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Alla ricerca del milionario
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E-book166 pagine2 ore

Alla ricerca del milionario

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Info su questo ebook

Lottie Dawson rimane senza parole quando scopre l'identità del padre di sua figlia, l'affascinante straniero con cui ha passato una notte indimenticabile. Lottie non ha mai conosciuto il proprio padre e sa benissimo com'è vivere con questo vuoto nel cuore. Per questo, ha tutte le intenzioni di rintracciare Ragnar Stone.

La sua maschera di potente e cinico uomo d'affari va in mille pezzi quando Ragnar scopre la verità. Lui non ha alcun dubbio: farà di tutto per il benessere di sua figlia! Ma i suoi sentimenti per Lottie sono molto più complicati...
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2020
ISBN9788830521896
Alla ricerca del milionario

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    Anteprima del libro

    Alla ricerca del milionario - Louise Fuller

    successivo.

    1

    Strofinandosi gli occhi, Lottie Dawson aprì la tendina e guardò fuori dalla finestra della sua camera da letto. Il giardino era immerso nel buio, ma lei riusciva a sentire il costante picchiettio della pioggia, e nell'alone della luce notturna il vetro appariva punteggiato da grosse gocce d'acqua.

    Sbadigliando, diede un'occhiata alla sveglia accanto al letto. Erano solo le cinque e mezza, un'ora particolarmente spiacevole in un freddo e umido giorno di novembre nel Suffolk, ma per una volta le abitudini mattiniere della figlia di undici mesi erano un vantaggio. Quel giorno sarebbero andate a Londra, e doveva sbrigarsi.

    Girandosi, lanciò un'occhiata a Sóley in piedi nella culla, i ricci biondi schiacciati sulla testa, la bocca serrata sull'orsacchiotto.

    Quando Lottie le si avvicinò, la piccola sollevò le braccine paffute e iniziò a ballare sul posto.

    «Ciao.» Chinandosi, sollevò la figlia e la strinse.

    Era così bella, così perfetta. Nata a dicembre, nel giorno più corto dell'anno, si era presentata dorata come il sole fuori stagione che era spuntato per festeggiare la sua nascita, suggerendole anche il nome.

    «Andiamo a farci un po' di latte» mormorò, inspirando l'odore pulito e dolce della pelle della figlia.

    Una volta di sotto accese la luce in cucina e si accigliò: nel lavandino c'era ancora una padella e su un piatto sul tavolo coperto di briciole i resti di un panino al bacon. Accanto, una scatola degli attrezzi aperta e una pistola per tatuaggi.

    Lottie strinse i denti. Amava vivere con suo fratello Lucas, che adorava Sóley, ma era un metro e novanta e a volte sembrava che il loro piccolo villino non fosse abbastanza grande per lui.

    Lamentandosi sottovoce, si spostò Sóley sul fianco. «Guarda che confusione ha fatto zio Lucas» mormorò, guardando gli occhioni azzurri della figlia.

    Non c'era tempo di sistemare. Non se voleva raggiungere Londra entro le undici. Mentre riempiva il bollitore il cuore ebbe un sussulto. La galleria a Islington era minuscola, ma stava ospitando la sua prima mostra personale da quando aveva partorito.

    Incredibilmente, alcuni pezzi erano già stati venduti ed era fantastico sapere che il suo lavoro aveva un pubblico ma, ancora più importante, la Barker Foundation voleva parlare con lei per un incarico. Ottenere finanziamenti era un enorme passo avanti. Non solo le avrebbe permesso di continuare a lavorare senza dover insegnare di sera, ma forse sarebbe anche riuscita ad allargare il suo laboratorio.

    Dando un'occhiata in salotto alla sagoma scura sul suo divano, immaginò gli occhi del fratello sollevati di fronte al suo pragmatismo.

    Da quando aveva comprato il villino, Lucas l'aveva tormentata perché lo vendesse. Per quanto ne sapevano lui e la madre Izzy, il denaro era arrivato da un incarico privato, e Lucas aveva una scarsa opinione dei clienti privati, convinto che considerassero l'arte solo una forma di investimento e non l'apprezzassero veramente.

    Si morse il labbro. Odiava mentire a entrambi, ma ammettere la verità – che la caparra per la villetta le era stata data dal padre biologico, un uomo di cui fino a due anni prima aveva ignorato l'esistenza – non era proprio un'opzione.

    Dopo aver controllato la temperatura del latte, porse il biberon a Sóley e tornarono entrambe di sopra. Aprendo i cassetti, ripensò al momento in cui aveva finalmente incontrato Alistair Bannon in una stazione di servizio lungo l'autostrada.

