Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Un fantasma da baciare (eLit): eLit
Un fantasma da baciare (eLit): eLit
Un fantasma da baciare (eLit): eLit
E-book140 pagine1 ora

Un fantasma da baciare (eLit): eLit

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Non è possibile, lui è...!

Maggie Fairchild è appena svenuta in mezzo alla strada ma, dopo aver riaperto gli occhi, si rende conto che la sua non è stata un'allucinazione: allora otto mesi prima non è successo quello che lei ha creduto! Il suo primo istinto è quello di...
LinguaItaliano
Data di uscita29 lug 2016
ISBN9788858957424
Un fantasma da baciare (eLit): eLit
Autore

Moyra Tarling

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

Correlato a Un fantasma da baciare (eLit)

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Un fantasma da baciare (eLit)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Un fantasma da baciare (eLit) - Moyra Tarling

    mai.

    1

    Maggie Fairchild chiuse piano la porta dell'ambulatorio del dottor Whitney e si fermò un momento sul marciapiede godendosi il tepore del sole pomeridiano.

    Il medico l'aveva rassicurata. Tutto procedeva bene. Ma Maggie non riusciva a liberarsi della crescente preoccupazione per la nascita del suo bambino. Il ventidue giugno, la data prevista, era ormai prossimo.

    Trasse un respiro profondo, superò i propri timori e si toccò dolcemente il ventre arrotondato, sorridendo a se stessa quando sentì il bambino muoversi in risposta al contatto della sua mano.

    «Andiamo a casa.» Sussurrò quella frase con profondo affetto, con amore, prima di unirsi alla folla dei turisti che scendevano lungo la strada principale di Grace Harbor.

    All'altezza di Indigo Street girò l'angolo e sbatté contro qualcosa di caldo e solido.

    «Oh!» esclamò perdendo l'equilibrio, e sarebbe caduta all'indietro se due mani robuste non l'avessero sostenuta.

    «Mi scusi tanto» disse una voce maschile profonda e affascinante. Maggie sollevò il capo e il cuore le balzò in petto quando si trovò a fissare il viso bellissimo, indimenticabile di Dylan O'Connor. Era l'uomo che l'aveva salutata otto mesi prima, l'uomo che non sperava più di rivedere, l'uomo il cui figlio lei portava in grembo.

    «Dylan?» sussurrò in un soffio e osservò costernata l'espressione di attonita meraviglia che era comparsa negli occhi grigio argento di lui.

    Sentendo quella donna pronunciare il suo nome, Dylan aveva inspirato profondamente e aveva fissato su quel viso uno sguardo curioso e indagatore. Con i nervi tesi aveva studiato l'espressione sconvolta di lei, pregando dentro di sé perché dalla nebbia della sua mente affiorasse il barlume di un ricordo.

    I medici della base navale di San Diego gli avevano sconsigliato quel viaggio a Grace Harbor, la piccola città di villeggiatura estiva che sorgeva sulla costa ventosa dell'Oregon. Ma lui bruciava dal desiderio di fare qualcosa per cercare di aprire quella porta chiusa che custodiva il suo passato, e questo aveva contato più del consiglio dei medici.

    E se era positivo il fatto che la prima persona incontrata l'avesse riconosciuto, la speranza che da questo la sua memoria potesse sbloccarsi si rivelò ben presto una speranza vana.

    La delusione si sentiva dal tono della sua voce. «Come mai mi conosce?» le domandò, e guardò stupito l'espressione degli occhi scuri di lei passare dalla gioia all'incredulità.

    La sconosciuta lo fissò perplessa, sconcertata, senza riuscire a dire una parola. La stava prendendo in giro? Doveva essere così! Ma nei suoi occhi non scorse alcun lampo di ironia, né vi era traccia di un sorriso sulle sue labbra e neppure il minimo segno sul suo viso, che potesse far pensare che l'aveva riconosciuta.

    «Non ti ricordi di me?» A fatica Maggie fece uscire quelle parole dalle labbra tremanti, cercando di contenere l'emozione.

