Tocco ardito: eLit
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Info su questo ebook
Kent, 1820 - Compiacere un uomo è ciò che Genevieve Ralston sa fare meglio, almeno finché non viene abbandonata in modo crudele dal suo ultimo amante e decide di dire addio al sesso forte. Poi però incontra Simon... Lui è ambiguo, pericolosamente sexy, e lei non riesce a non toccarlo. In realtà, il visconte Simon Cooperstone è una spia della corona e ha una missione: recuperare una lettera nelle mani di Genevieve. Ma non ha pensato al suo cuore.
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Anteprima del libro
Tocco ardito - Jacquie D'alessandro
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Touch Me
Harlequin Blaze
© 2009 Jacquie D’Alessandro
Traduzione di Elisabetta Frattini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-370-0
www.harlequinmondadori.it
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1
Little Longstone, Kent, 1820
Genevieve... la scatola di alabastro... la lettera al suo interno è la prova che accusa chi mi ha fatto questo...
Le ultime parole del conte Ridgemoor riecheggiavano nella mente del visconte di Kilburn, mentre si avvicinava alla casa di campagna nascosta da alti olmi verdeggianti, parole che il conte aveva sussurrato in punto di morte in risposta all’incalzante domanda di Simon: «Chi vi ha sparato?».
Con un po’ di fortuna, Simon avrebbe trovato lì la risposta alla sua domanda, insieme all’assassino che aveva cercato di incastrarlo per quel feroce omicidio.
Le radicali riforme sociali che Ridgemoor aveva invocato alla vigilia della sua elezione a Primo Ministro erano risultate impopolari. Due settimane prima era già stato messo in atto un tentativo di eliminarlo, episodio sul quale a Simon era stato chiesto di indagare in qualità di agente segreto della Corona. Peccato che non fosse riuscito a intervenire per tempo. Chiunque avesse voluto liberarsi di Ridgemoor ci era riuscito al secondo tentativo, lasciando lui a lottare contro i sensi di colpa e la consapevolezza di aver fallito.
Da quando, otto anni prima, era diventato una spia della Corona, aveva subito altri insuccessi, ma in nessun caso i sospetti avevano finito per ricadere su di lui. La sfortuna, questa volta, aveva voluto che il maggiordomo di Ridgemoor l’avesse trovato accanto al cadavere del conte con una pistola in mano. Simon si era recato nella residenza di città del conte, dietro specifica richiesta di quest’ultimo, per ricevere importanti informazioni. Purtroppo era arrivato tardi. Il maggiordomo aveva assicurato alle autorità che nessuno oltre a Simon era entrato in casa e che le finestre erano tutte bloccate dall’interno.
Quando aveva scorto le ombre del sospetto nello sguardo del suo superiore, Simon aveva capito di essere nei guai. John Waverly non aveva detto né fatto nulla che lasciasse intendere che sospettasse di lui, ma la sua esitazione lo aveva ferito più di quanto fosse pronto ad ammettere. Otto anni prima non aveva la più pallida idea di che cosa significasse essere una spia. Fino ad allora non aveva conosciuto altro che i privilegi che il suo titolo, la ricchezza e il nome della sua famiglia gli avevano accordato. Desideroso di dare una svolta alla sua vita e di impegnarsi in qualcosa di utile, aveva contattato John Waverly che l’aveva preso sotto la sua ala protettrice, introducendolo nell’intricato gioco dello spionaggio. Simon aveva sempre considerato Waverly più di un suo superiore, lo ammirava e lo rispettava in veste anche di amico e mentore.
Come se i sospetti di Waverly non fossero bastati, anche gli sguardi di William Miller e di Marc Albury si erano fatti accusatori, i due colleghi a lui più vicini, ai quali pensava come a dei fratelli, non potendo confidarsi con la famiglia né tanto meno con gli amici riguardo alle difficoltà del suo lavoro. Se uno di loro tre si fosse trovato in una situazione spinosa come quella in cui si era andato a cacciare lui, avrebbe concesso loro il beneficio del dubbio, incurante delle prove che sembravano incolparli? Gli piaceva pensare che lo avrebbe fatto, ma forse, davanti a prove tanto schiaccianti, avrebbe sospettato dei suoi amici come loro dubitavano in quel momento di lui.
