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Un amicizia compromettente: Harmony Jolly
Un amicizia compromettente: Harmony Jolly
Un amicizia compromettente: Harmony Jolly
E-book161 pagine2 ore

Un amicizia compromettente: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

I Valtieri 2/2



Finalmente una settimana di puro relax! Giovanni Valtieri non fa in tempo a formulare questo pensiero che la tizia che ha appena sconfitto in un'aula di tribunale gli si scaglia contro facendolo cadere rovinosamente. Risultato: una profonda ferita alla gamba e addio settimana di relax.



Anita Della Rossa non ci crede! Giovanni ha avuto un incidente. Non può abbandonarlo a se stesso, tutta la sua famiglia è andata in vacanza. C'è un'unica soluzione: portarlo a casa con sé e curarlo come è giusto che faccia una cara e vecchia amica. Il guaio è che la loro amicizia è andata ben oltre e il suo corpo ne è ancora consapevole. Non ricadranno nello stesso errore, sono due adulti con testa e cervello... Anita, questo dovrà essere il tuo mantra!
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2018
ISBN9788858980910
Un amicizia compromettente: Harmony Jolly
Autore

Caroline Anderson

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un amicizia compromettente - Caroline Anderson

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Valtieri Baby

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2012 Caroline Anderson

    Traduzione di Alessandra Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-091-0

    1

    «Signor Valtieri! Aspetti! La prego, mi ascolti!»

    La voce sconvolta della donna lo raggiunse attraverso le ombre della sera e Gio si sentì mancare. Non adesso, pensò. Per favore, non adesso. Non aveva l’energia per affrontare in modo diplomatico Camilla Ponti e, di certo, non ne aveva il tempo.

    Aveva già rimandato la sua vacanza, a causa sua, e non aveva intenzione di tardare ancora.

    Camilla voleva intentare una causa contro il suo ex socio, Marco Renaldo, cliente di Gio, e quest’ultimo aveva insistito per parlare con lei prima che il caso arrivasse in tribunale. Gio aveva rinviato la partenza di un giorno per fissare l’incontro di quel pomeriggio, che si era svolto in modo poco tranquillo.

    La donna aveva singhiozzato, pregato e supplicato, ma il suo ex socio non le aveva lasciato scelta. O lei rinunciava all’idea di fargli causa, o Marco avrebbe rivelato la sua frode e l’appropriazione indebita dei fondi della compagnia.

    Alla fine Camilla aveva ceduto, ma aveva incolpato Gio della sua sconfitta e della perdita della sua quota di azioni della compagnia.

    Al termine della riunione, Gio aveva inviato un sms ad Anita per avvisarla che sarebbe passato a prenderla verso le sei e poi, non vedendo l’ora di abbandonare la città, era tornato a casa a cambiarsi. Si era sfilato l’abito di fattura squisita, la cravatta di seta di estremo buongusto che gli aveva regalato Anita a Natale, la camicia bianca elegante. Aveva riposto le scarpe fatte a mano e i gemelli – anche questi regalati da Anita – e si era infilato sotto la doccia. Aveva poi indossato il suo paio di jeans preferiti e un maglione, la giacca di pelle e gli stivali malconci che avevano visto tempi migliori.

    Aveva estratto il sacchetto dei rifiuti dalla pattumiera e vi aveva gettato una bottiglia di vino vuota, poi si era diretto alla porta.

    Aveva voglia di andarsene da Firenze, lontano da tutto. Il bagaglio era già in auto e lo aspettavano due settimane sulle piste da sci, con la sua famiglia. Due settimane durante le quali avrebbe solo sciato e mangiato, senza pensare a nulla.

    Eccetto per il fatto che sarebbe stata presente anche Anita. Il solo pensiero gli provocò un brivido. Aveva sentito la sua mancanza, ultimamente. L’aveva evitata dalla sera del matrimonio di suo fratello, quando le cose si erano complicate... di nuovo. Per lo meno, con tutta la famiglia presente, ci sarebbero state molte persone a stemperare la tensione, ma sapeva che gran parte del fascino di quella vacanza consisteva proprio nel fatto che la ragazza sarebbe stata presente.

    Non vedeva l’ora di arrivare. Per qualche ragione, di recente il lavoro non lo entusiasmava più come prima e, dopo una giornata come quella di oggi, si sentiva stanco e sfinito. E ora questo.

    Quella donna che, chissà come, aveva scoperto dove abitava ed era rimasta in agguato per continuare la discussione avuta in ufficio. Francamente, però, aveva già sentito abbastanza.

