La regola del cuore: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Unica regola: non infrangere mai le regole...
Jonas Buchanan è famoso per essere arrogante e apparentemente insensibile, nel lavoro come nella vita privata. Evita appositamente di mischiare affari e piacere, e si tiene alla larga dalle donne che lo indurrebbero a non rispettare il suo credo. Primo: non andare a letto con giovani inesperte. Secondo: non festeggiare il Natale.
Mary McGuire adora le festività natalizie ed è candida e ingenua come la neve che ricopre la città. Sembra l'immagine di ciò che Jonas rifugge, ma a volte l'apparenza inganna.
Carole Mortimer
Carole Mortimer was born in England, the youngest of three children. She began writing in 1978, and has now written over one hundred and seventy books for Harlequin Mills and Boon®. Carole has six sons, Matthew, Joshua, Timothy, Michael, David and Peter. She says, ‘I’m happily married to Peter senior; we’re best friends as well as lovers, which is probably the best recipe for a successful relationship. We live in a lovely part of England.’
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Anteprima del libro
La regola del cuore - Carole Mortimer
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
His Christmas Virgin
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2010 Carole Mortimer
Traduzione di Marta Draghi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5890-213-4
www.eHarmony.it
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1
Mentre scendeva la scala metallica dal primo piano del suo loft, Mac si fermò di colpo notando nel vicolo buio il profilo di una persona piuttosto robusta.
Davvero robusta, pensò accigliandosi mentre l’uomo si spostava sotto la luce del lampione. Indossava un lungo cappotto scuro che lo faceva sembrare enorme, e aveva bruni capelli un po’ lunghi a incorniciare un volto duro e potente; un volto che in qualunque altro momento Mac avrebbe immediatamente trasferito sulla tela, con quegli occhi chiari e penetranti. Erano grigi o azzurri? E gli zigomi scolpiti attorno a un naso importante. Aveva una bocca perfettamente disegnata, con un labbro inferiore carnoso e sensuale, e un mento fermo e determinato.
Nessuno di quei dettagli era importante, se non per la polizia, in caso le intenzioni di quell’uomo si fossero rivelate poco oneste, si disse ironicamente.
Represse un brivido mentre la gelida aria serale di dicembre le penetrava nelle ossa. «Posso aiutarla?» disse prontamente mentre si infilava il cardigan e sistemava i lunghi capelli neri, chiedendosi se avrebbe dovuto usare le mosse di ju-jitsu che aveva imparato quando studiava all’università.
L’uomo scosse le ampie spalle. «Forse. Sa dirmi se Mary McGuire è in casa?»
Conosceva il suo nome! Nessuno dei suoi amici la chiamava Mary. Ma lui non era di certo un amico, non l’aveva mai visto!
Mac lanciò una rapida occhiata allo studio illuminato alle sue spalle prima di tornare a guardare l’uomo con sospetto. «Chi vuole saperlo?»
«Senta, comprendo la sua diffidenza...»
«Davvero?» lo sfidò.
«Certo» affermò lui. «Scusi se l’ho spaventata, ma le assicuro che non ho cattive intenzioni. Voglio solo parlare con la signorina McGuire.»
«E la signorina McGuire vorrà parlare con lei?»
L’uomo accennò un sorriso per nulla divertito. «Spero di sì. Vogliamo continuare così tutta la sera?»
«Direi di no.» Mac scosse la testa, pensando che forse non avrebbe dovuto difendersi da un’aggressione. «I Patel chiudono il negozio fra dieci minuti, e devo assolutamente andarci.»
Le scure sopracciglia si arcuarono sopra gli occhi chiari. «I Patel?»
«Il negozio all’angolo in fondo alla strada.»
«E questo cosa vorrebbe dire?»
«Devo comprare qualcosa da mangiare prima che chiudano. Potrebbe per favore lasciarmi passare?» Scese un altro paio di gradini, arrivando alla sua stessa altezza.
Blu. Gli occhi erano blu. Un vibrante blu elettrico.
