Scambio alla pari: Harmony Collezione
Di Sharon Swan
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Anteprima del libro
Scambio alla pari - Sharon Swan
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Husband in Harmony
Harlequin American Romance
© 2004 Sharon Swearengen
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-372-2
1
Un’espressione perplessa apparve sul viso di Adam Lassiter mentre osservava l’ingresso del Glory Ridge Resort and Campground. «Lei vuole davvero farmi credere che le persone pagano per trascorrere una vacanza qui?» commentò, facendosi scudo con una mano per proteggere gli occhi dal brillante sole dell’estate dell’Arizona.
Jane Pitt si irrigidì, sia per il significato di quelle parole che per il tono con cui erano state pronunciate, ma in qualche modo riuscì a mantenere la calma. Dire a quell’individuo cosa ne pensava di lui non le sarebbe tornato utile al momento, ragionò, dunque qualsiasi fosse il suo giudizio riguardo ai consulenti aziendali un po’ snob come quello che aveva al fianco, lo avrebbe tenuto per sé. «In realtà è un po’ che nessuno paga per trascorrere una vacanza qui» replicò con onestà. Infilò le mani nelle tasche dei jeans consumati che indossava e scosse la testa per scostare la frangia di capelli biondi dagli occhi. «Ecco perché sono disposta ad accettare consigli per cambiare questa situazione» concluse.
«Consigli gratuiti» precisò lui, rivolgendole per l’ennesima volta un’occhiata penetrante.
E per l’ennesima volta, Jane si ritrovò a desiderare di essere più alta, o almeno di avere un aspetto un po’ più imponente. Ma quello che le mancava nel fisico l’avrebbe compensato con l’atteggiamento, decise. «Consigli in cambio di una permanenza in uno dei miei cottage» sottolineò. «Non ho mai chiesto favori a nessuno.»
Adam si girò verso la fila di piccole abitazioni di legno costruita ai limiti del bosco. «È certa che siano abitabili?» domandò. «Non mi farebbe molto piacere se il tetto mi crollasse addosso nel bel mezzo della notte.»
«Le assicuro che i tetti sono solidi. Il campeggio ha bisogno solo di qualche lavoro di ristrutturazione.»
«Se lo dice lei...» Adam si passò una mano fra i capelli scuri e perfettamente pettinati. «Da quello che vedo io invece, qui si salva solo il panorama» affermò.
Jane si guardò intorno: quel paesaggio avrebbe affascinato anche il più esigente dei turisti. Il campeggio sorgeva infatti sulla fiancata di una delle montagne che circondavano la città di Blue Springs, a nordest di Phoenix, e dominava l’intera vallata.
«Sa, io sono cresciuto qui» commentò Adam.
«A Blue Springs? Avrei dovuto immaginarlo quando il proprietario della Hayward Investments mi ha parlato di lei. Ha detto che siete cugini.» Ross Hayward, ricordò Jane, le aveva assicurato che l’esperienza e il talento di Adam Lassiter sarebbero stati la risposta giusta al suo problema. «Io abitavo in una piccola fattoria, alle spalle della collina» aggiunse.
«Dunque, anche lei è di queste parti. Strano, perché non rammento di aver mai conosciuto qualcuno che si chiamasse Pitt.»
«Probabilmente perché non andavamo spesso in città» ipotizzò Jane, omettendo di specificare che suo padre, un orso per natura, aveva sempre preferito la solitudine della fattoria alla vita cittadina. «Infatti da bambina ho studiato in casa. Solo all’età di quattordici anni ho iniziato a frequentare il liceo di Blue Springs.»
«Quanto tempo è passato da allora?» chiese Adam, guardandola con aria critica.
«Quattordici anni. Dunque, se era questo che voleva sapere, ho ventotto anni, signor Lassiter» puntualizzò lei.
«I miei genitori si trasferirono a Phoenix quando ero ancora un bambino. Adesso ho trentaquattro anni e mi chiamo Adam, non signor Lassiter.»
