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Confessioni di una cameriera: Harmony Collezione
Confessioni di una cameriera: Harmony Collezione
Confessioni di una cameriera: Harmony Collezione
E-book166 pagine2 ore

Confessioni di una cameriera: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Fratelli e rivali 1/2
Quando tuo fratello è anche il tuo peggior nemico, niente si rivelerà semplice. Nemmeno l'amore.
La dolce e ingenua cameriera Skye O'Hara ha solo un'occasione per rivelare la verità all'inafferrabile Lazaro Sanchez e non ha alcuna intenzione di farsela sfuggire. Ci sono troppe cose in ballo, prima fra tutte la felicità del bambino che aspetta. Ma cosa potrà mai pretendere da un arrogante e multimilionario playboy?
Quando lo affronta durante un evento esclusivo, l'attrazione che ancora cova fra loro si manifesta in tutta la sua potenza. E ciò che Lazaro le propone è persino più sconvolgente della confessione che lei ha da fargli.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2021
ISBN9788830526150
Confessioni di una cameriera: Harmony Collezione
Autore

Abby Green

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Confessioni di una cameriera - Abby Green

    successivo.

    1

    Lazaro Sanchez si guardò intorno nello sfarzoso salone di uno degli alberghi più esclusivi di Madrid, di cui era proprietario, e provò una grande soddisfazione. Era un momento magico. Per tutta la vita non aveva desiderato altro che trovarsi lì, di fronte ai suoi pari.

    Ma non erano stati sempre i suoi pari. Quella gente di classe elevata mai l'avrebbe collegato a quel ragazzino affamato che viveva per strada, affannandosi a raccogliere qualche spicciolo lavando il parabrezza delle macchine ferme al semaforo, indicando ai turisti come evitare le code per entrare nei musei o nelle gallerie d'arte, frugando nei cassonetti dell'immondizia quando non aveva denaro per acquistare del cibo.

    Ancora una volta provò quel familiare senso di ingiustizia che gli rodeva lo stomaco ripensando a quei giorni disperati. Era fuggito dall'ultima famiglia affidataria quando il padre l'aveva bloccato in camera da letto e aveva cominciato ad abbassarsi i pantaloni.

    Lazaro si era buttato dalla finestra del primo piano.

    Dall'età di tredici anni aveva imparato a gestirsi da solo.

    Ma l'aspetto ironico della situazione era che Lazaro non era orfano, o abusato dai genitori al punto da essere allontanato dalla famiglia, come tanti altri bambini finiti in orfanotrofio. Era stato abbandonato alla carità pubblica dai suoi stessi genitori. E in quel preciso momento suo padre era in quella stessa stanza.

    Di certo quest'ultimo non gli avrebbe rivolto uno sguardo, tantomeno avrebbe ammesso di essere suo padre...

    Per quanto riguardava sua madre, l'aveva vista solo una manciata di volte, da lontano.

    Il motivo di tutto questo era che Lazaro era il risultato di una storia illegittima tra due membri di due delle famiglie spagnole più ricche e rispettate, abbastanza vicini ai sovrani, pur non avendo alcun titolo.

    Aveva scoperto casualmente le proprie origini per la noncuranza di un'assistente sociale che aveva lasciato sulla scrivania il suo fascicolo. Lui aveva visto il proprio certificato di nascita e memorizzato il nome dei suoi genitori. Ma quando aveva cercato ulteriori informazioni non era giunto a niente. Erano dei nomi falsi.

    In seguito, a dodici anni, stava sonnecchiando sul sedile posteriore della macchina per essere condotto dalla nuova famiglia affidataria quando le due assistenti sociali gli avevano gettato un'occhiata per rassicurarsi che stesse dormendo poi, come se non riuscissero a tenere per sé quell'informazione, avevano cominciato a commentare quanto si diceva su chi fossero i suoi veri genitori.

    Lazaro era rimasto con gli occhi chiusi. Persino a quell'età aveva sentito parlare delle famiglie Torres e Salvador. Erano due delle dinastie spagnole più antiche, con un'ascendenza che risaliva al Medioevo.

    Quando ne aveva avuto la possibilità aveva cercato informazioni più precise e benché fossero state vaghe, ne aveva avuto la certezza vedendo una foto di suo padre alla sua stessa età. Erano identici. E aveva ereditato da sua madre gli insoliti occhi verdi.

    A quel punto aveva cominciato ad appostarsi davanti alle loro residenze in un quartiere esclusivo di Madrid. Li aveva osservati andare e venire, aveva visto i fratellastri. Uno in particolare era un ragazzino poco più grande di lui, Gabriel Torres. Per qualche strano motivo si era concentrato su di lui, forse perché loro due erano quasi coetanei.

