Un affascinante rompiscatole: Harmony Collezione
Di Helen Brooks
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Info su questo ebook
Per dimenticare il fidanzato che l'ha abbandonata poco prima delle nozze, Marigold accetta di trascorrere il periodo natalizio nel cottage che un'amica ha ereditato dalla nonna. La tanto agognata tranquillità, però, è interrotta da una serie di imprevisti: la sua auto viene bloccata da una tempesta di neve e lei si fa male a una caviglia. Come se non bastasse il nuovo vicino di casa, l'affascinate Flynn Moreau, irrompe nella sua vita causandole non poche complicazioni e inopportuni batticuori.
Helen Brooks
Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.
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Anteprima del libro
Un affascinante rompiscatole - Helen Brooks
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Christmas at His Command
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2002 Helen Brooks
Traduzione di Vincenzo Russo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-466-3
www.eHarmony.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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1
«No, ti prego, non farmi questo.»
Marigold chiuse gli occhi per qualche secondo, prima di aprirli di nuovo e fissare il cruscotto della sua macchina.
«Che cosa mi stai combinando, Myrtle? Abbiamo fatto un bel po’ di strada insieme, in tutti questi anni, mi sembra. Non metterti a fare i capricci proprio adesso.»
Naturalmente la sua auto non le rispose, limitandosi a tossicchiare un paio di volte. Sembrava che ce l’avesse con lei perché l’aveva definita una vecchia carretta, prima di partire. Anche le automobili possono essere suscettibili? In ogni caso, ora il motore taceva, mentre le ruote affondavano in quattro dita di neve.
Stupendo, pensò Marigold serrando le labbra. Di lì a un’ora sarebbe stato buio e lei si trovava tutta sola nel mezzo di... di nulla. Non vi era nulla... o nessuno, in vista, a perdita d’occhio.
Anche per questo non poteva starsene in macchina ad aspettare chissà che: a motore spento non aveva neanche riscaldamento e avrebbe finito per congelarsi. Consultò un’altra volta la cartina su cui aveva segnato il percorso e la destinazione: Sugar Cottage. Doveva avere sbagliato strada, ma dove? E quando?
Emma l’aveva avvertita che il cottage era molto isolato, e che non sarebbe stato semplice trovarlo. Ma Marigold non l’aveva presa sul serio e solo adesso si rendeva conto della situazione in cui era andata a cacciarsi.
Sempre più nervosa, studiò di nuovo la cartina, cercando di raccapezzarsi. L’ultima costruzione che aveva incontrato, circa mezz’ora prima, era stata un pub malandato. E l’ultimo veicolo un camioncino altrettanto malandato. Da allora più nulla.
Eppure, a giudicare dai chilometri che aveva fatto, non doveva essere troppo lontana dal cottage. A quel punto l’unica possibilità che le restava era scendere dall’auto e mettersi a camminare. Ma in che direzione? E, soprattutto, che cosa avrebbe fatto quando sarebbe calata la notte?
Guardandosi intorno, vide una casa piuttosto grande, al di là della vallata. Non poteva essere il cottage. Emma l’aveva descritto piccolo, rustico e privo delle attrezzature ormai comuni in qualsiasi abitazione civile. Niente telefono e televisore, per intendersi, e l’elettricità mancava spesso, rendendo consueto l’uso di torce, lumi e candele.
Emma l’aveva ereditato dalla nonna, che ci viveva benissimo così e non aveva mai voluto renderlo più moderno. La vecchia signora si faceva da sé il pane, allevava polli e conigli ed era rimasta lì ad arrangiarsi, da sola, anche dopo la morte del marito. Finché la morte non l’aveva colta nel sonno, alla rispettabile età di novantadue anni.
Doveva essere stata un bel tipo, si disse Marigold, mentre i suoi stivali facevano scricchiolare la neve della strada. Naturalmente aveva lasciato in macchina i bagagli. Era già abbastanza faticoso avanzare a piedi nella neve senza portare dei carichi.
