Il paradiso perduto: Harmony Collezione
Di Kate Walker
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Info su questo ebook
Gli ultimi sei mesi, per Alice Howard, sono stati un vero e proprio sogno: essere l'amante di Domenico Parrisi ha costituito, per lei, l'avventura più bella e appassionante della sua vita. Alla fine, però, ha commesso il più grande sbaglio che si possa immaginare. Se n'è innamorata. Lei sa perfettamente che il suo amore non verrà mai ricambiato, e che Domenico, prima o poi, si stancherà di lei, così decide di anticiparlo e lo lascia. Ora, però, lui la rivuole, e una volta scoperto il segreto che lei nasconde potrebbe anche non volerla lasciare andare mai più.
Kate Walker
Autrice inglese originaria della regione di Nottingham, ha anche diretto una libreria per bambini.
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Anteprima del libro
Il paradiso perduto - Kate Walker
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Italian’s Forced Bride
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2006 Kate Walker
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-054-7
1
Alice Howard capì chi fosse fuori dalla sua porta nello stesso istante in cui il campanello squillò.
Non solo sapeva chi era, ma persino per quale motivo fosse lì. E sapeva anche che si trattava dell’ultima persona al mondo che avrebbe voluto affrontare, e dell’unico uomo al mondo che avrebbe desiderato vedere.
Le gambe le tremavano così convulsamente da impedirle di avvicinarsi alla finestra per verificare se la sua supposizione fosse esatta. Una verifica comunque del tutto superflua. Dentro di sé era già certa dell’identità dell’inaspettato visitatore.
Il tempismo era quello giusto. Tre giorni prima gli aveva spedito una lettera per informarlo di avere qualcosa di molto importante da dirgli. Istintivamente si accarezzò il ventre, dove suo figlio, e il figlio dell’uomo alla porta, aveva appena iniziato a crescere.
Anche l’atmosfera era quella giusta. Nessun preavviso del suo arrivo, nessun rumore del motore di una auto che risaliva la stretta via di campagna l’aveva preparata alla sua comparsa.
Persino lo squillo del campanello parlava di lui, un suono penetrante e incessante che risuonava nella piccola casa violando il silenzio del pomeriggio come un comando imperioso. Imperioso e freddo, alla maniera di Domenico.
Domenico.
Infine lo aveva ammesso. Aveva permesso alla sua mente di dare un nome a colui che era certa fosse l’inatteso ospite.
Aveva temuto quel confronto, e allo stesso tempo aveva sperato con tutte le sue forze di ritrovarsi di nuovo con lui.
Un controsenso senza risoluzione, decise scuotendo la testa, e facendo così ondeggiare i lunghi capelli che incorniciavano il suo volto dalla forma ovale e dall’incarnato pallido. Espresse la sua ansia mordicchiandosi il labbro inferiore, pieno e sensuale, mentre gli occhi blu, di solito sereni e luminosi, ora erano oscurati dalle ombre provocate dalla mancanza di sonno e dal suo piccolo segreto.
«Domenico.» Alice sussurrò appena il nome mentre si lasciava cadere sul letto a una piazza, le mani strette nei pugni nello sforzo di resistere alla tentazione di correre verso la finestra per guardare fuori.
Rimanendo nascosta fra le pesanti tende di velluto, ovviamente.
Non aveva davvero bisogno di guardare per sapere. Sapeva già cosa avrebbe visto, l’immagine di lui era impressa in modo indelebile nella sua mente, il suo fisico possente e i lineamenti volitivi del viso, i folti capelli neri e gli occhi color oro scuro. Ogni particolare era enfatizzato dal profondo amore che un tempo aveva provato per Domenico.
Tutte le lacrime che aveva versato dopo la loro separazione, come anche prima, del resto, non erano state sufficienti per cancellare il ricordo di un uomo che una volta per lei era stato più importante della sua stessa vita.
L’uomo a cui aveva donato il suo cuore, e che non aveva saputo cosa farne di quel dono prezioso. L’aveva maltrattato con crudeltà e con sprezzo e infine, non potendo più sopportare oltre, lei era stata costretta ad andare via.
