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Irrimediabilmente rovinato: I gialli giudiziari di Sasha McCandless, #3
Irrimediabilmente rovinato: I gialli giudiziari di Sasha McCandless, #3
Irrimediabilmente rovinato: I gialli giudiziari di Sasha McCandless, #3
E-book383 pagine4 ore

Irrimediabilmente rovinato: I gialli giudiziari di Sasha McCandless, #3

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Info su questo ebook

L'avvocata Sasha McCandless torna in Irrimediabilmente rovinato!

Il venerabile studio legale Prescott & Talbott è sconvolto dall'omicidio della socia Ellen Mortenson – presumibilmente per mano del marito separato – quando arriva una fotografia della donna uccisa, con il viso cancellato da una X e "FUORI UNA" scribacchiato sul fondo. Nel giro di qualche giorno, una seconda socia viene assassinata e anche suo marito viene accusato.

 

Sasha non si occupa di diritto penale, per cui si insospettisce quando il suo vecchio studio le chiede di difendere il marito di Ellen. In debito con la Prescott, Sasha accetta l'incarico e presto si ritrova a rappresentare non uno, ma due dei cosiddetti Lady Lawyer Killers, gli uccisori di avvocate. Il carico di lavoro mette a rischio il rapporto di Sasha con Leo Connelly proprio nel momento in cui lui ha più bisogno di lei.

 

Ma quello è l'ultimo dei problemi di Sasha, perché lei non sa che il vero assassino sta portando avanti una vendetta per un vecchio caso conclusosi ingiustamente. E c'è ancora un'avvocata nel suo elenco.

 

LinguaItaliano
Data di uscita8 mag 2022
ISBN9781940759845
Irrimediabilmente rovinato: I gialli giudiziari di Sasha McCandless, #3

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    Anteprima del libro

    Irrimediabilmente rovinato - Melissa F. Miller

    1

    Lunedì

    La fotografia arrivò in un plico bianco bordato di triangoli rossi. Una grafia elegante riportava il nome del destinatario: Charles Anderson Prescott V . Nella metà inferiore del plico, caratteri cubitali dichiaravano che il contenuto era PERSONALE E RISERVATO. Il mittente non era indicato.

    Caroline Masters, segretaria personale di Charles Anderson Prescott V (meglio noto come Cinco, ma nella mente di Caroline era sempre il signor Prescott), guardò il corriere. L’uomo se ne stava appoggiato sulla sua credenza, con la testa china sopra un iPhone, intento a digitare messaggi.

    Mentre scribacchiava il suo nome sul modulo di ricevimento, Caroline chiese: Sa chi è il mittente?

    L’uomo sollevò lo sguardo e scosse la testa.

    Non c’è scritto.

    "Lo vedo. È per questo che sto chiedendo a lei."

    Di certo il corriere doveva conoscere l’identità del mittente. Altrimenti, come avrebbe fatto la sua ditta a intestare la ricevuta?

    L’uomo fece spallucce. Io mi occupo solo delle consegne.

    Infilò il telefono in una delle numerose tasche dei suoi sfilacciati pantaloni cargo, si ficcò gli auricolari nelle orecchie e rimise il portablocco nella borsa di tela nera.

    Mentre l’uomo usciva, Caroline osservò il plico. Era sua abitudine aprire e determinare la priorità della corrispondenza di lavoro del signor Prescott. Non apriva la sua corrispondenza privata.

    Non sapeva esattamente in che categoria collocare quella busta. Un buon novantacinque per cento della posta indirizzata agli avvocati che lavoravano presso la Prescott & Talbott – compresa quella consegnata a mano – veniva recapitata all’ufficio corrispondenza dello studio, per poi venire registrata e distribuita internamente dal personale.

    In rare occasioni, un corriere consegnava un plico direttamente a un avvocato, se il contenuto era urgente o comunque di natura molto delicata. Ma quel genere di consegne veniva solitamente concordato in anticipo; Caroline non ricordava di averne mai ricevuto una senza l’indirizzo del mittente.

    Nessuno, tranne lei, toccava il telefono o il calendario del signor Prescott, per cui Caroline sapeva che il suo capo non aspettava quel plico, che peraltro era indicato come riservato. Era il genere di plico che Caroline portava chiuso nell’ufficio del suo capo, perché lui lo aprisse personalmente.

