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Con il cuore e con l'anima
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Con il cuore e con l'anima
E-book155 pagine2 ore

Con il cuore e con l'anima

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Info su questo ebook

Un luogo dove tutto può succedere, e dove le sorprese sono all'ordine del giorno; Blue Springs, in Arizona, è solo in apparenza una cittadina tranquilla.
Abby non sa che cosa fare nè che cosa dire. Non capita tutti i giorni di trovarsi di fronte, all'improvviso dopo anni, il primo amore, l'uomo che avrebbe dovuto essere il compagno della propria vita, e poi... Sforzandosi di scacciare i ricordi, e di non farsi stregare per la seconda volta da quei magnetici occhi azzurri, Abby cerca di capire per quale motivo Ryan Larabee si trovi a Blue Springs. E soprattutto, come mai non la riconosca. Come se non l'avesse mai vista prima, Ryan chiede una stanza nel Bed&breakfast gestito da Abby, e come se niente fosse...
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2021
ISBN9788830525221
Con il cuore e con l'anima

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    Anteprima del libro

    Con il cuore e con l'anima - Sharon Swan

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Husbands, Husbands... Everywhere!

    Harlequin American Romance

    © 2002 Sharon Swearengen

    Traduzione di Velia De Magistris

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-522-1

    1

    L’uomo che una volta le aveva giurato amore eterno la guardò senza rivelare nessuna particolare emozione, quasi stentasse a riconoscerla.

    D’altra parte, Abby non poté fare a meno di fissarlo a sua volta, pensando che, a meno che Ryan Larabee non avesse un fratello gemello con gli stessi occhi blu brillante, quell’uomo doveva essere lui. E poiché ricordava distintamente che Ryan aveva solo una sorella, doveva essere proprio lui.

    Stabilito questo, incontrò comunque problemi nel convincere le sue corde vocali a dirgli qualcosa, il che era comprensibile. A una donna non capitava ogni giorno di incontrare un uomo pericolosamente bello che apparteneva al suo passato. Un uomo che aveva pensato di non rivedere mai più. Ebbene, ritrovarsi quell’uomo sulla soglia della porta della propria casa, che la guardava come se lei fosse una completa estranea, era un’esperienza paralizzante, sufficiente per lasciare chiunque senza parole.

    Toccò a lui interrompere il silenzio. «Per caso lei è zia Abigail?» chiese.

    «No» riuscì Abby in qualche modo a replicare.

    L’uomo si tolse il cappello dalle ampie falde, rivelando capelli corti e castani. «Ho telefonato prima per prenotare una camera. Mi è stato detto che c’era molta disponibilità» spiegò.

    «Deve aver parlato con Ethel, un’amica della mia madrina, Abigail. Noi due gestiamo la pensione mentre lei è fuori città» precisò Abby.

    «Capisco.»

    Abby era sicura che lui si sarebbe dilungato in ben altri commenti una volta che i suoi ricordi avessero preso forma. Certamente lei era un po’ cambiata nel corso degli anni, questo doveva concederglielo. Non era più una sprovveduta ventitreenne con gli occhi pieni di sogni. I capelli non le coprivano le spalle, ma erano tagliati appena al di sotto del mento, e pantaloni dalla linea classica e camicie di seta avevano preso il posto dei jeans e delle corte magliette di cotone. «Sono Abby Prentice. Mi chiamo come la mia madrina, che è la proprietaria della pensione» si presentò con tono deciso.

    «Ryan Larabee.» L’espressione del viso dell’uomo non mutò. «Se c’è una stanza libera, pensa che potrei entrare?»

    Dopo un attimo di esitazione, Abby arretrò e spalancò la porta. «Benvenuto a Blue Springs, Arizona» affermò.

    L’uomo varcò la soglia e le strinse la mano che lei gli stava porgendo. «Grazie.»

    Non aggiunse altro mentre la seguiva verso il piccolo ufficio del ricevimento posto ai piedi della scalinata. Nessun tentativo di futile conversazione, nessun sorriso. Nessuna traccia del naturale fascino che era stato la seconda natura dell’uomo che lei conosceva. Non era normale, decise Abby. Nessuno poteva mostrare una così completa indifferenza a una persona con la quale aveva condiviso così tanto. Il tizio che era appena arrivato alla pensione, i cui stivali di cuoio pesante risuonavano sul pavimento di legno, non stava fingendo di non riconoscerla. Sarebbe stato necessario il talento di un vero attore per mettere in scena una commedia così accurata. E poiché per nessun motivo era possibile che lui l’avesse dimenticata, la conclusione poteva essere una sola.

