Baci sotto il vischio: eLit
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Info su questo ebook
BELLA LUCIA'S KITCHEN - Vol. 5. Finalmente un uomo di cui potersi fidare Daniel Stephens ha appena scoperto di appartenere alla famosa e controversa dinastia dei Valentine e sta cercando di conoscerli. Quando incontra Stephanie Ellison, giovane manager di uno dei rinomati Bella Lucia, capisce che la sua vita è a una svolta. La sua dolce vulnerabilità lo conquista al primo sguardo, ma Daniel dovrà sfoderare tutto il proprio fascino, complice la magica atmosfera natalizia, per ottenere la fiducia di Stephanie, cancellando a suon di baci l'ombra di un passato che vorrebbe allontanarli.
I romanzi della serie:
1) Rebecca Winters - Fascino francese
2) Patricia Thayer - Sposa d'estate
3) Raye Morgan - Il principe ribelle
4) Ally Blake - Appuntamento in abito bianco
5) Linda Goodnight - Baci sotto il vischio
6) Teresa Southwick - Quel romantico del mio capo
7) Barbara McMahon - Incanto d'oriente
8) Liz Fielding - Innamorarsi a San Valentino
Linda Goodnight
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Baci sotto il vischio - Linda Goodnight
Immagine di copertina: AleksandarNakic / E+ / Getty Images
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Married Under The Mistletoe
Harlequin Mills & Boon Tender Romance
© 2006 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Rita Orrico
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-357-1
www.eHarmony.it
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Frontespizio. «Baci sotto il vischio - Bella Lucia's Kitchen (eLit)» di Goodnight Linda1
L’ultima cosa al mondo che Daniel Stephens si sarebbe aspettato dalla vita era ritrovarsi in quel posto.
Lasciò cadere la pesante borsa di tela sul marciapiede di fronte all’elegante edificio inondato di luce, scostò dalla fronte una ciocca di capelli e sollevò lo sguardo sul ristorante Bella Lucia.
Attorno a lui, Londra pulsava di vita: il chiacchiericcio dei passanti, il rombo degli autobus, l’umidità densa della sera di ottobre... tutto era così familiare e al tempo stesso insolito dopo tanti anni di assenza.
Quello di fronte a lui era il ristorante di famiglia. Uno dei tre, se aveva capito bene. Un’attività di enorme successo. Esclusiva. Costosa.
Daniel sbuffò, infastidito. Le facciate non lo avevano mai impressionato molto. A suo parere nascondevano sempre delle bugie, come nel caso della sua infanzia. Le belle facciate servivano a coprire un numero indefinito di peccati. Tuttavia, doveva ammettere che la famiglia Valentine aveva stile.
Una donna elegante scese da un taxi dietro di lui, aggiustò la borsetta griffata sulla spalla e gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo prima di sparire dietro le porte scorrevoli del ristorante. Per un attimo, le note di un brano jazz giunsero fino a lui, ma furono subito smorzate dalla porta che si richiudeva.
Daniel aveva dei legami di sangue in quel posto. Legami che non avevano reclamato né lui né il suo fratello gemello quando entrambi avevano avuto bisogno di una famiglia, ma lo facevano adesso. Adesso suo padre diceva di avere bisogno di lui.
Le persone come John Valentine di solito agivano per un motivo ben preciso e se Daniel si fosse fermato abbastanza a lungo, forse avrebbe scoperto il vero scopo di suo padre nel chiamarlo a Londra.
Quando la signora Valentine aveva chiesto che Daniel e suo fratello si sottoponessero al test del DNA, due settimane prima, lui aveva rifiutato e, furioso, aveva fatto ritorno in Africa. Ma il suo gemello Dominic aveva assecondato la richiesta, dimostrando una volta per tutte che il padre che li aveva abbandonati prima della nascita era un uomo ricco e rispettato.
Adesso che l’iniziale rabbia si era raffreddata e lui aveva avuto modo di riflettere sulla cosa, Daniel era tornato. Non voleva nulla da quella famiglia che non conosceva e di cui non si fidava, ma era sua ferma intenzione ottenere a Londra ciò che non era possibile in Africa: soldi. Molti, molti soldi.
