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Dolce inganno: Harmony Collezione
Dolce inganno: Harmony Collezione
Dolce inganno: Harmony Collezione
E-book167 pagine2 ore

Dolce inganno: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Voleva la pace...

Riya ha sempre vissuto all'ombra dello sfuggente Nathaniel Ramirez, il ricchissimo figlio del suo padre adottivo. Decisa a far riconciliare i due, convincendoli a gettarsi il passato alle spalle, inganna Nathaniel per indurlo a tornare a casa usando come esca l'unica cosa che lui ha sempre desiderato.

... ma ha dato il via a una guerra!

Nonostante sia infuriato per essere stato costretto ad affrontare il proprio passato, Nathaniel scorge negli occhi di Riya un'attrazione nei suoi confronti che capisce di poter usare a proprio favore. Userà ogni mezzo per rivendicare ciò che gli appartiene, di qualunque cosa si tratti.
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2016
ISBN9788858947364
Dolce inganno: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Dolce inganno - Tara Pammi

    padre.

    1

    Ho sentito che gli investitori hanno venduto l'azienda a un multimilionario che fa vita da eremita.

    Alle Risorse Umane hanno detto che l'ha comprata solo per il software brevettato. E che ha intenzione di licenziarci tutti.

    Non sapevo valessimo tanto da attrarre uno di quel calibro.

    Che calibro? Che multimilionario?

    Cos'era cambiato in quella sua unica settimana di assenza da quando, due anni prima, aveva avviato l'azienda con Drew? Cos'era che lui non le diceva?

    La finestra della chat del gestionale interno tintinnò e Riya abbassò lo sguardo sullo schermo.

    Un messaggio da Drew: Vieni nel mio ufficio, Riya.

    Sentì una stretta allo stomaco.

    Negli ultimi sei mesi le cose fra lei e Drew erano andate di male in peggio. Per l'esattezza, dall'ultimo dell'anno. E non sapeva come fare per migliorarle, se non tenendo la testa bassa e immergendosi nel lavoro.

    Uscì dal suo cubicolo aperto, separato dalle altre postazioni nella sala enorme da un solo scaffale mobile, passò davanti a un gruppo di dipendenti nervosi e piuttosto sovraeccitati, ammassati nella sala del personale, e continuò verso l'ufficio dell'amministratore delegato. Era stata sulle spine quasi tutta la mattina, era andata in giro fra i dipendenti tentando di persuaderli a tornare al lavoro, mentre la porta di Drew rimaneva risolutamente chiusa.

    Ma il suo continuo silenzio, condito da qualche ghiotto pettegolezzo, la stava facendo impazzire. Strofinandosi le mani sudate sui pantaloni, si fermò davanti alla porta chiusa.

    Diede un paio di colpetti frettolosi e i bisbigli aumentarono di tono e volume. Senza aspettare la risposta, girò la maniglia e la confusione dietro di lei si dissolse in un silenzio mortale.

    Entrò e chiuse la porta.

    La figura snella di Drew era modellata dalla luce del sole che entrava dalle finestre, lo skyline di San Francisco alle sue spalle.

    Drew aprì la bocca per parlare, ma si interruppe di colpo. Con il cuore in gola, Riya fece per avvicinarsi e lo vide irrigidirsi.

    L'imbarazzo che aveva permeato ogni loro conversazione addensò l'aria anche in quel momento.

    Ma ora si trattava di lavoro. L'azienda era un loro prodotto comune. «Tutto l'ufficio brulica di pettegolezzi...» Si fermò a un paio di passi da lui. «Quali che siano i nostri problemi personali, questa è la nostra azienda, Drew. Ci siamo dentro insieme...»

    «Era vostra fino a quando non avete preso il primo capitale di avviamento da un investitore» disse una voce alle sue spalle, pronunciando ogni sillaba con un piacere sardonico.

    Riya si voltò con una tale velocità, che per alcuni istanti non lo vide. Battendo le palpebre, mise a fuoco il grande tavolo e l'uomo seduto all'estremo capo, in un angolo dove la luce non arrivava. Solo la sua sagoma era visibile, con le lunghe gambe distese.

    Decise di avvicinarsi per riuscire a vedere meglio.

    Sentiva addosso lo sguardo dello sconosciuto, che la studiava centimetro per centimetro. La sua mente solitamente vivace rallentò quasi a fermarsi. Ebbe la sensazione che quell'uomo stesse aspettando di vedere lei. Una strana premonizione le serpeggiava nello stomaco.

    «Morivo dalla voglia di conoscerla, signora Mathur» disse l'uomo, trasformando quella vaga sensazione in un solido terrore. «La mente geniale che ha costruito il software che manda avanti l'azienda» aggiunse con voce vellutata. Ma non aveva ancora detto tutto. Lei ne era sicura.