    L'espressione di incertezza di Dylan si fece più cupa, mentre ancora una volta la squadrava da capo a piedi. Ma quando i suoi occhi grigi incontrarono nuovamente quelli di lei, tutto quello che la giovane donna poté leggervi fu solo tensione, rabbia e una profonda frustrazione.

    Prima ancora che aprisse la bocca per parlare, Maggie sapeva già la sua risposta, e la gioia che aveva provato poco prima sentendo la sua voce lasciò il posto a un profondo dispiacere.

    «No, mi dispiace... non ricordo.» Dylan ripeté ancora una volta le parole che aveva pronunciato così spesso negli ultimi quattro mesi.

    Ma che scelta aveva? Bugie non voleva dirne. E per quanto volesse calmare l'ansia che leggeva negli occhi di quella giovane donna... per quanto tentasse disperatamente di ricordare qualcosa... non ce la faceva.

    Non ricordava lei, non ricordava niente.

    I medici dell'ospedale di San Diego gli avevano detto più volte che era stato fortunato a salvare la pelle, che se la sua cintura di sicurezza non fosse stata ben agganciata quando quell'autocarro aveva invaso la sua corsia ed era andato a sbattere frontalmente contro la sua macchina, sarebbe stato un altro nome nelle statistiche dei morti per incidente stradale.

    Era stato quattro mesi in coma e quando si era svegliato non sapeva chi fosse né dove fosse. Dei suoi ricordi, del suo passato, della sua vita, non era rimasta traccia.

    Era stato sottoposto ad altri quattro mesi di terapia intensiva, fisica e mentale, per recuperare qualche sembianza di normalità per la sua vita, e mentre aveva fatto notevoli progressi nel riguadagnare la forza muscolare, i suoi ricordi erano rimasti inaccessibili, chiusi dentro di lui.

    Solo quando aveva cominciato a sgombrare l'alloggio di servizio alla base aveva scoperto il mucchio di posta che si era accumulato dal giorno dell'incidente. E fra le tante lettere aveva trovato quelle di un legale di Grace Harbor in cui si leggeva che sua zia e il marito di lei l'avevano lasciato erede dei loro beni.

    Erano state quelle lettere che l'avevano spinto ad affrontare il viaggio. Leggendole, aveva deciso di riprendere il controllo della sua vita e di cercare la chiave per aprire il mistero del suo passato.

    D'un tratto si accorse che la giovane che stava davanti a lui stava perdendo l'equilibrio e tornò ai problemi del presente. La sostenne più energicamente e notò la sofferenza che incupiva il suo sguardo.

    «Qualcosa non va? Ha problemi con il bambino?» le chiese preoccupato.

    «No» fu la risposta esitante, poco più che un soffio.

    «Forse dovrebbe sedersi» suggerì Dylan.

    «No... veramente. Sto bene» insistette lei facendo un passo indietro, liberandosi di scatto dalla stretta di Dylan e domandandosi se per caso non fosse incappata in un incubo.

    In quel momento, come per ricordarle la sua esistenza, il bambino cominciò a calciare dentro di lei. «Oh...» mormorò Maggie portandosi istintivamente la mano allo stomaco.

    «Dovrebbe consultare un medico» riprese Dylan, che si sentiva almeno in parte causa di quel trambusto. «Oppure potrei avvertire suo marito.»

    «Non sono sposata» replicò lei asciutta.

    «Lasci che la porti a casa. La mia macchina è parcheggiata...»

    «No, la prego... non è necessario» lo interruppe in fretta. «Il bambino è irrequieto, tutto qui» aggiunse, chiedendosi per una frazione di secondo se per caso il bambino non avesse in qualche modo sentito la presenza del padre.

    Quell'incontro inatteso e strano con Dylan l'aveva scossa profondamente e si aspettava di scoppiare in lacrime da un istante all'altro.

    «Sono stata adesso dal dottore e sto tornando a casa» spiegò cercando di nascondere il tremito della sua voce.

    «Lasci che ce la porti io» si offrì di nuovo lui.

