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Una casa per Nathan: Harmony Collezione
Una casa per Nathan: Harmony Collezione
Una casa per Nathan: Harmony Collezione
E-book177 pagine2 ore

Una casa per Nathan: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Fino a poco tempo prima Claris avrebbe saputo dire quale fosse la sua professione: lei era l'assistente personale di Adam Tumlaine. Ma da qualche tempo le cose sono cambiate, Claris ha assunto un nuovo ruolo - babysitter di Nathan, suo figlio - e un nuovo domicilio - la residenza Tumlaine. Ed è il lavoro più difficile che abbia mai svolto.
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2017
ISBN9788858961100
Una casa per Nathan: Harmony Collezione
Autore

Emma Richmond

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Una casa per Nathan - Emma Richmond

    successivo.

    Prologo

    Con aria profondamente annoiata, Adam Turmaine si avvicinò a una vecchia stampa appesa sopra il tavolo in ingresso e ne indicò l'angolo in basso a destra. «Che cosa c'è scritto?»

    Claris si chinò e lesse in tono asciutto: «Proprietà del Dipartimento di Musica Meccanica».

    «È la dicitura più allucinante che abbia mai sentito. Che cosa ci faccio qui?»

    «Sei in attesa d'incontrare tua zia.»

    Adam distolse lo sguardo dall'antica mappa della città di Rye e fissò a lungo la sua interlocutrice.

    «Possiedo una zia?»

    Claris si limitò a stringere le labbra.

    «La considero una risposta affermativa; ma perché dovrei provare interesse a incontrare una lontana parente?»

    «Forse perché fa parte della tua famiglia» azzardò lei. «O perché tramite ripetute telefonate anonime sei venuto a conoscenza di tentativi di truffa ai suoi danni, forse da parte del suo consulente finanziario.»

    «E perché mai dovrei immischiarmi in affari altrui? Ti sembro il tipo?» domandò lui con un sogghigno rimettendosi a osservare la stampa. «Claris, da quanto tempo lavori per me?»

    «Lo sai benissimo.»

    «E tu dovresti aver imparato che la famiglia non mi sta affatto a cuore.» Poi si girò sorridendo. «Indicami qual è.»

    «Adam, saprai bene che aspetto ha tua zia!»

    «Perché dovrei?»

    Claris si limitò a sorridere.

    «Sono passati anni, Claris» tentò di giustificarsi lui. «L'ultima volta che l'ho vista è stato al funerale di mio zio.» Vagando con lo sguardo oltre il viso della segretaria si accorse che numerosi occhi li stavano osservando; e tutti sorridevano in attesa. Adam rimase imperturbabile. «Chi sono tutte quelle persone?»

    «Dignitari locali, immagino; è ovvio che desiderino conoscerti.»

    «Io non ho mai desiderato conoscere un estraneo; perché loro dovrebbero? Siamo arrivati solo da pochi giorni e mi hanno già combinato un incontro con...»

    «Il colonnello Davenport» gli venne incontro Claris.

    «Il colonnello Davenport» lui le fece eco. «Un uomo che non ho mai conosciuto e che non ho alcun desiderio d'incontrare, ma che insiste affinché mi occupi della delinquenza locale.»

    «Proprio perché non ti conosce» suggerì lei.

    «Tu mi conosci, invece, e sai benissimo che non mi farò mai coinvolgere dalle avventure finanziarie di mia zia; chi può affermare, del resto che lei non sia in grado di occuparsi personalmente dei propri investimenti?» Dopo una pausa, Adam sospirò. «Tuttavia, se la memoria non m'inganna, e sarei il primo ad ammettere che può succedere...»

    «Diciamo piuttosto che si concentra su altre questioni» precisò Claris.

    «La ricordo come una donna vaga, incapace di mettere insieme due frasi coerenti.»

    «L'avrai innervosita come tuo solito, immagino.»

    Lui la fissò con genuino stupore.

    «Perché mai dovrei averla innervosita?»

    Claris cambiò argomento con un sorriso sardonico. «Hai altri parenti?»

    «Che pensiero inquietante» commentò lui con una smorfia. «Ho sempre sperato di non averne uno

    «Sai che non è vero...»

    «Ah, no?» reagì lui stupito.

    «No. Adesso muoviti e valle incontro; non puoi passare tutta la sera nella hall d'ingresso...» Claris s'interruppe sapendo che il suo capo era in grado di qualsiasi stravaganza, se solo l'avesse voluto, e aggiunse: «Per piacere!».

    Adam sospirò. «Va bene, ma ti sarei grato se un'altra volta evitassi di incastrarmi in una situazione così spiacevole.»

    «Io... io ti avrei incastrato? Sei stato tu ad accettare l'invito, mio caro!»

    «Non immaginavo tanta gente. Oh, questa chi è?»