    Aveva anche pronunciato il suo cognome perfettamente. Drew, che la conosceva dal primo anno di college, non riusciva ancora a dirlo correttamente. Era una piccolezza, eppure era come se quello sconosciuto conoscesse la sua storia.

    Riya fece un ultimo passo e si fermò. Lo stomaco ebbe uno strano tuffo, il respiro sembrò amplificarsi nelle orecchie.

    Il primo pensiero fu che quell'uomo facesse parte di un club motociclistico e non di un consiglio di amministrazione.

    Gli occhi elettrici, di un azzurro ghiaccio, incastonati in un viso severo e squadrato, si scontrarono con i suoi. Quello sguardo era familiare ed estraneo, divertito e serio insieme. Le parve di averlo già visto, sebbene non avesse idea di dove poteva averlo incontrato.

    I capelli biondo scuro, così indisciplinati e lunghi da farle venire voglia di tirarglieli indietro, gli ricadevano sulla fronte. Riflessi ramati brillavano fra i capelli. La luce del sole giocava a nascondino con gli zigomi e le guance. Gli zigomi più scuri delle guance. Il che significava che trascorreva molto tempo all'aria aperta.

    La sua pelle, da quanto riusciva a vedere, era bruciata dal sole e ruvida. E una barba incolta gli ricopriva le guance e il mento. Anche lì brillavano riflessi color rame.

    Quella barba, quei vestiti casual, tutto il suo intero aspetto avrebbero dovuto diminuire l'intensità della sua presenza nella stanza. Avrebbero dovuto renderlo meno imperioso. Ma gli occhi contraddicevano tutto.

    Avevano un'espressione vigile e intensa, un umorismo sardonico si celava nello sguardo tagliente che lui le rivolgeva.

    Indossava una giacca di pelle nera, che doveva avere visto giorni migliori, da cui spuntava il colletto sbiadito di una camicia.

    Un colpetto di tosse alle sue spalle interruppe quei pensieri e Riya sentì le guance avvampare.

    L'espressione di quegli occhi si fece ancora più divertita.

    «Chi è lei?» La domanda, formulata con un certo impaccio, le scappò di bocca prima ancora di rendersene conto. Di colpo le sembrò di ricordarlo.

    L'uomo si appoggiò tranquillo allo schienale, per nulla colpito dal suo tono.

    «Nathaniel Ramirez.»

    Riya spalancò la bocca. Le venne in mente un articolo che aveva letto solo pochi mesi prima in una rivista di viaggi.

    Magnate dei viaggi di lusso. Imprenditore virtuale. Multimilionario eremita.

    Nathaniel Ramirez era definito un visionario per avere sviluppato alberghi che erano un'estensione dell'ambiente, un uomo che aveva fatto milioni e milioni con investimento zero. La serie di hotel, che aveva concepito e costruito con vari proprietari terrieri in diverse parti del mondo, era diventata una moda per le celebrità che volevano una vacanza privata, lontano da occhi indiscreti.

    Non solo aveva attinto a un particolare mercato, soddisfacendo una richiesta esistente, aveva anche creato un'industria completamente nuova dando lavoro a persone in numerose aree remote del mondo.

    Ma più di ogni altra cosa, era una persona impenetrabile, che girava il mondo dall'età di diciassette anni e non si era mai fermato in un posto per più di qualche mese. Non possedeva una casa in nessun luogo e non aveva legami familiari né relazioni.

    Neppure la rivista era riuscita a ottenere una sua fotografia. Era stata un'intervista virtuale.

    Il grande solitario, l'aveva definito la rivista, la personalità ideale per un uomo che girava il mondo. I soldi fatti lungo il percorso erano stati solo un extra, lo avevano sentito dichiarare.

    Si era limitato a presentarsi, senza aggiungere perché fosse lì, a San Francisco, nella sede di Travelogue, la loro startup.

    Perché? Perché aveva detto solo il nome, invece di dichiarare il motivo per cui si trovava lì?

    Riya diede una scorsa alle sue spalle e vide Drew in piedi accanto al bovindo, immobile, a labbra strette, lo sguardo che oscillava fra lei e il signor Ramirez.

    «Lei vive viaggiando per il mondo. Che cosa può fare per lei una piccola azienda di viaggi online?» Lanciò un'occhiata disperata a Drew. «E perché è seduto nella sedia di Drew?»

    L'intensità di quello sguardo aveva un che di sconcertante. Eppure Riya era abituata ad avere sempre gli occhi puntati addosso. Gli uomini la fissavano. Continuamente.

    Non aveva mai imparato a gestire l'attenzione, tantomeno ad apprezzarla, al contrario di Jackie. Ma era riuscita a coltivare un'indifferenza verso gli sguardi eccitati e insistenti. In quell'uomo, però, c'era qualcosa che la metteva in difficoltà.

