Semiotica per principianti: ovvero Impara la disciplina più astrusa con le canzonette
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È possibile tu ti senta intorno un po’ di smarrimento.
Intanto perché non c’è nessun termine inglese praticamente per le prime quaranta pagine (e anche quando infine si manifesta, non è neppure per una parola tecnica, ma è l’inglese di una frase – per di più, una frase che parla d’amore). Cioè: questo è un libro in italiano. Con tutta la sua sintassi, con delle scelte precise, le parole talmente giuste che, anche quando parlano di cose complicate, hanno questa loro caratteristica bizzarra: si fanno capire. Sono sufficienti e confortevoli, non ci fanno mai sentire fuori posto.
Ma poi (e qui il tasso di perplessità è di quelli che fanno alzare le sopracciglia, è evidente): ma a chi serve sapere di semiotica? Oggi, voglio dire. In piena terza rivoluzione industriale. Nel tempo delle olimpiadi di piattaforma informatica e dei procurati infarti causa eccesso di videoconferenze, ora che l’ultima cartilagine tra privato e pubblico è stata demolita e che l’ansia da prestazione sta ripiegata tra i calzini dell’armadio e conosce perfettamente il nostro bagnoschiuma preferito – in questo momento storico: che merito, che competenza, che utilità, che servizio ci può portare conoscere la semiotica?
Osimo la fa facile: serve per capire il senso delle cose, dice, con il consueto aplomb.
Il che, a ben vedere, non è una affermazione così innocua.
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Anteprima del libro
Semiotica per principianti - Bruno Osimo
Bruno Osimo
con Giada Fardin e Valeria Rossini
Semiotica per principianti
ovvero
impara la disciplina più astrusa con le canzonette
Prefazione di Michela Fregona
Copyright © Bruno Osimo 2021
Redazione: Giada Fardin, Valeria Rossini
Bruno Osimo è un autore/traduttore che si autopubblica
La stampa è realizzata come print on sale da Kindle Direct Publishing, Wrocław
ISBN 9788831462358 per l’edizione cartacea
ISBN 9788831462365 per l’edizione elettronica
Contatti dell’autore-editore-traduttore: osimo@trad.it
Sommario
Una sedia, un errore, una freccia, uno sguardo.
Introduzione
Prima parte - concetti di base
Almeno tu nell’universo
A cosa servono le mani
Qualcosa che ti lasci il segno
Le fantôme
Elementare
Il mio sacrificio
Per me è importante
Un senso
Ovunque proteggi
Emozioni
Ho visto anche degli zingari felici
Andare via
Sono un orso
Non detto
Genova per noi
Parola
Spaccacuore
Common Sense
Conversazione
Il sole a mezzanotte
Ognuno ha la sua matita
La banda
Confusione
Niente da capire
Anna e Marco
Spalle al muro
Mon émouvant amour
Vecchia scuola
Eppur mi son scordato di te...
Conclusioni
Seconda parte - Glossario
Abduzione
Analogico
Attualizzazione
Codifica
Combinazione
Comprensione
Concezione processuale del testo
Concezione soggettiva del segno
Congettura
Contiguità
Continuo
Cultura
Culturospecificità
Decodifica
Deduzione
Digitale
Discorso orizzontale pratico
Discorso verticale poetico
Discreto
Entropia
Evoluzione dei segni esterni
Evoluzione dei segni interni
Frame
Gusto
Icona
Ideologia individuale
Indice
Induzione
Interpretante
Intertestualità
Linguaggio interno
Linguaggio verbale
Metacomunicazione
Metalinguaggio
Modello
Modellizzazione
Negazionismo
Non-detto
Numerico
Oggetto
Paradigmatica
Pattern
Processo, Testo come – tra le menti
Rappresentazione
Sceneggiatura
Sé, senso di –
Segno
Selezione
Senso
Significatività
Significato
Significazione
Simbolo
Sintagmatica
Sistema culturale
Soggettiva, concezione – del segno
Somiglianza
Stare per
Testo
Testo nonverbale
Testo verbale
Triade
Tropo
Riferimenti
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Dello stesso editore
Collana poesia
Collana Leskov
Collana Tolstoj
Collana Dostoevskij
Collana Čechov
Collana Bulgakov
Collana sulla traduzione
Una sedia, un errore, una freccia, uno sguardo.
Stai per leggere il libro di Bruno Osimo: l’hai soppesato, hai sbirciato qua e là tra le pagine.
È possibile tu ti senta intorno un po’ di smarrimento.
Intanto perché non c’è nessun termine inglese praticamente per le prime quaranta pagine (e anche quando infine si manifesta, non è neppure per una parola tecnica, ma è l’inglese di una frase – per di più, una frase che parla d’amore). Cioè: questo è un libro in italiano. Con tutta la sua sintassi, con delle scelte precise, le parole talmente giuste che, anche quando parlano di cose complicate, hanno questa loro caratteristica bizzarra: si fanno capire. Sono sufficienti e confortevoli, non ci fanno mai sentire fuori posto.