    Lo stomaco le si strinse. Aveva passato tante ore da bambina a fissare lo specchio, cercando di capire quali tratti avesse preso da quell'uomo, ma ancora prima che lui aprisse bocca era stato ovvio che non intendeva riallacciare i rapporti con una figlia ormai adulta. Non che non la accettasse come figlia: semplicemente non sentiva l'esigenza di conoscerla, e così il loro incontro era stato teso e breve.

    Dal piano di sotto sentì il tonfo degli stivali che colpivano il pavimento. Lucas si era alzato.

    Lottie si chiese come avrebbe reagito suo fratello se gli avesse mostrato la lettera che suo padre le aveva mandato in seguito. Era stata educata, formulata con cura per non provocare un rifiuto, ma anche per non offrire speranza: in pratica le diceva che era una ragazza straordinaria e le augurava ogni bene. Allegato alla lettera c'era un assegno per una cifra che lui sperava avrebbe coperto i contributi economici degli anni in cui non era stato presente.

    Fissando la firma sull'assegno si era sentita male, turbata per essere stata ridotta a una somma a quattro cifre, ed era stata tentata di strapparlo. Solo che poi era rimasta incinta.

    Spogliandosi, si osservò il corpo nudo, le smagliature appena visibili sulla pancia.

    Diventare madre non aveva fatto parte dei suoi piani immediati, tanto che non aveva neanche sospettato di essere incinta: non riuscendo però a liberarsi di un costante disturbo di stomaco, era andata dal medico, e tre giorni e un campione di urine dopo si era ritrovata ufficialmente in dolce attesa.

    Di una bambina che, come lei, sarebbe cresciuta senza conoscere mai il padre. Non sapeva ancora come fosse successo: avevano usato protezioni, ma quella prima volta era stata così sfrenata, urgente, che qualcosa non aveva funzionato.

    Tremando, infilò i vestiti, cercando di ignorare l'improvviso martellamento del cuore.

    Ricordava ancora la notte in cui sua figlia era stata concepita. Il calore e la frenesia erano svaniti, ma il ricordo rimaneva nelle ossa e sulla pelle, tanto che a volte, intravedendo una nuca bionda e un paio di spalle ampie, aveva dovuto fermarsi e chiudere gli occhi per frenare il desiderio.

    Ragnar Steinn.

    Non avrebbe mai dimenticato neanche lui.

    Sarebbe stato impossibile.

    Sarebbe stato come dimenticare il sole.

    Pur avendo il corpo muscoloso e il profilo regolare di un dio nordico, si era però dimostrato tristemente umano nel comportamento. Non solo aveva mentito su dove alloggiava e sull'intenzione di passare la giornata con lei, ma se l'era svignata ancor prima che lei si svegliasse.

    E tuttavia insieme avevano concepito Sóley, e nessuna bugia o privazione o solitudine l'avrebbe mai fatta pentire di quella splendida figlia.

    «Sembra che avremo la neve» dichiarò Lucas quando lei entrò nel salottino con Sóley sul fianco, sgranocchiando una fetta di pane tostato.

    Suo fratello aveva acceso il vecchio televisore e stava divorando i resti del suo panino al bacon.

    Alla vista dell'espressione della sorella, sorrise imbarazzato. «Scusa per il casino. Ascolta, pulisco tutto, prometto, e oggi taglio quella legna, così faccio scorta prima che la temperatura cali. Vuoi darmi Raggio di Sole?»

    Lei scosse la testa. «No, ma potresti darci un passaggio alla stazione.»

    «Okay... ma solo se guadagno un abbraccio.»

    Allungò le mani e Sóley si chinò verso di lui, afferrandolo per il colletto della camicia. Osservando il volto del fratello addolcirsi, Lottie sentì la rabbia e il risentimento svanire, mentre lui prendeva la piccola tra le braccia.

    Dando alla nipote un pezzo di banana, Lucas guardò la sorella. «Non potresti mettere su il bollitore già che sei in piedi...?»

    Con un'occhiata all'orologio sulla parete, Lottie fece un rapido calcolo mentale. C'era tempo prima di dover uscire. «Va bene, preparo del tè.»

    Sciacquando la teiera, mise il bollitore sul fornello.

    «Sai, penso che Sóley sia più reattiva di molti bambini della sua età» sentì dire a Lucas.

    «Dici?» Sorridendo, versò l'acqua nella teiera. Suo fratello era decisamente di parte quando si trattava della nipote.

    «Già... voglio dire, sta guardando le notizie come se capisse cosa sta succedendo.»

    «Bene. Questo significa che possiamo decidere noi donne quando c'è il calcio.»

    «No, sul serio, è totalmente folgorata da questo tipo... Lottie, vieni a vedere.»

    «Va bene, arrivo.»

    Tornando in salotto, guardò la figlia che si era alzata in piedi di fronte al televisore.