    «Signora Ponti, non c’è davvero nient’altro da aggiungere» iniziò, tentando di essere diplomatico, ma fu inutile.

    «Lei non capisce! Mi deve aiutare... la prego, mi ascolti! Ho bisogno del denaro...»

    «Signora, tutti abbiamo bisogno di denaro, ma lei non può averlo, se non le appartiene. Il signor Renaldo ha dimostrato che lei gliene ha già rubato più che abbastanza...»

    «Non è così! Avevo dei motivi...»

    «Tutti hanno dei motivi» ribadì Gio, stancamente. «Adesso, la prego di scusarmi. Ho un appuntamento e si sta facendo tardi.»

    «Ma io ho guadagnato quel denaro. Davvero ne ho bisogno» singhiozzò la donna, afferrando disperatamente la manica della giacca di Gio. «Per favore, mi deve ascoltare!»

    Lui indietreggiò, liberandosi dalla presa, la pazienza esaurita. «No, ho sentito abbastanza» affermò con tono piatto, voltandosi per allontanarsi.

    «Nooooo!»

    Con la coda dell’occhio, Gio la vide sollevare un braccio, ma era troppo tardi per scansarsi. Sollevò il braccio libero per proteggersi il viso, ma qualcosa di grosso e pesante – la sua borsetta? – lo colpì alla testa, facendogli perdere l’equilibrio. Inciampò nel bordo del marciapiede e si storse bruscamente la caviglia, provando una fitta di dolore nauseante. La gamba cedette e lui perse definitivamente l’equilibrio.

    Il sacchetto dei rifiuti che aveva ancora in mano cadde davanti a lui e Gio sentì il rumore di vetri infranti, ma troppo tardi per rotolare di lato, così vi atterrò sopra. Provò un dolore lancinante alla coscia, che gli tolse il respiro.

    Automaticamente, temendo di ricevere un altro colpo, si spostò e si voltò verso la donna per tentare di ragionare con lei, ma Camilla era troppo sconvolta per parlare.

    Per un lungo momento, Gio giacque lì, scioccato, gli occhi incatenati a quelli della donna che lo aveva aggredito. Poi si accorse di qualcosa di caldo e bagnato che gli gocciolava dalle dita: abbassò lo sguardo sulla propria mano e sulla propria gamba e comprese di essere nei guai.

    Così come se ne rese conto lei. «No! No... mi dispiace! Non volevo farle del male! La prego... Oh, no...!»

    Camilla girò sui tacchi e corse via, lasciandolo da solo nella penombra del parcheggio, il rumore dei passi che risuonava sempre più lontano.

    Il sollievo prosciugò le ultime forze di Gio che si accasciò contro il muro alle sue spalle e chiuse gli occhi per un momento.

    Maledizione, faceva male!

    Riaprì gli occhi e osservò la gamba. Vi era un pezzo di vetro che spuntava dalla coscia. Sapeva che, probabilmente, non avrebbe dovuto toccarlo, ma la gamba stava sanguinando e, se lo avesse lasciato lì, non avrebbe potuto esercitare la pressione necessaria a fermare il sangue. Così lo estrasse.

    Non fu una buona mossa.

    Avvolse la sciarpa attorno alla mano ferita e la spinse sulla gamba per tentare di fermare l’emorragia. Poi frugò in tasca alla ricerca del telefono. Avrebbe chiamato Anita. Non aveva senso telefonare a uno dei suoi fratelli perché loro e le loro famiglie erano già in montagna, così come i suoi genitori. Anita lo stava aspettando. Aveva un incontro con una sposa e poi erano d’accordo che lui sarebbe passato a prenderla.

    Lei lo avrebbe aiutato. L’aveva sempre aiutato. Aveva sempre saputo cosa fare, quando lui si era cacciato in qualche guaio. L’avrebbe salvato anche questa volta. Sollevato, col corpo tremante, riuscì a digitare a stento il numero della ragazza.

    Rispose la segreteria telefonica.

    Gio ascoltò il messaggio e avrebbe voluto urlare per la disperazione e la frustrazione.

    «Perché» mormorò sarcastico alla segreteria, «ci incrociamo sempre e, tuttavia, l’unica volta che ho davvero bisogno di te non ci sei?»

    Interruppe la comunicazione e osservò per qualche secondo ancora il sangue che lentamente sgorgava dalla gamba, poi fece ciò che avrebbe dovuto fare subito. Chiamò un’ambulanza.

    Esausto, si appoggiò al muro dietro di sé e digitò di nuovo il numero di Anita, e ancora, e ancora. Aveva bisogno di lei e, anche se non riusciva a raggiungerla, era in qualche modo confortante ascoltare anche solo il suono della sua voce...