Prima di tutto, però, aveva bisogno di un posto in cui vivere. Suo padre aveva insistito affinché lui si trasferisse nell’appartamento sopra al ristorante di Knightsbridge.
Quando una pioggia leggera cominciò a picchiettare la sua guancia, le labbra di Daniel si piegarono in un sorriso ironico. Acqua, il bene più prezioso sulla terra, così abbondante nel suo paese natale e così disperatamente scarsa in quello adottivo. Lui aveva dedicato anni di lavoro a quel problema, ma i fondi non erano mai sufficienti. Adesso era determinato a usare il proprio talento e i propri contatti in Inghilterra per cambiare la situazione. Le ingiustizie della vita lo avevano sempre fatto infuriare.
Daniel sollevò il pesante borsone di tela e se lo sistemò sulla spalla. Tanto valeva salire nell’appartamento e fare la conoscenza della direttrice del ristorante, l’americana che avrebbe condiviso l’alloggio con lui.
Si chiedeva ancora come John fosse riuscito a combinare quella sistemazione. Il padre gli aveva assicurato che la donna era perfettamente d’accordo, ma dal momento che l’intero edificio era di proprietà della famiglia Valentine era assai più probabile che la signorina Stephanie Ellison non avesse avuto altra scelta se non quella di dividere l’alloggio con lui.
Se non fosse stato così determinato a risparmiare il più possibile per portare avanti il progetto dell’acqua in Etiopia, Daniel si sarebbe fatto scrupolo di privare la direttrice del ristorante della sua privacy. Ma allo stato attuale delle cose, Daniel non fu sfiorato dal benché minimo senso di colpa.
Ossessiva. Stephanie Ellison era ossessiva. E doveva darsi un contegno. Lanciò un’occhiata all’orologio sulla parete: cinque minuti.
«Oddio!»
Il cerchio intorno alla sua testa s’intensificò. Attraversò di nuovo tutto l’appartamento, riaggiustando ogni quadro alla parete e sistemando i fiori nel vaso di peltro. Tutti gesti inutili e ossessivi.
Il soggiorno, come tutte le altre stanze del lussuoso appartamento di Knightsbridge, era immacolato. Il che era ovvio, dal momento che aveva pulito ogni cosa tre volte, quel giorno. Persino i barattoli all’interno della credenza erano sistemati in ordine alfabetico.
In ogni caso la testa le pulsava sempre più forte e lo stomaco era chiuso come a dirle che aveva tralasciato qualcosa.
Qualcosa non andava. Attraversò il pavimento candido fino al suo bagno, dove si sistemò i capelli. Di nuovo.
«Oh, perché John mi ha messa in questa situazione?» si lamentò.
Soprattutto adesso, con i problemi che affliggevano il ristorante. Finché il denaro mancante non fosse stato ritrovato, Stephanie aveva bisogno di concentrarsi solo su quello. Ma, grazie al suo datore di lavoro, le toccava fronteggiare una situazione ancora peggiore: un indesiderato coinquilino, per giunta maschio.
Quel pensiero le procurò un brivido.
John Valentine non poteva sapere che imporle la compagnia di uno sconosciuto aveva il potere di sconvolgerla. Nessuno era al corrente della ragione per cui Stephanie teneva le persone a debita distanza.
All’apparenza, lei era una ragazza amichevole. Aveva imparato da un vero maestro come simulare un sorriso, tenere la bocca chiusa e nascondere la verità dietro una facciata di buone maniere.
Era per questo che non aveva mai cercato qualcuno con cui condividere l’appartamento. Invitare un’amica a stare da lei per qualche giorno era già abbastanza difficile, ma un coinquilino a tempo pieno rappresentava una vera fonte di terrore. Chiunque si fosse avvicinato troppo avrebbe potuto scoprire la verità, che lei stessa non era in grado di affrontare.
