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Io ti salverò: Harmony Collezione
Io ti salverò: Harmony Collezione
Io ti salverò: Harmony Collezione
E-book147 pagine2 ore

Io ti salverò: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Prima o poi doveva succedere.

Dieci anni. A Rachel Harris non sono bastati dieci anni di continue fughe e improvvisati sotterfugi per lasciarsi definitivamente alle spalle il passato. Adesso il pericolo di perdere il piccolo Jamie è lì, dietro la porta di casa.

Prima di arrendersi, deve...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2017
ISBN9788858965801
Io ti salverò: Harmony Collezione
Autore

Jennifer Taylor

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Io ti salverò - Jennifer Taylor

    successivo.

    1

    Stephen non si preoccupò di avvertire che stava uscendo. Con il suo ascensore privato scese fino al pianterreno. Si sarebbero certamente accorti della sua assenza. Le trattative si sarebbero concluse fra breve, e allora l'avrebbero cercato.

    Per la verità, non gli importava nulla di quello che sarebbe accaduto. Non gli interessava sapere se quella sera avrebbe ancora avuto il controllo della compagnia che con tanta determinazione aveva costruito negli ultimi dieci anni. Lui aveva già avuto la sua risposta la sera precedente, e adesso sapeva quello che doveva fare.

    La situazione gli parve perfino divertente, nella sua ironia. Stava già cercando Rachel quando era stata costituita la cordata che adesso cercava di impadronirsi della sua azienda, senza che lui opponesse in pratica alcuna resistenza.

    Fino a quel momento gli investigatori privati che Stephen aveva ingaggiato per rintracciare Rachel avevano avuto poco successo. La sera precedente aveva ricevuto una telefonata.

    Con grande stupore aveva appreso che lei si trovava in città. Era una strana coincidenza, ma era anche la dimostrazione che a questo mondo esiste una giustizia, per quanto imperscrutabile.

    Rachel era uscita dalla sua vita molto tempo prima, e da allora lui si era sforzato di assumere un controllo ferreo su tutto quello che gli stava intorno. Ma adesso il suo mondo sembrava crollare. La sua compagnia rischiava di essere assorbita dalla concorrenza, e se così fosse stato Stephen avrebbe perso la sua ultima ragione di vita. Per questo gli pareva quasi che il ritorno di Rachel fosse una specie di ricompensa per tutto quello che stava perdendo. Il destino cercava di pareggiare almeno i conti.

    Un vento gelido e tagliente spazzava il parco, scompigliando i capelli di Stephen e rendendo ancora più duri i suoi lineamenti. Lui vide il proprio viso riflesso in una vetrata e sorrise con amarezza.

    La vita e l'esperienza avevano scavato quel volto, e avevano reso freddi e cinici quegli occhi. Solo questo gli sarebbe rimasto, il cinismo, quando tutto sarebbe finito. Certo, avrebbe avuto anche molto denaro, più di quanto avrebbe potuto spenderne in una vita intera di dissipatezze, ma null'altro per cui valesse la pena di recriminare. Non era molto, considerato quanto aveva dovuto lottare e lavorare per arrivare fin là.

    Le strade erano silenziose, e Stephen percorse senza fretta la vie del quartiere che non aveva più attraversato da anni. La sua vita si era allontanata dai vicoli della città, ora si svolgeva in una villa grandiosa, circondata da un parco vastissimo, una residenza più adatta al facoltoso imprenditore che era diventato. Eppure, mentre guidava, non poteva scacciare la sensazione del tempo che gli sfuggiva irrimediabilmente di mano.

    Si aggrappò quasi al volante mentre parcheggiava di fronte alla casa. All'improvviso il timore di compiere un errore irreparabile s'impadronì di lui. In fondo, non poteva aspettarsi nulla da quell'incontro. Rachel non l'aveva mai cercato, e forse era davvero una imprudenza cercare di fare rivivere il passato, invece di lasciare le cose come stavano.

    Stephen esitò soltanto per un istante, poi si mosse, risoluto. Finalmente avrebbe potuto ottenere le risposte alle domande che lo ossessionavano da dieci anni.

