Un desiderio per Natale: Harmony Bianca
Di Annie O'neil
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Riuscirà Fraser a dimenticare il proprio passato in tempo per regalare a Tara un Natale meraviglioso?
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Anteprima del libro
Un desiderio per Natale - Annie O'neil
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Surgeon’s Christmas Wish
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2014 Annie O’Neil
Traduzione di Maria Elena Giusti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-118-6
1
Scivolando con gli sci lungo il pendio illuminato dai primi raggi del sole, Tara pensò che avere lo skipass gratuito fosse un lusso del suo lavoro cui avrebbe rinunciato malvolentieri. E le venne istintivo lanciare un grido di gioia esponendo il viso all’aria frizzante delle montagne.
Aveva trentaquattro anni, ma in quel momento si sentiva come una bambina.
Un anno a Deer Creek aveva operato miracoli per la sua psiche. Senza contare poi l’esperienza che aveva accumulato nelle emergenze, tanto da potersi permettere di gestire un suo centro medico specializzato in infortuni sui campi da sci.
Be’, quasi suo. Ancora un po’ di sacrifici e di stipendi... Ma la cosa più importante era che adesso era padrona della sua vita. E questo era ciò che più contava!
Accarezzando con lo sguardo lo splendido paesaggio, Tara non poté fare a meno di sorridere.
A quell’ora c’erano solo gli sciatori incalliti. Abbastanza presto da vedere i riflessi dell’alba sulle Rockies e con tutto il tempo per fermarsi alla pasticceria di Marian prima che i turisti arraffassero tutte le delizie del mattino.
Udendo degli schiamazzi concitati alle sue spalle si spostò da un lato appena in tempo per essere superata da due snowbordisti con i berretti da Babbo Natale che scomparvero a tutta velocità lanciando dietro di sé un grazie per avere avuto la pista tutta per loro.
Di nuovo sola, Tara si lasciò assorbire dalla silenziosa bellezza che la circondava.
Chi aveva bisogno di un albero di Natale in salotto quando si poteva avere una montagna intera piena di pini?
Lei! Ecco chi!
Sorrise pensando che neanche lei era immune agli annessi e connessi delle feste, decorazioni e alberi compresi.
Mancavano solo cinque settimane!
Certo l’idea di passarlo da sola...
Il pensiero non fece neppure in tempo a formularsi che se ne rimproverò.
Passare il Natale sola a Deer Creek era esattamente ciò che voleva. In quel paesino di montagna c’era tutto quello che poteva desiderare. Un buon lavoro, un emporio che vendeva di tutto, dai biscotti all’antigelo, un collegamento WIFI che funzionava alla perfezione e una pasticceria specializzata nel minare il girovita.
Quanti medici potevano vantarsi di vedere ogni mattina dalla finestra del loro ambulatorio uno spettacolo di quella portata? Era una vista insuperabile. A Deer Creek non poteva certo dire di sentirsi ingabbiata. Inoltre non c’era nessuno che volesse appropriarsi dei risultati delle sue ricerche o che cercasse di costringerla a seguire una carriera che non aveva mai desiderato intraprendere.
Una vita perfetta per lei.
Tara studiò le piste quasi deserte. Con un po’ di fortuna non ci sarebbe stato molto da fare. Non che le dispiacesse lavorare, la medicina era decisamente la sua vocazione, ma ogni volta che si apriva la porta del centro medico o che arrivava una chiamata via radio, significava che qualcuno non si stava godendo la giornata e questo non le faceva piacere.
Si piegò ad aggiustare i ganci degli scarponi. Un’ultima discesa poi sarebbe stata ora di iniziare.
«Attenzione!»
Tara si abbassò ancora una volta mentre uno snowboarder le passava a razzo sopra la testa facendola rabbrividire.
Che deficiente!
Un paio di centimetri nella direzione sbagliata e avrebbe potuto essere lei quella trasportata d’urgenza al centro medico.
Con il cuore che le rimbombava nel petto, Tara si drizzò e si lanciò all’inseguimento della figura che proseguiva la discesa a tutta velocità.
