Scandalosa attrazione: Harmony Destiny
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Anteprima del libro
Scandalosa attrazione - Rachel Bailey
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
No Stranger to Scandal
Harlequin Desire
© 2013 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Rita Pierangeli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-810-1
1
Hayden Black sfogliò i documenti e le foto sparse sulla scrivania della sua suite nell’albergo di Washington finché trovò quello che cercava. Occhi castani di una bellezza che stregava; lucenti capelli biondi lunghi fino alle spalle; labbra rosse. Lucy Royall. La chiave per le indagini che svolgeva su incarico del Congresso e che avrebbero mandato in rovina il suo patrigno, Graham Boyle.
Dopo le ricerche preliminari dalla sua base a New York, aveva deciso che la ventiduenne ereditiera, alla quale avevano servito la vita e il lusso su un piatto d’argento, era l’anello debole che avrebbe preso di mira per raccogliere informazioni sulle attività criminali di Graham Boyle. Quella mattina, il suo primo appuntamento era servito a indurre una collega a parlare della signorina Royall, così da essere preparato quando l’avrebbe incontrata.
Mise da parte la foto e ne prese un’altra, uno scatto pubblicitario preso dalla rete televisiva di Boyle, l’American News Service, dove Lucy lavorava come junior reporter. Nonostante lo stile professionale e gli occhi abilmente truccati, aveva un’aria troppo giovane e innocente per essere immischiata nelle sordide trame dell’ANS, che intercettava illegalmente i telefoni degli amici del presidente. Ma l’aspetto poteva ingannare, soprattutto quando si trattava di principesse viziate. Nessuno lo sapeva meglio di lui.
Lucy Royall era figliastra del miliardario Graham Boyle da quando aveva compiuto dodici anni e la madre di lei lo aveva accettato come marito. Il suo stesso padre alla morte le aveva lasciato un notevole patrimonio.
Hayden prese la foto di un’altra giornalista bionda, la reporter senior dell’ANS Angelica Pierce. Solo dieci minuti prima aveva terminato un’intervista con la signorina Pierce, dalla perfetta dentatura bianca e dal sorriso di plastica incollato sul suo volto di giornalista televisiva famosa per la crudeltà che si leggeva nei suoi occhi verde acqua. C’era qualcosa di strano nella loro sfumatura – più che naturale, il loro colore sembrava opera di lenti a contatto.
Angelica si era dimostrata ansiosa di collaborare, dicendo che lo scandalo delle intercettazioni disonorava tutti i giornalisti. Ed era stata particolarmente ansiosa di parlare di Lucy Royall. A quanto pareva, quando Lucy si era diplomata al college, Boyle le aveva dato il posto di junior reporter preferendola a molti altri candidati più qualificati, e adesso, stando ad Angelica, Lucy si pavoneggiava per l’ufficio come se fosse su un set cinematografico, rifiutando incarichi che non le garbavano e aspettandosi privilegi.
Hayden guardò di nuovo la sua foto, con la camicetta di seta e discreti orecchini di diamanti, che parlavano di ricchezza e classe.
Durante l’intervista, Angelica aveva fatto qualcosa di particolarmente interessante. Gli aveva mentito, asserendo che Lucy la minacciava. I segnali del linguaggio del suo corpo erano quasi impercettibili, ma nel corso degli anni lui aveva intervistato troppa gente ed era abituato a cogliere anche ciò che ad altri sfuggiva.
Naturalmente, Angelica aveva avuto validi motivi per mentire... una reporter affermata aveva ragione a innervosirsi quando si trovava ad assistere alla rapida ascesa di una giovane e bella giornalista che – guarda caso – era imparentata con il proprietario della rete televisiva.
Ma qualcosa gli diceva che c’era di più in quella storia. Era vero che il suo primo istinto era di diffidare dei giornalisti – erano troppo propensi a manipolare i fatti pur di ricavarne una buona storia. Comunque, tutta quell’indagine ruotava attorno al mondo della carta stampata, perciò doveva essere obiettivo e prenderli per quello che erano.
Passò in rassegna le foto finché ne trovò una di Graham Boyle. Tutte le sue ricerche per la commissione congressuale lo conducevano a quell’uomo.
E alla sua figliastra.
Anche se Angelica Pierce aveva mentito, non aveva difficoltà a credere che la signorina Royall fosse una principessa viziata che giocava a fare la giornalista. Il che gli stava bene. Ottenere da lei una conferma degli affari sporchi di Boyle sarebbe stato un gioco da ragazzi – aveva abbastanza esperienza con ereditiere coccolate per sapere come prenderle.
