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I doveri di un gentiluomo: Harmony History
I doveri di un gentiluomo: Harmony History
I doveri di un gentiluomo: Harmony History
E-book265 pagine3 ore

I doveri di un gentiluomo: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1815
Dopo la vittoria di Waterloo, Adam Miller torna a casa per dedicarsi alle responsabilità di un gentiluomo: trovare una moglie ricca e generare dei figli cui lasciare un giorno terre e titolo. Ben presto, però, capisce che sposare un'ereditiera non gli interessa, e che invece è molto attratto da una giovane senza un soldo, Miss Jenny Hastings. Lei ha insoliti occhi argentei che lo ammaliano e in altre circostanze avrebbe potuto essere la donna giusta per lui. Ma quando è ormai rassegnato a rinunciare al suo sogno d'amore, scopre che Jenny nasconde un segreto in grado di cambiare tutto...
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2020
ISBN9788830513655
I doveri di un gentiluomo: Harmony History
Autore

Anne Herries

Autrice inglese vincitrice di numerosi riconoscimenti letterari, ha iniziato a scrivere nel 1976 e ha ottenuto il suo primo successo appena tre anni dopo. Attualmente vive nel Cambridgeshire con il marito.

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    Anteprima del libro

    I doveri di un gentiluomo - Anne Herries

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Courted by the Captain

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2013 Anne Herries

    Traduzione di Angela Medi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-365-5

    Prologo

    «Buon Dio, ce l’abbiamo fatta!»

    I quattro cugini si guardarono, trionfanti. Era appena arrivata la notizia che Napoleone era in fuga. Dopo giorni di aspre battaglie, quando già sembrava che le truppe di Wellington dovessero subire una sconfitta, addirittura una disfatta, il loro astuto generale era riuscito a sovvertire la situazione.

    «Abbiamo subito terribili perdite, ma ne siamo usciti vincitori.»

    Ognuno dei quattro uomini era stato ferito. Mark Ravenscar, il maggiore, aveva solo un graffio sulla guancia e alcuni danni di poco conto alla mano destra. Poiché era universalmente considerato un fortunato figlio di un cane, attraente, ricco e favorito dagli dei, questo era, nell’opinione dei suoi amici, poco sorprendente.

    Suo fratello minore, Paul, aveva subito ferite alla testa, al braccio destro e alla coscia sinistra, ma era ancora tra quelli risparmiati. Anche Hallam Ravenscar, il cugino più vecchio, aveva una lesione alla testa e un’altra al braccio sinistro e Adam Miller, loro cugino in linea materna, era stato colpito seriamente alla spalla destra.

    Comunque, erano stati tutti rimessi in sesto dal chirurgo e nessuno di loro era considerato in pericolo di vita. L’unica conseguenza delle loro ferite era di averli fatti salire ai primi posti nella lista per tornarsene a casa.

    «Boney è sistemato» dichiarò Hallam. «Il Vecchio Uncino stavolta non lo lascerà andare così facilmente. È scappato dall’Elba, ma allora era un uomo diverso. Anche così, comunque, sarà meglio non correre rischi. Dovranno assicurarsi che sia esiliato in un posto sicuro.»

    «Bene, noi siamo sopravvissuti e questo è ciò che conta» osservò Mark, sorridendo. «Alla fine potrò sposare Lucy.»

    «Fortunato bastardo.» Adam ghignò mentre gli assestava una pacca sulla spalla. «Lucy Dawlish è la più bella ragazza che abbia mai visto. Tu hai tutto, amico mio, e una vita meravigliosa ti attende in Inghilterra.»

    Mark annuì, mentre i suoi occhi riflettevano una certa preoccupazione. «Quasi troppo perfetta» commentò. «Anche tu ce la farai, Adam. Tuo nonno ha il titolo di conte e una grande tenuta.»

    «Che è in gran parte ipotecata» obiettò Adam, cupo. «Il conte ritiene che sia mio dovere sposare un’ereditiera. Questa guerra per me è stata un espediente per non essere coinvolto in un matrimonio intollerabile.»