    E di norma, lei avrebbe fatto così.

    Ma in quanto presidente dello studio legale più grande di Pittsburgh, il signor Prescott stava avendo una giornata particolarmente difficile. Per la seconda volta in meno di un anno, uno dei soci dello studio era stato assassinato.

    Il signor Prescott si era rinchiuso con la sua cerchia interna, cercando di stendere una dichiarazione per il pubblico. Essa avrebbe dovuto trasmettere tristezza e rammarico per la perdita di Ellen Mortenson, tanto per la sua splendida personalità quanto per le eccezionali sue capacità legali. Al tempo stesso, il comunicato avrebbe dovuto rassicurare i clienti di Ellen che, per quanto speciale fosse stata, la donna era sostituibile al punto che uno dei suoi talentuosi colleghi del Dipartimento Patrimoni Finanziari e Immobiliari della Prescott & Talbott avrebbe potuto prenderne le consegne senza soluzione di continuità. Caroline sapeva che trovare l’equilibrio giusto non era facile. Il signor Prescott aveva impiegato buona parte di una giornata per preparare una dichiarazione quando Noah Peterson era stato ucciso.

    Nel frattempo, la stampa, i clienti e gli amici dello studio avevano continuato a chiamare. I decisi ma cortesi suggerimenti di Caroline di lasciare un messaggio nella segreteria del signor Prescott si erano fatti più decisi e meno cortesi con il proseguire del pomeriggio.

    E se la sua pazienza si stava esaurendo, lo stesso doveva valere per quella del capo. L’ultima cosa che lei voleva fare era interromperlo con un plico che probabilmente non aveva importanza, considerato che l’uomo stava affrontando una crisi.

    Per cui, Caroline estrasse il tagliacarte dal vaso di cristallo che teneva sulla scrivania, aprì la busta sottile e ne scrollò i contenuti.

    Una stampa dieci per quindici raffigurante tre giovani donne con abiti formali, che sorridevano al futuro radioso che le aspettava, svolazzò fuori. Caroline riconobbe immediatamente le donne, anche se la foto era vecchia di sedici anni: Ellen Mortenson, Clarissa Costopolous e Martine Landry, le associate del primo anno della classe del 1996. Caroline ricordava persino l’evento in questione. Era la festa natalizia dello studio, estremamente formale quell’anno, e i tre nuovi avvocati trasudavano glamour, entusiasmo e potenziale.

    La fotografia era stata sfregiata.

    Una grossa X rossa copriva il volto di Ellen. In fondo alla foto, qualcuno aveva stampato a caratteri cubitali rossi FUORI UNA.

    2

    Martedì

    Sasha McCandless fissò la tazza di caffè vuota, quindi controllò l’ora. Mancavano venti minuti prima che dovesse recarsi al suo pranzo di lavoro. Tempo sufficiente per un’ultima tazza.

    Per abitudine, si incamminò verso l’angolo dell’ufficio che una volta fungeva da bar, poi si fermò e uscì dalla porta. Fece capolino nell’ufficio di Naya, dall’altra parte del corridoio.

    Ehi, vado a prendere dell’altro caffè. Vuoi qualcosa?

    Naya sollevò lo sguardo dalle richieste di presentazione che stava leggendo e scosse la testa, facendo rimbalzare i rasta sulle spalle.

    Devi andarci più piano con il caffè, Mac. Dico sul serio.

    Sasha lanciò un’occhiata eloquente al pacchetto di Marlboro Light che Naya aveva nascosto quasi del tutto sotto una pila di fogli, ma non disse nulla. Ancora non riusciva a credere che Naya avesse finalmente lasciato la Prescott & Talbott per venire a lavorare da lei. Avere un’amica e assistente legale esperta con cui condividere il carico di lavoro e l’occasionale cocktail durante l’happy hour compensava abbondantemente quelle lamentele ipocrite.

    D’accordo, torno subito.

    Naya era salita a bordo alla fine dell’estate, dopo che sua madre era venuta a mancare. Non dovendo più sostenere le spese delle cure domiciliari, la donna aveva chiamato Sasha per accettare l’offerta di impiego.