    Lucas aveva ragione, Sóley sembrava davvero affascinata dallo schermo.

    Anche l'intervistatrice stava guardando l'uomo di fronte a lei con lo stesso rapimento di sua figlia, tanto che per un attimo Lottie registrò solo i capelli biondi e gli occhi dell'azzurro fresco e trasparente di un ghiacciaio. Poi lentamente i tratti si fecero più chiari e lei sentì la bocca involontariamente aprirsi.

    Era lui.

    Ragnar.

    Dopo aver scoperto di essere incinta, e poi anche dopo la nascita della figlia aveva desiderato rintracciarlo, ma entrambi avevano chiuso i loro profili nella app di incontri che avevano usato, e nei motori di ricerca non aveva trovato alcuna traccia di un Ragnar Steinn.

    La mascella le si tese. Se fosse riuscita a contattarlo non sarebbe comunque cambiato niente. Le sue goffe bugie le avevano chiarito a sufficienza che era stato interessato a lei solo per una notte, quindi difficilmente avrebbe fatto salti di gioia alla notizia di una figlia.

    Rimase a osservare in silenzio, la schiena gelata, mente Sóley toccava lo schermo. Il cuore le esplose nel petto.

    «Chi è?» chiese. «Voglio dire, perché è in tv?»

    Avrebbe voluto sembrare disinvolta, ma la voce uscì sottile e affannosa. Grazie al cielo, però, Lucas era troppo distratto per notarlo.

    «Ragnar Stone. Possiede quella app di incontri. A quanto sembra sta per lanciare una versione VIP.»

    «App di incontri?» ripeté rigida. Le sembrava di aver smesso di respirare.

    Stava per chiedere quale, ma era superfluo. Conosceva già la risposta. A quel tempo aveva pensato che fosse un uomo che come lei usava una app per conoscere persone nuove. In effetti, pensandoci, era certa che lui non le avesse accennato di esserne il proprietario.

    «Hai presente... ice/breakr?» Lucas le lanciò un'occhiata e lei osservò immobile il suo volto mentre il cervello si riconnetteva alla bocca. «Ma sì, certo, è ovvio, la conosci...»

    Era stato Lucas a inserirla nella app, Lucas a spingerla a rispondere alla domanda per rompere il ghiaccio. Poteva riguardare qualunque argomento, dalla politica alle vacanze. Non tutte le domande erano profonde, ma avevano lo scopo di suscitare una risposta istintiva che a quanto pareva aiutava a formare coppie con più accuratezza di una foto e una lista di preferenze e avversioni.

    Ragnar Stone! Così lo avevano presentato.

    Quindi le aveva mentito persino sul nome.

    E non aveva solo usato la app: era sua.

    Espirò incerta, cercando di elaborare quella nuova versione dei fatti, grata che l'attenzione del fratello fosse tornata sullo schermo. Grata anche di non avergli mostrato il profilo di Ragnar.

    «È a Londra?» chiese.

    «Sì, per il lancio. Ha un ufficio qui.» Lucas pulì la bocca di Sóley con l'orlo della maglietta e incrociò il suo sguardo. «Uno di quei magazzini convertiti nei Docklands. Hai presente Nick?»

    Annuì. Nick era uno dei compari di Lucas. Suonava la batteria nel loro gruppo, ma di giorno era un graffitaro.

    «Ha realizzato un enorme progetto su tutta la lunghezza dell'edificio di Ragnar Stone.»

    Lottie si schiarì la voce. «Lo hai incontrato?»

    «No. Il massimo che puoi sperare con un tipo come lui è di agganciarti alla sua scia.»

    Batté le palpebre. Sì, immaginava fosse così. In pratica era successo anche venti mesi prima nella sua stanza d'albergo.

    «Allora a che ora vuoi che vi accompagni?»

    Guardò verso di lui, ma lo sguardo andò oltre, fino allo schermo, al volto di Ragnar. Era così bello, e così simile alla figlia bionda e dagli occhi azzurri, tranne per le fossette sulle guance, che aveva preso dalla madre.

    Sentì una stretta nell'intimo. Crescere senza sapere da dove venisse metà del proprio DNA era stato difficile, avendo una madre e un fratello così simili di carattere. L'aveva fatta sentire incompleta e parziale, e alla fine anche l'incontro con suo padre non aveva cambiato quella sensazione. Era stato troppo tardi per stringere un legame e conoscersi.

    Ma sarebbe stato diverso se lui avesse scoperto della sua esistenza quando lei era ancora piccola? E soprattutto, poteva lei coscientemente negare a sua figlia la possibilità di avere ciò che lei aveva tanto disperatamente desiderato per se stessa?

    I secondi passavano mentre

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