«E io sono semplicemente Jane.» Semplicemente... Niente avrebbe potuto descriverla più accuratamente, pensò. Era semplice dalla testa ai piedi, come il suo compianto padre evidenziava di continuo. Come se non bastasse, accanto a Adam Lassiter, con la sua giacca di sartoria e la cravatta di seta, si sentiva ancora più scialba. Al diavolo, decise. Lei era quello che era. Fine della storia.
Adam la vide raddrizzare le spalle e puntare il mento in avanti, una conferma, se mai ne avesse avuto bisogno, di quanto poco lui piacesse a quella donna. Lo aveva capito sin da quando aveva parcheggiato la sua costosa auto sportiva nello spiazzo antistante il campeggio e Jane Pitt gli era andata incontro per riceverlo. Nel suo sguardo aveva letto di tutto, ma non certo approvazione.
Comunque la cosa non gli interessava. Se non avesse avuto un preciso scopo da raggiungere, non avrebbe nemmeno acconsentito a quel colloquio. «Penso sia il momento di dare un’occhiata in giro» propose. «Iniziamo da lì?» chiese, indicando la prima delle piccole costruzioni di legno. «Suppongo che quella sia la reception.»
Jane annuì. Gli fece strada lungo il sentiero, salì i gradini che conducevano al portico, poi spalancò una porta.
La stanza era proprio come l’aveva immaginata, pensò Adam mentre muoveva qualche passo all’interno, ovvero proprio come doveva essere stata tanti anni prima. Il bancone di legno che si estendeva lungo una parete era evidentemente molto vecchio, così come il malandato frigorifero posto da un lato.
«Vuoi una bibita fresca?» offrì Jane.
«Posso prenderla da solo» replicò lui.
Per la prima volta da quando si erano incontrati, un lieve sorriso aleggiò sulle labbra di Jane. «Bene. Mi piacciono gli uomini che non ritengono che essere serviti sia un loro diritto» affermò.
Adam ignorò il commento. Aprì lo sportello del frigorifero e guardò le varie lattine allineate su una mensola. «Si direbbe che qualcuno qui ha sviluppato una dipendenza da caffeina» commentò, indicando due grandi confezioni di caffè.
«Oh no, ne bevo nella stessa quantità di qualsiasi altra persona» spiegò Jane. «In uno di quei barattoli, infatti, ci sono dei vermi.»
Adam represse a stento un’esclamazione di disgusto. Con ostentata calma, scelse una bibita, raddrizzò le spalle e richiuse lo sportello.
«Sei mai andato a caccia di vermi... Adam?»
«Non ultimamente, Jane» rispose lui. Non gli era sfuggito il luccichio divertito negli occhi della donna. D’accordo, non andava alla ricerca di larve da quando era bambino, e anche allora non gli capitava certo di farlo molto spesso. In realtà, non aveva mai dedicato molto tempo alle attività all’aperto, ma perché ammetterlo? Se avesse deciso di accettare la proposta, la proprietaria del campeggio lo avrebbe scoperto in ogni caso. Puntò un dito verso una porta. «L’ufficio è lì?»
«Sì, è la prossima tappa del nostro giro turistico» confermò Jane.
L’ufficio era quanto di più diverso avrebbe potuto immaginare dalla suite accogliente e spaziosa che condivideva con un commercialista e un esperto finanziario all’ultimo piano di un prestigioso edificio di Phoenix. La piccola scrivania di legno e lo schedario di metallo avevano conosciuto tempi migliori, notò Adam. Due sedie e un tavolino sul quale era stato appoggiato un bricco elettrico per il caffè completavano il misero arredamento. Unico tocco di modernità, un telefono con relativa segreteria, più che altro una nota stonata in quell’ambiente tanto antiquato.
«Spiacente, ma qui non abbiamo tutte le comodità alle quali devi essere abituato» commentò Jane, interpretando correttamente l’espressione che era apparsa sul viso del suo ospite.
