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La pura aria
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E-book185 pagine2 ore

La pura aria

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Info su questo ebook

Un viaggio nel regno dei morti che si realizza principalmente come ricerca confrontandosi con miti e storie antiche è l'itinerario di questo libro. L'eternità rappresentata dall'elemento aria di questo romanzo è ciò che i protagonisti cercheranno. Questa ricerca dovrà fare i conti con l'aleatorietà del destino, rappresentata dalla realizzazione di un oracolo che si affiancherà come sorta di garanzia divina alle scelte umane. Scelte dettate soprattutto dal cuore, poiché il vero motore di questa ricerca d'eternità è l'amore, infatti  senza questa tensione essenziale per l'uomo non ci sarebbe scampo: le sue gambe sarebbero destinate ad una paralisi definitiva!
LinguaItaliano
Data di uscita21 mar 2022
ISBN9788855491082
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    Anteprima del libro

    La pura aria - Attilio Fortini

    NOME

    Guardava in alto e tra sé pensava: cosa diranno le montagne di me? Cosa penseranno quando non ci sarò più? Ma, avranno davvero pensato qualcosa di me? Davvero si accorgeranno che io non ci sono più? E quando mai si sono veramente accorte che esistevo? Si saranno mai rese conto che io c'ero, io ero qui in mezzo a loro, oppure mai l'hanno capito e dunque a questo punto a cosa serviva sapere se io effettivamente ci sono stato, qui? E cosa poteva servirgli sapere che io ero qui e che le guardavo quando loro forse nemmeno mi hanno mai visto? E l'acqua dei fiumi, l'erba dei prati, il canto degli uccelli, il ridere dei passanti nella strada, il giallo cupo del tramonto d'inverno, il tenue odore che si diffonde dal quasi nulla, anche tutto ciò sarà stato come le montagne?

    Erano queste le cose che gli frullavano in testa mentre riempiva di sassi le sue tasche. Era determinato a farla finita all'imbrunire di quel giorno. Ma qui siamo già alle battute finali e noi dovremmo invece cominciare dall'inizio, perché non serve a nulla sapere come qualcosa finisce se non si sa bene da dove è iniziato.

    Procediamo perciò dal giusto senso, anche se forse sarebbe meglio non procedere affatto e rimanere fermi su quell'arenile di fronte a quell'uomo. Osservarlo lì, con i calzoni rimboccati alla bell'e meglio affannarsi a cercare sul fondale dei ciottoli dalla grandezza sufficiente per entragli nelle tasche, ma che allo stesso tempo non siano troppo leggeri. L'acqua è quella dolce di un lago, tuttavia il freddo della stagione che lo avvolge, quello appare meno dolce. E allora vediamo cosa c'era in quella sua vita prima che la riempisse di pietre. Non procediamo, osserviamo!

    Aveva un nome quell'uomo? La risposta è sì, ma chi non ha un nome? Un nome non ce l'ha solo chi non è mai esistito. Ma anche in quest'ultimo caso, per sapere che non è mai esistito, abbiamo bisogno di un nome. Nessuno, ad esempio, ma anche nulla, niente, alcunché, possono essere questi quei ciò che non sono mai esistiti. Come dire, ogni caso ha bisogno di un nome che lo renda ciò che è. Di quest'uomo pertanto dovremmo parlare di più nomi, perché sono stati più di uno i suoi casi. Apollo Diciotto sarà il primo che impiegheremo, quello della missione spaziale americana che non è mai partita per la Luna, e che in fondo non è mai esistita. Oppure se vogliamo: che sì, è esistita, ma solo nella sua mancanza, proprio come le altre due missioni: Diciannove e Venti, che come quella vennero annullate.

    Apollo Diciotto era il nome che lui aveva scelto per i suoi profili social. Con questo nome si presentava al mondo virtuale, ossia a quel mondo che allude solo al reale, perché non si sa bene se ci sia o meno. In questo di mondo lui aveva conosciuto tanti altri nomi, ma quello che aveva cambiato davvero la sua esistenza era: Marlene Di Zurma. Com'era successo che questo nome gli avesse potuto modificare la vita è ciò che capiremo ora.

    AURA

    Apollo: Ciao, ti va di parlare?

    Marlene: Sì.

    È proprio così che tutto cominciò con lei. Apollo, che quando si trovava al di qua dello schermo si chiamava Aimo Vinobelli aveva incontrato Marlene in un post. Aveva visto la foto con cui si presentava, certo, un bel prato in fiore, ma non era quello che l'aveva colpito, di sicuro nemmeno se avesse mostrato il suo gatto, oppure un tramonto avrebbero catturato la sua attenzione, ciò che lo attirò fu quello che lei aveva scritto in quel post: È dunque ora, che sono morta, che sono divenuta più interessata alla vita. E poi più nulla per qualche tempo. Non erano in contatto in quel social, pertanto non incontrò più Marlene finché vestita di una bellissima alba commentava, come la prima volta, il post di un amico di Apollo. L'argomento erano gli sbarchi d'immigrati clandestini sulle coste italiane, così scriveva: Ho incontrato quei morti che avete visto agitarsi sull'acqua pochi istanti prima che si adagiassero inermi sui fondali, e vi garantisco, ora sono felici in questo nostro Nuovo mondo. Qualcuno commentava a sua volta il post di Marlene scrivendo: Ti sei fumata un cannone? Ma era probabilmente solo qualcuno che si era già folgorato prima di lei.