Poiché sia il re, sia il Primo Ministro stavano facendo pressione per ottenere la cattura del colpevole in tempi brevi, Simon temeva che uno svolgimento delle indagini affrettato e poco accurato finisse per incastrarlo, in special modo quando non c’erano piste da seguire. Basandosi sul numero di missioni fallite nell’ultimo anno, lui, come tutti i suoi colleghi, sospettava che tra le loro fila ci fosse un traditore, ma fino a quel momento non era riuscito a scoprirne l’identità. Simon sapeva solo che il traditore non era certo lui. Ora però, sfortunatamente, sembrava essere l’unico ad averne la convinzione.
Non sapendo di chi potersi fidare, aveva mentito quando gli era stato chiesto se Ridgemoor avesse parlato prima di morire. Dal momento che Waverly, come Miller e Albury erano in grado di riconoscere una bugia lontano un miglio, l’atteggiamento di Simon non aveva fatto altro che aumentare i loro sospetti. Non erano state ancora rivolte accuse formali contro di lui, ma il suo istinto gli diceva che era solo una questione di tempo. Ed era per quel motivo che aveva bisogno di trovare al più presto la scatola di alabastro di cui Ridgemoor aveva parlato, così da scoprire l’identità dell’assassino prima di essere incriminato per l’omicidio.
Quando aveva chiesto a Waverly una licenza per potersi dedicare alle indagini al fine di provare la sua innocenza, il suo superiore l’aveva guardato a lungo prima di annuire. «So che hai mentito e spero che tu abbia avuto una ragione più che valida per averlo fatto, ma non credo che sia stato tu a uccidere Ridgemoor. Tuttavia le prove sono contro di te e, se dall’alto mi chiederanno la tua testa, non ci sarà molto che io potrò fare per aiutarti. Ti concedo quindici giorni. Dirò a tutti che sei convalescente a causa di una febbre contagiosa. Fai quello che devi per riabilitarti e, per l’amore del cielo, fallo in fretta. Dal canto mio, io mi impegnerò per aiutarti.»
Simon non poteva chiedere di più e, senza perdere tempo, era entrato in azione. Le indagini che aveva svolto nei due giorni successivi all’assassinio di Ridgemoor lo avevano portato lì, a casa di Genevieve Ralston, la donna che fino a una anno prima era stata la sua amante. Le ultime parole del conte significavano forse che la signora Ralston era coinvolta nel suo omicidio? Oppure era stata proprio lei a sparargli? Era una possibilità.
Le informazioni che aveva raccolto indicavano che un anno prima Ridgemoor aveva bruscamente messo fine alla relazione che lo aveva legato a quella donna per dieci anni. Era possibile che lei, umiliata, si fosse vendicata? Oppure i suoi moventi erano di stampo politico? Era forse una nemica della Corona che si era offerta di eliminare Ridgemoor in modo da evitare che venisse eletto a Primo Ministro?
Secondo le fonti di Simon, la signora Ralston non lasciava quasi mai la proprietà nel paesino di campagna di Little Longstone dove abitava, mentre il conte era stato ucciso a Londra. Era anche vero che Londra distava non più di tre ore di carrozza e che la donna sarebbe potuta andare e tornare senza farsi notare.
Quella sera, per esempio, era uscita di casa da cinque minuti. Aveva un unico servitore, un gigante di nome Baxter che Simon aveva visto impegnato a tracannare un boccale di birra alla locanda del villaggio. Se fosse tornata a casa prima di lui, nessuno avrebbe scoperto che era uscita.
Nessuno tranne la persona con la quale si era incontrata e lui.
Nascosto nell’ombra, dietro gli alti alberi che circondavano la casa, Simon l’aveva osservata avviarsi lungo il sentiero che portava alla sorgente termale e a un paio di altre case. Aveva scoperto che una delle due proprietà era disabitata e che l’altra era stata affittata alcuni mesi prima a un artista, il signor Blackwell. La signora Ralston era diretta alla sorgente o a casa del signor Blackwell? Oppure aveva in mente tutt’altra destinazione? Simon lo ignorava e per quanto avrebbe voluto seguirla, ora che la casa era vuota, preferì approfittare dell’opportunità di perquisirla alla ricerca della scatola di alabastro contenente la prova della sua innocenza.
Con cautela percorse la breve distanza che lo separava dalla casa e, infilando una sottile striscia di metallo tra le due ante della portafinestra più vicina, fece scattare il congegno di chiusura. La fortuna era dalla sua parte. Alcune nuvole coprirono momentaneamente la luna nascondendo i suoi movimenti.