    «Non può costringerti a prendere moglie solo per salvargli la pelle» interloquì Hallam. «Possiedi la piccola proprietà di tuo padre, non lasciare che il conte ti faccia pressione.»

    «Lui sostiene che è mio dovere verso il nome dei Benedict.» Adam sospirò. «Il problema è che ha ragione, lo so. Dovrei fare come dice, ma non sono ancora pronto a sposarmi.»

    «Mantieni la tua posizione» gli consigliò Mark. «Non sei stato tu a dilapidare la fortuna dei Benedict. Tuo nonno ha giocato sconsideratamente. Avrebbe dovuto essere più saggio, alla sua età.»

    «È convinto di essere stato imbrogliato» replicò Adam. «Se mi dicesse il nome del farabutto che l’ha spennato, sfiderei a duello quel demonio.»

    «Motivo per cui il conte si guarda bene dal rivelartelo» intervenne Paul. «Credo preferisca che il suo unico nipote resti in vita, piuttosto che recuperare le sue perdite. Sono sicuro che ce la farai. Comunque, puoi sempre trovare un’ereditiera di tuo gusto.» Sorrise ad Adam con affetto. «Tutti noi ci guarderemo attorno per trovartene una: una giovane che non sia brutta, né stupida, ma ricca come Creso.»

    «Un compito impossibile!» esclamò Adam, ridendo. «Sono fortunato ad avere dei così buoni amici. Confido che mi resterete accanto anche se sarò costretto a sposare la figlia di qualche ricco borghese?»

    «Nel bene e nel male» sentenziò Hallam. «Ci sosterremo l’un l’altro. Siamo sopravvissuti a questa guerra guardandoci le spalle a vicenda, e resteremo amici per la vita.»

    «Udite, udite!» esclamarono gli altri.

    «Se uno di noi sarà nei guai, gli altri lo sosterranno.»

    «Per la vita e per la morte.»

    Ognuno degli uomini ripeté la solenne promessa che avevano fatto pochi giorni prima, quando avevano affrontato la morte assieme. Adesso dovevano guardare avanti e per quattro gentiluomini con differenti gradi di fortuna il futuro appariva molto più luminoso di quanto fosse stato solo qualche tempo prima.

    «Per la vita e per la morte...»

    Si strinsero le mani, sorridendo. I problemi di Adam non erano niente che la fortuna e una mente ben determinata non fossero in grado di superare brillantemente.

    1

    Miss Jenny Hastings esaminò l’affollata sala da ballo e capì che doveva darsi a una rapida fuga. Se il marchese l’avesse vista, avrebbe trovato il modo di spingerla in un angolo e lei era determinata a non farsi intrappolare. Se c’era un uomo che non poteva davvero sopportare, era Fontleroy. Il modo in cui i suoi occhi la seguivano era sufficiente a mandarle brividi gelidi lungo la schiena. Il suo era uno sguardo calcolatore, come se la ritenesse vulnerabile e alla sua mercé... il che, dalla morte del suo amato padre, rappresentata un rischio alquanto reale.

    «Oh, papà!» mormorò, sottovoce. «Perché mi hai lasciato sola così presto?»

    Naturalmente non era del tutto sola, ma zia Martha e zio Rex erano incapaci di proteggerla. Sua zia erano convinta che chiunque fosse in possesso di un titolo le avrebbe reso un favore, chiedendo la sua mano, e lo zio trascorreva la maggior parte delle giornate chiuso in biblioteca, poco interessato al benessere della sua graziosa nipote.

    Nella fretta di abbandonare la sala da ballo, Jenny quasi andò a sbattere contro una delle ragazze più belle che avesse mai visto. Si scusò, e poi sorrise, nel riconoscere Miss Lucy Dawlish.

    «Perdonami» mormorò. «Stavo cercando di evitare qualcuno. Ti ho pestato un piede?»

