritata. A volte, come quella sera, assecondava i suoi scherzi per divertirsi e combattere la noia, ma non aveva alcuna intenzione di scendere da basso e comportarsi come una sgualdrina.

    «Sir Jasper Colling ha chiesto di te» riferì Emma avvicinandosi e investendola con il suo fiato che sapeva di vino. «E anche il giovane Simon Armitage. Pensa come sarebbe divertente iniziarlo ai piaceri del sesso» insisté maliziosa.

    Juliana avvertì un'ondata di ripugnanza: l'adorazione di Simon Armitage aveva qualcosa di dolce, e usarla per gratificarsi le pareva un tradimento. Nonostante i pettegolezzi sulla sua condotta scandalosa, non era ancora caduta così in basso. Era decisa a respingere le blandizie di Emma, ma prima c'era qualcosa che voleva sapere.

    «Chi è quel gentiluomo biondo, che sembra un libertino e si comporta come un prete?» chiese in tono casuale.

    «Oh, capisco! Hai voglia di novità!» si illuminò Emma. «Quello è Martin Davencourt: non è nobile, ma è ricchissimo e imparentato con metà dei proprietari terrieri d'Inghilterra. È tornato a Londra dopo la morte del padre, l'anno scorso.»

    «Davencourt» ripeté Juliana pensierosa.

    Il nome le pareva familiare, ma al momento non riusciva a ricordare.

    «Me l'avevano descritto come un tipo vivace e divertente, che ha girato le capitali europee per diversi anni, così l'ho invitato per introdurre un elemento di novità, ma sono rimasta delusa» continuò Emma con una smorfia. «Si è rivelato una vera noia, forse perché vuole entrare in Parlamento e si prende troppo sul serio. O forse perché deve badare a sette tra fratellastri e sorellastre. In ogni caso, si è rifiutato di entrare nello spirito della serata... Ma probabilmente tu potresti fargli cambiare idea.»

    «Martin Davencourt» ripeté ancora Juliana. «Il nome mi suona familiare, anche se non credo di averlo già incontrato. Sono sicura che me lo ricorderei, altrimenti. Eppure...»

    «Credo che sia rimasto all'estero vari anni, come diplomatico» riferì Emma. «Comunque puoi sempre fingere di averlo conosciuto: scendi da basso e convincilo a rinnovare una vecchia amicizia, Ju.»

    Lei esitò, poi scosse la testa, si alzò e raccolse il mantello.

    «No, Emma: temo che il signor Davencourt sia insensibile al mio fascino. Inoltre ho mal di testa e preferisco ritirarmi presto.»

    L'altra balzò in piedi offesa e agitata.

    «Ma Juliana, tutti gli uomini ti aspettano!» protestò. «Ho promesso loro...»

    «Che cosa?»

    C'era una nota di panico nella voce di Emma e all'improvviso Juliana capì che cos'era successo: non era stata solo offerta nuda su un vassoio, ma promessa agli ospiti come parte del divertimento nell'orgia che sarebbe seguita alla cena. Il solo pensiero la rese furiosa: Emma sapeva bene che le piaceva provocare, ma garantire a quel modo i suoi servizi era ben altra cosa.

    «Non intendo scendere da basso a fare la cortigiana per Simon Armitage, Jasper Colling o chiunque altro dei tuoi invitati» dichiarò con calma. «Sono stanca e voglio tornare a casa mia.»

    «Non vedo come stuzzicare gli appetiti dei miei ospiti apparendo nuda su un vassoio sia più accettabile che passare un po' di tempo con loro» replicò Emma ostinata.

    «Non stiamo parlando solo del mio tempo» sottolineò Juliana. Sapeva però che l'altra aveva in parte ragione: si era divertita a sconvolgerli e provocarli e ora si tirava indietro per non affrontare le conseguenze delle sue azioni. «Ho accettato di fare questo scherzo a Brookes perché l'idea mi divertiva. Qualsiasi altra cosa è fuori questione» dichiarò con forza.