    Il cellulare stava squillando.

    Lo sentì vibrare silenziosamente in tasca, mentre stava tentando di porre fine a quell’incontro. Suonò di nuovo. Poi ancora.

    Maledizione! Sicuramente era Gio che si chiedeva dove fosse. Si sarebbe infuriato, se lei non si fosse sbrigata.

    «Bene, credo di avere tutte le informazioni necessarie, per il momento» disse alla cliente. «Riordinerò le idee e preparerò un progetto per quando ci rivedremo, al ritorno dalle mie vacanze.»

    «Oh, speravo potessimo definire tutto oggi...»

    Il sorriso evaporò dal viso di Anita quando il cellulare vibrò di nuovo. «Mi dispiace, sono già in ritardo. Non si preoccupi, abbiamo tutto il tempo di organizzare ogni cosa, mancano ancora sette mesi, al matrimonio.»

    Anita chiuse la cartellina portadocumenti ponendo di fatto termine all’incontro e allungò la mano verso la futura sposa.

    La ragazza sorrise riluttante e si alzò, stringendole la mano. «Mi dispiace. Avrei voluto avere subito tutte le risposte.»

    «Tutti lo vorrebbero, ma non è possibile. Ci vedremo tra due settimane, le telefonerò per fissare un appuntamento.»

    «D’accordo. Grazie per avermi incontrata oggi. Mi dispiace essere una spina nel fianco.»

    «Non è una spina nel fianco. Le telefonerò, lo prometto.»

    Con un ultimo sorriso professionale, accompagnò la cliente fino alla porta, resistendo alla tentazione di estrarre il telefono dalla tasca prima di essersi allontanata da lei.

    Sei chiamate perse. Sei?

    Tutte da parte di Gio. Maledizione! Era davvero tardi e lui di certo era furibondo.

    Ma non sembrava arrabbiato. Sembrava...

    La ragazza ascoltò perplessa il messaggio lasciato alla segreteria telefonica, poi provò a richiamarlo.

    Rispose la segreteria, ancora e ancora, ma lei non si arrese perché qualcosa nella voce di Gio la stava facendo preoccupare.

    Perché ci incrociamo sempre e, tuttavia, l’unica volta che ho davvero bisogno di te non ci sei?

    Anita aggrottò la fronte. Anziché furiosa, la sua voce sembrava strana. Strana e leggermente disperata. Come se si trovasse nei guai...

    Il cuore accelerato, provò ancora a telefonare e, questa volta, rispose la voce di una sconosciuta.

    «Sono Anita Della Rossa. Dov’è Gio? Chi è lei?»

    «Sono un’infermiera del Pronto Soccorso...»

    Anita non udì il resto. Per un secondo, tutto ciò che riuscì a sentire fu il ruggito del battito frenetico del proprio cuore.

    «Sapevo che c’era qualcosa che non andava, ho provato a contattarlo. Che cosa è successo?» domandò, alla ricerca disperata di informazioni. «Ha avuto un incidente? Sta bene?»

    «Lei è una parente?»

    La ragazza ebbe la tentazione di mentire, ma non avrebbe avuto senso. La famiglia di Gio era molto conosciuta. «No, sono una vecchia amica di famiglia. Lo conosco da sempre. I suoi parenti sono tutti in vacanza, noi avremmo dovuto raggiungerli oggi. La prego, mi dica come sta.»

    «Ha avuto un incidente e lo stanno portando in sala operatoria. È tutto quello che posso dirle. Può fornirmi il suo nome completo e il numero di telefono di qualcuno dei suoi parenti, per cortesia? Dobbiamo urgentemente metterci in contatto con loro.»

    Urgentemente? Il cuore le balzò nel petto e, per un momento, Anita temette di sentirsi male.

    «Uhm... sì. Si chiama Giovanni Valtieri. Suo fratello Luca è uno dei medici dell’ospedale. Contattate lui. È in vacanza con gli altri.» La ragazza diede il numero di telefono di Luca e poi corse all’ospedale, il cuore in gola. Ma, al Pronto Soccorso, trovò un altro muro invalicabile, costruito senza dubbio dallo stesso protocollo.

    «Ho parlato con un’infermiera» spiegò. «Stavo chiamando Giovanni Valtieri e la persona che mi ha risposto ha detto che si trova qui. Posso vederlo?»

    «È una parente?»

    «No, ma sono un’amica di famiglia. Siamo quasi come fratello e sorella.»

    Ed ex amanti, fu sul punto di aggiungere, ma

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