Chiamalo destino
Di Linda Conrad
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Info su questo ebook
Il gioco si fa però serio, quando i due finti piccioncini si ritrovano da soli in un cottage isolato, circondati dalla natura e mai abbandonati dalla crepitante attrazione che li unisce. Cosa chiedere di meglio per essere travolti dalla passione?
Linda Conrad
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Chiamalo destino - Linda Conrad
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Gentrys: Abby
Silhouette Desire
© 2003 Linda Lucas Sankpill
Traduzione di Leonora Sioli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-539-9
Prologo
Bollettino locale
Grande festa al Gentry Ranch
Il sedici di questo mese, uno dei più importanti rancher della zona, T. A. Gentry V, e sua moglie Meredith ospiteranno nell’ambiente suggestivo del loro ranch un barbecue in grande stile, per festeggiare il ventiquattresimo compleanno della sorella del signor Gentry, Abigail Josephine.
Abby Jo, come viene chiamata dagli amici più stretti, è da poco tornata a Gentry Wells, dopo essersi laureata e aver preso una specializzazione in gestione di ranch, nella prestigiosa Texas A&M.
Il barbecue si prospetta come l’evento mondano più importante della stagione. I fortunati invitati non solo avranno la possibilità di gustare ottimo cibo, ma potranno anche ballare le tipiche danze texane fino all’alba. Pare addirittura che uno dei gruppi più amati del Texas, i Dixie Dudes, saranno presenti alla festa con i loro brani più famosi.
Che altro posso dirvi? Lucidate gli stivali, e ripassate i passi di danza per prepararvi a fare baldoria!
1
Smontata da cavallo, appena appoggiò i piedi sul suolo stepposo del Gentry Ranch, Abby ebbe come un sussulto. Prese la fune e guardò verso il canalone.
Non c’era un solo muscolo del corpo che non le facesse male. Strano. Vista la sua giovane età - da lì a una settimana avrebbe compiuto ventiquattro anni - e considerando il fatto che era praticamente cresciuta in sella al suo adorato Measles, avrebbe dovuto essere abituata a restare a cavallo per dieci, dodici ore di seguito! Probabilmente, si disse, nel periodo trascorso all’università aveva perso un po’ di allenamento.
Si slegò la bandana, si levò lo Stetson nero e si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore. Quindi si rimise il cappello e cominciò a camminare lentamente, tentando di sciogliere i muscoli delle gambe.
Non poteva lasciarsi vincere dalla stanchezza! Il suo sogno di diventare capo ranch era ormai a portata di mano e, ora più che mai, doveva dimostrare di essere pronta ad assumersi una simile responsabilità.
Si voltò per guardare se Billy Bob Jackson stava arrivando, ma dell’eccentrico e anziano cowboy non c’era traccia.
Dopo aver cavalcato con lei per un tratto, Billy Bob aveva preferito fermarsi per riposare un po’. Così si erano messi d’accordo che Abby avrebbe proseguito da sola lentamente lungo la linea di confine del ranch, finché lui non l’avesse raggiunta.
Solo che d’un tratto, costeggiando il canalone, la ragazza aveva scorto la sagoma di qualcosa di scuro sul fondo e, credendo si trattasse di un puledrino, era smontata da cavallo per correre in suo soccorso.
Negli ultimi tre giorni, infatti, durante i suoi giri di ricognizione le era già capitato di trovare in questo settore del ranch dei puledri feriti o addirittura senza vita.
Uno dei compiti di Abby era proprio controllare le varie sezioni del ranch, salvare, eventualmente, gli animali in difficoltà, e capire da chi o da che cosa dipendessero questi spiacevoli incidenti.
Abby legò la fune a un albero e, attorcigliandosi il capo opposto attorno alla vita, si calò con cautela nella gola, profonda alcuni metri.
Giunta sul fondo, non senza una certa difficoltà, si sfilò la fune dalla testa, e si diresse quindi verso la sagoma scura che giaceva vicino all’ombra di un masso.