    Apollo a questo punto andò a indagare il profilo di Marlene, voleva capire qualcosa di più. Trovò oltre ai soliti fiori, tramonti e albe, anche alcune foto di lei con delle amiche, con un compagno, con dei bambini che potevano essere suoi figli, o forse no. Ma una foto lo colpì in particolare. Marlene aveva un'aura, qualcosa che non si ritrova sovente in una persona, ma allo stesso tempo nemmeno a tutti è concesso vedere. E lui la vedeva in quella foto. Cos'era quest'aura? La sua bellezza certo, ma non si può dire che era solo quella, o meglio, la bellezza di Marlene stava nell'intensità di un attimo, quella di un raggio che colpisce nell'oscurità e mostra qualcosa di vero, ed esso non è solo magnificenza, bensì anche fragilità, e tutto ciò è quello che è. Ma questo quello che è non è una perdita d'idealità, esso è solo l'umanità che non si nasconde, quella che sta dietro la cortina dell'apparenza. La vera forza di quell'attimo catturato in un'immagine era la dignità con cui si porta su di sé, se stessi e il mondo, ossia il modo in cui l'essere umani si esibisce nella sua effettiva consistenza. Questa era la forza di quell'immagine, e in questo stato di fatto non poteva essere diversa da quel chi ritratto, e fu per questo che lui disse: Questa è lei, seppur si trattasse solo di una foto.

    Apollo tentennò un po', infine si fece coraggio è cliccò sul pulsante: Chiedi l'amicizia.

    Attese qualche giorno, nulla, nessuna risposta, poi dopo un paio di settimane trovò un messaggio: Marlene ha accettato la tua richiesta di amicizia. Immediatamente si precipitò sul suo profilo per sbirciare tutto quello che lei aveva deciso di mostrare solo agli amici. Ma il suo voyeurismo non ne uscì molto gratificato. Niente di più di ciò che aveva già visto.

    Ma ora che Apollo era amico di Marlene, poteva sperare d'incontrarla in una chat, pertanto si mise a scrutare le varie icone che indicano la disponibilità o meno di una persona ad essere contattata. Finché una bella sera, bella è un modo di dire, notò accanto al nome di Marlene un puntino verde: era in chat! Lei rispose semplicemente sì, come si è visto, e Apollo dopo che un vento del nord gli aveva sferzato la schiena, continuò. Sapeva che si sarebbe giocato tutto in quelle prime battute, fatte solitamente di banalità, ma era proprio questa la partita da giocare, era qui che doveva entrare in campo tutta la sua originalità, ossia la capacità di rendere la banalità qualcosa d'inatteso, senza stravolgerla, semplicemente vivificarla, senza colpi di scena, rendendola curiosa. Era in queste prime battute che doveva rendersi necessario, non tanto perché si credesse tale, ma perché lui aveva bisogno di lei. Quindi continuò.

    Apollo: Bene, mi fa piacere.

    Marlene: Piacere di che tipo?

    Apollo: Di un tipo inconfessabile.

    Marlene: Ah, allora sei uno che si confessa.

    Apollo: Dipende dal confessore.

    Marlene: Anche una confessora potrebbe andar bene?

    Apollo: Non ho pregiudizi di genere.

    Marlene: Scusa adesso devo andare.

    Apollo: Come, già?

    Marlene: Scusa, ci si sente un'altra volta, dopodiché non riuscì a ribattere nulla.

    A questo punto mesto abbassò lo schermo del suo pc, prese una penna un blocco e iniziò a scrivere, continuando quella chat come se fosse ancora con lei, ma lì lui non era più Apollo.

    SENTO

    Aimo: Trallalero trallalà, cosa confesso a questa qua?

    Marlene: Dimmi o bell'uomo quali sono i tuoi segreti?

    Aimo: Ho problemi con il cibo, con il tabacco e a volte con l'alcol, e poi forse anche con me stesso, ma di tutto ciò non ti dirò nulla.

    Marlene: Allora prova a fumarti una salsiccia, bere una sigaretta e mangiarti una bottiglia di vino, così starai in pace con te stesso. Se poi impari a prenderti anche un po' in giro, sarai un campione!

    Aimo: Sembri un'esperta tu.

    Marlene: Eh già.

    Aimo: Mmh.

