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La ballata del vecchio marinaio e altre poesie
La ballata del vecchio marinaio e altre poesie
La ballata del vecchio marinaio e altre poesie
E-book237 pagine1 ora

La ballata del vecchio marinaio e altre poesie

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Info su questo ebook

Cura e traduzione di Tommaso Pisanti
Edizioni integrali con testo inglese a fronte

Se le Lyrical Ballads sono considerate il manifesto del romanticismo inglese, La ballata del vecchio marinaio, con cui esse si aprono, ne è la tessera più emblematica e celebre. Riscritta e ritoccata più volte, a seguito dei continui approfondimenti critici della vocazione poetica di Coleridge, questa romantica storia di colpa (la gratuita uccisione di un uccello di mare da parte del «vecchio marinaio») e di faticosa rigenerazione diventa allusiva di una condizione umana di misteriosità e indecifrabilità, di un rapporto sempre sfuggente tra il singolo e il cosmo. La poesia di Coleridge, e lo dimostrano anche gli altri poemetti raccolti in questo volume, Christabel, Kubla Khan e Amore, si impone oggi, al di là di ogni esercizio romantico, come evocazione onirica, discesa negli abissi dell’animo e dell’inconscio, sostenuta dalla lucida consapevolezza dei procedimenti stilistici.

«Come una nave, dopo aver oltrepassato la linea dell’Equatore, fu sospinta dalle tempeste nella Regione del freddo verso il Polo Sud; e come da lì fece rotta verso le latitudini tropicali del Grande Oceano Pacifico, e delle straordinarie cose che accaddero; e in qual modo il vecchio marinaio fece infine ritorno alla propria terra.»

Samuel Taylor Coleridge

(1772-1834) studiò a Cambridge, senza tuttavia conseguire la laurea. Irrequieto ed errabondo, precoce poeta, fu coautore, con William Wordsworth, delle Lyrical Ballads (1798), considerate il “manifesto” del romanticismo inglese. Fu in Germania, a Malta e in Italia, e nel 1816 si trasferì a Londra, dove svolse attività di critico e conferenziere. Le sue celebri conferenze su Shakespeare, Milton e Dante sono state pubblicate postume.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854138360
La ballata del vecchio marinaio e altre poesie
Autore

Samuel Coleridge

Samuel Taylor Coleridge was an English poet and philosopher who, with fellow poet William Wordsworth, founded the Romantic Movement in England. In addition to penning the celebrated poems The Rime of the Ancient Mariner and Kubla Khan, Coleridge was an influential scholar, whose work on William Shakespeare reintroduced the playwright’s work to contemporary writers. He is also credited with helping introduce German idealist philosophy to English-speakers. Coleridge’s poetical work would later influence Ralph Waldo Emerson and the American transcendentalist movement.

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    Anteprima del libro

    La ballata del vecchio marinaio e altre poesie - Samuel Coleridge

    290

    Prima edizione ebook: gennaio 2012

    © 1995 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-3836-0

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica realizzata da Gag srl

    Samuel Taylor Coleridge

    La ballata

    del vecchio marinaio

    e altre poesie

    Cura e Traduzione di Tommaso Pisanti

    Illustrazioni di Gustave Doré

    Edizioni integrali con testo inglese a fronte

    Newton Compton editori

    Incanto e rigore. Introduzione

    Di Samuel Taylor Coleridge la prima immagine che rimbalza e s’incide nella mente è, certo, quella dell’iniziatore, dell’alfiere anzi, del movimento romantico in Inghilterra: insieme, s ’intende, a William Wordsworth; del coautore, con lui, appunto, di quelle Lyrical Ballads (1798), che del romanticismo inglese furono, come si sa, il dichiarato umanifesto".

    Insieme si proposero, Wordsworth e Coleridge - in una delle più celebri storie di collaborazione letteraria (almeno all’inizio) che si siano mai avute - di contrapporre ai princìpi e agli artifici della tradizione neoclassica e sensistica il nuovo modello di un linguaggio popolare e genuino, direttamente attinto (nella generale illusione romantica, si sa) da quello realmente parlato dalla gente, come specificherà Wordsworth stesso due anni dopo, nella non meno famosa prefazione alla seconda edizione delle Ballads¹

    Coleridge racconterà, poi, di una sorta di divisione dei compiti fra loro due, toccando a Wordsworth quello di «suscitare il consenso del lettore mediante la fedele aderenza alla verità della natura», dando «fascino di novità alle cose di ogni giorno» e a lui stesso, a Coleridge, quello di intensificare «le emozioni trasfigurando, attraverso i colori deir immaginazione» aspetti e situazioni un po’, o molto, più «strani», aspetti e situazioni «soprannaturali, o per lo meno romantici; ma in modo tale da proiettare su di loro, dalla nostra intima natura, un interesse umano e una parvenza di verità sufficienti a conferire a queste larve dell'immaginazione quel momento di volontaria sospensione dell'incredulità (willing suspension of disbelief) nel quale consiste la fede poetica»² .