Aveva creduto di essere fuggita abbastanza lontano. Aveva sperato che, tornando in Inghilterra, nel piccolo villaggio così distante dalla sofisticata città italiana – Firenze – dove lui viveva, si sarebbe sottratta anche alla sua malevola influenza. Aveva pensato che lì, nella pace assoluta offerta dalla campagna, avrebbe avuto tempo e possibilità per curarsi le ferite e per recuperare in qualche modo l’energia necessaria per andare avanti e per affrontare di nuovo il mondo.
«Alice!»
Anche se avesse avuto ancora qualche dubbio sull’identità dell’uomo che bussava alla sua porta, questi furono cancellati dalla voce altezzosa che chiamò il suo nome.
«Alice!»
Solo Domenico lo pronunciava in quel modo, trasformando semplici sillabe in un suono melodioso, lirico, quasi stesse declamando una poesia.
«Alice!»
Ma non c’era nulla di poetico o melodioso nel suo tono in quel preciso istante. Riecheggiava di ira mal contenuta, di rabbia pericolosamente vicina a esplodere in modo fragoroso.
«Apri questa porta, dannazione! So che sei in casa.»
Invece non poteva saperlo, Alice tentò di rassicurarsi, il cuore che le martellava in petto. Lui la stava semplicemente sfidando, la stava provocando perché questo era il suo modo di fare.
Domenico, almeno per quanto ne sapeva lei, non aveva mai ammesso di essersi sbagliato né si era mai mostrato insicuro. Domenico sapeva sempre tutto, capiva sempre tutto, assumeva il comando in ogni situazione e superava qualsiasi difficoltà. L’estrema fiducia che nutriva in se stesso era nata insieme a lui. Già nella culla probabilmente si era comportato come un piccolo imperatore romano, ben conscio di avere il mondo ai suoi piedi.
Dunque adesso si sentiva frustrato perché lei non si era affrettata ad obbedire ai suoi ordini, cosa che invece facevano tutti. «Va’ via» mormorò Alice, certa che lui non potesse vederla, che non avesse prove della sua presenza in casa.
Doveva semplicemente restarsene lì, lontana dalla finestra, ben protetta dalle spesse mura di mattoni del cottage, e infine la frustrazione di Domenico si sarebbe tramutata in noia, e la noia in collera, una collera che lo avrebbe spinto a rimontare nella sua auto e a ripartire a gran velocità, le ruote che alzavano gran nuvoloni di polvere.
E lei sarebbe stata libera.
Almeno per il momento.
Perché sapeva di non poter sperare tanto, non era possibile che Domenico demordesse. Domenico Parrisi non rinunciava così facilmente, perlomeno non dopo un unico tentativo.
In realtà, Domenico Parrisi non rinunciava mai. Era conosciuto per questo. La sua determinazione e il suo rifiuto di arrendersi erano addirittura leggendari.
Dunque sarebbe tornato, prima piuttosto che poi. Per parlare, come lei gli aveva chiesto. Così però aveva guadagnato un minimo di tempo, rifletté Alice, per pensare, per decidere come gestire la situazione. Per pianificare con precisione quali sarebbero state le sue parole.
Intanto fuori era calato un silenzio sospetto. Il penetrante squillo del campanello era cessato e Domenico aveva smesso di chiamarla. Non aveva sentito l’auto allontanarsi, ma era pur vero che non l’aveva sentita avvicinarsi!
Era andato via? Era stata davvero così fortunata? Onestamente stentava a crederlo.
Alice si sporse verso la finestra, cercò di guardare ma lo spesso velluto le oscurava la visuale. Circospetta, sollevò un angolo della tenda, solo un poco, e si sporse ancora, ma solo un poco, guardò e...
Si ritrovò a fissare un viso dalla bellezza tenebrosa, e i suoi occhi incontrarono quelli beffardi e penetranti e acuti dell’uomo nel cortile.
Si era allontanato dalla porta per andare ad appoggiarsi sul cofano della sua auto, una elegante vettura grigio argento, le caviglie accavallate, le braccia incrociate sul petto possente. I raggi del pallido sole primaverile accarezzavano i suoi capelli neri donando alle ciocche arruffate dal vento un accattivante splendore. Aveva la testa reclinata, il profilo aristocratico che si stagliava contro il cielo privo di nubi.
Stava aspettando e stava guardando, come un grande gatto nero che monta di guardia, certo che prima o poi il piccolo topo avrebbe fatto capolino, spinto dalla fame o dal bisogno di aria. Dunque, era contento di aspettare, all’erta, e passare all’azione se solo avesse visto spuntare un solo baffo della sua preda.