    Ryan Larabee davvero non sapeva chi lei fosse, la qual cosa significava che doveva avere seri problemi.

    Molto seri, pensò Abby mentre si sedeva dietro la massiccia scrivania.

    Aspettando che la donna terminasse le procedure dell’accettazione, Ryan si guardò intorno, apprezzando l’atmosfera familiare. Una casa di zucchero filato, ecco qual era l’impressione che aveva ricevuto quando, svoltando l’angolo della tranquilla stradina alberata, aveva visto la pensione della Zia Abby. Una casa che istintivamente gli sembrava di conoscere, anche se quella era la prima volta che metteva piede a Blue Springs. O almeno, così credeva.

    Poteva solo sperare che la situazione cambiasse il più presto possibile.

    «La sua stanza è al primo piano, prima porta sulla sinistra.»

    Ryan annuì. In realtà si era aspettato un’accoglienza molto più cordiale e meno formale. Gli era stato detto che Blue Springs, una piccola città costruita nei boschi a nord di Phoenix, non era famosa solo per la bellezza dei suoi paesaggi, ma anche per l’atteggiamento amichevole dei suoi abitanti.

    Amichevole? Quando aveva bussato alla porta, per qualche istante aveva pensato che la donna non gli avrebbe nemmeno concesso di entrare. Certo, non gli era dispiaciuto avere tempo per osservarla. Alta, magra, capelli rossi e occhi verdi, il viso non bello nel senso classico della parola ma sicuramente particolare, poteva attrarre qualsiasi uomo sensibile a tali caratteristiche.

    Per qualche motivo, sospettava di essere quel tipo di uomo.

    «La colazione è servita fra le sette e le nove e trenta del mattino. La porta d’ingresso viene chiusa a chiave alle dieci di sera. Se lei pensa di dover rientrare più tardi...»

    «Ma come, è ovvio che ha intenzione di far tardi la sera» intervenne una voce dolce e allegra. La donna cui apparteneva, dotata di un paio di occhi grigi che rilucevano su un viso incorniciato da riccioli color dell’argento, avrebbe potuto portare appuntata sul grembiule bianco che indossava una targhetta che la definiva come Nonna dell’Anno. «Se è il signor Larabee, come immagino che sia, si tratterrà qui a lungo. Troppo a lungo per andare a dormire con le galline ogni sera.»

    «Ma tu lo hai prenotato per una sola notte» obbiettò Abby.

    «Vedi questo trattino?» La donna più anziana si avvicinò alla scrivania e indicò il registro. «Significa che l’ospite è indeciso sulla durata della permanenza. Sono Ethel Freeman» aggiunse poi, sorridendo a Ryan. «Spero che si troverà bene qui da noi.»

    «Io mi chiamo Ryan» precisò lui, sorridendo a sua volta. Un sorriso un po’ stentato, in verità, ma d’altra parte aveva perso l’abitudine di sorridere ultimamente.

    «E io sono Ethel» ribadì la signora. «Sono certa che anche Abby preferisce lasciar perdere le formalità. È più comodo.»

    La donna dai capelli rossi non sembrava condividere l’opinione, ma Ryan decise di non investigare al riguardo. Forse era scesa dal letto con il piede sbagliato, o forse non le piacevano gli uomini in generale. Arretrò di un passo, felice che i muscoli delle gambe gli avessero risposto così prontamente per quanto un fastidioso crampo nella coscia stesse cominciando a dargli il tormento. «Porto la valigia in camera» annunciò. «Potete consigliarmi dove cenare questa sera?»

    Abby - almeno così immaginava di doverla chiamare - aprì la bocca per replicare ma Ethel fu più svelta di lei.

    «Poiché è la tua prima notte qui e sei l’unico ospite - in genere la primavera è un periodo un po’ lento per il lavoro - perché non ceni con noi? Preparerò uno dei miei piatti migliori, la minestra di pollo e verdure.»