Però non sembrava dispiaciuta, niente affatto, si rese conto lui. No, più che altro sembrava divertita, almeno a giudicare dal sorrisetto che le incurvava le labbra. «Ciò a cui sono abituato io non conta» replicò Adam, rifiutando di concederle una qualsiasi soddisfazione. «L’importante è se accetterò di salvare questo posto oppure no. Ci vorrebbe un miracolo.»
«Lo farai?»
«Non lo so ancora. Non abbiamo ancora terminato il giro turistico.»
Si avviò di nuovo lungo il sentiero con quella parola che le risuonava in mente... Miracolo. Era quello che si aspettava da Adam Lassiter? si chiese Jane. Un concetto che lui aveva espresso senza mezzi termini, glielo doveva concedere, ma l’onestà non lo aveva reso meno fastidioso. D’altra parte, aveva saputo sin dal principio che riportare il campeggio al suo originale splendore non sarebbe stata un’impresa facile. Il che non significava però che aveva intenzione di arrendersi.
«Come mai possiedi questo posto?» chiese Adam, quando avevano quasi raggiunto il primo della schiera di cottage. Come tutti gli altri, era contrassegnato da un nome, scritto a chiare lettere su un cartello appeso alla porta.
«L’ho ereditato dalla mia prozia Maude. È morta la scorsa primavera» spiegò Jane, mentre saliva i gradini che conducevano alla Tana dello Scoiattolo.
«Mi dispiace» replicò lui.
«Mi manca tanto, anche se lei non vorrebbe essere compianta. Diceva sempre di aver vissuto facendo quello che voleva fare, incluso gestire questo campeggio senza accettare ordini o consigli da nessuno.»
«Capisco.» Adam le rivolse un’occhiata pensosa. «Chissà perché ho la sensazione che tu le assomigli molto.»
«Perché è la verità» confermò Jane, «o almeno lo è in molti sensi. Già da piccola le davo una mano qui, e per quanto lei non fosse un tipo materno, tant’è che non si è mai sposata e non ha mai avuto figli, mi ha cresciuta, insegnandomi tutto quello che so.» Non solo, ma le aveva offerto una scappatoia a una vita familiare poco felice, rifletté.
Si era innamorata a prima vista di quel posto, e ne era ancora innamorata, ecco perché era disposta anche ad assumere un consulente pur di fermare il suo declino. «Questo cottage è quasi uguale a tutti gli altri» spiegò, aprendo la porta. Evitò di precisare però che era anche il migliore, due stanze da letto e nessuna infiltrazione d’acqua nel soffitto.
Adam impiegò non più di qualche minuto per compiere una perlustrazione completa dell’abitazione, costituita da un piccolo salone corredato da un angolo cottura, due stanze da letto ancora più piccole e un minuscolo bagno. «Dunque non posso sperare in nulla di meglio» sospirò infine.
«È così.»
Infatti gli altri cottage, incluso quello che occupava lei, avevano una sola camera e il tetto danneggiato. «Se deciderai di restare, ti darò questo» affermò Jane. «Non è certo lussuoso...»
«Puoi ben dirlo» la interruppe lui.
«Ma c’è una caldaia che fornisce abbondante acqua calda» riprese Jane ignorando le sue parole, «un frigorifero, i fornelli... E tutte le luci del portico funzionano.»
Non si preoccupò di precisare che gli elettrodomestici che aveva appena enumerato erano in versione ridotta, a causa della mancanza di spazio, e che il portico era illuminato da semplici lampadine. E che l’arredamento che lei pomposamente definiva in stile arte povera era in realtà soltanto vecchio.
Comunque, era evidente che a Adam Lassiter non erano sfuggiti quei particolari, anche se si era astenuto dal commentare a riguardo. «Il lago Quail è da questa parte» dichiarò indicando un viale, una volta usciti dal cottage. «È alimentato dai ruscelli che scorrono nell’area