    Era potuta sembrare, per tanti aspetti, un operazione di ordinario romanticismo, per così dire. E, certo, non mancava quasi nessuno dei soliti elementi di un buon armamentario romantico: la vivace impetuosità progettuale, il senso del semplice e del genuino (in Wordsworth, soprattutto), la tensione etico-utopica, le atmosfere di orrore e mistero (in Coleridge, soprattutto, per l’appunto), l’incalzante drammaticità del racconto, un senso di invisibili presenze.

    E con in più, anzi, un senso di cose e parole antiche, di carica semantica racchiusa in ciascuna parola, al di là delle stesse un po ’troppo lineari-semplificatone indicazioni wordsworthiane: donde, poi, la ricerca e il gusto, in Coleridge, degli arcaismi, delle allitterazioni, di certe preziosità d’antiquariato letterario (e del folklore, delle tradizioni e delle credenze popolari e delle avventure più strane e incredibili). Cose tutte rientranti, anch’esse, nella corrente sensibilità ed emozionalità romantiche, ma che Coleridge approfondisce in vista di ben più ferme e consistenti conclusioni: in vista di una misteriosità sfuggente e inafferrabile, di potente suggestione e, insieme, orrida e ambigua, che è nelle cose, nelle persone, nella vita, e che tutti ci portiamo dentro.

    Anche non pochi degli elementi biografici sembrerebbero rientrare in un perfetto cliché romantico. Nato nel Devon (a Ottery St. Mary, il 21 ottobre del 1772, decimo figlio del vicario e maestro di scuola del paese e della sua seconda moglie, Samuel è un ragazzo dreaming, sognante, ed entusiasta. Ad otto anni, per un litigio col fratello, scappa di casa e passa la notte sui prati: un’avventura che pare che sia, peraltro, all’origine dei dolori reumatici che lo tormenteranno in seguito: per calmare i quali Coleridge ricorrerà a crescenti dosi di oppio e di laudano. Sostanze che contribuiranno, a loro volta, ad accentuare quegli stati, già così cari al poeta, di contemplazione estatica e di "sogni in pieno giorno"³.

    Morto il padre nel 1781, Samuel è mandato a Londra, presso uno zio. E accolto, l’anno seguente, in un istituto per studenti poveri: dove conosce Charles Lamb, il futuro acuto saggista. Si iscrive poi al Jesus College di Cambridge; ma respinto da Mary Evans, indebitato e sofferente, fugge via, si arruola sotto falso nome in un reggimento di dragoni. E sarà il fratello James a pagare la somma per riscattarlo dal servizio⁴.

    Durante una visita a Oxford, Coleridge conosce Robert Southey, insieme al quale progetta di realizzare in America, nel Nuovo Mondo, una utopica pantisocrazia, vale a dire una comunità di tutti uguali. Conosce intanto Sara Fricker, sorella della fidanzata di Southey, e la sposa. E il periodo, anche, della Rivoluzione in Francia e dei suoi sviluppi, tra alti e bassi, tra enormi speranze e cupi orrori. L’estremismo giacobino è stato battuto, e Coleridge ha scritto, con Southey, un drammatico The Fall of Robespierre (La caduta di Robespierre) e una Monody on the Death of Chatterton (il giovane poeta, suicida a diciotto anni)⁵.

    Coleridge ha lasciato Cambridge senza laurearsi. Nonostante, intanto, la nascita del primo figlio, Hartley, l’accordo con la moglie Sara si fa sempre più precario. A Clevedon, nel Somerset, Coleridge pubblica il periodico The Watchman, che non va oltre il decimo numero, e le prime poesie (Poems on Various Subjects). Poi, il decisivo incontro con i Wordsworth, William e la sorella Dorothy, che abitano ad Alfoxden, vicino ai Coleridge, trasferitisi a Nether Storey, vicino alla casa dell’amico e benefattore Thomas Poole. E capita da quelle parti, nei suoi vagabondaggi, anche Thomas De Quincey, il mangiatore di oppio⁶.