    Un giorno li aveva visti seduti in un ristorante nel centro di Madrid a festeggiare il compleanno di Gabriel.

    Lazaro aveva atteso fuori e quando erano usciti, la donna con un abito di sartoria e carica di brillanti, gli uomini in abito scuro, aveva trovato il coraggio di piantarsi davanti a suo padre e a Gabriel.

    «Sono tuo figlio!» aveva esclamato, consapevole che il fratellastro lo guardava come se fosse un alieno.

    Il tutto era accaduto così velocemente... Dal nulla erano emersi degli uomini e Lazaro si era ritrovato buttato a terra, sul marciapiede a pochi passi dal ristorante.

    Suo padre l'aveva afferrato per i capelli. «Non sei mio figlio, e se ti avvicinerai di nuovo alla mia famiglia la pagherai cara.»

    Ed era stato in quel momento che Lazaro aveva cominciato a fare dei progetti. Era nata in lui l'ambizione di riuscire un giorno a essere loro pari, di poter imporre loro la propria presenza con la soddisfazione di essere riuscito a essere qualcuno nonostante l'avessero escluso dalla famiglia.

    E adesso si trovava nella stessa sala in cui c'erano suo padre e suo fratello Gabriel, con il quale era in atto una competizione spietata per l'acquisizione di uno degli edifici storici di Madrid per restaurarlo.

    Ma Gabriel si ostinava a rifiutare di credere che Lazaro fosse suo fratello.

    «Lazaro?»

    Lui si guardò intorno e capì per quale motivo suo padre, il fratellastro e altri parenti di entrambi i suoi genitori si trovassero in quel salone.

    Leonora Flores de la Vega.

    Con quel viso dai tratti delicati, i lunghi capelli neri e quel corpo sinuoso con le curve ai posti giusti, era indiscutibilmente una delle più belle giovani di Spagna.

    E con un'ascendenza di tutto rispetto.

    La sua famiglia poteva anche non avere denaro, e in effetti questo era uno dei motivi per cui Leonora era in procinto di sposarsi, ma il nome di famiglia era illustre come quello dei Salvador e dei Torres. E ciò non aveva prezzo.

    Ed era il motivo per cui Lazaro intendeva sposarla. Gli avrebbe permesso di fare un altro passo in avanti in quella cerchia dalla quale era sempre stato escluso, nonostante avesse accumulato milioni. Sarebbe stato un altro schiaffo alla sua famiglia di origine. Un altro passo per essere accettato da loro.

    «Va tutto bene?» gli domandò la giovane. «Mi sembri molto teso.»

    Lui si sforzò di sorridere poi le porse la mano, che lei prese allacciando le dita alle sue. Niente. Neanche la minima risposta. Ma non la sposava certo perché provava attrazione bensì per un motivo molto più valido. Costringere finalmente coloro che l'avevano sempre ignorato a portargli, come minimo, rispetto.

    «Sto bene... sono solo un po' preoccupato.»

    Notò che lei si guardava intorno e a un certo punto la vide arrossire per poi mordersi un labbro.

    «E tu stai bene?» le chiese Lazaro.

    Era sempre così composta, così dignitosa, ed era strano vederla distratta.

    Lo guardò e gli sorrise. «Certo.»

    Lazaro accentuò la stretta sulle sue dita. «Mi fa piacere che tu abbia accettato di sposarmi, Leonora. Sono convinto che il nostro sarà un buon matrimonio. Penso che saremo... felici.»

    Ebbe l'impressione che un'ombra per un attimo le oscurasse il volto mentre il sorriso si spegneva, ma subito lei si riprese. «Sì, me lo auguro.»

    In quel momento Lazaro si rese conto di non conoscere per niente quella donna. L'aveva scelta per ciò che era, per ciò che rappresentava, ed erano usciti qualche volta, appuntamenti peraltro del tutto casti. Gli piaceva. E non era un segreto che la sua famiglia fosse in grandi difficoltà finanziarie. Così aveva colto l'occasione di accantonare la propria fama di playboy e fare un ulteriore passo verso ciò che voleva disperatamente.

    Quando le aveva proposto di sposarlo e di saldare i debiti della sua famiglia, lei aveva acconsentito.

    Le lasciò la mano e le cinse la vita. Un gesto intimo, possessivo. E ancora niente. Neppure un'accelerazione del battito del cuore.

    Di nuovo si disse che l'attrazione non era tutto. D'accordo, era un'emozione, ma nessuno in quella cerchia si sposava perché provava desiderio. Lui era la prova vivente di matrimoni stabiliti per motivi pratici, in cui non si teneva in conto il desiderio, che era qualcosa da tenere segreto. Ma lui non era come loro, aveva più controllo.