Quando fu a pochi passi dalla misteriosa creatura si rese conto, però, che non si trattava di un animale, bensì di... un uomo. Un uomo che se ne stava immobile, rannicchiato su se stesso, ferito. Forse morto.
La ragazza mosse ancora qualche passo verso di lui e appena gli si inginocchiò accanto si rese conto che, in effetti, non c’era da stupirsi se da lontano lo aveva scambiato per un animale. C’era, infatti, qualcosa di selvaggio nell’aspetto del giovane. Aveva capelli neri, la pelle ambrata ed era vestito in jeans e camicia scuri. Abby pensò subito che dovesse essere di origine indiana. E la cosa la lasciò abbastanza perplessa, considerando che a Costillo County non vivevano molti nativi americani. Anzi, per l’esattezza, in tutta la sua vita lei ne aveva conosciuto uno solo. E... no, non potevano essere la stessa persona. Non era possibile che questo ragazzo fosse lo stesso che ai tempi delle scuole superiori le aveva fatto perdere la testa. Quanto aveva fantasticato su di lui!
Comunque, non era di sicuro questo il momento di lasciarsi trasportare da romantiche nostalgie. Scacciando quindi dalla mente il ricordo della sua vecchia fiamma, Abby si concentrò sul giovane ferito.
Era privo di sensi. Aveva un lieve taglio sulla tempia e una guancia insanguinata.
Gli tastò il polso. Il battito del cuore era lento e la respirazione affannosa. Però, grazie al cielo, il ragazzo era vivo. E lei era la sua unica speranza di salvezza.
Appena gli sfiorò la guancia insanguinata, subito ritrasse la mano. Era bollente.
Gli slacciò quindi il primo bottone della camicia e gli raddrizzò leggermente il capo, per facilitargli la respirazione. E fu solo in quel momento, quando finalmente lo vide bene in volto, che si rese conto che i suoi lineamenti perfetti avevano qualcosa di familiare.
Sembrava proprio... Sì, non poteva essere altri che lui. L’eroe dei suoi sogni. Il ragazzo che le aveva rubato il cuore tanti anni prima.
Sforzandosi di restare calma, Abby cercò di capire che cosa poteva fare per salvarlo. Quando gli aprì il colletto della camicia, subito vide sul collo una tumefazione. Ecco spiegato il tutto!
Pensando di avere capito che cosa fosse accaduto, Abby gli controllò le braccia. Tutto regolare. Quindi passò al busto e poi alle gambe. La coscia sinistra era gonfia. Proprio come aveva temuto. Non c’erano dubbi, il ragazzo era stato morso da un serpente.
Senza esitare Abby sfilò il coltello che aveva nella cintura, e cominciò a tagliare i jeans nel punto in cui la gamba era gonfia. Dato che il tessuto era particolarmente resistente, a un certo punto si aiutò persino con i denti per strapparlo. E quando alla fine riuscì a liberargli la gamba, vide che la coscia aveva assunto un colore verde e bluastro.
Non trovò però i segni del morso del serpente. Voltò allora il ragazzo sul fianco, e subito si accorse che il morso era nella parte posteriore della gamba, appena sopra il ginocchio. Da un primo sguardo doveva essere stato un serpente a sonagli ad attaccare il malcapitato.
Abby sistemò il ragazzo in posizione supina e gli sollevò il capo, in modo da farlo respirare con maggiore facilità. E di nuovo, guardandolo, non poté fare a meno di ripensare per un istante a quanto l’aveva fatta sognare questo affascinante ragazzo indiano. Ora, però, non c’era tempo per i ricordi. Lui stava rischiando di morire, e lei doveva fare di tutto per aiutarlo.
Si alzò, quindi, si aggrappò alla fune, e si arrampicò. Arrivata sul bordo del canalone trovò, per fortuna, Billy Bob.
«Ehi, che cosa ci faceva là sotto, signorina?» le domandò, mentre lei, avvicinatasi al cavallo, prese la borraccia e la cassetta del pronto soccorso. «Mi dispiace dirlo, ma temo che l’unico modo per non far soffrire quel puledrino sarebbe togliergli la vita.»
«Non si tratta di un puledrino» replicò lei con voce trafelata, «ma di un uomo. È stato morso da un serpente.»