Quasi le mancò il fiato mentre li fissava, colpita allo stesso tempo dal sottile e speziato aroma del dopobarba, e dal senso di potere che trasudava da ogni poro. Eppure Mac era sicura di poterlo abbattere, non erano le dimensioni a contare nel ju-jitsu, ma l’abilità. E lei era piuttosto abile.
L’uomo la guardò con occhi socchiusi. «Il fatto che lei sia uscita dalla casa della signorina McGuire mi fa pensare che sia una sua amica.»
«Davvero?»
Jonas si stava pentendo della decisione di andare a parlare personalmente con Mary McGuire. Sarebbe stato molto più opportuno, e molto meno fastidioso, se si fosse preoccupato di telefonarle e prendere un appuntamento per essere sicuro di trovarla. Magari durante il giorno, e magari non quando era in compagnia delle amiche.
Il fatto che quella specie di hippie in piedi sulle scale avesse lunghi capelli neri che le arrivavano ai fianchi e due occhi a mandorla di un colore grigio fumo in un volto magnifico, non ammorbidiva affatto l’immagine dell’artistoide che pativa la fame in una soffitta. Come si poteva dedurre dai pantaloni a salopette che indossava sopra una maglietta bianca di qualche taglia più grande, con un cardigan rosa tutto sformato nel quale avrebbe potuto entrarci due volte. Aveva mani piccole e sottili, dalla pelle quasi trasparente. E le logore scarpe di pezza non erano certo adatte al clima freddo e umido di dicembre.
Jonas era appena tornato da un viaggio di affari in Australia. Piuttosto soddisfacente, doveva ammettere, se non per il fatto che ora soffriva molto di più gli effetti del clima invernale londinese, nonostante indossasse un pesante cappotto in cashmere. Chissà quanto freddo aveva quella ragazza così conciata. «Mi scuso di nuovo per averla allarmata.» Fece una smorfia, scostandosi per permetterle di scendere.
Gli arrivava appena sotto il mento. «Non mi ha spaventata» gli rispose lei sollevando lo sguardo quasi derisorio, e si strinse nel suo cardigan avviandosi verso il buio della notte.
Jonas era ancora lì a guardarla quando lei si fermò all’angolo della strada e si voltò indietro velocemente, facendo scintillare i lunghi capelli prima di sparire.
Lui scosse la testa e prese a salire le scale che portavano allo studio di Mary McGuire, sperando che la donna fosse un po’ meglio dell’amica. Anche se ne dubitava fortemente!
Mac si fermò a chiacchierare con i Patel per qualche minuto dopo aver fatto la spesa. Le piaceva molto quella giovane coppia indiana che aveva aperto il negozio da un paio d’anni.
Rientrando, rallentò il passo non appena rivide l’uomo seduto in fondo alla scala ad aspettarla. «Forse la signorina McGuire non era in casa?» chiese con leggerezza fermandoglisi di fronte.
Erano passati quindici minuti da quando Jonas aveva suonato invano alla porta in cima alle scale. Poi aveva bussato, senza risultato. Ma le luci accese all’interno gli dicevano che doveva esserci per forza qualcuno.
O che forse c’era stato da poco.
Solo allora gli era sorto il dubbio che la giovane donna in salopette e cardigan rosa potesse essere in realtà Mary McGuire, e non solo un’amica come aveva pensato inizialmente.
Ma la cosa gli pareva quasi incredibile! Quella donna sembrava una poveraccia, e i suoi vestiti erano quelli di una figlia dei fiori piuttosto che di un’artista di successo come era diventata di recente. Alcuni dei suoi dipinti erano stati giudicati piuttosto preziosi per l’unicità dello stile e l’uso dei colori.
Ma, al di là della sua reputazione come artista, quella donna era ormai la spina nel fianco di Jonas da almeno sei mesi.
Si alzò lentamente per guardarla con attenzione. «Non sarebbe stato più semplice dirmi subito che era lei Mary McGuire?»
Lei scosse le strette spalle con noncuranza. «Ma non altrettanto divertente.»
L’irrigidirsi della bocca di lui rivelò quanto poco gli piacesse essere considerato una fonte di divertimento. «Ora che abbiamo stabilito chi è, magari potremmo andare di sopra e parlare seriamente» ruggì.
Gli occhi grigi di lei sostennero lo sguardo sfidandolo. «No.»