    «Almeno le sgualdrine di sotto sono oneste!» scattò Emma disgustata.

    «È il loro lavoro. Stasera non ho voglia di compagnia maschile.»

    «Non ne hai mai voglia. Credi che non me ne sia accorta?» chiese Emma scrutandola maligna. «Ti piace stuzzicare e flirtare, ma non concedi mai quello che prometti. Credo che la tua reputazione scandalosa sia un vero imbroglio.»

    Juliana scoppiò a ridere: era meglio ignorare Emma, quando si trovava in quello stato. Inoltre non poteva permettersi di litigare apertamente con lei, giacché aveva ancora bisogno della sua amicizia.

    «E io credo che tu sia un po' brilla» ribatté in tono leggero. «Perché non torni dai tuoi ospiti? Ci vediamo domani al matrimonio.»

    «Ci vedremo all'inferno!» strillò Emma furiosa. «Non ti perdonerò mai per aver rovinato la mia festa.»

    «Mi perdonerai non appena avrai bisogno di battermi a una partita di whist» replicò Juliana con freddezza.

    Poi uscì e si affrettò lungo le scale, mentre alle sue spalle Emma sfogava la frustrazione lanciando ogni sorta di oggetti contro il muro. Sapeva che l'amica aveva un carattere collerico, ma fino a quel momento i suoi scoppi d'ira non erano mai stati rivolti contro di lei. Immaginò l'espressione inorridita e sprezzante del padre all'idea che avesse come amica una donna del genere.

    Un brivido la scosse. Tutti sapevano che il marchese di Tallant non perdeva occasione per criticarla; dubitava che fosse figlia sua e deplorava di continuo il fatto che avesse seguito le orme della madre. Da quando suo fratello Joss si era sposato, quattro anni prima, lei aveva ereditato il ruolo di pecora nera della famiglia e lo aveva recitato con perverso piacere.

    L'ingresso era in penombra e dalla sala da pranzo giungeva una musica sensuale, mescolata a sguaiate risate maschili e a grida di incoraggiamento. Probabilmente una delle donne invitate da Emma stava esibendosi nella danza dei sette veli.

    Juliana ordinò a un valletto fermo accanto alla porta di chiamarle la carrozza e assaporò la prospettiva di tornare presto a casa. Tutto il divertimento dello scherzo era svanito con la scenata di Emma. Sospirò. Forse, conoscendo l'amica, avrebbe dovuto prevedere che non si sarebbe accontentata di quel semplice gioco.

    Si guardò in giro in cerca del maggiordomo per chiedergli di aprirle la porta.

    In quel momento una figura uscì dall'ombra.

    «Ve ne andate già, lady Juliana? Non finite quello che avete iniziato?»

    La voce profonda e l'improvvisa apparizione la fecero trasalire. L'uomo era vestito per uscire e si stava infilando i guanti: una rapida occhiata le bastò per riconoscere Martin Davencourt. L'osservava con uno sguardo intenso e all'improvviso lei si sentì vulnerabile. Era sempre stata convinta che suo fratello Joss fosse l'unico a conoscerla davvero, ma ora le pareva che lo sguardo azzurro di Martin Davencourt riuscisse a penetrarle fin nel profondo. Sollevò il mento e si mise sulla difensiva.

    «Sto andando a casa. Direi che neanche voi trovate la serata di vostro gusto, signor Davencourt» osservò fredda.

    «Infatti» confermò asciutto. «Eustacia Havard, la signorina che domani sposerà lord Andrew, è mia cugina. Non mi ero reso conto che questo fosse un addio al celibato.»

    Juliana sorrise rinfrancata. Data l'esperienza fatta con il padre, era abituata ad affrontare quel genere di fredda disapprovazione.

    «Vedo che non apprezzate il nostro piccolo scherzo, signor Davencourt. Forse dovreste provare con i balli delle debuttanti: servono limonata, se questo genere di serate è troppo stimolante per voi» gli consigliò

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