Ma poi (e qui il tasso di perplessità è di quelli che fanno alzare le sopracciglia, è evidente): ma a chi serve sapere di semiotica? Oggi, voglio dire. In piena terza rivoluzione industriale. Nel tempo delle olimpiadi di piattaforma informatica e dei procurati infarti causa eccesso di videoconferenze, ora che l’ultima cartilagine tra privato e pubblico è stata demolita e che l’ansia da prestazione sta ripiegata tra i calzini dell’armadio e conosce perfettamente il nostro bagnoschiuma preferito – in questo momento storico: che merito, che competenza, che utilità, che servizio ci può portare conoscere la semiotica?
Osimo la fa facile: serve per capire il senso delle cose, dice, con il consueto aplomb.
Il che, a ben vedere, non è una affermazione così innocua.
Ragioniamo: se è l’azione che fa emergere la realtà, perché la realtà è ciò che resiste all’azione, e se le parole sono atti linguistici, questo libro è una azione. Si compromette (e ci compromette) con un gesto di sconfinamento, ovvero la volontà di rendere accessibile una lettura non superficiale del nostro muoverci nel mondo. Ci spinge oltre, verso un luogo incognito del nostro sguardo: Niemandsland, una terra di nessuno. E, se nessuno la possiede, la terra non appartiene, ma contemporaneamente appartiene insieme: sicuramente può rivelare pericoli inaspettati - però anche, proprio in virtù di questo, mostrare possibilità di trasformazione, e cambiamento sociale.
Cioè? (La vedo, la domanda che ti sta girando in testa).
Cioè, per esempio, decidere di sposare il femminile come desinenza prevalente del pubblico destinatario di queste pagine. Pare incredibile, e però un semplice ricciolo di vocale sposta completamente l’asse della percezione: leggiamo, e la nostra mente continua a dirci che c’è qualcosa di strano, di inusuale in quello che il testo ci rimanda.
Se ancora ci fossero dubbi sulla responsabilità che ogni parola ha nel fondare il mondo – e, dunque, la nostra realtà – basta questa semplice verifica: come è sufficiente che una vocale ci spiazzi, è evidente che parlare, interpretare, comunicare non sono mai azioni neutre. E capirlo significa poter guardare al mondo in modo diverso.
Mettiti comodo: questo libro è per quella volta che ti hanno rubato il posto.
Ci sarà sicuramente una logica che guida, fin dal primo giorno di scuola, tutti gli studenti di tutte le classi a scegliersi affannosamente il proprio posto all’interno dell’aula. Quel posto che, eletto per misteriose corrispondenze magnetiche, resta lo stesso per tutto l’anno. Adulti o ragazzini, universitari o scolari alle prime armi, la storia non cambia: entrano, si guardano intorno, assaggiano l’aria, e poi puntano.
Perché una sedia piuttosto che un’altra è una scelta ermeticamente chiusa, che ciascuno determina solo con sé stesso. Ma, quando il passo è stato fatto, raramente si torna indietro.
Il tempo degli aggiustamenti dura forse le prime due settimane, e gli spostamenti (quelli volontari) hanno poche cause variabili: la mancanza di luce, uno spiffero sulla schiena, difficoltà a vedere la lavagna o, nella maggior parte dei casi, la nascita di nuove amicizie.
Passato il primo periodo di fluidità, però, i corpi rinunciano alla loro deriva. Acquistano la loro identità all’interno dell’organismo classe. E l’identità non è una cosa che capita per caso: deriva da una scelta, da una decisione fondativa. Chi sono io? Devo stabilirlo. Ecco: decido dove sono io rispetto agli altri. E non decido a caso: cerco la mia posizione. È questo il valore di una seggiola piuttosto che di un’altra; è questo che fa sentire a proprio agio oppure no all’interno di uno spazio come un’aula, che condiziona la maniera di starci: quanto posso vedere? quanto voglio farmi vedere? quanto vicino, o lontano dagli altri? di lato o di fronte?
Se la scuola è il primo luogo nel quale ci troviamo a rispondere di un comportamento sociale, il motivo per cui un così pungente senso di offesa, o di rabbia, o addirittura e dolorosamente di defraudazione si è impadronito di noi quella mattina che il nostro posto è stato occupato da altri, lo possiamo comprendere grazie alla semiotica.
Che non potevamo risparmiarci i lacrimoni di quel frangente, ce lo spiega bene Bruno Osimo:
«Veniamo create e cresciute e mandate nel mondo senza gli strumenti necessari per capire cosa significa interagire col contesto – vivere».
Ogni errore ha il suo principio: questo è un libro sui principi.
Può, la frequenza di un errore – la sua struttura, l'origine, il suo persistere – far capire quali sono le debolezze, quale