101 cose da fare a Palermo almeno una volta nella vita
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Info su questo ebook
Palermo come non l'avete mai vista!
Ecco alcune delle 101 esperienze:
Perdersi tra i mosaici della Martorana
Sbocconcellare una brioche con gelsi e panna
Intrufolarsi nel castello di Mare Dolce
Assistere agli “Studi” di Emma Dante alla Vicaria
Attraversare l’Addaura in bicicletta
Dissetarsi con anguria e fichidindia nelle notti di scirocco
Concedersi una siesta nel chiostro di San Giovanni degli Eremiti
Dedicare un pomeriggio di primavera al Duomo di Monreale
Scendere nei Qanat per esplorare il sottosuolo
Tuffarsi dagli scogli di Capo Gallo
Portare un fiore alla “non lapide” di Libero Grassi
Gilda Terranova
è nata e vive a Palermo. È insegnante da dieci anni; prima è stata ludotecaria, libraia e animatrice sociale. Ha scritto articoli su riviste che si occupano di cultura, scuola e società.
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Anteprima del libro
101 cose da fare a Palermo almeno una volta nella vita - Gilda Terranova
1.
SOVRASTARE LA CITTÀ DA MONTE PELLEGRINO
Da monte Pellegrino Palermo è bellissima, si vede quasi tutta, ma anche monte Pellegrino da Palermo è bellissimo. C’è un legame molto forte tra la città e la sua montagna. Quando un palermitano affitta o compra una casa è importante sapere se si vede monte Pellegrino, anche solo un pezzetto. Da molte finestre se ne scorge almeno il cocuzzolo con in cima il Castello Utveggio che da bambini sembra una fortezza inespugnabile. Si può raggiungere anche con la macchina ma, se non si ha un motivo per andarci, il castello rosa si guarda da lontano: le ragioni per salire al monte sono ben altre. L’acchianata la notte tra il 3 e il 4 settembre, giorno consacrato a santa Rosalia (che va distinto dal festino dedicato alla patrona, sontuosa manifestazione barocca che si svolge nel cuore della città la notte del 14 luglio), è la ragione principale, trattandosi della più sentita e partecipata manifestazione di devozione popolare a cui si può assistere a Palermo. Ma se non si vogliono scalare a piedi le serpentine che lambiscono la costa nord-est del monte, si può optare per una più prosaica e laica risalita in auto o in autobus, con la linea 812. Tutto sommato sempre di un atto di devozione si tratterebbe, per Rosalia Sinibaldi ma anche per la città, che si dispiega splendida ai piedi della sua montagna (una delle poche al mondo letteralmente incastonata dentro al tessuto urbano). In cima si trova il santuario della santuzza
, ormai luogo di culto anche per la comunità Tamil risiedente in città, scavato nella grotta nella quale, secondo la leggenda, Rosalia avrebbe trascorso la sua esistenza da vergine ed eremita nel XII secolo. Secondo la tradizione, cinque secoli dopo, quel luogo sarebbe venuto in sogno a un cacciatore che, guidato nel percorso verso il monte dalla nobile eremita, vi avrebbe ritrovato le sue reliquie, artefici della liberazione di Palermo dalla terribile peste del 1624. Gli ex voto, donati dai tanti palermitani che alla santuzza hanno chiesto una grazia, quasi tappezzano le pareti all’ingresso della grotta in fondo alla quale si trova il cenotafio con la statua di Rosalia ricoperta d’oro. Ma chi dovesse patire gli spazi angusti della pur suggestiva spelonca ha modo di rifarsi. Aggirando la vetta, a poche centinaia di metri, ecco il belvedere a picco sul mare, che guarda sull’altro versante della città (quello di Mondello) e su una distesa marina che si stende a est fino al promontorio a corno di rinoceronte di Capo Zafferano. Oppure, appena qualche metro più in basso, inoltrarsi per i sentieri della riserva, per un’amena passeggiata, a piedi o in mountain bike, orientata alla scoperta della varietà delle specie botaniche rupestri.
