Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Un ultimo giro di sirtaki: Harmony Collezione
Un ultimo giro di sirtaki: Harmony Collezione
Un ultimo giro di sirtaki: Harmony Collezione
E-book153 pagine2 ore

Un ultimo giro di sirtaki: Harmony Collezione

Valutazione: 5 su 5 stelle

5/5

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Calda come il sole di Corfù, antica come le rovine di Creta, dolce come il nettare degli antichi dei. La passione, nel sangue di ogni uomo greco, scorre veloce fin dalla notte dei tempi...

Demetri Souvakis decide di accontentare suo padre e dare un erede all'impero di famiglia, anche se per poterlo fare deve prima porre fine legalmente al suo matrimonio. La bella Jane Lang, infatti, è tornata in Inghilterra già da tempo, interrompendo di fatto la loro unione. Quando si rivedono, i due si concedono un ultimo incontro di passione, che finisce però con lo sconvolgere i loro piani.
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2019
ISBN9788858998519
Un ultimo giro di sirtaki: Harmony Collezione

Leggi altro di Anne Mather

Autori correlati

Correlato a Un ultimo giro di sirtaki

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Un ultimo giro di sirtaki

Valutazione: 5 su 5 stelle
5/5

2 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Un ultimo giro di sirtaki - Anne Mather

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Greek Tycoon’s Pregnant Wife

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2007 Anne Mather

    Traduzione di Raffaella Cattaneo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-851-9

    1

    Jane entrò nel suo appartamento e si diresse verso la cucina. Il frigorifero era vuoto, ma era certa di aver acquistato alcune confezioni di Coca Cola prima della sua partenza. Si dissetò con la bibita fresca, si tolse i sandali e si avviò in soggiorno.

    Era bello essere di nuovo a casa, pensò guardandosi attorno per l’ampio locale che comprendeva salotto e sala da pranzo. Unitamente a un angolo cottura e a una camera con bagno, era il suo rifugio da cinque anni.

    Ritornò nel piccolo ingresso per recuperare la valigia e si accorse che la spia della segreteria telefonica lampeggiava.

    Deve essere mia madre, si disse. I suoi amici erano al corrente del suo viaggio e le telefonate di lavoro erano state dirottate alla galleria, dunque non poteva essere che lei.

    Di sicuro la donna era ansiosa di sapere se era tornata a casa sana e salva. Anche se aveva una certa dimestichezza nell’uso di Internet, per cui aveva di certo controllato tutti i voli in arrivo a Heathrow, probabilmente voleva avere la conferma che fosse tutto okay.

    Sospirando, Jane premette il tasto per riascoltare i messaggi e attese di sentire la voce della madre.

    «Jane? Jane sei in casa?» domandò una voce familiare, ma non quella della madre. «Ti prego, rispondi. Ineh, poli simandiko. È importante.»

    Jane si afflosciò sul divanetto accanto al telefono. Per quanto avesse deciso di impedire a Demetri Souvakis di invaderle di nuovo la vita, non poté negare che la sua voce profonda e quel suo accento peculiare avevano ancora il potere di farle tremare le ginocchia. Inspirò a fondo per regolarizzare il respiro affannoso quando partì un secondo messaggio.

    «Sono io, Jane» disse di nuovo la voce. «Tuo marito. Theos! So che sei lì. Non costringermi a venire da te. Non possiamo parlare civilmente, come due persone adulte?» concluse, spazientito.

    Il fatto che Demetri pretendesse di averla a propria disposizione ogni volta che decideva di contattarla era alquanto irritante. E come osava definirsi ancora suo marito quando negli ultimi cinque anni non si era mai preoccupato di sapere se era viva o morta?

    Affondò le unghie nei palmi nello sforzo di contenere la rabbia che le sorgeva dentro. Che diritto aveva di parlarle? Lei lo aveva cancellato dalla propria esistenza. O... quasi.

    Ricordò l’incontro con il padre di Demetri alla galleria dove lei lavorava. Leo Souvakis era un uomo così galante! Cercava una scultura, possibilmente un bronzo, da aggiungere alla sua preziosa collezione.