Emma le aveva offerto il cottage per le vacanze di Natale e lei aveva accettato, immaginando una vacanza diversa dal solito. Ma non così diversa, accidenti! Doveva venirci con Dean, ma in quel momento lui doveva essere disteso su una spiaggia caraibica in compagnia di Tamara.
In poche parole, si disse stringendo le mascelle, quei due si stavano godendo quella che, almeno nei programmi, doveva essere la sua luna di miele con Dean. Dopo tutta un’interminabile serie di bugie, quello era stato l’ultimo tradimento. Se un amico comune, superando il comprensibile imbarazzo, non le avesse confidato che quei due se la intendevano da un pezzo, Marigold non se ne sarebbe neanche accorta.
Se avesse seguito il suo istinto, avrebbe dovuto correre all’appartamento di Dean e stenderlo con un diretto al mento. Naturalmente, non l’aveva fatto, preferendo chiudersi in un dignitoso silenzio e restituirgli l’anello di fidanzamento.
Le lacrime affiorarono ancora una volta, mentre quei ricordi tornavano a tormentarla, ma riuscì a ricacciarle indietro. Mai più uomini, rammentò a se stessa. Mai più coinvolgimenti affettivi. Per questo aveva accettato l’offerta dell’amica per le vacanze di Natale. Più di ogni altra cosa desiderava trovarsi in un luogo deserto, con la speranza di ritrovare se stessa per rimettere insieme i cocci.
Era nata e cresciuta a Londra, e lì aveva frequentato l’università, prendendo una laurea in design, dopo la quale aveva trovato un lavoro piacevole e ben remunerato in una società di design grafico. Era stata un’ottima esperienza, e ne aveva approfittato per mettersi in proprio, quando la società aveva deciso di diversificare le proprie attività in direzioni che a lei non interessavano.
Nel frattempo aveva conosciuto Dean, e poco dopo si erano fidanzati. Avevano gli stessi interessi professionali, e lui le aveva proposto di associarsi. Accettando, Marigold aveva pensato che a quel punto la strada del suo futuro era tracciata. Ne era stata più che certa, finché non era comparsa Tamara Jaimeson.
Distratta da quei pensieri, mise un piede in fallo e cadde lunga distesa nella neve, che per fortuna attutì la botta. Tuttavia, quando si fu messa a sedere, dovette constatare che si era slogata una caviglia. Se la massaggiò con cautela. Niente di rotto, ma non poteva illudersi di proseguire in quelle condizioni.
E adesso?
Rimase lì, seduta, per una decina di minuti, e stava cominciando a rabbrividire per il freddo, quando il magico suono di un motore le riscaldò prima le orecchie e poi il cuore.
Si tirò su a fatica, piazzandosi al centro della strada. Era quasi buio e non voleva correre il rischio che non la vedessero. Per ulteriore sicurezza, appena vide spuntare la Range Rover, cominciò ad agitare le braccia per attirare l’attenzione del guidatore.
Forse inconsciamente aveva temuto che il veicolo potesse tirare dritto, perché quando lo vide arrestarsi, mentre il finestrino veniva abbassato, cominciò a balbettare ringraziamenti piuttosto sconnessi.
«Oh, che fortuna... Sa, la mia macchina... Be’, sicuramente l’ha vista, poco fa. Insomma, si è ammutolita e non so perché...» Cercò di riprendere fiato, ma l’ansia era tanta, pari alla contentezza di vedere quel viso... umano. «Ho cominciato a camminare, però sono caduta e la caviglia...»
«Va bene, ho capito. Si calmi.»
A zittire Marigold non fu solo la voce fredda e profonda dell’uomo al volante, ma anche il suo aspetto. Il viso, incorniciato dai capelli neri, aveva un certo fascino, forse un po’ rude.
Quel tipo, si disse Marigold con un’ombra di umorismo, pareva scolpito nella pietra.