    Si guardò intorno mentre scendeva dall'auto, e non poté trattenere l'emozione quando vide la giovane donna camminare a passi decisi verso di lui. Indossava un cappotto pesante, e aveva il cappuccio che le copriva la testa e parte del viso, ma lui avrebbe riconosciuto ovunque quel modo di muoversi.

    «Rachel...» mormorò. Pronunciò quel nome come se fossero passati soltanto alcuni minuti, e non dieci anni, dall'ultima volta che l'aveva vista. Stephen era stato fino a quel momento convinto di essere preparato a quell'incontro, ma di certo non si aspettava di rivivere in un istante le emozioni forti di quell'estate di tanti anni prima.

    «Andiamo al parco, più tardi, mamma? Dai, per favore...!»

    La voce del bambino risuonò chiaramente nella strada. Per la prima volta Stephen si rese conto che Rachel non era sola. Volse lo sguardo sul bambino, e per la seconda volta fu sopraffatto dall'emozione.

    Quello doveva essere il figlio di Rachel. La somiglianza con lei era strabiliante, Stephen lo vide bene mentre si avvicinava. Non si trattava solo delle caratteristiche fisiche, le somigliava molto nell'atteggia mento fiero e sicuro di sé. Il bambino lo guardò in viso mentre gli passava accanto, e ancora una volta Stephen ebbe un tuffo al cuore. Mai più avrebbe immaginato una cosa del genere.

    All'improvviso, un'ira cieca si impadronì di lui, dissolvendo anni di incertezza. Per tanto tempo si era chiesto quale fosse la verità, e adesso ce l'aveva davanti agli occhi.

    Stephen alzò lo sguardo e aspettò che Rachel prendesse le chiavi dalla borsetta. Era bene deciso ad avere tutte le spiegazioni necessarie, e anche ad ottenere ciò che era suo da sempre.

    Con un sospiro Rachel prese le chiavi dalla borsetta. Non aveva affatto voglia di accompagnare Jamie al parco, ma non aveva il coraggio di rifiutargli quel piccolo piacere.

    Aveva trascorso le ultime settimane al capezzale della vecchia zia Edith, che le aveva scritto chiedendole di assisterla.

    Sulle prime Rachel non avrebbe voluto tornare in città, ma non se l'era sentita di lasciare sola la zia in un momento così difficile. Era dunque tornata, e per fortuna alla fine le sue remore s'erano rivelate infondate. Non era successo quasi nulla, durante il suo soggiorno là.

    Ora non le restava che imballare i pochi averi che la zia le aveva lasciato e tornare a casa. Tuttavia, nemmeno il pensiero di rientrare nell'appartamento di Birmingham la rallegrava. La vita in un grande e anonimo condominio non era di sicuro l'ideale, per un bambino di nove anni.

    Jamie la stava aspettando sulla porta di casa, e in tanto guardava la lussuosa macchina parcheggiata sull'altro lato della strada. Anche Rachel le diede una occhiata, mentre infilava la chiave nella toppa. Poi il suo sguardo si posò sull'uomo appoggiato allo sportello, e all'improvviso si sentì venire meno.

    Per un attimo fu incapace di muoversi, contratta in uno spasmo incontrollabile mentre fissava Stephen. Una folata improvvisa di vento le fece scivolare il cappuccio dalla testa e le scompigliò i capelli chiari, ma lei non si mosse. L'uomo rise, una risata amara.

    «Ciao, Rachel. Come stai? Non ti sei dimenticata di me, vero? Sono Stephen Hunter, ricordi? Sì, sono sicuro che ti ricordi benissimo» concluse lui, guardando Jamie.

    Rachel si rese conto che Stephen aveva capito ogni cosa, e il panico si impadronì di lei.

    Respirando affannosamente, cercò di spingere in casa il bambino, ma Stephen li aveva ormai raggiunti, e con fare minaccioso sbarrava a Rachel la via di casa.

    «Tu non vai da nessuna parte. È tempo che noi due parliamo, Rachel. Direi che è venuto il momento di chiarire un po' di cose, non ti pare?»

    Lei rabbrividì nel sentire il tono arrogante e la prepotenza nella voce di Stephen. Senza volerlo, le tornarono in mente le parole di lui, quell'estate lontana, quando le giurava di amarla e mormorava con dolcezza il suo nome.