    All'improvviso gli balzò alla mente un'immagine. O meglio, un ricordo. Un ricordo che l'aveva tormentato con fastidiosa e crescente frequenza. Più si avvicinava il momento di sposare Leonora, più si faceva pressante.

    Il che era ridicolo. Non aveva motivo di sentirsi in colpa.

    No?, gli chiese una vocina. Allora perché non riesci a smettere di pensare a lei?

    Lei era una giovane che aveva conosciuto circa tre mesi prima, in un'altra città, prima che si fidanzasse con Leonora. Una giovane con lunghi capelli rossi e lentiggini che le coprivano buona parte della pelle. Con seni prosperosi e capezzoli rosei. L'aveva posseduta.

    «Lazaro...»

    Guardò Leonora, scioccato per la chiarezza di quel ricordo e per l'effetto che aveva sul suo corpo, che non aveva paragone con quanto gli suscitava quella splendida donna che aveva al fianco.

    Lei stava sorridendo ma lui notò che si trattava di un sorriso forzato. «Mi stai facendo male.»

    Subito si rese conto di aver esercitato troppa pressione sul suo fianco. Si rilassò. «Scusami.»

    Provò un senso di vergogna. E di rabbia. Quella donna non aveva contato nulla. D'accordo, l'aveva desiderata come mai ricordava di aver desiderato una donna. Ma era stato un momento al di fuori del tempo. In un'altra città, in cui la gente non poteva vederlo e spettegolare alle sue spalle.

    Ma quello non è Lazaro Sanchez? Si dice che abbia vissuto per strada, che non avesse da mangiare. Non faceva forse parte di una banda di teppisti?

    Quella giovane, la sconosciuta, non aveva la minima idea di chi lui fosse, e questo aveva avuto un effetto rilassante. Aveva reso l'attrazione tra loro ancora più immediata e travolgente. Anzi, esplosiva.

    Lei era vergine. Una vergine. Il termine gli risuonava nella mente e aveva ancora il potere di scioccarlo. Era stata l'esperienza più erotica della sua vita.

    Adesso Leonora gli stava porgendo un calice di champagne e lui scosse il capo come per liberarsi dai ricordi che lo tormentavano.

    «I tuoi avvocati hanno deciso che è il momento giusto per dare l'annuncio. Sei pronto?»

    Lazaro spazzò via dalla mente quei fastidiosi ricordi e fissò la sua futura sposa, la donna che gli avrebbe aperto le porte per quel mondo che gli era sempre stato negato dal giorno della nascita.

    «Sì» mormorò sfiorando il suo calice con il proprio. «Diamo l'annuncio.»

    Skye O'Hara aveva la nausea. Una fastidiosa nausea, inoltre aveva i nervi tesi come corde di un violino. Non certo una situazione piacevole. Aveva la fronte imperlata di sudore, un sudore che si era diffuso in tutto il corpo quando era entrata nella splendida sala da ballo.

    Non aveva mai visto gente così elegante, donne tanto ingioiellate. Luci dorate rischiaravano l'ambiente. Nell'aria si diffondeva un profumo particolare, quel tipo di aroma che non poteva essere rinchiuso in una boccetta. Un profumo di ricchezza.

    Aveva indossato una gonna nera e una camicetta bianca per riuscire a confondersi con il personale. Aveva raccolto i capelli in uno chignon. In nessun caso avrebbe potuto essere confusa con una delle ospiti. Tanto per cominciare era troppo bassa di statura e l'unica con i capelli rossi. Inoltre aveva le lentiggini, un'imperfezione fisica che persone come quelle presenti in sala si sarebbero affrettate a eliminare.

    Si alzò sulla punta dei piedi per guardarsi meglio intorno. Per vedere dove lui fosse.

    Si posò le mani sul ventre, il motivo per cui aveva la nausea.

    Poi lo scorse in lontananza. Superava di una buona spanna tutti i presenti, i capelli biondi lunghi e scompigliati. Il velo della barba che enfatizzava la struttura della mascella. E la sua bocca...

    Da quel punto non poteva scorgerla, ma la ricordava bene. La linea decisa. Bollente. Ricordava com'era stata sulla sua pelle nuda...

    Adesso riusciva a vederlo bene.

    Il cuore batté impazzito mentre lo osservava in tutto il suo fascino. Spalle ampie, capelli biondi... fantastico. L'uomo più sexy che avesse mai visto. E, di conseguenza, il primo uomo con cui era stata a letto.

    Indossava uno smoking con giacca bianca, cravattino pure bianco e pantaloni neri.

    Ed emergeva tra tutti... differente da chiunque altro, come se non potesse contenere una particolarità tutta sua che lo rendeva unico

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