    Nonostante fosse da poco impiegata alla galleria, Jane aveva mostrato un’attitudine naturale nel riconoscere il talento quando lo vedeva, e la delicata scultura della dea Diana, di un artista virtualmente sconosciuto, le era sembrata l’opera più appropriata da proporre al cliente. Leo Souvakis era rimasto letteralmente conquistato sia dall’opera d’arte sia da lei. Discutevano di porcellane cinesi quando Demetri aveva fatto la sua comparsa...

    Jane scosse il capo. Non voleva rivivere quei ricordi. Era appena tornata da uno splendido viaggio in Australia e Thailandia e l’unica cosa che desiderava in quel momento era dormire. Aveva volato per più di quattordici ore, incluso lo scalo imprevisto a Dubai.

    Fece per alzarsi dal divano, decisa a ignorare i messaggi, quando iniziò una terza registrazione.

    «Jane? Sei arrivata, tesoro? Mi avevi detto che saresti stata di ritorno per le otto. È passata mezz’ora e incomincio a preoccuparmi. Chiamami non appena sei a casa, aspetto la tua telefonata.»

    Archiviando per il momento i due messaggi precedenti, Jane sollevò il ricevitore e compose il numero della madre.

    «Ciao, mamma» disse infondendo alla voce un’allegria che in realtà non provava. «Mi dispiace che ti sia preoccupata. L’aereo ha fatto uno scalo imprevisto.»

    «Immaginavo che si trattasse di qualcosa del genere» commentò la signora Lang, sollevata. «Stai bene? Come’è andato il viaggio? Ma non dirmelo ora, mi racconterai tutto a pranzo.»

    «Pranzo?» ripeté lei, contrariata; non era dello spirito adatto per pranzare con la madre quel giorno. «Oh, non oggi» rifiutò educatamente, pur sapendo che la madre non avrebbe accettato con tanta facilità. «Sono stanchissima, mamma. Ho bisogno di almeno otto ore ininterrotte di sonno per riprendermi.»

    «Otto ore, Jane? Io non riesco a dormire più di quattro ore per notte. Ma... non hai riposato in aereo?»

    «Non molto» rispose lei. «Che ne dici di pranzare insieme domani?» le propose poi. «Così avrò tutto il tempo per riposarmi.»

    All’altro capo del telefono seguì un lungo silenzio.

    «Sei stata via quasi tre settimane, Jane» sottolineò la signora Lang, piccata. «Pensavo ti avrebbe fatto piacere rivedere tua madre; sai che sono sempre sola!»

    «Perché non inviti Lucy?» suggerì lei, pronta. «Sono certa che ne sarebbe felicissima.»

    «Non lo metto in dubbio» commentò l’altra, affatto entusiasta all’idea. «Se tua sorella viene a pranzo, verranno anche Paul e Jessica, e correranno per tutta la casa...»

    «Sono i tuoi nipoti, mamma» le fece notare Jane.

    «Sì, ma sono totalmente indisciplinati. A ogni modo» cambiò discorso la donna, «se non ti importa nulla di tua madre, vorrà dire che pranzerò da sola.» Tirò su col naso. «Pazienza! Volevo dirti chi è venuto a trovarmi la scorsa settimana» la incuriosì di proposito.

    Demetri?

    Jane si impose la calma. «Hai avuto visite?» chiese, vaga. «Sono contenta.»

    «Non c’è motivo di essere contenti» ribatté la madre, arrabbiata. «Immagino che lui te lo abbia detto. È lui ad avere la precedenza su di me?» indagò poi, in tono sprezzante.

    La signora Lang non aveva mai mostrato una grande stima nei confronti di Demetri e quando lui e Jane erano ancora sposati non aspettava altro che di veder fallire il loro matrimonio. Nel momento in cui, finalmente, le sue previsioni si erano avverate, lei era presente, pronta a raccogliere i pezzi della figlia, ma non senza una certa soddisfazione, un certo grado di compiacimento nel sottalineare di avere avuto ragione.

    «No!» negò Jane, decisa. «Stai parlando di Demetri, non è così? Ha lasciato due messaggi sulla mia segreteria telefonica e, non ricevendo risposta, deve aver pensato che tu sapessi dov’ero.»

    «Il che è vero.»

    «Glielo hai detto?» incalzò Jane, preoccupata.

    «Gli ho detto che eri all’estero» dichiarò la madre. «Spero che tu non mi chieda di mentire per te, Jane.»