    Il tempismo era stato perfetto. In aprile, un caso bizzarro e fortemente pubblico in Clear Brook Country aveva fatto finire Sasha sulle prime pagine dei due giornali più importanti di Pittsburgh e fatto comparire il suo volto nei telegiornali della sera per settimane. Persino ora, mesi più tardi, tutte le volte che una televisione locale trasmetteva un servizio sui contrasti interni alle comunità riguardo all’hydrofracking, trasmettevano il filmato di lei che usciva dall’ospedale, sporca del sangue di un’altra persona. La WPXI, se non altro, aveva di solito la decenza di far seguire un’inquadratura di lei, pulita e non insanguinata, alla conferenza stampa con cui il governatore annunciava la messa in stato di accusa del procuratore generale.

    In conseguenza alla sua piccola celebrità, lo Studio Legale di Sasha McCandless era sommerso da potenziali nuovi clienti. Compito principale di Naya era scremare questi ultimi: la donna eliminava i pazzi furiosi e determinava se quelli sani di mente erano solvibili e avevano vere questioni legali da sottoporre. Sorprendentemente poche persone soddisfacevano tutti e tre i criteri.

    Meglio lei che me, pensò Sasha mentre scendeva di corsa le scale per prendere il suo caffè gratis.

    Caffè gratis. Quella frase la colmava di una gioia incontenibile. Quando aveva avvicinato il padrone di casa chiedendogli di affittare uno spazio addizionale per Naya, lui l’aveva informata che stava per vendere il palazzo a un tizio che voleva aprire un bar al pianterreno. Entusiasta di avere un inquilino pagante mentre stabiliva la sua attività, il nuovo padrone di casa, Jake, aveva subito accettato la richiesta di Sasha di caffè gratis e aveva aggiunto anche uno sconto del dieci per cento sul cibo. Sasha non gli costava molto in cibo, ma era probabile che bevesse il proprio peso in caffè tutti i mesi. Per fortuna di Jake, pesava poco meno di quarantacinque chili.

    Attraversò il capannello di studenti universitari radunati attorno alla bacheca, stupita che ancora qualcuno leggesse i volantini attaccati con le puntine. Non avrebbero dovuto essere impegnati a fare il check-in su Foursquare o quello che era?

    Kathryn, la studentessa della Pitt che lavorava tre mattine la settimana, agitò i capelli striati di rosa e rise quando vide Sasha avvicinarsi.

    Ma dai! Ancora?

    È l’ultimo, Kathryn, promise Sasha, appoggiando la tazza sul bancone.

    L’ultimo del mio turno, se non altro. Stacco a mezzogiorno.

    Kathryn riempì la tazza arancione acceso e la fece scivolare verso Sasha.

    Sasha salì le scale, sorseggiando il caffè caldo mentre camminava. Si chiese cosa volesse Will Volmer. Era stato stranamente enigmatico quando l’aveva chiamata e le aveva chiesto di pranzare insieme. Non aveva voluto dirle altro se non che era possibile che avesse un cliente a cui raccomandarla, ma non poteva parlarne al telefono.

    Will, responsabile della sezione penale dedicata ai colletti bianchi della Prescott & Talbott, l’aveva rappresentata in primavera quando Sasha aveva reso la testimonianza di fronte al gran giurì che aveva portato alla messa in stato di accusa del procuratore generale della Pennsylvania. L’atteggiamento impassibile di Will e la sua pacatezza l’avevano accompagnata attraverso il caos dello scandalo, per cui Sasha credeva di dovergli un favore. Si sarebbe presentata e avrebbe ascoltato ciò che lui aveva da dire, ma dubitava che il caso avrebbe suscitato il suo interesse, di qualunque cosa si trattasse.

    Nonostante la carenza di clienti appetibili che entravano nello studio senza appuntamento, Sasha era impegnata. Molto impegnata. La Hemisphere Air – malgrado il rapporto decennale con il dipartimento controversie della Prescott & Talbott – impiegava Sasha per tutte le questioni processuali che aveva in Pennsylvania. Il che era normale quando si salvava la vita del consulente legale di una compagnia. In quanto capo dell’ufficio legale della Hemisphere Air, Bob Metz non voleva saperne di lasciare ad altri che a Sasha la gestione di una questione civile in quella giurisdizione.