    «Niente affatto, Jenny» la rassicurò Lucy, sorridendo. «Mi sembrava di averti vista, prima, ma c’è una tale folla, non è vero?»

    «Terribile. Il che significa che l’evento è un grande successo. Io sono venuta con mia zia e la sua amica Mrs. Broxbourne. Hanno chiacchierato tutta la sera e io ho ballato, finché non è arrivato lui.» Jenny fece un cenno del capo in direzione dell’uomo che le stava osservando dall’altro lato della sala.

    Lucy si accigliò e la fissò con curiosità. «Non penso di aver mai incontrato quel gentiluomo. Non è privo di attrattive, devo dire.»

    «Forse, ma la sua reputazione è a dir poco scandalosa» replicò Jenny. «È un giocatore incallito e si mormora che sia anche un baro. Il che mi fa ripensare all’incidente in cui morì mio padre. Perse una somma considerevole, quella notte...»

    «Oh, Jenny, sei nei guai?»

    Lei rifletté un istante, poi inclinò il capo, le guance un po’ arrossate. «Mio padre ha dissipato una grande quantità di denaro, motivo per cui mia zia ritiene che dovrei essere grata al marchese per il suo interesse. Ti assicuro che preferirei morire, però, che essere costretta a sposare un individuo simile.»

    «Allora non devi farlo. Anche se solo gli amici più stretti ne sono al corrente, molto presto verrà annunciato il mio fidanzamento e i miei genitori e io torneremo nella nostra casa di campagna per i preparativi. Vieni a stare da noi, Jenny. Mia madre stava giusto dicendo, ieri, che non sa come farà a separarsi da me, quando sarò sposata. Io non andrò a vivere lontano, ma lei sarebbe felice di avere te a farle compagnia. Ti ha sempre considerato una giovane giudiziosa e di belle maniere e so che sarebbe felice, se tu ti trasferissi a Dawlish Court.»

    «Sei molto gentile.» Jenny sembrava dubbiosa. «Sei certa che tua madre sarebbe contenta di ospitarmi per un lungo periodo?»

    «Ne sarebbe lieta. Sono la sua unica figlia e nessuno dei miei fratelli si è ancora sposato. Loro passano il tempo a Londra o a Newmarket. Mamma adorerebbe averti con lei... sempre che tu riesca a convincere tua zia a dare il suo consenso.»

    «Oh, ritengo di poterlo fare.» Jenny emise un respiro di sollievo vedendo il marchese allontanarsi: alla ricerca, immaginò, di una sala in cui si giocasse a carte.

    «Allora è sistemato. Ti passeremo a prendere la prossima settimana, quando lasceremo la città. Devi portare parecchi abiti, perché ti serviranno.»

    «Grazie.» Jenny sorrise. «Ho l’impressione che un gentiluomo stia venendo a chiederti di ballare. Io andrò subito a parlare con mia zia.»

    Lasciando Lucy e il suo attraente cavaliere alle danze, Jenny iniziò a farsi strada nella sala affollata. Era difficile raggiungere l’altro lato, dove sedevano le due anziane dame, e fu costretta ad aspettare finché la pressione della gente non le permise di spostarsi.

    «Dov’è questa pietra di paragone che mi avete promesso?»

    Una voce di uomo venata di divertimento attirò la sua attenzione.

    «Un’ereditiera, graziosa se non bellissima, non stupida e disponibile. Non mi avevate promesso un simile gioiello raro?»

    «Non è così semplice» pronunciò un altro giovanotto. «Sei troppo difficile, Adam. Ti abbiamo già mostrato due damigelle perfettamente adatte e nessuna era di tuo gusto.»

    «Una ridacchiava a qualunque cosa dicessi e l’altra era muta come un pesce» ribatté il primo che aveva parlato. «Dio mi salvi dalle ereditiere smorfiose! È da quando mi sono ripreso dalla convalescenza che mi sfilano davanti e ormai dispero di trovarne una che vorrei sposare.»