    Coleridge accetta dagli ammirati fratelli Wedgwood una rendita annua, che gli risolve, intanto, molti dei problemi pratici. E il periodo, questo, delle sue fondamentali realizzazioni poetiche: la Rime of the Ancient Mariner, la prima parte di Christabel, l’onirico frammento Kubla Khan, Frost at Midnight (Gelo a mezzanotte), l’ode alla Francia, il dramma Osorio. E le Lyrical Ballads (settembre del 1798) si aprono proprio con la sua Ballata del vecchio marinaio. Poco dopo Coleridge parte, in compagnia di William e Dorothy Wordsworth, per la Germania. In realtà, Coleridge e Wordsworth sono tra loro diversissimi. Dopo gli entusiasmi e gli impeti rivoluzionari, che anch ’egli ebbe e sentì⁷, Wordsworth s’andrà placando in una concezione contemplativo-meditativa della natura, con accentuazioni perfino moralistiche, mentre in Coleridge le varie disillusioni si ribalteranno in una sorta di permanente irrequietezza filosofico-metafisica: con un atteggiamento decisamente antiempiristico, anti-sensistico, visionario alla Blake o radicaleggiante alla Godwin. Resta, appunto, un irrequieto, un irregolare.

    E il suo viaggio in Germania diventa un evento nella storia della cultura inglese proprio nella misura in cui le sue posizioni di tradizione platonico-blakiana s ’innestano sul gran tronco del moderno idealismo tedesco, del criticismo di Kant, della Naturphilosophie di Schelling. Traduce il Wallenstein di Schiller. Ed è particolarmente interessante un tale incontro culturale anglo-tedesco, che avrà poi in Carlyle un altro prestigioso protagonista. Coleridge rifiltra e rielabora attraverso una sua personale sintesi le nuove idee, assegna un più largo posto all'atto intuitivo; ma, certo, non penserà mai alla realtà come ad una autocreazione. Resterà salda in lui una concezione di trascendenza platonico-cristiana, un senso stesso dell’arte in termini religioso-metafisici. Vorrà essere anzi, insieme, poeta e metafisico, poeta-filosofo⁸.

    Ed è allora, anche, che a Coleridge apparirà in qualche modo limitata la posizione stessa espressa da Wordsworth nella famosa summenzionata prefazione alla seconda edizione delle Lyrical Ballads. Non è solo questione di un nuovo lessico che sia più vicino alla gente comune, né di rivivere «in tranquillità le emozioni». E la specificità intrinseca al linguaggio poetico che occorre indagare, al di là della svolta puramente sentimentale. Il che condurrà a divergenze e contrasti, inevitabilmente, con Wordsworth, che si è nel frattempo stabilito nella pittoresca regione dei laghi, nel Cumberland, nell’Inghilterra nord-occidentale, non lontano da Keswick, dove vive ora Coleridge.

    «Sospetto che vi sia una differenza radicale fra le nostre teorie poetiche»⁹; e, quanto alla poesia, quella di Wordsworth gli sembra che conceda un po’ troppo alla palpabilità delle cose. In realtà, Coleridge è andato al di là del romanticismo stesso; e va operando la sua rigorosa distinzione tra fantasia e immaginazione, facendo di questa - e non della generica fantasia - la vera forma dell'arte, la vera cifra della dinamica d’aggregazione creativa, quella che dissolve e ricrea le cose: è il suo potere esemplastico che riconduce la molteplicità frantumata all’incisività definitiva e riunificatrice della parola poetica¹⁰.

    La visionarietà poetica si fonde dunque, in Coleridge, con l'intelligenza critica, «si fa anche speculativa e filosofica» ¹¹. Ma per Coleridge - nell'ambito, del resto, della linea inglese (e nordica, in generale) - se l'arte è riscrittura radicale delle cose, s’accentuano gli effetti d’allusività emblematico-simbolistica che le cose vengono ad assumere. Le cose come simboli rivelatori di essenze misteriose e sfuggenti, della perenne, ambigua polivalenza della realtà, che è fatta appunto più di «cose invisibili che visibili». E da qui quel senso diffuso di magia, di indefinito e d’incompiuto.

    In un tale generale approfondimento, la Ballata del vecchio Marinaio non può, pertanto, che essere continuamente riscritta, ritoccata, rifocalizzata (1800, 1802, 1805, 1817, 1828, 1829, 1834). All’edizione del 1817 Coleridge premette un significativo brano tratto dalle Archaeologiae philosophicae del secentesco Thomas Burnet, in cui si afferma, appunto, che «nell’universo le nature invisibili sono ben più numerose di quelle visibili»¹². Precorrendo i tempi, insomma, il fantastico della Ballata si delinea non più come esercizio romantico, ma in termini di energia mentale, di lucide evocazioni e precisazioni oniriche, di senso degli oscuri abissi dell’animo, dell’inconscio: e, tuttavia, «ogni parola è quella esatta e ogni immagine è lì chiara come un cristallo»¹³. Una romantica storia di colpa (la gratuita uccisione di un uccello di mare, di un’innocente creatura di Dio da parte del vecchio marinaio) e di faticosa

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