Quando: se salite in estate conviene evitare gli orari più caldi; sono da preferire la mattina presto o l’ora che precede il tramonto.
Una veduta di Monte Pellegrino
2.
MANGIARE UNA BRIOCHE GELSI E PANNA
Non si può passare da Palermo senza mangiare una brioche gelsi e panna. Uno dei luoghi migliori è la gelateria del Foro Italico. Quando portano il Menu non bisogna scoraggiarsi né lasciarsi intimidire dalla vasta gamma di possibilità perché gelsi e panna è solo una tra queste: la coppa d'acciaio ricolma di gelato che i palermitani chiamano misteriosamente spongato
, il pezzo duro
, lo schiumone
, il riso chantilly
, scorzonera e cannella
. Solo i gelsi con la panna sopra però danno quel refrigerio necessario per sopravvivere a Palermo da maggio ad ottobre. La gelateria chiude solo due mesi e mezzo, da metà novembre a fine febbraio circa. Quando, passando di lì, non si vedono più tavolini fuori, è segno che a Palermo sta veramente arrivando l'inverno e che bisognerà aspettare la fioritura delle eritrine per tornare ad assaporare la brioche gelsi e panna. La gelateria è aperta dalle 9,00 fino a notte fonda, fino a quando l'ultimo avventore non avrà lasciato l'ultima sedia. In piena estate è uno dei pochi posti dove, anche ad ora di pranzo, si trovano fresco e ombra ma non meno godibile è la notte, poco prima di andare a dormire. Valide alternative alla storica gelateria, oggi del Foro Italico ma che fu già Ilardo e poi Patricola, nei pressi di Porta Felice, sono la Gelateria del Cassaro, in Corso Vittorio Emanuele, di fronte all’ingresso della Vucciria e per tutti i gusti di frutta la gelateria La Cala
alla Fonderia Reale; al Cassaro troverete due ragazze splendide che oltre che gelataie stanno diventando anche ottime pasticcere (ci sono anche monoporzioni da passeggio) e sperimentano combinazioni sempre più accattivanti, (consigliatissima l’accoppiata limone e basilico!). Da segnalare per gli amanti delle creme e frutta secca Brioscià (Via Mariano Stabile e Via Pipitone Federico) soprattutto per il pistacchio di Bronte e per la frutta invece si aggiungano alla lista anche i due punti vendita del Gelatone:in Piazza Sturzo, sotto i portici e in Via Autonomia Siciliana, tappa frequente quest’ultima per chi va a rendere omaggio nella vicina Via D’Amelio, il 19 luglio, a Paolo Borsellino e ai suoi angeli custodi Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina.
Con chi: all’antica gelateria del Foro Italico si può andare con chi si vuole, c’è posto per tutti. I bambini sono ben accolti e, dato che lo spiazzo è grande e senza macchine, possono godere di qualche metro di libertà.
3.