    «No, no. E... ti ha detto perché voleva parlarmi?» avanzò lei, cauta.

    «Se vuoi saperlo dovrai aspettare fino a quando troverai del tempo per me.» Tenere la figlia sulle spine, stuzzicarla, era uno dei passatempi preferiti della signora Lang. «Sai che non amo parlare di queste cose al telefono» proseguì. «Ti aspetto domani» confermò.

    Jane serrò le labbra per trattenersi; non intendeva litigare con sua madre, ma... non meritava quel comportamento sciocco e infantile. Dopo il lungo viaggio aveva sperato di dormire come un sasso per dodici ore filate, ora invece era obbligata a rivedere i suoi programmi se non altro per scoprire chi era stato il misterioso ospite di sua madre. Voleva sapere se era davvero Demetri... «Potremmo cenare insieme» le suggerì.

    «Cena?» le fece eco l’altra, considerando la proposta in silenzio. «Questa sera, vuoi dire?»

    Era un gioco, Jane lo sapeva, ma era troppo stanca per assecondarla. «Quando preferisci. Quando decidi, lascia un messaggio alla segreteria telefonica» tagliò corto.

    «È così che tratti tua madre?» si risentì la signora Lang, pur rendendosi conto di non poter tirare troppo la corda. «Questa sera va bene, tesoro» si addolcì. «Alle sette o è troppo presto?»

    «Alle sette va benissimo. Grazie, mamma, ci vediamo più tardi.» Appese il ricevitore e si allontanò dall’apparecchio di qualche passo quando il telefono suonò di nuovo. Rispose, sgarbata; si trattava solo di una vendita promozionale di cucine e la liquidò in fretta... Del resto, era improbabile che fosse Demetri, ragionò tra sé. Probabilmente era a Londra per affari, ma non aveva tempo di pensare a sua moglie. Lei era l’ultima voce nella sua agenda, come sempre del resto. E a giudicare dal tono dei messaggi, non aveva motivo di credere che la situazione fosse cambiata.

    Abbandonò i suoi buoni propositi di disfare la valigia e si concesse una rapida doccia. Pettinò i lunghi capelli biondi ancora umidi... Quanto era cambiata negli ultimi cinque anni?, si domandò osservando la propria immagine allo specchio. Eccetto le sottili rughe che si aprivano in piccoli ventagli agli angoli degli occhi, la pelle del suo viso era ancora liscia e morbida. Certo aveva acquistato qualche chilo attorno ai fianchi, il che era seccante, ma... i suoi seni erano sodi anche se più floridi.

    Oh, che importava!, si disse, troppo stanca per asciugarsi a dovere. Si infilò nuda a letto e nemmeno il pensiero di Demetri riuscì a tenerla sveglia.

    Il telefono trillò a un tratto. O almeno credette fosse il telefono, ma quando trovò a tentoni l’apparecchio sul comodino, il trillo continuò, acuto.

    Era il campanello dell’ingresso, realizzò Jane. Forse qualcuno che aveva dimenticato le chiavi e ora citofonava a ogni inquilino per farsi aprire...

    Ricadde di nuovo sui cuscini e diede un’occhiata alla sveglia: mezzogiorno! Aveva dormito meno di quattro ore, ma era sempre meglio di niente.

    Il campanello suonò di nuovo, insistente.

    Jane gettò di lato le lenzuola, come un automa si infilò l’accappatoio e ciondolò verso il citofono.

    «Sì?» rispose.

    «Jane?»

    Demetri!

    Il suo cuore precipitò in caduta libera. Non si mosse, non poteva. Si sentì gelare; la leggera sensazione di disorientamento che aveva provato appena sveglia sembrava ora paralizzarla completamente.

    Era troppo presto, meditò senza parlare. Aveva bisogno di tempo per riprendersi. Se avesse immaginato di incontrare di nuovo il marito, avrebbe voluto che fosse alle sue condizioni e non a quelle di lui!

    «Jane?» Demetri non demorse. «So che sei in casa. Tua madre è stata così gentile da informarmi che saresti tornata oggi. Dannazione, vuoi aprire la porta?» si spazientì. «O preferisci che mi arrestino per disturbo alla quiete pubblica?»

    Era solo una scusa per convincerla a farlo entrare. «Non... non sono vestita» biascicò lei dopo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1