    Ramirez si sistemò in modo più composto sulla sedia E Riya fu percorsa da un'ondata di apprensione.

    «Ieri sera ho comprato la quota di controllo di Travelogue, signora Mathur.»

    Riya batté le palpebre, sconcertata. «Ieri ho comprato cinque litri di latte e il pane» ribatté sarcastica, mentre dentro di sé lottava per non cedere alla paura che stava prendendo il sopravvento.

    «Non è stato proprio così semplice» disse Nathan, alzandosi dalla scomoda sedia. L'ufficio era inospitale e troppo piccolo per lui. Ovunque si girasse, c'era una scrivania, una sedia o una pila di libri. Si sentiva in gabbia.

    Fece qualche passo lungo il tavolo e si fermò a debita distanza da lei, la cui paura, per quanto celata dal sarcasmo, era tangibile. La cosa lo riempì di soddisfazione, benché quella donna, al contempo, lo attraesse.

    Tale madre, tale figlia.

    Scacciò subito quel pensiero insidioso. Riya Mathur era la donna più bella che lui avesse mai visto, e avendo viaggiato in ogni angolo del mondo, di donne ne aveva incontrate.

    Era anche estremamente intelligente, a quanto pareva, e con lo stesso talento della madre di confondere le menti degli uomini, a giudicare da tutto ciò che aveva sentito e dall'ovvia infatuazione di Drew Anderson per lei.

    Ma mentre Jacqueline mostrava un atteggiamento incurante e ostentava la propria bellezza con un sorriso irriverente, la bellezza della figlia era diluita con intelligenza e un'aria di indifferenza scrupolosamente costruita.

    Il che, constatò Nathan con un sorriso, poteva portare ogni maschio della specie a credersi all'altezza della sfida.

    Occhi a mandorla di un delizioso castano dorato, ribelli, impauriti e nascosti dietro un paio d'occhiali, la fronte alta, il naso dritto e particolare che suggeriva ostinazione e la bocca a cuore. Il tutto su una pelle liscia e vellutata color caramello, quasi che il bianco alabastro di Jackie e il bruno del padre indiano si fossero mescolati in proporzioni perfette.

    Sembrava essersi vestita per minimizzare il proprio corpo e ciò non fece che incoraggiare Nathan a osservare ancora. Era come una nuvola che indugiava sulla cima di una montagna, nel tentativo di nascondere la magnificenza della vetta.

    Da quando era entrata nella stanza, aveva un'espressione confusa e guardinga. Il che significava che era solo questione di tempo, prima che si ricordasse di lui.

    Perché Nathan aveva cambiato il cognome e il suo aspetto era molto diverso da quello del diciassettenne singhiozzante che lei aveva visto undici anni prima.

    Avrebbe dovuto dirglielo subito e farla finita, lo sapeva. Eppure, rimase in silenzio. La curiosità per quella donna metteva da parte ogni altro istinto.

    «Ho dovuto riscuotere un bel po' di favori per trovare i vostri investitori. Una volta informati del mio intento, sono stati più che contenti di venirmi incontro. A quanto pare, non sono soddisfatti di come vengono gestite le cose.»

    «Intende che sono delusi per la montagna di soldi che si aspettano che noi facciamo?» Si pentì non appena lo disse.

    Era nervosa. Era proprio quello l'intento di Nathan.

    «E perché dovrebbe essere sbagliato, signora Mathur? Per quale motivo crede che gli investitori fondino le startup? Per bontà di cuore?»

    «No, certo che no. Ma c'è la crescita e c'è il rischio.» Fece un respiro profondo come per controllarsi. «E se è il profitto quello che sta cercando, perché comprare proprio la nostra società?»

    «Diciamo solo che mi ha stuzzicato la fantasia.»

    Un'ondata di frustrazione la pervase. «Il nostro sostentamento, tutto ciò per cui abbiamo lavorato negli ultimi quattro anni è appeso a un filo. E lei mi parla di shopping notturno, cose che stuzzicano la sua fantasia. Forse vivere alla periferia della civiltà per tutti questi anni, isolato dai suoi simili, girovagando per il mondo senza legami...»

    «Riya, no...» Udì il debole monito di Drew alle sue spalle. Ma era troppo spaventata per dargli ascolto.

    «... le ha fatto vedere solo margini di guadagno, ma per noi, l'elemento umano è importante, tanto quanto il risultato finanziario.»

    «Mi fa sembrare un lupo solitario, signora Mathur.»

    «Be', lo è, no?» Chiuse gli occhi e cercò di dominarsi. «Senta, l'unica cosa che mi interessa è sapere cos'ha intenzione di fare della società. Di noi.»

    «Ci lasci soli, signor Anderson.»

    «No» disse Riya a voce alta, mentre Ramirez le andava incontro. «Non c'è nulla da dire a me che Drew non

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