Lucy Royall sarebbe finita in galera, e con lei il suo patrigno.
Lucy incastrò la cornetta tra la spalla e l’orecchio e continuò a battere sulla tastiera del computer il questionario per Mitch Davis, il conduttore di uno dei notiziari serali dell’ANS. Tra quattro ore doveva intervistare un senatore della Florida e voleva l’elenco per mezzogiorno. Perciò le restavano solo altri dieci minuti, inoltre, per l’una aveva appuntamento con l’investigatore della commissione congressuale, Hayden Black. Quindi, la telefonata di Marnie Salloway, una delle registe dei notiziari, era arrivata al momento sbagliato. Anche se quella sembrava esattamente la norma... troppi incarichi, troppi capi.
«Marnie, posso richiamarti tra un quarto d’ora?»
«A quell’ora sarò in riunione. Devo parlarti adesso» sbottò lei.
«D’accordo, certo.» Lucy si sforzò di parlare in tono amabile, benché fosse prossima a una crisi di nervi.
«Ho bisogno di un elenco di location da inviare oggi pomeriggio al cameraman perché prepari le riprese per la storia della figlia del presidente.»
Aggrottando la fronte, Lucy continuò a pigiare i tasti. «Te l’ho mandato stamattina via e-mail.»
«Hai mandato un elenco di dieci opzioni. Non sono sufficienti. Spediscimene venti entro le dodici e mezza.»
Lucy guardò l’orologio alla parete. Nove minuti alle dodici. Soffocò un sospiro. «D’accodo, l’avrai.»
Mise a posto il ricevitore e perse venti preziosi secondi per appoggiare la testa dolorante sulla scrivania. Quando si era diplomata, Graham le aveva offerto un incarico di giornalista a pieno titolo. L’aveva rifiutato, così lui le aveva offerto di posare per uno spot pubblicitario. Stava solo cercando di aiutarla, come aveva fatto da quando lei aveva dodici anni, ma lei non voleva un incarico di prestigio.
No, non era vero... lo voleva, ma intendeva guadagnarselo dimostrando di essere brava. E l’unico modo per diventarlo era di lavorare per giornalisti affermati e imparare da loro.
Tuttavia, in giornate come quella dubitava di aver preso la decisione giusta accettando il ruolo di junior reporter. Non era l’unico junior all’ANS, ma era la sola a essere trattata come una domestica. E la persona che la trattava peggio era Angelica Pierce, da lei in precedenza venerata.
Fin dal suo primo giorno, gli altri dipendenti dell’ANS non avevano fatto mistero di non gradire la presenza della figliastra di Graham nella loro sala stampa. Da certi punti di vista non poteva biasimarli, ma non si sarebbe lasciata scoraggiare. Aveva adottato la tattica di tenere il capo chino e di svolgere tutti i più umili lavori che le affidavano, ridicoli o no che fossero.
Terminò il questionario per Mitch Davis e glielo spedì via e-mail con tre minuti di anticipo. Quindi consultò il suo browser per trovare altre location alternative e, una volta compilato il nuovo elenco, lo trasmise.
Afferrando la borsetta, si precipitò fuori dall’ufficio per il suo incontro con Hayden Black. Se avesse preso un taxi e non ci fosse stato troppo traffico, ce l’avrebbe fatta con qualche minuto di anticipo. In strada, prima di fermarne uno, prese al volo un caffè e un muffin, che infilò nella capace borsa rossa. A quell’incontro non voleva arrivare in ritardo... il Congresso stava impegnando tempo e denaro per indagare sulle intercettazioni telefoniche illegali del suo patrigno. Quel giorno toccava a lei essere intervistata, per difendere Graham. Per quasi tutta la sua vita lui le era stato accanto, sempre presente per qualunque cosa avesse bisogno. Ora toccava a lei ricambiarlo.
Il taxi la lasciò allo Sterling Hotel, dove Hayden Black conduceva le sue interviste. Gli avevano offerto un ufficio ma lui preferiva un terreno neutrale, una mossa interessante. La maggior parte degli investigatori avrebbe gradito il prestigio extra garantito da una sede ufficiale. Lucy terminò di bere il caffè in ascensore e controllò la propria immagine nella parete a specchio... il vento le aveva scompigliato i capelli. Le porte si aprirono mentre lei se li ravviava con le dita, tentando di rendersi più presentabile. La prima impressione era importante, e Graham contava su di lei.
Controllò il numero sulla porta della suite, quindi bussò con la mano che reggeva il bicchiere di carta vuoto, lisciandosi la gonna con l’altra. Si guardò in giro cercando un cestino della carta straccia, ma rinunciò quando udì aprirsi la porta e si accinse a sorridere con l’aria di chi non ha niente da nascondere.
