Adorabile bisbetico: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Carole Mortimer
Carole Mortimer was born in England, the youngest of three children. She began writing in 1978, and has now written over one hundred and seventy books for Harlequin Mills and Boon®. Carole has six sons, Matthew, Joshua, Timothy, Michael, David and Peter. She says, ‘I’m happily married to Peter senior; we’re best friends as well as lovers, which is probably the best recipe for a successful relationship. We live in a lovely part of England.’
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Anteprima del libro
Adorabile bisbetico - Carole Mortimer
successivo.
1
«La dottoressa Leonora Winston, suppongo?»
Leonie guardò la porta che si era aperta in fondo alla stanza in cui una cameriera l'aveva fatta accomodare poco prima, e il suo sorriso si trasformò a poco a poco in un'espressione cupa mentre affrontava lo sguardo indagatore di un uomo alto, con i capelli neri, in piedi, immobile, davanti a lei.
La frase alto, bruno e bello le venne subito in mente anche se in quell'occasione, si disse con rincrescimento, i complimenti erano del tutto fuori luogo. Si capiva anche, dalla sua espressione altezzosa, che era arrogante. Era freddo, e lo sguardo dei suoi occhi di uno strano colore verde pallido era carico di disprezzo mentre la studiava dalla testa ai piedi. Imponente, ecco com'era. L'aggettivo le balzò subito in mente.
Ma c'erano altre due cose storte, per quanto la riguardava, nella frase che lui aveva pronunciato.
Tanto per cominciare, il suo nome poteva anche essere Leonora - Leo per il nonno paterno, Nora per la nonna - ma non la chiamavano mai così, l'avevano sempre chiamata Leonie.
In secondo luogo, ne era sicura, quando Stanley aveva rivolto quella frase a Livingstone, era ben contento di vederlo, mentre quell'uomo in piedi nel vano della porta non aveva evidentemente piacere di vedere lei.
Anzi, tutto il contrario!
Si poteva dedurre dal suo tono sprezzante. Ed era anche evidente dall'aria di superiorità con cui l'aveva guardata. No, non era affatto contento di vederla.
E lei non aveva la più pallida idea di che cosa potesse aver fatto per suscitare tanta ostilità in un perfetto sconosciuto.
Ricambiò quello sguardo ostile studiandolo con freddezza. «Il signor Luke Richmond, suppongo?» gli domandò, ripetendo, con evidente ironia, la frase che lui aveva usato poco prima. Non voleva che credesse di essere in vantaggio; anche se non erano stati presentati ufficialmente, lo aveva riconosciuto al primo sguardo.
«Forse lei pensa che questa situazione sia particolarmente divertente, dottoressa Winston...»
«Mi chiami Leonie, prego» lo interruppe. «E penso che lei abbia equivocato, signor Richmond, questa situazione mi lascia perplessa, non la trovo affatto divertente!»
La guardò ironico. «Perché si aspettava di vedere mia madre invece di me?» le domandò. «Non si preoccupi, la vedrà, mia madre, almeno credo; si sa che Rachel arriva sempre in ritardo» aggiunse con evidente impazienza per quella brutta abitudine, e andò a chiudere la porta dietro di sé. «Volevo avere un colloquio con lei a quattr'occhi prima che vi incontraste.»
Leonie stava in piedi di fronte alla grande finestra e nonostante il sole le scaldasse la schiena, stare chiusa in quella stanza con quell'uomo le dava i brividi, come se fosse stata in mezzo a una corrente d'aria gelida.
Non erano soltanto gli occhi verde chiaro che lo rendevano così temibile... Piuttosto, era il suo aspetto in generale. Alto quasi due metri, aveva i capelli neri tagliati cortissimi, un paio di spalle larghe e muscolose nascoste da una camicia nera, il busto snello, le gambe lunghe fasciate da un paio di pantaloni di tela nera... In effetti, esclusi gli occhi, quell'uomo era tutto nero!