    In aggiunta al lavoro per la Hemisphere Air, Sasha riceveva un discreto flusso di lavoro da parte dei clienti della Prescott. Costoro la cercavano per contenziosi societari troppo piccoli per giustificare le tariffe della Prescott & Talbott, ma abbastanza complessi da richiedere lo stesso livello di qualità. Quei clienti rimanevano con la Prescott per le faccende più gravose e si rivolgevano a Sasha per tutto il resto. Ma nessuno di loro le era giunto dietro raccomandazione diretta della Prescott. Qualunque cosa avesse in mente Will, si trattava di una prima volta.

    Tornata in ufficio, si mise di fronte alla finestra con il caffè in mano e abbassò lo sguardo sul traffico pedonale della South Highland Avenue. La gente – perlopiù studenti, a giudicare dalle infradito e dalle gambe pallide e nude – passeggiava da un negozio all’altro, godendosi l’estate indiana. Non si era mai sentito che ci fossero ventuno gradi a Pittsburgh agli inizi di ottobre.

    Un tipo magrolino con i rasta attraversò di corsa la strada sottobraccio con una ragazza alta dai capelli rossi e svanì alla vista. Sasha sentì i due ridere mentre il campanello della porta del bar sottostante tintinnava per annunciare il loro arrivo al personale.

    Controllò l’orologio: era ora di andare. Will era famoso per la sua puntualità. Sasha si infilò un cardigan azzurro pallido sul vestito senza maniche, fece capolino nella stanza accanto per salutare Naya e si diresse verso il ristorante dall’altra parte della strada.

    Sasha arrivò da Casbah prima di Will e chiese all’addetta un tavolo nel seminterrato. Non era stupita di essere arrivata per prima, considerato che il ristorante si trovava a meno di un minuto di camminata dal suo ufficio e a venti minuti di guida buoni da quello di Will.

    Aveva proposto di incontrarsi in centro, ma Will aveva insistito per venire da lei. Il cibo di Casbah valeva il viaggio, ma Sasha aveva avuto l’impressione che Will non volesse che qualcuno li vedesse insieme.

    Quel genere di segretezza non era decisamente nello stile di Will. L’uomo aveva cominciato la sua carriera come procuratore federale, ma la prospettiva di pagare gli studi universitari a tre figli lo aveva condotto fra le danarose braccia della Prescott & Talbott. Come socio del piccolo, ma redditizio settore dedicato ai colletti bianchi, Will non aveva avuto la minima difficoltà a finanziare l’istruzione dei suoi ragazzi presso Tale, Stanford e Duke. Sembrava, tuttavia, avere difficoltà a integrarsi fra i suoi soci.

    Il mentore di Sasha, il defunto Noah Peterson, diceva sempre che Will aveva il brutto vizio di avere una coscienza. Tutti gli anni, dopo la festa natalizia dello studio, mentre i suoi colleghi venivano trascinati di peso sui taxi, Will metteva il cibo avanzato nel bagagliaio della sua vetusta Subaru e lo portava alla mensa dei poveri.

    Will scese di corsa le scale dopo l’addetta. Il suo volto magro era carico di tensione.

    Sasha, mi dispiace tanto averti fatta aspettare.

    Lei si alzò e accettò il suo bacio sulla guancia.

    Non dire sciocchezze, Will. Non ho aspettato molto.

    L’uomo annuì rapidamente e si sedette.

    Ah, bene. Come sta Leo?

    Bene.

    Ti ha poi insegnato a far bollire l’acqua?

    Sasha sorrise per quella delicata punzecchiatura, ma non si prese la briga di rispondere. Will stava chiacchierando del più e del meno, ma la sua mente era altrove, a giudicare dal suo cipiglio distratto.

    Sasha attese che la padrona di casa avesse dato un menu all’uomo e se ne fosse andata a prendere dei bicchieri d’acqua.

    Poi disse: Mi sembri preoccupato, Will. Va tutto bene?

    Lo sguardo di Will si sollevò dal menu e incontrò quello di Sasha. L’uomo chiuse il menu e vi giunse le mani sopra.

    Direi di no. Will sbatté le palpebre e si schiarì la gola. Non volevo arrivare subito al punto– Lasciò la frase in sospeso.

    Ma? lo invitò lei.

    Ma forse è meglio così. Ho un peso sulla coscienza.

    Le mani di Will giocherellarono con il menu.

    Di che si tratta?

    Ellen Mortenson.