E si immobilizzò, con un mezzo sorriso sulle labbra.
Un uomo alto in camicia bianca, cravatta bordeaux e pantaloni scuri perfettamente stirati, riempiva il vano della porta. L’aria intorno a lei divenne più pesante. Nella sua vita aveva incontrato molti uomini potenti, tuttavia nessuno dei tanti aveva la prestanza di quello che le stava di fronte; era come se da lui emanasse un’energia che caricava lo spazio che lo circondava, tanto che Lucy faceva fatica a respirare.
La sua fronte era solcata da rughe. Occhi di un castano scuro la fissavano da un volto dai lineamenti marcati, e non davano l’impressione di trovare di loro gradimento quello che vedevano. Lucy sentì di rabbrividire. La stava già giudicando, e l’intervista non era nemmeno iniziata. Fece appello a tutta la sua capacità di recupero, strappandosi dalla fantasia che l’aveva colta in quei pochi istanti... era abituata a essere giudicata in base a preconcetti sulla sua ricchezza, il suo stile di vita e il modo in cui era cresciuta. Quell’investigatore era soltanto un altro da aggiungere all’elenco. Sollevò il mento e aspettò.
Lui si schiarì la gola. «Signorina Royall. Grazie per essere venuta.»
«Il piacere è mio, signor Black» replicò lei con il tono di voce che sua madre le aveva insegnato a usare quando voleva conquistare qualcosa. Si prendono più mosche con il miele che con l’aceto, Lucy.
Hayden tese un braccio invitandola a entrare. «Posso offrirle qualcosa prima di iniziare?» La sua voce era brusca, per niente affabile.
«Sto bene così, grazie.» Lucy si sedette e mise la borsa sul pavimento accanto ai piedi.
Lui prese posto nella poltrona di fronte e le concesse un sorriso condiscendente. «Passeremo in rassegna alcune semplici domande riguardo l’ANS e il suo patrigno. Se risponderà attenendosi alla verità, non dovremmo incontrare difficoltà.»
Lei si sentì assalire da un vampa di calore. Bastardo e presuntuoso. Se si atteneva alla verità, non avrebbero incontrato difficoltà? Aveva ventidue anni, si era laureata alla Georgetown University e possedeva un sesto della più grossa catena di grandi magazzini del Paese. Pensava che avrebbe accettato di essere trattata come una bambina?
Rivolgendogli il più ingenuo dei suoi sorrisi, si chinò a prendere la borsa e la posò sulla scrivania. Quindi alla voce dolce della madre abbinò i modi bruschi imparati da Graham. «Sa, penso che accetterò un bicchiere d’acqua, se non ha niente in contrario. Ho qui un muffin che mi piacerebbe mangiare... non la disturba, vero? Ho saltato il pranzo per venire a questo incontro, e penso più chiaramente con qualcosa nello stomaco.»
Lui esitò prima di mormorare: «Naturalmente» e si alzò per andare a prendere l’acqua.
Lucy trasse un respiro soddisfatto... l’aveva colto di sorpresa. Quando le mise davanti il bicchiere, gli diede quello vuoto di carta. «Potrebbe gettare via questo già che è in piedi? Non ho trovato cestini in corridoio.» Lui lo prese, ma aveva un’espressione tutt’altro che felice. Lucy gli sorrise di nuovo. «Grazie. La sorprenderebbe scoprire quanta gente rifiuta una semplice richiesta ma forse, essendo un investigatore, non è il suo caso.» Spezzò un pezzo di muffin e se lo mise in bocca.
Hayden tornò a sedersi e la fissò con occhi di ghiaccio. Sembrava che fosse di nuovo padrone di sé. «Signorina Royall...»
Deglutendo, lei tirò fuori dalla borsa un taccuino. «Prenderò appunti, se non le dispiace. Secondo me, è meglio se tutti ricordano esattamente quello che si dice nelle interviste.» Spezzò un altro pezzo di muffin e glielo porse. «Gradisce?»
Hayden socchiuse gli occhi e lei si chiese se non avesse esagerato. Ma lui si limitò a un secco: «No».
«È molto buono.» Lucy se lo mise in bocca e frugò nella borsa alla ricerca di una penna.
«È pronta?» chiese lui in tono secco.
«Le chiedo solo un momento ancora. Preferisco essere preparata per un colloquio così importante.» Lucy rimise la borsa sul pavimento e scrisse in cima alla pagina:
Intervista di Hayden Black. 2 aprile, 2013.
Quindi gli sorrise, raggiante. «Sono pronta.»
Hayden