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Una Cenerentola al lavoro
Una Cenerentola al lavoro
Una Cenerentola al lavoro
E-book157 pagine2 ore

Una Cenerentola al lavoro

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Info su questo ebook

Due sorelle, divise da un oceano,unite dall'affetto e destinate a far perdere la testa ai loro affascinanti boss!
Il principe azzurro? Patience Rush pensa di poterne benissimo fare a meno. Il suo lavoro come governante della facoltosa e arzilla Ana Duchenko è tutto ciò che le serve per sentirsi al sicuro per la prima volta nella vita. Ma, quando la padrona di casa ha un piccolo incidente e finisce all'ospedale, Patience teme che la fortuna l'abbia abbandonata. Poi incontra il pronipote di Ana, Stuart Duchenko, e ne è proprio sicura! Nonostante l'aspetto mozzafiato, Stuart è ostile e sospettoso nei suoi confronti. Dato che vuole trasferirsi a casa della prozia, come faranno a convivere?
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2020
ISBN9788830515857
Una Cenerentola al lavoro

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    Anteprima del libro

    Una Cenerentola al lavoro - Barbara Wallace

    978-88-3051-585-7

    1

    Quanto tempo ci voleva per visitare un'anziana signora? Patience continuava a passeggiare avanti e indietro nella sala d'attesa del Pronto soccorso. Perché tutto quel tempo?

    «Scusi.» Bussò sulla porta a vetri che separava la reception dal resto della sala. «Mia... nonna... è lì dentro già da un bel po'.» Sperò di suscitare maggiore compassione nei propri confronti dicendo quella bugia anziché la mia datrice di lavoro. Per fortuna c'era stato un cambio di turno; in teoria, avrebbero dovuto chiamarla loro. «Posso capire che cosa sta succedendo?»

    L'infermiera le rivolse un sorriso gentile. «Mi dispiace, oggi siamo stati molto impegnati e tutto ha subito un ritardo. Sono sicura che un dottore verrà presto a parlarle.»

    Facile a dirsi, per lei. Quella donna non aveva trovato la sua datrice di lavoro accasciata ai piedi delle scale.

    Il grido di Ana le riecheggiò nella mente. Fragile, debole. Se solo lei in quel momento non fosse stata nell'altra stanza, se solo non avesse detto a Nigel che doveva aspettare per avere la sua cena, Ana ora non sarebbe stata lì. Sarebbe stata intenta a sorseggiare il suo tè nel salone, come era solita fare tutti i pomeriggi.

    Patience non riuscì a controllare uno stentato, triste sorriso. Un anno prima non sapeva nemmeno che cosa fosse un salone. Ciò dimostrava quanto lavorare per Ana avesse cambiato la sua vita. Se solo Ana avesse saputo fino a che punto era stata la sua salvezza, togliendola dal buio e dallo sporco per portarla in un luogo luminoso e pulito.

    Certo, l'anziana signora non poteva saperlo. La vita di Patience era ricominciata dal giorno in cui aveva iniziato a fare la domestica per Anastasia Duchenko. Tutto quello che aveva fatto prima era stato cancellato.

    La porta d'ingresso dell'ospedale si aprì con un debole fruscio, annunciando l'arrivo di un altro visitatore. Immediatamente, l'atmosfera nella sala cambiò, e non perché il caldo di giugno avesse interrotto il funzionamento del condizionatore. Le conversazioni si bloccarono mentre tutta l'attenzione si concentrava sul nuovo arrivato. Anche l'infermiera alla reception s'irrigidì. Per un secondo, Patience si chiese se fosse entrata una celebrità locale. L'aria conteneva quell'aspettativa.

    La camicia di ottima fattura sartoriale e la cravatta di seta che indossava urlavano superiorità, così come il portamento perfetto. Una corona di riccioli castani addolciva i suoi lineamenti appena duri. Senza dubbio, era un uomo di potere. Patience poteva scommettere che lui non avrebbe dovuto aspettare un'ora.

    L'uomo andò alla reception. Patience stava per ricominciare a passeggiare quando lo sentì pronunciare il nome Duchenko.

    Non poteva essere una coincidenza. Era l'opportunità di avere notizie di Ana. Si scostò i capelli scuri dal viso, si aggiustò la maglietta e avanzò. «Scusi, ho sentito che ha chiesto di Ana Duchenko.»

    L'uomo si girò. «Chi è lei, signorina?»

    Per un attimo, Patience perse la capacità di parlare. Quell'uomo la stava fissando con occhi che avevano la stessa sfumatura blu di una fiamma. Il colore era così vivo da non sembrare reale. Così intenso da poter perderci l'anima, in quelle profondità. «Patience» rispose recuperando il controllo. «Mi chiamo Patience Rush.»