A giudicare dalla struttura fisica doveva trattarsi di un uomo adulto. Ampie spalle, fianchi stretti, gambe lunghe e una notevole agilità di movimenti. Quell’individuo sapeva come muoversi sui campi da sci e non doveva essere niente male.
Sbuffò. Non era il momento più adatto per perdersi in considerazioni di quel genere...
«Fermati!» La sua voce non lo avrebbe raggiunto, ma non le importava. Doveva fare qualcosa perché quell’uomo, che sembrava spassarsela un mondo, aveva rischiato di accopparla. «Fermati! Teppista!»
Tara provò un irrefrenabile moto di rabbia nei confronti di quello sconosciuto che metteva in pericolo la vita degli altri.
E vedendolo scomparire, senza che si fosse neppure accorto che lo stava inseguendo, s’infuriò ancora di più. I tipi come lui erano la ragione per cui a Deer Creek c’era così bisogno di medici.
Lo stesso comportamento egocentrico del suo ex...
Smettila! Non aveva nessuna intenzione di imbarcarsi in certi pensieri. Non poteva proprio permetterselo.
Qualcosa di positivo. Doveva pensare a qualcosa di positivo!
Il nuovo chirurgo.
Grazie al cielo avrebbe iniziato nel giro di pochi giorni.
Durante l’estate Tara aveva gestito il piccolo centro medico da sola, in stretta collaborazione con le Unità di Soccorso, ma l’estate, con i suoi escursionisti, canoisti e sporadici scalatori, non era neppure paragonabile all’inverno, quando le piste si riempivano di sciatori e soprattutto... spericolati snowbordisti.
La relativa calma dell’estate e dell’autunno era perfetta per le sue esigenze e non le importava di lavorare tutti i giorni a tempo pieno, ma era molto importante avere un collega con cui potersi confrontare in fatto di infortuni sportivi.
Inoltre, con l’apertura delle piste e l’inizio delle vacanze del Ringraziamento i cinque pazienti al giorno avevano tutte le probabilità di diventare venti.
Il curriculum del dottor Fraser MacKenzie le aveva fatto un’ottima impressione. Stagioni sciistiche in tutto il mondo, esperienza di cinque anni come chirurgo nei Royal Marines britannici... non c’era da sorprendersi che dopo aver lavorato in Francia, in Italia e in Nuova Zelanda volesse aggiungere alla lista le Montagne Rocciose americane.
Non era sua abitudine assumere personale stagionale, ma il collega con il quale aveva lavorato fino a quel momento aveva scelto un incarico fisso in un ospedale di Banff come primario di medicina sportiva e non poteva biasimarlo.
C’era solo da sperare che il nuovo chirurgo restasse per tutta la durata della stagione, visto che chi accettava un lavoro del genere era abituato a essere molto mobile, sempre attratto dalla conquista di altre mete.
Si guardò intorno, affascinata dalla maestosità delle cime che la circondavano. Le Montagne Rocciose erano più che sufficienti per lei. Anzi le bastava già Deer Creek.
Quel paesino era stato il suo rifugio da più di un anno e doveva ammettere che quel tipo di vita le si addiceva alla perfezione.
Fraser si arrestò davanti al centro medico con stile impeccabile.
Lo sci era sempre stato la sua passione e dopo l’addestramento militare aveva sentito la necessità di aggiungere al suo repertorio un tocco di adrenalina con lo snowboard.
Dopo essersi sfilato gli scarponi appoggiò lo snowboard all’apposita rastrelliera ed entrò nell’edificio di legno.
L’eco della voce che lo aveva accusato di essere un teppista gli risuonò ancora nelle orecchie facendolo sorridere e procurandogli un improvviso senso di colpa per avere rischiato di investire quella... bellezza dai capelli corvini.
A sua discolpa c’era però il fatto che davanti a un’emergenza non c’era tempo da perdere.
Inoltre, una tuta bianca non era certo l’ideale per farsi notare su una pista da sci. Neppure se modellava un fisico da Gisele Bundchen e se era completata da un berrettino rosso.