    «Mi fai male, mamma!» protestò Jamie, un'espressione spaventata sul visino. Rachel lasciò la mano del bambino e si sforzò di assumere il controllo di sé.

    «Scusa, tesoro. Adesso va' in casa, prima di prendere troppo freddo.»

    «Non sento freddo. Posso giocare un poco in giardino, prima di andare al parco?»

    Stephen guardò il piccolo e la sua espressione si fece più dolce. «Va' in casa, invece. Sta' tranquillo, la mamma e io siamo... vecchi amici. Vogliamo soltanto parlare un po' dei vecchi tempi» concluse, volgendo lo sguardo, improvvisamente severo, verso Rachel.

    Lei colse facilmente l'ironia nelle parole di Stephen, ed ebbe un tuffo al cuore. Non poteva fare nulla, in presenza di Jamie. Si intenerì nel vedere l'espressione spaventata e confusa del bambino, e decise che sarebbe stato meglio risolvere la questione senza dirgli chi fosse lo sconosciuto che li fronteggiava in quel momento.

    «Sì, va' pure avanti, Jamie. Io ti raggiungo subito.»

    Dopo un attimo di esitazione, il bambino finalmente entrò in casa. Con un sospiro di sollievo, Rachel si volse allora verso Stephen. All'inizio aveva cercato spesso di immaginare come sarebbe potuto avvenire un simile incontro, e nei momenti di maggiore sconforto lo aveva quasi desiderato. Ma poi gli anni erano passati, e la possibilità di un loro incontro si era fatta sempre più remota.

    Anche la distanza da lui era diventata via via incolmabile. Lei aveva letto sue notizie sui giornali, e il successo di Stephen le aveva dato in un certo senso ragione. Rachel aveva sempre e soltanto voluto la felicità di lui. Eppure, guardandolo adesso, Rachel non poté fare a meno di chiedersi se il successo che lei stessa aveva propiziato non le si sarebbe ritorto contro.

    «Perché, Rachel? Dimmi soltanto questo. Perché lo hai fatto?» chiese Stephen, a voce talmente bassa che Rachel poteva udirlo a malapena. Ma l'ira era evidente nei suoi occhi.

    «Non capisco di che cosa tu stia parlando» rispose lei, cercando disperatamente di dissimulare lo spavento che stava provando.

    Con una risata raggelante, lui le prese il viso con una mano e la costrinse a girarsi e a guardarlo negli occhi.

    «Non mentire con me! Non aggiungere questa menzogna a quelle che già mi hai raccontato! Mi bastato guardare il bambino per capire ogni cosa! È mio figlio, non è vero? Rispondimi! È così?»

    «Io... no... No! Ti sbagli, Stephen! Non capisco come ti sia venuta una simile idea.»

    «Quel bambino ha i miei stessi occhi, Rachel. L'ho guardato in faccia, e ho visto la stessa immagine che vedo riflessa ogni giorno nello specchio. Ha i miei occhi e i tuoi lineamenti. È nostro figlio! Perché non me l'hai detto? Perché per tutti questi anni non mi hai detto che avevo un figlio?»

    Senza rendersene conto, Stephen le stava stringendo il viso, mentre il suo sguardo si faceva sempre più febbrile. Rachel ebbe paura. Lui pareva aver perso il controllo di sé, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.

    Stephen Hunter era un uomo potente, e aveva fama di ottenere sempre quello che voleva. Che cosa sarebbe accaduto, se avesse deciso che voleva Jamie? Di certo non l'avrebbe fermato sapere che Rachel gli aveva tenuto nascosto quel legame soltanto per dargli modo di raggiungere quel successo a cui tanto agognava.

    Rachel non avrebbe corso rischi. Non poteva certo rinunciare a Jamie!

    «No! Ti sbagli! Jamie non è... non è tuo figlio. Sì, lui ha gli occhi degli Hunter, ma non è figlio tuo, Stephen» mentì, con convinzione.

    «Che cosa vuoi dire?»

    «Jamie è figlio di Robert. Noi due... abbiamo fatto l'amore quella volta che tu sei andato a Londra. Non volevo che

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