Non essere ridicola, Leonie, si rimproverò. Può darsi che quest'uomo non abbia esattamente un aspetto simpatico, ma non ce l'ha con te, forse per lui è una brutta giornata. O forse è così sgarbato per natura, non c'è niente di personale!
Cercò di sorridere. «Dev'esserci stato un equivoco, signor Richmond...»
«Se c'è stato un equivoco, le assicuro, dottoressa Winston, è tutta colpa sua» replicò lui bruscamente. «Non ho idea di quale sotterfugio abbia usato per ottenere questo appuntamento con mia madre, ma le posso assicurare...»
«Signor Richmond...»
«... che non le servirà assolutamente a niente...»
«Signor Richmond...»
«... perché mia madre non concede mai interviste ai giornalisti...»
«Io non sono una giornalista!» sbottò indignata.
«... né ai biografi» concluse lui, visibilmente soddisfatto. «Per ovvie ragioni» aggiunse ironico.
Una di quelle ovvie ragioni, e lei lo sapeva bene, era una biografia non autorizzata della stella del cinema Rachel Richmond, che era apparsa nelle librerie due anni prima. Era ricca di allusioni e congetture sulla vita brillante dell'attrice, e se non varcava il confine della maldicenza era pur sempre spiacevole per l'interessata.
Un'altra ovvia ragione, come Leonie capiva benissimo, era quell'individuo...
Trentasette anni, bello e affascinante, con parecchi Oscar vinti per i suoi soggetti cinematografici, Luke Richmond era un uomo di successo. Un uomo, almeno in apparenza, di cui ogni padre sarebbe stato orgoglioso.
Il fatto era che quel padre non c'era.
Rachel Richmond infatti, famosa stella del cinema e del palcoscenico da oltre trent'anni, non si era mai sposata, né aveva mai rivelato il nome del padre di quel figlio che aveva messo al mondo trentasette anni prima.
In quel tempo, a metà degli Anni Sessanta, il fatto che l'attrice fosse una madre nubile aveva messo a repentaglio la sua carriera; allora i potenti e ricchi studi cinematografici tenevano ancora alla moralità dei divi dello schermo.
Ma Rachel Richmond era rimasta ostinatamente nubile, e aveva portato con sé il suo bambino dovunque andava, diventando l'esempio della madre perfetta. Sembrava che persino il mondo avesse imparato a voler bene a lei e a suo figlio.
Per tanti anni tutti si erano chiesti chi fosse il padre del bimbo, ma di fronte al silenzio ostinato dell'attrice le congetture erano rimaste tali.
Guardandolo attentamente, Leonie si domandò come Luke Richmond avesse convissuto tutti quegli anni col mistero della sua paternità. O se, in effetti, si fosse mai posto quella domanda... Certamente sua madre, quando era diventato un uomo maturo e responsabile, doveva avergli confidato chi era suo padre... o no?
Se mai lo aveva fatto, il giovane era rimasto sempre riservato su quell'argomento, esattamente come la grande diva, dopo tutto.
«Credo che sia nato un equivoco a proposito della mia presenza qui, signor Richmond» riprese Leonie. «Vede...»
«Pensavo di essere stato molto chiaro, dottoressa Winston» la interruppe. «Sono sicuro che lei sia un'eccellente biografa. Anzi, so che lo è» aggiunse aggrottando le ciglia. «Ho letto il suo libro su Leo Winston» confessò poi, quando vide l'espressione interrogativa sul viso di lei.
Leonie rimase stupita; non avrebbe mai pensato che l'argomento del suo libro fosse di qualche interesse per quell'uomo. «Non mi è stato difficile scriverlo, il protagonista è mio nonno» confessò semplicemente.
Luke Richmond fece un rapido cenno di assenso. «Sì, immagino di sì. Ma è stato anche uno dei segreti più gelosamente difesi dal governo inglese durante la seconda guerra mondiale.»
«Già...» confermò lei sorpresa. Allora non le aveva mentito... quel libro lo aveva letto per davvero!