«Sì, ho visto la macchina» confermò lo sconosciuto. «Immagino che fosse diretta verso lo Sugar Cottage.»
«Come fa a saperlo?» replicò lei, stupita.
«Facile. A parte la mia, non c’è nessun’altra casa, nella zona.» L’uomo la osservò con un briciolo di curiosità. «Lei dev’essere Emma Jones, la nipote di Maggie» aggiunse.
«Veramente...» cominciò a obiettare lei, ma l’uomo del fuoristrada non doveva avere l’abitudine di ascoltare.
«So che è venuta una volta a vedere il cottage, mentre io ero in viaggio. Per questo non ci siamo mai incontrati.»
Le parole, in sé, avevano qualcosa di amichevole, tuttavia nel tono c’era qualcosa di ostile, e Marigold non riusciva a spiegarsene la ragione... ammesso che non si trattasse solo di una sua impressione.
«Lei è il signor...»
«Moreau.»
«Dunque, signor Moreau, io penso che dovrei spiegarle...»
«Spiegarmi?» le fece eco lui, mentre i suoi occhi grigi si facevano più freddi. «Spiegarmi che cosa? La ragione per cui nessun familiare ha ritenuto opportuno fare visita a una donna così anziana, negli ultimi dodici mesi della sua vita?»
«Guardi che io...»
«Sì, lo so: ogni tanto avete telefonato alla drogheria del villaggio, per sapere se Maggie era ancora viva e per mandarle i vostri saluti. Notizie di seconda mano, signorina Jones. Poco, molto poco per rallegrare una persona sola di quell’età.»
Marigold era allibita. Non riusciva neanche a inserirsi in quel torrente in piena. Un vero fiume di rimproveri. Solo ora comprendeva le ragioni dell’evidente freddezza dell’uomo. Prima che riuscisse ad aprire bocca e a spiegarsi, lui proseguì.
«Certo, Maggie sapeva essere irritante, a volte. Era testarda, brontolona, e certa gente la trovava insopportabile. Ma era orgogliosa e indipendente, e lo è stata fino all’ultimo. Aveva novantadue anni, quand’è morta, e deve aver avuto tutto il tempo per rendersi conto che c’era il vuoto, intorno a lei. E di provare tutta l’amarezza che una scoperta simile può dare.»
«Signor Moreau...»
«Ma voi niente. Due righe ogni tanto e una telefonata giù in paese, tanto per avere la coscienza a posto. Non è vero?»
Marigold cominciava ad averne abbastanza. Non sapeva che Emma e la sua famiglia avessero trascurato la vecchia signora fino a questo punto. Lei, però, non era Emma, e l’arroganza di quell’uomo le aveva impedito di dirglielo, fino a quel momento.
«Lei non capisce» cominciò con decisione. «Io non sono...»
«Lei non è responsabile?» la interruppe Moreau. «Mi sembra davvero troppo facile cavarsela così, signorina Jones. E mentre calcola quanto potrà ricavare dalla vendita del cottage, cerchi di pensare a quante lacrime sono state versate lì dentro, a quanto dolore causato da lei e dalla sua miserabile famiglia...»
«Lei non ha il diritto di parlarmi così» sibilò Marigold, avvertendo un intenso desiderio di colpirlo sul naso.
«Vuol dire che non è venuta qui per vendere la casa che era l’orgoglio della povera Maggie?»
Marigold stava per replicare quando, di colpo, si rese conto che vendere il cottage era esattamente ciò che Emma intendeva fare. La sua esitazione venne scambiata per senso di colpa dal signor Moreau, che sogghignò scuotendo la testa.
«Ne ero certo» mormorò. «Davvero non capisco come possiate avere lo stesso sangue, Maggie e tutti voi. Ma anche se è così, voi non valete un’unghia di quella gran donna, glielo assicuro.»
Lei era sul punto di rispondere che non era Emma e che non