Stava guardando dritto verso di lei. Occhi socchiusi, labbra strette in una linea controllata. La freddezza del suo sguardo l’attraversò come la lama di un coltello, che finì per piantarsi nel suo cuore.
Poi alzò un braccio e agitò la mano in un gesto imperioso.
Il messaggio non avrebbe potuto essere più chiaro neanche se lo avesse scritto a lettere cubitali sul tetto della sua lussuosa automobile.
Scendi, e fai presto.
L’umore di Alice mutò repentino.
«Va bene» borbottò. «Va bene, scendo. Ma ti avverto, non ne sarai felice.»
Così era in casa, pensò Domenico guardando la finestra dietro la quale un attimo prima era apparso il viso di Alice. Meglio così, altrimenti lui avrebbe intrapreso qual viaggio per niente, e non aveva tempo né voglia di sprecare ore preziose per niente.
Quando l’investigatore privato che aveva assunto per rintracciare Alice gli aveva fornito l’indirizzo, aveva riflettuto a lungo prima di andare a cercarla. Non sarebbe stato forse meglio semplicemente cancellarla dalla sua mente così come Alice aveva cancellato i mesi che avevano trascorso insieme? Purtroppo però un pensiero aveva condotto a un altro, a dozzine di altri. Pensieri che aveva creduto non avessero più importanza per lui. E ricordi che avrebbe voluto non rammentare.
E ai quali, in quel preciso istante, non avrebbe concesso nessuno spazio.
Lui e Alice Howard avevano avuto una relazione. Bene, lui l’aveva giudicata una relazione, evidentemente Alice aveva un’altra opinione. Alice si era solo divertita, come lei stessa gli aveva detto durante il loro ultimo, penoso confronto. Poi il divertimento era finito e lei era andata via.
Proprio così. Aveva fatto le valige ed era uscita dalla sua casa, dalla sua vita, dal suo mondo. Non gli aveva concesso un ultimo sguardo, né fornito alcun tipo di spiegazione. Era solo sparita, chiarendo così di non aver più tempo e interesse per lui.
Certamente la donna che era apparsa brevemente alla finestra di quel piccolo e malmesso cottage non era sembrata entusiasta di vederlo. Anzi, esattamente l’opposto. Lo aveva guardato quasi lui fosse una brutta e aliena forma di vita che si era materializzata dal nulla, e si era immobilizzata piuttosto che correre ad aprirgli la porta.
D’altro canto, era stata Alice a lasciarlo, qualcosa alla quale non era abituato. Per dire la verità era sempre lui quello che determinava la chiusura di una relazione. Così gli piaceva. E quando decideva che era finita, era finita. Non rimaneva nulla in sospeso, niente che lasciasse sperare in una ripresa.
Preferiva la chiarezza sempre, e in particolare nei rapporti sentimentali. La separazione da Alice era stata tutto fuorché chiara.
Così aveva intrapreso quel viaggio sottraendo giorni preziosi al suo lavoro. Sarebbe stato molto contrariato se lei avesse continuato a nascondersi, trasformando così il viaggio in una perdita di tempo. Certamente non sarebbe tornato in Inghilterra se lei, in un secondo momento, avesse cambiato idea per decidere di volergli parlare, dopotutto.
In realtà, non avrebbe saputo spiegare con esattezza perché era lì. Lui...
I suoi pensieri si interruppero di scatto quando la maniglia della porta d’ingresso del cottage cigolò. L’uscio di legno bianco si spalancò e Alice apparve.
«Dannazione» borbottò Domenico fra i denti mentre avvertiva l’effetto che quella donna aveva su di lui. Il crampo che gli contrasse il basso ventre era l’esatta espressione della realtà pur se non gradita, quello che spiegava perché era stato così riluttante all’idea di partire per l’Inghilterra, e tuttavia così determinato a farlo.
La voleva ancora.
L’aveva desiderata sin dal primo istante in cui aveva messo gli occhi su di lei, e la desiderava in quel momento contro ogni logica e contro la sua volontà.
Alice indossava abiti semplici contrariamente al suo solito, una maglietta lilla troppo lunga, un paio di jeans neri, un