    Ellen era stata socia del dipartimento patrimoni finanziari e immobiliari. Aveva trascorso più di quindici anni allo studio ed era stata di recente promossa a socio paritario, dopo aver fatto la sua gavetta – prima come associato e poi come socio non azionario per diversi lunghi anni.

    Nel fine settimana, Ellen era stata uccisa. Tutti i media avevano dato la notizia. C’era da aspettarselo: Ellen era un’avvocata di successo presso uno degli studi legali più grandi e antichi di Pittsburgh. E la sua morte era stata violenta. Nelle parole della sconvolta giornalista di KDKA, la gola di Ellen era stata tagliata da un orecchio all’altro.

    Will deglutì. Hai saputo che hanno accusato il marito?

    Sì.

    Stando a ciò che Sasha aveva letto sui giornali e aveva saputo dalle conoscenze che Naya aveva ancora presso la Prescott & Talbott, era stato Greg Mortenson, il marito di Ellen, a trovare il corpo. All’inizio, su di lui non erano ricaduti sospetti. Poi era emerso che fra i due non correva buon sangue. Di recente, Ellen aveva chiesto il divorzio e si diceva che la separazione fosse stata molto sgradevole. Era poi venuto fuori che Greg non aveva un alibi e che le ferite di Ellen erano compatibili con il rasoio a mano libera di Greg, che era stato trovato, sporco del sangue di Ellen, nella spazzatura. Nessuno era rimasto sconvolto quando il povero futuro-ex-marito era stato arrestato con l’accusa di omicidio.

    Will si schiarì nuovamente la voce. Poi disse: Beh, Greg ha licenziato l’avvocato che lo ha rappresentato durante la lettura del reato e si è rivolto allo studio.

    Sasha inclinò la testa e lo guardò.

    Will proseguì: La dirigenza si è molto affezionata a Greg nel corso degli ultimi quindici anni e lo considero un amico, proprio come Ellen era una cara amica. Abbassò lo sguardo sul tavolo.

    Sasha non disse nulla.

    Will tormentò il bordo della tovaglia e disse: Naturalmente, abbiamo dovuto spiegargli che il nostro settore penale si limita ai crimini da colletti bianchi.

    Crimini da colletti bianchi. Sembrava una cosa rispettabile. Come se il fatto che una persona vestita elegantemente mentre si impadroniva delle pensioni dei suoi dipendenti o corrompeva funzionari governativi per immettere sul mercato farmaci dagli effetti collaterali pericolosi e sconosciuti rendesse in qualche modo più lieve la devastazione risultante.

    Sasha trafisse Will con lo sguardo. Immagino che gli abbiate anche spiegato che si verificherebbe un conflitto di interessi, per non dire un caso di pessimo gusto, se lo studio rappresentasse l’uomo che ha ucciso uno dei soci?

    Will sussultò, ma si sporse sul tavolo e tiro dritto. Sasha, Greg sostiene di essere innocente. E sulla base di quello che sappiamo del caso, gli crediamo. È per questo che vogliamo che abbia un’ottima difesa. Qui entri in gioco tu.

    Sasha chiamò con un cenno la cameriera e rifletté su come rispondere.

    La cameriera li raggiunse, tutta sorrisi. Dica pure.

    Noncurante dell’eventuale giudizio di Will, Sasha disse: Ho bisogno di vino. Qualunque merlot abbiate al calice va bene, d’accordo?

    Non solo Will non giudicò Sasha per aver ordinato un bicchiere di vino, ma la superò e suggerì di prendere una bottiglia. Will Volmer. Che beveva nel bel mezzo di una giornata lavorativa.

    Rimasero in silenzio fino all’arrivo del vino.

    Finalmente, dopo che la cameriera ebbe preso le loro ordinazioni e si fu allontanata, Sasha disse: Se lo studio vuole aiutare Greg Mortenson, per quanto io trovi disgustosa l’idea, forse dovreste cercare di procurargli un avvocato che abbia esperienza nella difesa dei casi di omicidio – o almeno che abbia seguito almeno una volta un processo penale.

    Lo studio di Sasha si concentrava sui contenziosi fra imprese, ma lei accettava anche casi in altri ambiti, con due eccezioni: i divorzi e il penale. Non si occupava dei divorzi perché, per quanto ne sapeva, si trattava di un settore stracolmo di tristezza e sofferenza; non si occupava del penale perché tutto ciò che sapeva di quella branca del diritto lo aveva imparato guardando le repliche di Law & Order.