Da quando era stata assunta come direttrice del Bella Lucia, un anno prima, la famiglia Valentine le aveva dato carta bianca nel suo lavoro, assecondando anche il suo debole per l’arte moderna. Il suo capo interferiva di rado. Era per questo che Stephanie non aveva saputo dire di no quando lui le aveva chiesto di ospitare il figlio che aveva trascorso alcuni anni in Africa.
La sua unica speranza era che Daniel Stephens si rivelasse nobile quanto implicava il suo lavoro in quel continente. A sentire suo padre, questo Daniel era una specie di santo.
Ma Stephanie ne dubitava fortemente: nessun uomo era un santo.
A peggiorare le cose, nell’ansia di fare la cosa giusta, si era dimenticata di chiedere quanto tempo Daniel si sarebbe fermato a Londra. Lei sperava con tutto il cuore che si trattasse di un soggiorno molto breve.
D’istinto controllò la propria immagine nel grande specchio della stanza da letto. La linea semplice dell’abito verde fasciava il suo corpo slanciato alla perfezione, senza mostrare un solo centimetro di pelle in più del necessario. Tuttavia, avrebbe dovuto stare più attenta del solito, con un coinquilino che si aggirava per l’appartamento.
In quel momento bussarono alla porta.
Stephanie trasalì, ma strinse i denti: non avrebbe permesso all’ansia di avere la meglio su di lei. La donna alta e dai capelli rossi che la guardava oltre lo specchio appariva perfettamente controllata. Bene. Passò le mani fresche di manicure sulla gonna morbida, allineò per l’ennesima volta le boccette sul ripiano della toeletta e andò ad aprire al figlio del capo.
Un unico sguardo all’uomo alto, abbronzantissimo e dall’aspetto quasi selvaggio fermo sulla soglia bastò a far accelerare il polso di Stephanie. Il cerchio alla testa s’intensificò. Le occorse tutto l’autocontrollo che possedeva per non passargli oltre e scappare giù per le scale.
Doveva esserci un errore: quello non poteva essere Daniel. Il signor Valentine l’aveva definito un ragazzo e sebbene lei si fosse aspettata un uomo adulto, non era preparata a quel... barbaro!
«Il mio ragazzo» aveva spiegato John con una risatina indulgente, «è un po’ ruvido a causa degli anni trascorsi lontano dalle comodità del mondo moderno.»
Un po’ ruvido? Quello sì che era minimizzare!
Quello che le stava di fronte non era un ragazzo. Assomigliava molto di più al membro di una banda di motociclisti, con tanto di jeans scoloriti, giacca di pelle e stivali consunti. Occhi azzurri e penetranti da pirata, un’ombra di barba sulle guance e folti capelli neri bisognosi di un bel taglio.
Stephanie si era aspettata che somigliasse a suo fratello Dominic, che lavorava per lei come ragioniere, ma Daniel non condivideva nulla con l’innocuo fratello, che aveva qualche chilo di troppo e un principio di calvizie. Soprattutto, Daniel era ben lontano dall’apparire innocuo.
Doveva esserci un errore. Un dubbio s’insinuò nella mente di Stephanie: che John avesse mandato quell’uomo a spiarla, sospettando che dietro all’ammanco di denaro ci fosse proprio lei?
Combattendo con il panico e sforzandosi di mostrare una noncuranza che non provava, Stephanie arretrò di un passo. Quello sconosciuto era troppo vicino e troppo minaccioso.
«Lei è Daniel?»
Lui sollevò un angolo della bocca. «E se dicessi di no?»
Che genere di risposta era quella? Stephanie sbatté le palpebre più volte, prima di ritrovare il sangue freddo. «Allora ne deduco che lei sia l’idraulico e, visto che ha cinque giorni di ritardo, le annuncio che è licenziato.»
Lui scoppiò a ridere, mostrando una fila di denti bianchissimi e splendenti sul volto bruciato dal sole. «Per evitare un’onta del genere, confesserò. Sono Daniel Stephens, il suo nuovo coinquilino.»
Stephanie aveva sempre amato l’accento inglese, ma la voce di quell’uomo era profonda, vagamente roca e molto virile, un suono che vibrò lungo la sua