    Claris si girò e fu colpita dal sorriso radioso di una signora imponente che stava attraversando l'ingresso a braccia tese; indossava un tailleur viola scuro su un paio di collant dello stesso colore, rigorosamente ripetuto in tutti gli accessori, tanto che da lontano la si sarebbe potuta scambiare per una pulce gigantesca. «Signor Turmaine!» esclamò con l'entusiasmo di chi rivede un amico dopo tanto tempo.

    Adam evitò con destrezza di farsi abbracciare.

    «Non avevo idea che foste arrivati. Sono Staple Smythe, la padrona di casa.»

    Temendo il suo solito commento scortese, Claris diede ad Adam una forte gomitata, e lui si limitò a un mugugno incomprensibile.

    «Questa è sua moglie?»

    «Non ho moglie» fu la replica raggelante di Adam.

    «Oh, credevamo che...»

    «Sì?» La sua scortesia latente si era già tramutata in evidente disprezzo.

    «Nulla, non importa» tagliò corto lei. «Ma vi prego, non restate qui intimiditi; vi presento agli altri ospiti.» Staple Smythe lanciò a Claris un'occhiata interrogativa, ma poiché nessuno dei due si preoccupò di fornirle spiegazioni, fece loro strada verso il salotto.

    «Intimiditi?» sussurrò Adam assai perplesso.

    Claris soffocò a stento una risata e continuò a spingerlo dietro alla padrona di casa.

    «Harriet, sua zia, muore dalla voglia di rivederla; è una mia cara amica, sa?» proseguì intanto la signora Smythe.

    «Davvero?» chiese Adam, e dal suo tono si capiva benissimo che riteneva irrilevante ogni sua frase, al punto che la signora Smythe si bloccò sibilando innervosita: «Vado a prendervi qualcosa da bere».

    Toccò naturalmente a Claris ringraziarla a nome di entrambi, ma subito dopo gli sussurrò in tono di rimprovero: «Che male ti fa tentare di essere gentile?».

    «Ho le mie buone ragioni; quella è la tipica donna falsa e presuntuosa, e la detesto per principio.» Dopo aver scrutato le numerose facce che affollavano la stanza, stabilì: «Credo che mia zia sia quella signora vestita di grigio».

    «Allora vai a parlarle.»

    «E poi possiamo andare a casa?» la supplicò Adam speranzoso.

    Claris si limitò a sorridere, ben sapendo che lui era capacissimo di abbandonare una festa in qualsiasi istante, incurante di offendere chicchessia.

    Adam afferrò il bicchiere che gli porse la signora Smythe e poi, senza lasciarle il tempo di proseguire la conversazione, si allontanò.

    «Desidera parlare con la zia» fu la gentile spiegazione di Claris.

    «Allora è andato nella direzione sbagliata» commentò l'altra donna in tono secco e acido.

    «È da tanto tempo che non la vede» ribatté lei nel tentativo di giustificarlo.

    Staple Smythe le porse un bicchiere di vino bianco piuttosto annacquato, quindi domandò con voce petulante: «Posso sapere chi è lei, signorina...?».

    Per un attimo Claris provò un senso di compassione per quella donna che nutriva evidenti speranze di far colpo su Adam Turmaine, anche se lui, da inguaribile egocentrico qual era, non mostrava alcun riguardo per i sentimenti altrui. «Sono Claris Newman» si limitò a spiegare senza preoccuparsi di specificare le sue mansioni. Sapeva bene quanto il suo datore di lavoro detestasse che fossero rivelati dettagli relativi alla propria professione, e in questa fobia includeva il ruolo occupato dalla sua segretaria.

    La signora Smythe non le diede il tempo di attenuare l'evidente ostilità che provava nei suoi confronti, perché la lasciò sui due piedi. «Mi scusi, ma devo dedicarmi agli altri ospiti.»

    «Prego.» Con sguardo divertito, Claris osservò la donna farsi strada fino a raggiungere Adam. Non immaginava, quella sciocca, che era destinata solo a subire nuove umiliazioni. Adam detestava ogni formalismo compresi i ritrovi mondani, e Claris ancora si domandava come mai avesse accettato di partecipare a quella festa.

    Muovendosi adagio verso un angolo defilato del grande salotto, Claris studiò il proprio datore di lavoro; era un uomo alto e magro dai gesti languidi ed eleganti. Lavorare per lui era forse più spassoso che andare al cinema, per lei. All'inizio, da cittadina convinta qual era, aveva accolto la notizia del trasferimento in campagna con notevole perplessità. In realtà, dopo l'incontro di quella sera, i suoi timori erano aumentati.

    D'altra parte se non avesse accettato di seguire Adam in quel minuscolo villaggio nei pressi di Rye, avrebbe dovuto abbandonare l'impiego, e l'idea di lavorare per qualcun altro non l'allettava proprio. In effetti, a ben vedere, era una follia perché Adam, come tutti coloro che amministravano incalcolabili ricchezze, era spesso scontroso, egoista e presuntuoso; però sapeva anche stimolare come nessuno le sue capacità e il suo interesse. Non solo da un punto di vista professionale, rifletté con una certa inquietudine, anche se riteneva la sottile e a volte inconscia attrazione nei suoi confronti un argomento tabù che non si sarebbe mai permessa di approfondire.