    Will sorseggiò il vino e pensò a come rispondere.

    Quando ero procuratore, a preoccuparmi di più non erano i celebri penalisti che difendevano casi eclatanti. Erano i nervosi associati junior dei grandi studi legali, che non avevano mai messo piede in tribunale prima di difendere una causa persa come parte del programma di gratuito patrocinio. Sai perché?

    Sasha scosse la testa.

    Perché i penalisti veterani sono realisti: quali che siano i fatti, probabilmente patteggeranno se il cliente glielo permette. Se il cliente insiste per andare a processo, loro fanno del proprio meglio, ma tanto l’avvocato quanto il cliente devono accettare che le probabilità sono contro di loro, spiegò Will.

    Fece una pausa e spezzò in due un pezzo di pane. Mentre lo passava nel piattino con l’olio d’oliva, proseguì: Ma l’avvocato di un grande studio che non è stato ancora divorato dalla procedura penale? Caricherà a testa bassa, gridando ai quattro venti l’innocenza del cliente. E non trascorrerà tutti i suoi giorni in tribunale occupandosi di reati minori, presentando ricorsi o trattando cauzioni nelle settimane precedenti al processo. Avrà il lusso di potersi concentrare esclusivamente sul processo, lavorare centinaia di ore e trovare argomentazioni che un procuratore non potrebbe mai prevedere.

    Probabilmente, era davvero così. Alla Prescott & Talbott, il gratuito patrocinio penale – tramite il quale gli avvocati rappresentavano accusati indigenti o persone già condannate che desideravano fare appello – era una faccenda seria. Gli associati che accettavano quei casi avevano ordine di trattarli come se fossero controversie civili di altissimo livello e così facevano. Da associata della Prescott, Sasha aveva contribuito alla stesura di un ricorso in un caso di condanna a morte. Alla fine, ventidue anni dopo che lo studio aveva accettato il caso, una squadra di avvocati della Prescott aveva scagionato l’imputato tramite la prova del DNA e costui era stato rilasciato dal braccio della morte.

    Sasha disse: Può darsi, ma io non sono più associata in un grande studio. Sto costruendo la mia attività, Will. Non posso ignorare i miei casi per dare a un processo per omicidio l’attenzione di cui avrebbe bisogno, anche se avessi la minima idea di quello che devo fare.

    Will bevve un sorso più abbondante prima di rispondere.

    Sono qui per conto della direzione per chiederti di accettare questo caso come favore personale nei nostri confronti. Crediamo che Greg dica la verità: non ha ucciso Ellen. Ed è nel miglior interesse dello studio che venga assolto. Ci stiamo ancora riprendendo dallo scandalo della morte di Noah, l’anno scorso. Un nostro socio è stato ucciso da un’ex-socia – alle dipendenze di un cliente, per di più – per scongiurare la scoperta del suo piano di uccidere centinaia di viaggiatori innocenti per trarne profitto. Questa faccenda con Ellen è come il sale in quella ferita. I nostri clienti non amano vedere così spesso i loro avvocati al telegiornale della sera. Per quanto sia inevitabile che questo caso attiri l’attenzione del pubblico, l’assoluzione di Greg ci darebbe quantomeno un po’ di visibilità positiva.

    Will concluse il discorso; Sasha ebbe l’impressione di vedere un’ombra di disgusto di sé attraversare il viso dell’uomo.

    Inarcò un sopracciglio. Continuo a non capire, Will. Perché io?

    Will arrossì. "Hai attratto parecchia attenzione nel corso dell’ultimo anno, sia in conseguenza del disastro della Hemisphere Air che per via dell’omicidio del giudice Paulson a Springport. Sei stata nominata procuratore speciale dal presidente della corte suprema, Sasha. Non è cosa da poco. Credo che la direzione dello studio gradisca l’idea che un’ex-avvocata della Prescott & Talbott prenda in gestione il caso, soprattutto visto che l’avvocata in questione sembra trovarsi benissimo sotto i riflettori. Personalmente, spero che ci penserai su, perché io credo che tu possa aiutare Greg."