Non le era mai capitato di dover assistere una persona in così gravi condizioni e non osava immaginare come avrebbe reagito se... quel ragazzo fosse morto...
Scesa di nuovo nel canalone, Abby si mise al lavoro. Cercò di estrarre quanto più veleno possibile, tramite un’apposita siringa, quindi gli iniettò l’antidoto. Infine pregò il cielo che il ragazzo non morisse.
E per fortuna le sue preghiere vennero ascoltate. Dopo pochi istanti, infatti, il gonfiore cominciò a diminuire. Il giovane iniziò a respirare in maniera più regolare e a muovere le palpebre, come per cercare di riprendere conoscenza.
Abby prese la borraccia, versò dell’acqua sulla bandana rossa e gliela passò sulla fronte per rinfrescarlo e ripararlo dai raggi del sole. Che cos’altro poteva fare, adesso? Se almeno fosse stato possibile usare il cellulare, avrebbe chiamato subito i soccorsi. Purtroppo, però, il telefono non prendeva in quella zona. Be’, questo problema lo avrebbe risolto più tardi. Prima di tutto, ora, bisognava tirare fuori il ragazzo dal canyon. Debole com’era non poteva restare sotto il sole.
Come fare, però? Abby non ne aveva la più pallida idea. Tutto ciò che sapeva per certo era che la vita di un uomo dipendeva da lei e che lei doveva salvarlo.
Grazie al cielo, nel frattempo Billy Bob aveva costruito una specie di barella con dei rami, una fune e delle piante rampicanti. Così, dopo aver legato la propria fune e quella di Abby ai cavalli, raggiunse la ragazza nel canale e insieme a lei sistemò il ferito sulla barella. Quindi, lentamente lo trascinarono in superficie. Quando il ragazzo fu fuori del canalone, Abby era così affaticata che, se Billy Bob non le fosse stato accanto, sarebbe svenuta anche lei.
L’anziano cowboy le allungò la borraccia. Lei bagnò le labbra del giovane indiano con alcune gocce, quindi bevve un sorso d’acqua.
«Dobbiamo trovare un modo per portare al riparo il ragazzo» disse a Billy Bob, «è debilitato e qui fuori fa troppo caldo. La baita ventitré non è molto lontana, giusto?»
«Circa mezzo miglio» replicò il cowboy, fissando la barella al cavallo di lei. «Bene, la barella dovrebbe tenere. Almeno lo spero.»
Augurandosi che la previsione di Billy Bob fosse corretta, Abby montò in sella.
Quando arrivarono alla baita, il sole caldo di fine primavera stava ormai calando e gli alberi proiettavano lunghe ombre sul terreno arido del ranch.
Appena entrata nella casupola Abby si sentì quasi soffocare tanto faceva caldo. Spalancò subito le finestre e una piacevole brezza rese l’ambiente più confortevole.
Mentre Billy Bob slegò la barella, lei spiegò una coperta sulla branda, quindi accese il fuoco per scaldare un po’ d’acqua e disinfettare le ferite del ragazzo indiano.
«Eccoci qui.» Dando un calcio alla porta, Billy Bob entrò trasportando il giovane ferito, che subito adagiò sulla branda.
Il ragazzo borbottò qualcosa e per un momento aprì gli occhi.
Un momento che bastò ad Abby per riconoscere in quegli occhi neri lo stesso sguardo ammaliante che anni addietro le aveva rubato il cuore. Non aveva mai dimenticato quello sguardo.
«Se non sbaglio questo è il pellerossa che vive al ranch degli Skaggs, giusto?» le chiese Billy Bob.
Già, in effetti era proprio lui. «Sì» replicò Abby, «si chiama Gray Wolf Parker, ed è il figliastro del nostro vicino di casa.» Che strano rivederlo dopo così tanto tempo, pensò la ragazza. Era da quando lei aveva lasciato Gentry Wells per frequentare l’università che non lo aveva più incontrato. «Senti, Billy Bob, dato che qui il cellulare non prende» gli disse obbligandosi ad allontanare