    Morsicandosi un labbro, vagò con gli occhi nella grande sala affollata di persone; tutti parevano darsi molte arie, ma del resto non avrebbe avuto contatti frequenti con nessuno di loro, si consolò.

    Si avvicinarono alcune persone per presentarsi, farle domande che lei riuscì a sviare, e infine la lasciarono sola. Forse per poter parlar male di lei, ipotizzò. Lo capiva dalle strane occhiate di cui era perpetuo oggetto, ma fortunatamente non se ne curava affatto.

    In quel momento intravide Adam che chiacchierava con una signora vestita di blu, e sperò che fosse sua zia; accanto a lui scorse anche una giovane donna dai capelli scuri e dalla figura sottile che pareva mangiarselo con gli occhi. La signora in blu si staccò dal gruppetto, venendo proprio verso di lei.

    Stava per giungere l'ora dell'inquisizione, intuì Claris, come sempre; infatti, ogni volta che le era capitato di accompagnare Adam a qualche riunione - di solito a scopo indagatorio - arrivava sempre il momento in cui la sottoponevano a un vero e proprio interrogatorio sulla natura dei suoi rapporti con Adam Turmaine. Geloso della propria vita privata fin quasi alla paranoia, Adam rilasciava informazioni assai vaghe in proposito, così nessuno riusciva a capire perché un uomo ricco e affascinante si facesse accompagnare da un simile rospo.

    Sorrise a quell'immagine di se stessa e abbassò lo sguardo. No, non era proprio un rospo, sebbene non si potesse definire neanche una bellezza travolgente. I suoi capelli ramati avevano una sfumatura troppo opaca e sulla pelle chiarissima del viso punteggiato di lentiggini, i suoi occhi grigi emanavano una luce più ironica che misteriosa. Tuttavia si riteneva una donna intelligente, e quello era anche il motivo per cui Adam l'aveva assunta.

    «Chi è lei, mi scusi?» Una voce altezzosa la costrinse ad alzare lo sguardo e si trovò di fronte alla signora vestita di blu; una bella donna, verificò subito Claris, un po' troppo magra forse ma raffinata, certo non la nevrotica balbettante cui Adam aveva accennato. Ammesso che quella signora fosse sua zia.

    «Claris Newman» si presentò. «Lei è la signora Turmaine, vero?»

    «Sì. Quanto bene lo conosci?» chiese la signora in blu senza tanti complimenti.

    «Quanto basta.»

    «Si è trasferito qui a tempo indefinito?»

    «Perché non glielo chiede direttamente?»

    «L'ho appena fatto, e mi ha risposto di rivolgermi a lei.»

    Per tutta risposta Claris rimase a fissarla.

    «Bah! Che cos'è questa storia del bambino?»

    «Non lo so. Di quale storia parla?»

    Il suo sguardo si fece marcatamente seccato. «Qualcuno l'ha vista arrivare con un bambino.»

    «Davvero?»

    «Sì. È lui il padre? Ci va a letto?»

    «Lei è sempre così scortese?» reagì Claris.

    «È innamorata di lui?»

    «Non sono affari suoi» fu la sua calma replica.

    La signora Turmaine si girò in direzione del nipote. «È tempo che si sposi e si sistemi. Quando un bell'uomo è libero di scorrazzare, non combina altro che guai.»

    Davvero? Che genere di guai?, si chiese Claris terminando di bere il pessimo vino che le avevano offerto e depositando il proprio bicchiere in mezzo agli altri sul tavolo. Lanciò un'occhiata ad Adam; senza dubbio era un bell'uomo, anzi, si corresse mentalmente, era di una bellezza strepitosa, ma non per forza un combina-guai.

    A volte appariva decisamente antipatico, ma quello doveva essere una caratteristica genetica della famiglia, dato che sua zia lo era ancor di più. Tuttavia sapeva anche essere gentile e attento, e aveva un enorme fascino, quando si dava la pena di usarlo: i suoi folti capelli neri erano appena ondulati sull'ampia fronte da cui emergevano due occhi scuri diretti e aperti; era intelligente, pieno di stimoli, e di una generosità straordinaria, quando voleva esserlo.

    Malgrado questo, Claris non era innamorata di Adam. Provava una certa attrazione, ammise, che cercava di combattere in ogni istante delle sue giornate, ma non ne era innamorata. Così come lui non era innamorato di lei. Il solo pensiero era così inconcepibile che il suo sorriso si smorzò subito in una piega amara. Del resto non era neanche sicura che lui fosse in grado di amare qualcuno al di fuori di se stesso. Voleva bene al proprio figlioccio, questo dovette ammetterlo, e per lui si era trasferito nella vecchia villa di famiglia nei pressi di Rye.

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