    Ryan non sapeva se una pietanza del genere rientrasse fra le sue preferenze, ma non poteva neanche essere sicuro del contrario. «Perfetto» affermò. «A che ora?»

    «Alle sette» lo informò Ethel. «La stanza da pranzo è sul retro della casa, a sinistra.»

    «Ci sarò» confermò Ryan. La valigia in mano, salì la scala di legno che conduceva al primo piano, sperando di riuscire a non vacillare, almeno non davanti al suo pubblico. Aveva il suo orgoglio da salvaguardare, e al suo orgoglio non interessavano tutte le esortazioni del medico ad avere pazienza in attesa di una guarigione completa.

    Una cosa era certa, alcune parti del suo corpo sembravano aver ripreso un funzionamento perfetto, a giudicare da come avevano reagito ad Abby, pensò. Era stato in ansia anche per quello, ma gli era bastata una sola occhiata alla donna snella dai capelli rossi per capire che era ancora, e a tutti gli effetti, un vero uomo.

    Intanto, dall’atrio, Abby lo stava guardando. Non le era sfuggito il suo modo di camminare incerto, come se preferisse scaricare il peso del corpo su una gamba piuttosto che sull’altra. Comunque, l’apparente noncuranza con la quale portava una valigia evidentemente molto pesante, era rassicurante.

    Ryan era sempre stato forte. Lei ricordava bene i muscoli possenti delle sue braccia e la solidità del suo fisico.

    «Sembra una persona tranquilla» commentò Ethel.

    Non direi proprio. Ma forse era cambiato con il tempo, ragionò Abby. Forse le notti di sfrenato divertimento non erano più in cima alla sua lista di priorità, quelle notti che erano state seconde solo al suo lavoro, da sempre al primo posto. Le risultava impossibile credere che anche in quello fosse cambiato, in ogni caso lo avrebbe scoperto poiché erano destinati a vedersi di frequente. Aveva promesso alla sua madrina di restare lì fino alla fine di maggio, e mancavano ancora molte settimane a quel giorno. Un ospite alla pensione non gradito non era un buon motivo per venire meno alla parola data.

    «Ryan Larabee, un bel nome» affermò ancora Ethel.

    Abby scrollò le spalle. «Se lo dici tu...»

    «Ha un suono romantico, non pensi?»

    «Hm.» Una volta aveva avuto la stessa convinzione, ammise silenziosamente Abby, quando era stata una ragazzina ingenua e sognatrice. Ora aveva imparato a valutare cose diverse in una relazione, come gli interessi in comune e il piacere di una compagnia tranquillizzante. Cose che aveva pensato di trovare con...

    «Ah, se avessi quarant’anni, e soprattutto venti chili di meno» sospirò Ethel.

    Abby sorrise. «Se sapessi cucinare come te, non mi dispiacerebbe ingrassare un po’» commentò.

    Il viso di Ethel si illuminò. «Grazie, mia cara. Ho sempre avuto la passione per i fornelli. Quando vado da loro in California, i miei figli e nipoti si comportano ancora come dei bambini quando si tratta di aggiudicarsi l’ultima fetta di una delle mie torte. A proposito di bambini, da quanto tempo dorme la piccolina?»

    Abby guardò l’orologio d’oro che portava al polso, un regalo dei suoi genitori per il suo ultimo compleanno. «Da troppo, infatti sarà meglio se vado da lei» replicò. «Ieri l’ho trovata in piedi nella culla mentre urlava con tutto il fiato che aveva in gola per comunicare al mondo intero che era già sveglia.»

    «Stai facendo un buon lavoro con lei, devo ammetterlo.»

    «Ce la sto mettendo tutta» confermò Abby, ed era vero. Anche se il ruolo di madre le era toccato in concomitanza con la straziante perdita dei due suoi più cari amici, era felice di avere Cara e determinata a fare del suo meglio.

    Anni prima aveva desiderato molto dei figli. Poi, quando la sua vita era stata sconvolta da un piccolo terremoto, aveva preferito dedicare ogni sua energia alla carriera intrapresa nell’ambito dell’industria alberghiera. Ora, pur non avendo partorito, era diventata una madre a tutti gli effetti. Essere madre, stava scoprendo, era una sfida

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