«Mia madre lo ha letto prima di passarlo a me; pensava che la storia di suo nonno potesse essere un buon soggetto per un film» le spiegò Luke mentre Leonie pareva sempre più sconcertata da quell'interesse.
Conoscendo suo nonno, sapeva che gli si sarebbero rizzati i capelli al solo pensiero di una cosa del genere!
«Mio nonno preferisce essere conosciuto come storico anziché per quello che può aver fatto in gioventù» si affrettò a dire.
«Una vera Primula Rossa del ventesimo secolo» continuò lui pensoso. «Benché, riflettendoci, io sia arrivato alla conclusione che la storia sia un po' banale» aggiunse freddamente.
Se voleva essere offensivo, ci stava riuscendo alla perfezione. E proprio per quello, Leonie non gli diede la soddisfazione di rispondergli a tono.
«Riflettendoci?» ripeté con sottile sarcasmo, dando al tempo stesso un'occhiata all'orologio. Quell'uomo aveva ragione quando diceva che sua madre non era puntuale. Rachel Richmond era in ritardo di quasi quindici minuti.
«Suo nonno mi ha convinto. Non sarebbe un vantaggio per nessuno, e per lui meno ancora, se io scrivessi la sua storia per il grande schermo. E poi» aggiunse con un lampo di ironia negli occhi verdi, «non ci troveremmo mai d'accordo sull'attore cui affidare la parte del protagonista.»
Quell'affermazione la colse alla sprovvista; fino a quel momento non era riuscita a capire se quell'uomo aveva conosciuto suo nonno oppure no. Di certo Leo Winston non gliene aveva mai parlato...
«Credo che mio nonno abbia fatto deliberatamente ostruzionismo» commentò asciutta, stringendosi nelle spalle.
«Un vizio di famiglia, forse?» si informò lui, piantandole addosso uno sguardo gelido.
Leonie trasalì. Si domandava che cosa aveva fatto per inimicarsi quell'uomo... nulla, probabilmente, pensò. Solo che lui sembrava cercare la lite a tutti i costi.
«Signor Richmond...» sospirò esasperata.
«Mia cara Leonie... mi scusi tanto se l'ho fatta aspettare!» Rachel Richmond aveva scelto quel momento per entrare come una ventata d'aria fresca in quella stanza, riempiendola di luce con la sua presenza.
Anche Rachel, riconobbe Leonie con ammirazione, non dimostrava assolutamente i suoi settanta e rotti anni, avvolta in un vestito verde che la fasciava magnificamente, i capelli biondi raccolti dietro la nuca che le ricadevano sulle spalle lasciando libero un viso segnato da poche rughe.
«Oh, ma c'è anche Luke.» L'attrice andò a posare un sonoro bacio sulla guancia del figlio. «Che bello!» Si voltò di nuovo verso Leonie. «Sei assolutamente adorabile, mia cara» esclamò con trasporto, prendendo le mani di Leonie fra le sue dita affusolate.
Dopo l'atteggiamento sdegnoso del figlio, il piacere evidente mostrato da quell'anziana signora la colse di sorpresa. Né si poteva dubitare che quel calore fosse sincero; gli occhi verdi dell'attrice splendevano di piacere, e il sorriso che da oltre cinquant'anni affascinava gli spettatori di cinema e di teatro in tutto il mondo avvolse Leonie come in un abbraccio.
E sebbene l'espressione assolutamente adorabile fosse un po' esagerata, a lei piacque moltissimo. Essendo già piuttosto alta, con i tacchi Leonie superava la donna di almeno un palmo. Indossava un serio tailleur grigio con una blusa bianca che certo non la rendeva particolarmente affascinante. I capelli biondi, tagliati cortissimi, che lei lavava ogni mattina e lasciava asciugare all'aria, formavano una corona di riccioli ribelli che raramente accettavano la piega della spazzola. Anche il suo viso, per quanto grazioso, non presentava caratteristiche