Jonas sollevò un sopracciglio. «Perché no?»
«No» ripeté lei paziente. «Lei sa chi sono io, ma io non ho la più pallida idea di chi sia lei.»
Jonas si accigliò. «Sono l’uomo che sta prendendo in giro da circa sei mesi!»
Mac si accigliò a sua volta, scrutandolo per confermare a se stessa di non aver mai visto quell’uomo in vita sua. Alto quasi due metri, con quei bei lineamenti scuri e pericolosi, non era certo uno che si poteva dimenticare facilmente. «Mi spiace» disse scuotendo la testa. «Non so di cosa stia parlando.»
Quella bocca scolpita e sensuale si curvò ironica. «Forse Buchanan Construction le dice qualcosa?»
Decisamente, pensò Mac acuendo lo sguardo su quel viso duro e potente che la guardava dall’alto. Un viso spietato, si rese conto con timore. «Allora Buchanan ha deciso di mandare uno dei suoi scagnozzi dopo aver fallito ogni tentativo di convincermi in modo educato?»
Quei freddi occhi blu si spalancarono increduli. «Mi ha preso per un gorilla mandato a intimidirla?»
«Non lo è?» ribatté lei caustica. «Ho ricevuto la visita del suo avvocato, della sua assistente, del costruttore... perché non mandare anche il gorilla?»
«Magari perché non ho nessun gorilla alle mie dipendenze!» ribatté gelido Jonas.
Aveva deciso di andare personalmente da lei, nella speranza di riuscire a far ragionare la famosa e rispettata – e terribilmente ostinata – artista, e invece si ritrovava a essere insultato da una donna alta un metro e mezzo che si vestiva come una vagabonda!
I profondi occhi grigi di Mac si erano fatti enormi. «Lei è Jonas Buchanan?»
Per lo meno era riuscito a scuotere un po’ la sua altezzosità. «Sorpresa?» ironizzò con dolcezza.
Sorpresa era dir poco. Mac era decisamente scioccata. Era entrata in contatto con la Buchanan Construction – impossibile non conoscerla visti gli immensi cartelloni che riportavano quel nome in quasi tutti i cantieri edili sparsi per Londra – qualche mese prima, quando il legale rappresentante dell’impresa le aveva fatto un’offerta di acquisto per il suo stabile.
Certo, Mac conosceva bene il nome di Jonas Buchanan, ma si era fatta l’idea che il proprietario di un’impresa edile di dimensioni globali fosse un uomo sui cinquanta o sessant’anni, che magari si faceva un sigaro e un bicchiere di brandy dopo cena. Invece l’uomo che ora dichiarava di essere Jonas Buchanan non doveva avere più di trentacinque anni, e la sua aria sana e abbronzata diceva che non fumava nemmeno occasionalmente, e il suo fisico muscoloso era in netto contrasto con brandy e cene luculliane.
Mac lo guardò con sospetto. «Ha un documento di identità che possa dimostrarlo?»
Jonas si accigliò, sempre più irritato. Viaggiava in tutto il mondo per lavoro da anni ormai, e nessuno aveva mai messo in dubbio la sua identità. Nessuno prima di Mary McGuire! «Posso mostrarle la carta di credito!» sbottò cercando il portafogli nella tasca interna del cappotto.
«Non va bene.»
Jonas si fermò. «Perché no?»
Lei scosse le spalle, in quel ridicolo cardigan rosa. «Mi serve una foto. Chiunque potrebbe avere una carta di credito con scritto Jonas Buchanan.»
«Crede che io mi sia fatto una carta di credito con il nome di Jonas Buchanan?» chiese incredulo.
«Potrebbe averla rubata.» Annuì. «Preferirei vedere il passaporto o la patente, dove c’è la foto» ribadì con ostinazione.
Jonas serrò le labbra. «Supponendo, ovviamente, che io non mi sia fatto dei documenti falsi a nome di Jonas Buchanan.»
Lei si accigliò. «Mmh, non ci avevo pensato...»
No, non avrebbe dovuto assecondare quell’idea di andare a parlarle, si disse Jonas sempre più frustrato mentre prendeva il