    Pose la penna, si tolse gli occhiali e si accarezzò la fronte corrugata: ma cosa sto facendo? Io che non ho proprio nessuno di questi problemi, o forse sì? In ogni caso non sono problemi miei, perché mangio quando ho fame, bevo quando ho sete e poi nemmeno fumo e con me stesso l'unico problema che ho è con gli altri tutt'al più. Io sto super bene con me stesso, anzi, non è che poi m'interesso tanto a questo me stesso che un po' anche m'annoia.

    Rialzò lo schermo del pc e aprì quel programma che cercava di realizzare. Aimo era un informatico e oltre alla ditta in cui lavorava scriveva del codice anche per una sua applicazione. Si era messo in testa di realizzare un software che sorpassasse tutto ciò che si era avuto fino ad allora. Voleva dar vita ad un vero e proprio oracolo!

    Non è però che avesse fatto molti passi in ciò che concerne la programmazione vera e propria del suo oracolo, quella per intenderci fatta di stringhe alfanumeriche incomprensibili ai profani, perché la questione era ferma ancora a ciò che viene prima dello sviluppo del programma, ossia allo sviluppo dell'idea che doveva sovraintenderlo. Era per questo che aveva deciso di tenere un diario dove annotare senza un vero e proprio ordine tutto ciò che gli attraversava la mente, con la speranza che un bel momento avrebbe potuto finalmente gridare: eureka! Ma quel momento sembrava ancora lontano, tant'è che erano queste le cose che annotava:

    L'oracolo non deve dire ma far dire! Se il suo intento fosse solo quello di enunciare qualcosa, che non ha nulla a che fare con la sensatezza, basterebbe usare un sistema casuale che mette assieme parole senza ordine. La macchina è bravissima a far ciò, ma senza un'intenzione di far dire, di voler far dire, quelle parole sarebbero solo un gioco senza alcuna autorevolezza. L'oracolo è sempre stato associato ad un'entità in qualche modo incomprensibile e in un certo senso superiore. Ad un dio, una divinità. Il destino dell'uomo e il suo apparente essere in mano al caso è per noi incomprensibile, ed è per questo che ci serve una mente veggente che di questa incomprensibilità sia in qualche modo garante, che intraveda per noi il fatto che abbia un senso, afferri quel senso che noi, poveri mortali, non riusciamo ad afferrare. Serve un'entità superiore che abbia il privilegio di scorgere il destino per annunciarcelo. Ma io non posso creare un programma che si possa ritenere un dio, altrimenti creerei un mostro. Una macchina che ha potere sull'uomo e non è al suo servizio è un assurdo, buono per il copione di qualche film di fantascienza, ma solo per quello.

    CONNESSIONE

    Ad un tratto.

    Marlene: Ehi ci sei?

    Marlene: ...?

    Il pc di Aimo mugolò una sorta di avviso: qualcuno lo chiamava!

    E allora lui.

    Apollo: Come no?

    L'aveva quasi data per persa.

    Apollo: Allora sei ancora dei nostri?

    Marlene: Prego?

    Apollo: Così, è un modo di dire.

    Marlene: Solo quello?

    Apollo: No, a dire il vero ci potrebbe essere anche dell'altro.

    Marlene: Sono tutta orecchi.

    Apollo: "Diciamo che prima di chiederti l'amicizia avevo letto qualche tuo post che mi aveva incuriosito."

    Marlene: Tipo.

    Apollo: Tipo parlavi come se fossi da un'altra parte, o meglio, dall'altra parte.

    Marlene: E chi ti dice che non ci sia.

    Apollo: Eh, sì, certo.

    Marlene: Non ci credi?

    Apollo: Non ho nessun problema a crederti, ma che poi assieme a ciò ci sia anche qualcosa di vero, permetti che ho dei dubbi?

    Marlene: Perché sono qui a scriverti?

    Apollo: Esatto.

    Marlene: Ma ci sono anche dei programmi che scrivono senza che nessuno pigi sulla tastiera.

    Apollo si raggelò: come aveva fatto a capire che lui si occupava d'informatica? Aveva anche lei spiato sul suo profilo? Ma certo, era per quello. Anche se lui cercava sempre di non lasciare tracce della sua vita, né sui social né sul web in generale, magari qualche indizio l'aveva trovato ugualmente, o magari era tutto frutto della sua fantasia.

    Marlene: Ehi ci sei ancora?

    Apollo cercò di giocare la carta del rivelarsi: Non può essere, io sono un informatico e nessun programma saprebbe dare risposte in modo così pertinente a ciò che ti chiedo.

    Marlene: Beh, se lo dici tu che sei informatico.

    Apollo: E tu invece cosa diresti?

    Marlene: Direi che l'informatico sei tu, e se tu sei un informatico, saprai anche se è o meno una macchina che ti sta parlando.

    Apollo: Sì fidati, tu non sei una macchina.

    Marlene: Bene, ora che abbiamo appurato che non sono una macchina, possiamo anche andare a dormire, perché le macchine non dormono vero?

    Apollo: "Sì, le macchine si spengono o tutt'al

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