    Il secondo gentiluomo rise. «Se la ragazza ha un patrimonio, le trovi subito qualche difetto. Comincio a pensare che la donna giusta per te debba ancora nascere.»

    L’altro sogghignò e scosse la testa. «Temo tu abbia ragione. Sono un po’ troppo esigente... ma il solo pensiero di questa faccenda mi disgusta. Perché dovrei sposarmi solo per accaparrarmi ricchezze?»

    Jenny si girò per lanciare un’occhiata ai due giovani uomini, così immersi nella loro conversazione da non avere idea che le loro parole potessero essere udite. Che bellimbusto!, pensò. Il giovanotto così difficile da compiacere era senza dubbio attraente. I capelli erano scuri, quasi neri, e gli occhi di un azzurro brillante. Doveva avere un’alta opinione di se stesso, se nessuna delle donne lì dentro incontrava i suoi gusti. Jenny conosceva almeno sei fanciulle presenti che erano eredi di fortune considerevoli e ognuna di loro aveva qualche caratteristica gradevole.

    Gli occhi del giovane parvero arrestarsi per un attimo su di lei, poi passarono oltre. Jenny si accigliò e avanzò nella folla.

    Ci vollero parecchi minuti perché raggiungesse la zia, la quale, vedendola, sollevò lo sguardo e le sorrise distrattamente. «Fontleroy ti stava cercando, mia cara» le comunicò. «Immagino che intendesse chiederti di ballare, ma non riusciva ad avvicinarti per via della ressa.»

    «Fa troppo caldo qui dentro» replicò Jenny. «Ho incontrato Lucy Dawlish. La sua famiglia tornerà a casa la prossima settimana e sono stata invitata a stare presso di loro per alcune settimane. Fin dopo il suo matrimonio.»

    «Davvero?» Mrs. Martha Hastings corrugò la fronte. «Non sapevo che il suo fidanzamento fosse stato annunciato. Bene, direi che sarà una buona compagnia per te, Jenny. Lady Dawlish invita solo le persone migliori e dovresti essere lusingata della sua considerazione. Potresti incontrare un gentiluomo adatto... e il marchese verrà a farti visita, se lo desidera.»

    «Il fidanzamento di Lucy non è stato ancora reso pubblico, ma i suoi amici sanno che sposerà Mark Ravenscar. L’ho incontrato, una volta, è un uomo piacevole.»

    «Se solo prendessi in considerazione Fontleroy, saresti promessa sposa anche tu» le fece notare la zia.

    Jenny sospirò. Aveva tentato in varie occasioni di far capire a sua zia che non avrebbe mai preso in considerazione l’idea di sposare Fontleroy. Se anche non avesse avuto un penny a suo nome, avrebbe preferito lavorare come governante, o dama di compagnia. Non poteva essere peggio che vivere con Mrs. Hastings. «Ho un po’ di mal di testa, zia» mentì quindi. «Pensi che potremmo tornare a casa presto?»

    «Certo, fa molto caldo stasera» convenne la donna. «Vai a prendere la tua mantella, mia cara. Ce ne andremo non appena la nostra carrozza sarà pronta.»

    Jenny non se lo fece ripetere due volte. Decise che fosse più facile lasciare la sala rasentandone il perimetro che tentando di attraversarla. Quando raggiunse la porta che conduceva all’entrata, dove si apriva lo spogliatoio delle signore, notò i gentiluomini che poco prima stavano discutendo di ereditiere. Uno di loro danzava con una giovane donna molto graziosa, mentre l’altro, quello esigente, fissava accigliato la compagnia come se nessuno gli piacesse. Che uomo arrogante!

    Per un momento i loro occhi si incontrarono attraverso la sala e lui strinse i suoi. Notando un lampo interessato, in quello sguardo inquieto, Jenny sollevò la testa e si girò. Non ci teneva a diventare l’oggetto della sua attenzione neppure per un istante!