    L’uomo incrociò lo sguardo di Sasha senza sbattere le palpebre e lei si dispiacque per lui. Era tipico della Prescott & Talbott mandare Will a fare il lavoro sporco. Chissà se le tonnellate di denaro che l’uomo guadagnava valevano davvero il prezzo mentale di vendersi l’anima.

    Sasha sorseggiò il suo vino.

    Oh, disse Will, come se avesse dimenticato un dettaglio di poco conto, la direzione ha anche votato per finanziare la difesa di Greg pescando da quello che sarebbe stato il prossimo incentivo di Ellen. Pagheremo la tua tariffa oraria standard, naturalmente, ma considerati i costi intrinseci nella difesa di un omicida, abbiamo anche preparato un anticipo.

    Will si infilò una mano nella tasca della giacca e tirò fuori un assegno. Lo mise al centro esatto del tavolo, rivolto verso di lei in modo che potesse leggerlo facilmente. Era intestato allo Studio Legale di Sasha McCandless, P.C., per la somma di trecentomila dollari.

    3

    Tornata in ufficio, Sasha fissò l’assegno, chiedendosi cosa diavolo le fosse venuto in mente.

    Aveva accettato di parlare con Greg Mortenson e di valutare personalmente il suo caso. Aveva detto a Will che si sarebbe fatta sentire per informarlo se avrebbe accettato o meno Greg come cliente.

    Nonostante ciò che la Prescott & Talbott pensava delle sue capacità, tuttavia, lei sapeva che non avrebbe nemmeno dovuto pensare di accettare un caso di omicidio. Una rapida chiacchierata con Naya non aveva fatto altro che confermare che Sasha avrebbe fatto meglio a stare lontana da Greg Mortenson e dalla sua difesa. La prima reazione di Naya era stata che impelagarsi nel penale non avrebbe portato a nulla di buono, soprattutto considerato che la vittima era un socio della Prescott.

    Sasha scosse la testa e infilò l’assegno nel primo cassetto della scrivania. Non doveva nulla alla Prescott & Talbott. Se avesse voluto fare il cagnolino dello studio, avrebbe accettato l’offerta di diventare socia un anno prima. Ma era in debito nei confronti di Will.

    Si alzò, si stiracchiò e guardò fuori dalla finestra. Il sole era sparito; il cielo era grigio e nuvoloso, carico di una promessa di pioggia.

    Falla finita.

    Prese il pesante biglietto da visita di Will e lo girò. L’uomo aveva scritto il numero di telefono di Greg Mortenson sul retro, in una grafia minuscola e precisa.

    Non solo lo studio pagava le spese processuali di Greg, ma aveva anche pagato la cauzione di un milione e mezzo di dollari. Di conseguenza, l’accusato per l’omicidio di Ellen Mortenson, nonché suo estraniato marito, attendeva il processo fra le comodità della loro casa coniugale.

    Non importa. Chiamalo e basta.

    Sasha digitò con violenza il numero sul tastierino del telefono e inserì il vivavoce. Si sistemò il collo, facendolo scrocchiare prima da una parte e poi dall’altra mentre il telefono suonava.

    Quattro squilli. E poi un messaggio registrato – sconcertante, perché a pronunciarlo fu la voce ritmata di Ellen:

    Casa Mortenson e Mortenson. Siamo momentaneamente assenti, ma lasciate un messaggio per Ellen o Greg e sarete richiamati.

    Sasha attese il segnale acustico.

    Questo è un messaggio per Greg Mortenson. Signor Mortenson, il mio nome è Sasha McCandless. Lavoravo con sua moglie presso–

    Si interruppe quando il suono stridente di qualcuno che rispondeva al telefono le riempì le orecchie.

    Aspetti, aspetti! Mi lasci spegnere questo arnese! Era una voce maschile, agitata.

    Sasha fece una smorfia di fronte allo stridore metallico che seguì.

    Poi l’uomo disse: Pronto? Signora McCandless, è ancora lì?

    Sì.

    Ah, bene. Devo filtrare le telefonate. Dannati giornalisti.

    Capisco. Parlo con il signor Mortenson, giusto?

    Sì. La voce dell’uomo assunse un tono accusatorio. Sono in vivavoce?

    Sasha abbassò lo sguardo sul telefono posato sulla scrivania.

    "Sì. Ma sono sola nel mio studio. Ho bisogno di avere le mani libere nel caso

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