CONDIVIDERE UN TAVOLO DA MOLTIVOLTI
Condividere un tavolo per la colazione, il pranzo o la cena è una delle molte cose che vi può accadere da Moltivolti, un co-working nel cuore di Ballarò, in Via Mario Puglia, aperto dalla mattina alla sera e perennemente abitato. Di fronte alla sede della Caritas e vicinissimo al centro S. Chiara, roccaforte dell’accoglienza ai migranti, sin dai primi sbarchi in Sicilia, il co-working dalle mille identità è stato fondato tre anni fa ed è gestito da quattordici persone provenienti da otto paesi diversi. Nel menu non troverete primi o secondi ma solo terzi, insalate e dessert. Tra i terzi
primeggiano i cous cous tunisini e siciliani preparati da un cuoco afghano che non vi rivelerà mai l’ingrediente che li rende tanto speciali. Per chi ha nostalgia della Grecia imperdibile la moussaka ma per i palati fini sono da provare anche il tajim di pollo marocchino, il kabili palau uzbeko, i tre tipi di samoza pakistana e il mantu senegalese. Le sei insalate hanno invece i nomi di chi le ha pensate e le prepara quotidianamente: Dario, Arina, Shapoor, Youssou, Omar e Abidii; per dessert classiche torte al cioccolato, all’arancia, alle mele oppure granita di anguria o di mandorla quando fa caldo. Durante il pranzo vi potrà capitare di stare seduti accanto ad un gruppo di ragazzi senegalesi neo-arrivati e felici di mangiare piatti cucinati dai loro connazionali o ad un altro di studenti erasmus appena giunti a Palermo dalla Francia o dalla Spagna. Pare che a mangiare da moltivolti ci siano stati recentemente anche i reali d’Olanda! I professori delle scuole e delle università vicine, dato l’ottimo rapporto qualità-prezzo, usano il ristorante quasi come una mensa e spesso ci si fermano a lavorare nelle pause. Oltre al desco e ai piaceri delle cucine del mondo, che profumano di cannella, cipolla, cumino, curry, estratto di pomodoro, zenzero, da Moltivolti si condivide anche lo spazio delle diciotto postazioni di lavoro occupate da singoli e associazioni che vengono soprattutto dal no-profit e dal terzo settore. C’è anche una scrivania sociale che viene prestata di volta in volta ad un gruppo ospite Moltivolti fa naturalmente rete non solo con il Centro Astalli, la Scuola d’italiano per stranieri, S. Chiara, l’Arci Porco Rosso e altre associazioni che insistono sullo stesso territorio e si occupano dei rapporti tra le culture che abitano la città ma anche con co-workers di altri paesi sia per quanto riguarda lo sviluppo di alcuni progetti e partenariati che per la formazione, essendo il co-working di Via Mario Puglia molto attivo in questo senso. I tavoli infatti, oltre che per mangiare, bere, parlare, si condividono anche per ascoltare. Si tengono seminari sui più svariati argomenti, dalla progettazione del lavoro sociale in un quartiere fragile di Palermo alla tratta delle donne di Benin City. Quando la musica suona dal vivo però, verso sera, è segno che a Ballarohills, come viene chiamata dai frequentatori più assidui la zona del co-working, è ora di abbandonare il tavolo, alzarsi in piedi e mettersi a ballare!
4.
SEDERSI ALLA STATUA DELLA LIBERTÀ
PER AMMIRARE LA PROSPETTIVA
La guerra è talmente orribile che la sua bruttezza spesso si trasmette perfino ai monumenti ai caduti e ai sacrari che celebrano le vittorie militari: difficile ricordarne di particolarmente suggestivi. Eppure, quasi per paradosso, quello che svetta a Palermo alla fine di via Libertà possiede un fascino particolare.
Gli è toccato in sorte, come ad altri del resto, di essere edificato originariamente per una ragione diversa (il cinquantenario della liberazione di Palermo) e solo in un secondo tempo di essere consacrato ai caduti della prima guerra mondiale. In cima all’obelisco circondato da un’esedra di colonne (edificata in anni successivi) si slancia una Vittoria alata in bronzo dello scultore Mario Rutelli, statua che per metonimia dà il nome alla piazza nello strano gergo toponomastico palermitano (la denominazione corretta è infatti piazza Vittorio Veneto): «Ci vediamo alla statua», «Il corteo parte dalla statua», si è soliti infatti dire.
L’affezione degli indigeni per il bronzo rutelliano forse è dovuta alla posizione simmetrica e simbolica che il monumento ha rispetto agli assi viari della città: come fosse una torre di avvistamento, o una sorta di enorme pietra miliare, la costruzione delimita il confine tra la zona residenziale e i nuovi quartieri dell’espansione edilizia a nord-ovest.