    Adam fece vagare lo sguardo per la sala, osservando le varie giovani che gli erano state raccomandate. Erano tutte adatte, in qualche modo, e danzare con loro sarebbe stato un piacere, ma l’idea di doverne corteggiare una per la sua eredità gli dava il voltastomaco. Era ingiusto da parte del conte pretendere un sacrificio simile.

    Che se lo aspettasse, era diventato sempre più evidente dal suo ritorno dalla guerra.

    «Così questa volta sei riuscito a sfuggire alla morte o a qualche ferita deformante, Adam» aveva dichiarato il conte, in tono scontento. «Ti devo ricordare cosa sarebbe successo se fossi stato ucciso? È tempo che tu metta su la tua nursery, ragazzo mio. A meno che non mi dia degli eredi, il titolo cadrà nell’oblio... una prospettiva che mi risulta intollerabile. Siamo conti dal tempo del Conquistatore. Perdere il titolo o la tenuta sarebbe egualmente penoso per me. Intendi compiacermi sposando un’ereditiera o no?»

    «Non intendo dispiacervi, nonno» aveva risposto Adam, «tuttavia devo chiedervi di concedermi ancora un po’ di tempo. Vorrei sposare una giovane donna che possa stimare, se non altro.»

    «Bene, bene» aveva approvato il conte, tollerante. «C’è tempo, ancora, ma non mi rimangono molti anni. Vorrei sapere che la tenuta e la successione sono al sicuro.»

    Adam aveva lasciato il podere di suo nonno e viaggiato fino a Londra. Quella era la sua prima apparizione nei salotti della buona società. Era stato lontano per alcuni anni, come molti altri uomini che erano tornati dalle guerre. Adam sapeva che parecchi dei suoi amici erano alla ricerca di giovani donne con delle proprietà, la sua non era l’unica tenuta caricata da ipoteche e in pericolo di scomparire. Se avesse visto una giovane dama in grado di attirare la sua attenzione avrebbe fatto del proprio meglio per corteggiarla, anche se trovava la prospettiva ripugnante.

    Cercare una moglie per le sue ricchezze non era ciò che avrebbe desiderato fare, se avesse avuto scelta, e non si era ancora rassegnato all’idea. Era stato invitato a soggiornare a Ravenscar per il matrimonio di Mark, ma prima confidava in un po’ di divertimento. C’era una corsa importante a Newmarket, la settimana seguente, e aveva intenzione di assistervi.

    Un sorriso tirato gli incurvò le labbra in un ghigno. Se solo fosse riuscito a piazzare una scommessa fortunata e a vincere la posta di cui aveva bisogno per riscattare i beni di suo nonno, si sarebbe risparmiato di dover prendere una decisione che lo disgustava sommamente.

    Stava per lasciare la sala da ballo quando vide una giovane donna fissarlo dall’altro lato con un’espressione di estrema disapprovazione. Per un momento si chiese cosa avesse fatto per infastidirla. Per quanto ne sapeva, non l’aveva mai incontrata. Ebbe il tempo di notare che aveva degli occhi particolarmente belli e una bocca morbida, prima che lei che si girasse e lasciasse il salone.

    I suoi capelli ramati e la carnagione delicata erano fuori dell’ordinario. Possedeva di sicuro la bellezza che lui desiderava nella sua ereditiera, e c’era dell’intelligenza in quello sguardo, ma era probabile che non fosse in possesso di un patrimonio. Non era una delle ricche fanciulle che gli erano state indicate quella sera dai suoi premurosi amici. Dall’aspetto semplice del suo abbigliamento e la mancanza di gioielli vistosi, dubitava che fosse una di quelle rare femmine.

    Esaminando la meno sgradevole delle giovani dame che sapeva essere a caccia di un titolo, Adam trasse un profondo respiro e cominciò a farsi strada attraverso la massa di persone.

    Il meno che potesse fare era chiederle di ballare.