    Non pensava che uno sguardo così intenso fosse possibile.

    «La domestica di zia Anastasia?»

    Sua zia.

    All'improvviso, Patience capì chi aveva di fronte. Quell'uomo era Stuart Duchenko, il pronipote di Ana, la persona che la chiamava due volte alla settimana. Per quello che ne sapeva lei, l'unico parente con cui Ana avesse a che fare. Solo Stuart, che gestiva i suoi affari finanziari, era rimasto nelle sue buone grazie.

    «Pensavo che fosse a Los Angeles» dichiarò dopo che anche lui si fu presentato. Ana le aveva detto che il nipote era là da quasi un anno, mentre qualche famiglia di miliardari litigava per un testamento.

    «Il mio caso si è concluso ieri. Che cos'è successo?»

    «Nigel è successo.» Era l'adorato gatto di Ana.

    L'espressione di Stuart le suggerì che non aveva trovato la risposta divertente. Patience non lo biasimava, considerate le circostanze. Si chiese tuttavia se avrebbe trovato la storia divertente in una qualunque altra situazione. La sua bocca non sembrava sorridere spesso.

    «Era nel salotto a miagolare» spiegò. «Il suo modo di ricordare a qualcuno che il suo pasto era in ritardo. Da quello che posso immaginare, quando Ana è scesa per le scale, lui ha cominciato a strusciarsi tra le sue gambe, facendole perdere l'equilibrio.»

    Stuart inarcò un sopracciglio, con fare indagatore. «Da quello che può immaginare?»

    Quell'uomo era un avvocato. Patience si sentì sotto processo con tutte quelle domande. «Io ero in salotto a lucidare l'argento. Ho sentito Ana gridare e, quando sono arrivata, lei era sul pavimento.» Rabbrividì, ricordando la scena. L'immagine di Ana gemente e riversa ai piedi della scala non l'avrebbe abbandonata tanto facilmente.

    Stuart continuò a fissarla senza rispondere, prima di rivolgere l'attenzione all'infermiera. «Vorrei vedere mia zia, per favore» disse. Anche se la richiesta era stata gentile, si percepì un tono di comando nella voce.

    La donna annuì. «Vedo quello che posso fare.»

    Finalmente si sarebbe ottenuto qualcosa. «Sto cercando di avere notizie sulle condizioni di Ana da quando siamo arrivate, ma nessuno mi ha detto niente.»

    «Non possono farlo» replicò. «Leggi sulla privacy. Lei non è della famiglia.»

    Non contava che avesse portato Ana in ospedale e avesse compilato i fogli per il ricovero. Era chiaro che fosse lei a occuparsi della donna. Che differenza faceva se fosse o no della famiglia?

    Il nipote di Ana non era come Patience si sarebbe aspettata, dovette ammettere. Ana diceva sempre quanto fosse dolce il suo Stuart. Tenero come un gattino. L'uomo che era accanto a lei non le sembrava affatto tenero come un gattino. Più un predatore. Patience poteva percepire l'istinto assassino.

    A quanto pareva, la sua richiesta fu tutto quello di cui avevano bisogno, perché passò meno di un minuto prima che la porta del reparto si aprisse e qualcuno del personale in divisa verde pallido si materializzasse sulla soglia.

    «Signor Duchenko?» Il dottore si avvicinò a Stuart, dopo aver rivolto a Patience una rapida occhiata. Lei riconobbe lo sguardo. Incrociò le braccia sul petto e finse di non averlo notato. Il trucco era evitare il contatto visivo. Facile a farsi, dal momento che quell'uomo non la stava guardando negli occhi.

    «Mi dispiace di averla fatta attendere» si scusò. «Stavamo aspettando i risultati della TAC di sua zia.»

    «Come sta?»

    «Ha riportato una frattura bimalleolare della caviglia sinistra.»

    «Bi... cosa?» chiese Patience, lo stomaco stretto in una morsa. Il linguaggio medico faceva sembrare la situazione più grave di quanto non fosse in realtà.

    Il dottore sorrise. «Bimalleolare. Significa che sono fratturati sia l'osso sia i legamenti.»

    «Che cosa significa?» Stuart fece la stessa domanda che lei stava pensando.

    «Significa che sarà necessario l'intervento per stabilizzare la caviglia.»

    Intervento? Patience si sentì una miserabile. Sarebbe dovuta stare più attenta. «È rischioso?» domandò.

    «Alla sua età, l'anestesia è un rischio.»

    «Lei gode di buona salute» aggiunse Patience, più per rassicurare se stessa. «Molte persone pensano che abbia dieci anni di meno.»