La Vittoria è ovviamente rivolta verso il lungo asse viario che si sviluppa rettilineo ai suoi piedi, fino alla stazione centrale, quasi volesse scrutarla a chilometri di distanza o dare sdegnosa le spalle ai viali che si diramano intorno a lei.
Dalla statua si possono raggiungere agevolmente a piedi i principali impianti sportivi della città, che si susseguono a ridosso del parco della Favorita: la piscina olimpica, l’ippodromo, lo stadio di atletica, il circolo del tennis, il campo da golf nella restaurata Villa Airoldi e soprattutto il glorioso stadio calcistico Renzo Barbera (noto anche come la Favorita), dove gioca il Palermo. E ancora più facilmente (è solo a pochi passi) il panificio Graziano, in via del Granatiere (tanto per rimanere in tema bellico!), dove viene sfornata una delle migliori pizze al taglio della città. I ragazzi che spesso si ritrovano in piazza, senza nemmeno darsi appuntamento, ne consumano in gran quantità proprio sotto la statua
, non astenendosi dal lasciare tracce del loro passaggio sulla base sconciata con graffiti e scritte di ogni genere, dalle più sdolcinate alle più rivoluzionarie.
Quando: la mattina è il regno dei ragazzi che marinano la scuola; durante gli altri momenti della giornata è un posto di passaggio, meno di sosta. Ha un certo fascino anche di notte, mercé l’illuminazione artificiale.
5.
RINTANARSI ALLA CAFFETTERIA MEDITERRANEA TETATHE
Quando si è stufi del caos di Via Ruggero Settimo e dei clacson di Via Cavour, non resta che rifugiarsi in Via dell'Orologio, alla Caffetteria Mediterranea Tetathe
gestita da una giovane coppia che ha deciso di scommettere sui prodotti locali. Oltre ad un buon caffè, si possono contare molte varietà di cioccolata calda; se si preferisce qualcosa di più leggero da bere si potrà optare per i classici tea o per le tisane, tra cui le siciliane naturali
i cui ingredienti vengono da San Biagio Platani. I sensi saranno comunque appagati dalle torte fatte in casa, al cioccolato, alla carota, o alla mandorla variamente lavorata. Una decina di tavolini in vetro e ferro battuto messi uno accanto all'altro, quasi in fila indiana, una musica di sottofondo sempre discreta e di ottima qualità, la gentilezza dei padroni di casa ne fanno il luogo ideale per fare due chiacchiere con un'amica che non si vede da tanto o per confidenze inattese da parte di uno spasimante timido che aspetta il momento giusto per lanciarsi. Nei pomeriggi invernali, soli o accompagnati, soprattutto quando piove, non esiste nel centro della città miglior riparo del tetathe: la perenne fila fuori ne fa un posto di passaggio. Da qualche tempo, per snellire la coda, sono stati messi all'esterno, in strada, altri quattro tavolini, rendendo l'affluenza un po' più gestibile. In primavera e in estate imperdibili gli estratti di stagione; carota, limone, mela e zenzero energetico come pochi! La caffetteria è aperta tutto l'anno, dalle h 17,30 alle 24,00, in modo da coprire anche il dopo-cinema del Rouge et Noir lì vicino o il dopo-teatro, essendo a due passi sia dal Teatro Massimo che dal Teatro Biondo. La sera l’ideale è accompagnare un tagliere vegetariano con una birra artigianale del birrificio Namastè di Acireale.
Come arrivare: dall’ Olivella, facendosi largo tra i locali, o dritti dritti dal Teatro Massimo.
6.
LEGGERE I MESSAGGI DELL’ALBERO FALCONE
Il ficus di via Notarbartolo 21, davanti all’ingresso del palazzo dove vivevano Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, dal 24 maggio 1992, giorno successivo alla strage di Capaci, è diventato per tutti i palermitani l’albero Falcone
. Luogo simbolico per quella parte della città che