    «Non è necessario, la ringrazio.» Aveva bisogno di restare sola. Rivedere Dylan, un Dylan che sembrava non averla mai conosciuta, l'aveva sconvolta.

    Quante volte, nel corso della sua gravidanza, aveva sognato di vederlo ritornare, immaginando un incontro lieto e dolce. Ma neppure nei momenti di disperazione si era raffigurata una scena come quella che stavano recitando in quell'istante.

    «Come vuole» rispose Dylan. «Però io insisto: voglio vederla rientrare a casa sana e salva.»

    Maggie non ebbe più la forza di rifiutare. «E va bene, la ringrazio» cedette a malincuore.

    «Così va meglio, si appoggi al mio braccio.»

    Il cuore di Maggie per poco non si fermò. «Ce la faccio» dichiarò con voce incerta. Sapeva che se avesse toccato Dylan in quel momento avrebbe perduto il controllo di sé.

    Mentre salivano silenziosamente per Indigo Street Maggie notò che Dylan indossava una semplice maglietta di cotone e un paio di jeans vecchi e sbiaditi. Non portava più l'uniforme della Marina che lei era abituata a vedere, e anche il taglio di capelli tipicamente militare era scomparso. Anzi, i suoi capelli corvini formavano addirittura dei riccioli sul collo, e lei osservò con sorpresa che sembrava dimagrito.

    Era stato malato?, si domandò.

    «Quant'è lontano?» le chiese Dylan, distogliendola dai suoi pensieri.

    Maggie gli rivolse uno sguardo interrogativo. «In cima alla salita» rispose, stupita di dovergli fornire quell'informazione.

    Eppure Dylan avrebbe dovuto sapere benissimo dove lei abitava. Era stato a Fairwinds otto mesi prima, e aveva passato la notte con lei... Poteva veramente averlo dimenticato?

    Ma quale altra spiegazione si poteva trovare? O era un attore bravissimo, o era veramente uno smemorato.

    O forse quell'uomo non era affatto Dylan, si disse poi. Forse era solo qualcuno che gli assomigliava. Tutti abbiamo un sosia da qualche parte, non è vero? Ma mentre rimuginava su quei pensieri, sapeva perfettamente che stava solo ingannando se stessa.

    «Eccoci arrivati.» Col respiro alquanto affannoso, si fermò all'ingresso del viale che portava a una vecchia dimora in stile georgiano che lei aveva trasformato in un albergo.

    «Fairwinds.» Dylan lesse il nome dipinto in lettere d'oro sull'insegna rivolta verso la strada; poi il suo sguardo indugiò sulla grande casa a tre piani nascosta fra gli abeti alti e slanciati e le betulle dalle cime argentee.

    Maggie lo guardava incuriosita. Dylan non soltanto non ricordava lei, ma neppure Fairwinds. Se le cose stavano così, cosa mai l'aveva portato a Grace Harbor?

    Avrebbe voluto domandarlo, ma non era sicura di voler ascoltare la risposta.

    Trovò le chiavi in fondo alla borsa. Doveva invitarlo a entrare? No... Non si sentiva all'altezza di quella situazione inesplicabile.

    «Grazie per avermi accompagnato a casa» lo congedò prima di voltarsi per percorrere il viale.

    «Aspetti!» la fermò Dylan, e quando si voltò di colpo lui colse il barlume di speranza che le brillava in fondo agli occhi. «Non ha risposto alla mia domanda.»

    «Quale domanda?» chiese lei corrugando la fronte.

    «Come mai mi conosce?» le domandò, e con suo grande stupore vide che gli occhi di lei si riempivano di lacrime. Sorpreso, sconcertato, si avvicinò lentamente. «L'ho turbata. Mi spiace, non era mia intenzione.»

    «La prego... non posso trattenermi, devo andare...» balbettò confusa, poi senza più aspettare girò sui tacchi e si affrettò verso casa.

    Dylan si fermò un momento a osservarla mentre si allontanava. Quella donna lo conosceva, era sicuro, ma la

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1