Entrando si guardò intorno e vide con un certo sollievo che l’edificio in apparenza vecchiotto ospitava un centro medico di tutto rispetto.
Sul website di Deer Creek aveva visto le fotografie degli ambulatori e c’erano tutte le attrezzature necessarie per l’attività richiesta. A parte ovviamente una sala operatoria con relativo personale, ma per quella bastava andare al Valley Hospital, a poca distanza da lì.
«Dottor MacKenzie?» chiese una rossina con un taglio di capelli sbarazzino uscendo da una porta a vetri e andando diritta verso di lui.
Come si chiamava quell’infermiera? C’era stato un breve scambio telefonico e lui aveva fatto più attenzione ai particolari riferiti al paziente che al nome. Lisa? Lise? Liesel! Sì, Liesel l’infermiera e Tara la dottoressa. Era bene che non si dimenticasse.
Nonostante il nome di origine tedesca l’accento gli era sembrato australiano. Dall’aspetto sembrava una persona frizzante. Avrebbero lavorato bene insieme.
Un rapporto frizzante e spensierato, proprio quello che faceva per lui.
Del suo nuovo capo non sapeva molto. Accettare quel lavoro era stata una scelta improvvisa proprio come era stata improvvisa la decisione di lasciare il posto precedente.
Ma non aveva importanza perché lui sapeva fare il suo lavoro e aveva molta esperienza in merito.
Se chi lo assumeva non era in grado di capire che vedere il mondo era una ragione abbastanza valida per non fermarsi troppo a lungo nello stesso posto, be’ questo non era un suo problema. C’era solo da sperare che il suo nuovo capo non cercasse di convincerlo a mettere le radici.
Lì probabilmente avrebbe avuto occasione di imparare qualcosa di nuovo. Da quanto aveva appreso su internet, infatti, la dottoressa Tara Braxton si era specializzata in uno dei migliori istituti di ricerca ortopedica degli Stati Uniti. Poi... il vuoto fino alla centro medico di Deer Creek, pittoresca località sciistica ben lungi dall’élite medica di New York City.
«Dottor MacKenzie, il bambino è nell’ambulatorio numero uno con la madre.» La voce dell’infermiera con l’accento australiano lo riportò alla realtà del momento.
«Oh, sì, scusa. E scusa anche per la mancanza di scarpe. Vengo da...»
Una ventata di aria fresca accompagnò l’arrivo di una donna dall’aspetto familiare. Non sembrava contenta, ma il suo cattivo umore non oscurava la sua bellezza.
Alta, snella, con un fisico che non lasciava dubbi sulla sua attività sportiva, non aveva un filo di trucco. Del resto non ne avrebbe avuto bisogno con quelle labbra di un rosso vivo, i capelli corvini e la carnagione leggermente olivastra con una manciata di lentiggini sul naso, proprio come piaceva a lui.
Chissà che luce avevano quegli occhi scuri quando era di buonumore...
«Devo scambiare due chiacchiere con i ragazzi dello snow patrol. Sarà bene che entrino in servizio all’alba» disse la donna rivolgendosi a Liesel senza neppure notare lo sguardo interessato di Fraser. «Bisogna che fermino quei teppisti della neve!»
Fraser la guardò divertito spostare l’attenzione dall’espressione imbarazzata di Liesel a lui. Ed ecco che... lo aveva riconosciuto.
«Lei?»
«Se è al... teppista che si riferisce... be’ in effetti sono proprio io.» Fraser fece un ampio sorriso e la vide ritrarsi anche fisicamente, come per prendere le distanze.
Una reazione a cui non era abituato. Di solito il suo sorriso aveva il potere di ammorbidire le tensioni, ma era chiaro che la donna che aveva di fronte era fatta di una pasta speciale.
Ricordandosi del paziente in attesa, Fraser assunse un atteggiamento professionale.
«Mi dispiace di averle causato problemi» si scusò serio. «Ma adesso ho un’emergenza da affrontare e un paziente che mi aspetta. Se non le dispiace...» Si voltò per raggiungere l’ambulatorio che Liesel gli aveva indicato.
«Cosa?