    «Questo è positivo. Più attiva è, più facile sarà la ripresa. Tutto sommato è una donna fortunata a essersi fratturata solo la caviglia. Le cadute alla sua età sono molto pericolose.»

    «Lo so» rispose Stuart. Per qualche ragione, sentì il bisogno di sottolineare la risposta rivolgendo un'occhiata a Patience. «Possiamo vederla?»

    «È nella sala esami numero sei» lo informò il dottore. «La porteremo al piano superiore a breve, ma nel frattempo potete andare da lei.»

    La stanza era in realtà uno spazio schermato da due file di tende, disposte sul lato sinistro. Ana era coperta da un lenzuolo mentre un'infermiera controllava il flusso della flebo. Il debole bip dei macchinari spezzava il silenzio. Vedere Ana inerme, i tubicini che fuoriuscivano dalla manica della sua camicia da notte, fece contrarre lo stomaco a Patience. Di solito, l'anziana donna era così vispa che era facile dimenticare che avesse ottant'anni.

    «Le abbiamo appena somministrato un antidolorifico. Potrebbe essersi assopita» li informò l'infermiera. «Non preoccupatevi se sembra stordita.»

    Stuart entrò per primo. Patience lo seguì, ma si fermò ai piedi del letto. Le sue lunghe dita scostarono i capelli dal volto dell'anziana donna. «Tetya? Sono io, Stuart» sussurrò usando l'affettuoso nomignolo che era solito rivolgerle per chiamarla zia.

    La dolcezza nella sua voce ricordò a Patience quando lei svegliava la sorella minore, Piper, prima della scuola. Ciò la sorprese. Quell'uomo non sembrava un tipo gentile.

    Ana aprì gli occhi. Sbatté le palpebre, poi un debole sorriso le comparve sulle labbra. «Che cosa fai qui?»

    «Il dispositivo salvavita in caso di caduta che rifiuti di portare al collo mi ha segnalato la chiamata al 911. Stavo tornando dall'aeroporto quando ho ricevuto il messaggio.»

    Il sorriso s'intensificò. «Tornando? Significa che sei a casa definitivamente?»

    «Sì.»

    «Mi sei mancato, lapushka

    «Anche tu. Come ti senti?»

    «Bene, adesso che sei qui.» Batté la mano nodosa sulla sua. «Nigel sta bene?»

    «Sta bene.»

    «È un birbante. Devi dirgli che sono delusa da lui.»

    «Riferirò.» C'era indulgenza nella sua voce.

    «Non farlo sentire troppo in colpa. Non l'ha fatto apposta.» Le palpebre dell'anziana donna cominciarono ad abbassarsi, mentre il sonno scendeva di nuovo su di lei. «È testardo, come te.»

    «Riposa, tetya. Adesso sono a casa e mi occuperò io di tutto.»

    «Sei un bravo ragazzo. Per niente uguale a tuo nonno, grazie al cielo.» Chiuse gli occhi solo per aprirli di nuovo. «Patience?»

    Fino a quel momento, lei era rimasta ai piedi del letto, volendo evitare che l'anziana donna avesse intorno a sé più persone del necessario. Non appena udì il suo nome, si avvicinò. «Sì, Ana?»

    «Eccoti» mormorò. «Grazie.»

    «Non devi ringraziarmi» rispose.

    «Sì» insistette. «Ti prendi cura di me con grande amore.»

    Con l'angolo degli occhi, Patience notò Stuart spostare il peso del corpo da un piede all'altro e sentì il suo sguardo scivolare verso di lei. Patience mantenne l'attenzione su Ana e finse di non averlo visto. «Faccio quello che farebbe chiunque. Adesso perché non riposi?»

    «Prenditi cura di Nigel mentre sono qui» si raccomandò la donna.

    «Certo. Lo farò.»

    «E Stuart, anche.»

    Immaginò che Ana volesse dire a suo nipote di occuparsi di Nigel. Forse era la confusione che aveva menzionato l'infermiera, perché era evidente che l'uomo accanto a lei non avesse bisogno delle attenzioni di nessuno. Non certamente di qualcuno come lei.

    A giudicare dalla mascella tesa, Stuart doveva avere formulato lo stesso pensiero.

    Rimasero lì finché un'altra infermiera non venne a controllare Ana. Il piccolo spazio era appena sufficiente a ospitare due visitatori, figurarsi tre, così Patience si allontanò. Con sua sorpresa, Stuart la seguì.

    «Lo sa che cos'è assurdo?» gli chiese lei. «Quel dannato gatto le ha provocato la frattura alla caviglia eppure avrà il suo cibo prelibato anche

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