    «Non puoi andartene prima del ballo di Lady Braxton» dichiarò Mrs. Hastings con fermezza. «Di certo i tuoi amici possono rinunciare a te per qualche giorno. Mi userai questa cortesia, Jenny. Tuo zio ti manderà a Dawlish nella sua carrozza alla fine della settimana.»

    «Se parto domattina posso viaggiare con Lucy e far risparmiare allo zio le spese del viaggio.»

    «Parli come se tuo zio fosse poco incline a spendere» ribatté zia Martha, scuotendo la testa. «So che non puoi essere così ingrata da rifiutarmi questa richiesta, Jenny. Né tuo zio né io ti abbiamo chiesto niente, prima... e io penso davvero che tu debba partecipare al ballo, perché ho dato la mia parola.»

    Jenny abbandonò la discussione. Sapeva che zia Martha avrebbe iniziato a recriminare, se avesse rifiutato di accettare il suo volere. Per quanto preferisse viaggiare con la sua amica, non poteva insistere. La pesante carrozza da viaggio di suo zio non era proprio confortevole e sarebbe stato molto meglio spostarsi con il postale, ma il costo era esorbitante e lui non l’avrebbe mai approvato.

    Il cocchio personale di Mr. Keith Hastings, suo padre, era stata venduto assieme a molti degli altri suoi beni. Jenny aveva tentato di protestare che una simile ristrettezza non era necessaria. Suo padre poteva aver perso del denaro, ma di certo era rimasto quanto bastava per i propri bisogni. Zio Rex, però, amava fare economie e non avrebbe mai ammesso che non c’era bisogno di contare ogni singolo penny.

    Lei non aveva idea di quale fosse la sua situazione finanziaria, perché si era limitata ad affidare gli affari a suo zio. Forse era tempo che scambiasse qualche parola con Mr. Nodgrass, rifletté. Il legale di suo padre avrebbe potuto spiegarle di quanto denaro poteva disporre e dirle cosa fosse stato dei gioielli di sua madre. Erano stati venduti per pagare i debiti? Suo zio aveva borbottato qualcosa, al riguardo, lasciando Jenny con l’idea di possedere molto poco, il che la faceva sentire ancora più dipendente dagli zii.

    A ogni modo, al momento indossava solo un filo di perle e se era rimasto qualcosa dei monili era determinata a reclamarli. Aveva diciannove anni e suo padre era morto da un anno. Era tempo che scoprisse esattamente la sua situazione.

    Ormai decisa, stabilì di recarsi all’ufficio del legale il giorno successivo.

    «Venite, venite, Miss Hastings accomodatevi» la invitò con gentilezza Mr. Nodgrass, un po’ sorpreso da quella inaspettata visita, la mattina seguente. «Non c’era bisogno che vi prendeste tanto disturbo, se l’aveste chiesto sarei stato felice di venire io a trovarvi a casa di vostro zio.»

    «Speravo di vedervi da solo» replicò Jenny, quando furono nell’ufficio privato del legale. «Mio zio non è stato chiaro riguardo allo stato degli affari di mio padre, ma io vorrei sapere se alcuni dei gioielli di mia madre sono ancora di mia proprietà.»

    Le cespugliose sopracciglia dell’uomo scattarono all’insù. «I tesori di Mrs. Hastings sono ancora disponibili, naturalmente. Si trovano nella mia cassaforte, in attesa di vostre istruzioni, Miss Jenny... se posso chiamarvi così.»

    «Certamente, signore. Non avevo idea che i gioielli si trovassero qui. Perché non sono stata informata?»

    «Vostra zia riteneva che foste troppo giovane per indossare alcuni dei pezzi più costosi e vostro zio pensò che fossero più al sicuro nella mia cassaforte. Comunque, so che vi sono gemme di minor valore, adatte a una giovane dama, e mi sono sempre chiesto perché non ne approfittaste.»

    «Mi piacerebbe molto farlo. Presto andrò ospite da alcuni miei amici e vorrei qualcosa di bello da indossare a un matrimonio. Posso

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