Respirando a fondo l’aria fresca e profumata dei primi giorni d’autunno, Simon aprì la finestra e scivolò nella lussuosa sala. Durante la perquisizione, facendo attenzione a lasciare tutto esattamente come l’aveva trovato, ebbe modo di constatare che la signora Ralston aveva un gusto impeccabile nella scelta dei mobili e un debole per le opere d’arte. Le pareti color panna erano abbellite da quadri che riproducevano paesaggi, miniature e poesie incorniciate.
Quello che aveva scoperto sul suo conto, dopo aver sentito per la prima volta il suo nome due giorni prima, lo aveva fatto arrivare alla conclusione che Genevieve Ralston non era una donna ricca. Ciononostante possedeva oggetti di pregio. Che fossero regali di generosi benefattori? O magari la ricompensa per un assassinio?
Un miagolio attirò la sua attenzione. Un enorme gatto bianco e nero lo fissava muovendo nervosamente la coda.
«Sei amico o nemico?» gli chiese.
Il gatto si strofinò contro i suoi stivali, insinuandosi tra i suoi piedi.
«Amico» dedusse Simon chinandosi per accarezzarlo dietro le orecchie. Il gatto lo ringraziò facendo le fusa.
«Ti piace, eh?» Un sorriso increspò le sue labbra quando il gatto rispose con un miagolio che assomigliava molto a un sospiro di pura beatitudine.
«Devi essere una gatta, sei troppo bella per essere un maschio.»
Il felino mosse la coda e si allontanò, poi si voltò a guardarlo come a dire: se vuoi continuare ad accarezzarmi devi seguirmi.
Simon non riuscì a trattenere una risata. Non c’erano dubbi, si trattava decisamente di una gatta.
Allungando la mano accarezzò di nuovo l’animale, poi si alzò. «Per quanto sia grato che tu non sia un grande cane rabbioso, temo di non avere altro tempo da dedicarti.»
In effetti i minuti passavano veloci e la scatola di alabastro sembrava introvabile. Simon si spostò nella sala da pranzo, poi nella biblioteca, con la gatta che si insinuava tra i suoi piedi a ogni occasione. In ogni stanza trovò opere d’arte e mobili di valore, ma niente che assomigliasse alla scatola che cercava. Sforzandosi di soffocare la frustrazione, salì in camera da letto. Dopo essersi chiuso la porta alle spalle per evitare che il bel felino curioso lo seguisse, si guardò intorno in quella che era la stanza più fastosamente arredata di tutta la casa. La luce della luna filtrava dalle finestre illuminando il grande letto a baldacchino di fronte al quale erano state sistemate una petineuse, uno scrittoio, un paravento e una poltroncina.
Alle pareti grigie erano appesi quadri interessanti, ma l’oggetto più stupefacente era una statua a grandezza naturale di una donna nuda, con le labbra atteggiate a un sorriso sensuale. Una delle mani delicate si tendeva in un muto invito e Simon ebbe l’impressione di sentirla mormorare: toccami. Nell’altra mano reggeva un mazzo di fiori appoggiato tra un seno e l’altro. I petali di uno dei boccioli le sfioravano un capezzolo. Era così perfetta da sembrare reale, al punto che Simon fu tentato di toccarla per assicurarsi che non fosse viva.
Distogliendo lo sguardo dalla scultura, si avvicinò all’armadio. Un rapido esame del contenuto gli rivelò che la signora Ralston preferiva abiti semplici, ma di ottima fattura, realizzati con stoffe pregiate e che possedeva più cappellini e scarpe di quanti le sarebbero mai potuti servire. Inarcò un sopracciglio scoprendo una pistola di piccole dimensioni, dall’impugnatura in madreperla, infilata in uno stivale in fondo all’armadio. Evidentemente, nonostante vivesse in un paesino tranquillo, la signora sentiva l’esigenza di proteggersi. Da che cosa? O da chi? Temeva per la sua incolumità perché aveva commesso un crimine, nella fattispecie l’omicidio del suo ex amante?
Quella donna era fonte di troppe domande che probabilmente avrebbero portato alle risposte che Simon cercava riguardo alla morte di Ridgemoor e che avrebbero provato la sua innocenza, salvandogli il collo dal cappio del boia.