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Le regole della felicità: Harmony Collezione
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Le regole della felicità: Harmony Collezione
E-book164 pagine2 ore

Le regole della felicità: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Per Gabriel Brant, rinomato chef a cinque stelle dedito alla carriera, è giunto il momento di tornare a casa per tentare di migliorare la propria vita sentimentale, più fredda e desolata del Polo Nord. Abituato a comandare in cucina con piglio ferreo e insindacabile, crede che di poter applicare la stessa strategia anche all'amore. Il suo obiettivo è Olivia Marshall, insegnante in una scuola materna, che sembra essere la moglie e la madre perfetta. C'è un'unica pecca nel piano di Gabriel: Olivia non intende sottostare alle sue imposizioni, ed è decisa a mostrargli che si può vivere anche in modo diverso, più libero e spensierato, e che la vera felicità non conosce confini, né regole.

LinguaItaliano
Data di uscita9 feb 2015
ISBN9788858930854
Le regole della felicità: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Le regole della felicità - Amy Frazier

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Comfort and Joy

    Harlequin Superromance

    © 2007 Amy Lanz

    Traduzione di Eleonora Motta

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-085-4

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    Prologo

    Nel preciso istante in cui i raggi del sole nascente filtrarono dalla finestra, Olivia Marshall scivolò fuori dal letto con la gioia dei suoi otto anni. Non intendeva sprecare un solo istante dell’ultimo giorno delle vacanze estive, prima d’iniziare il terzo anno di scuola. Gabriel avrebbe frequentato il quinto. E per quanto fosse stato entusiasmante incontrarlo, Olivia sapeva che i ragazzi del quinto anno non consideravano affatto le ragazzine del terzo. L’indomani avrebbe perso il suo migliore amico.

    Gli uccellini cinguettavano allegri, mentre lei indossava in fretta la maglietta e i pantaloncini. Le scarpe non sapeva nemmeno cosa fossero. Nonostante lo stomaco brontolasse, resistette al richiamo del cibo. Era troppo concentrata a pensare a un regalo d’addio per Gabriel. Sfiorò con le dita la libreria e la scrivania, tentando di decidere a quale dei suoi tesori avrebbe potuto rinunciare.

    La patata che assomigliava al signor Hitchens della tintoria? No. In quegli ultimi due mesi, la patata era avvizzita e aveva persino germogliato e non ricordava più nessuno; ma non intendeva gettarla. Ci avevano giocato insieme per giorni, ridendo a crepapelle.

    E la copia delle avventure di Re Artù? Lei e Gabriel avevano trascorso lunghe ore, appollaiati sui rami dell’acero dietro casa, leggendone dei capitoli ad alta voce e recitandone alcune scene. Entrambi amavano cavalieri e draghi molto più dei fumetti. Il libro però era voluminoso perché Gabriel se lo portasse in giro. No. Era necessario che gli donasse qualcosa da tenere in tasca, come un segreto. Qualcosa che gli rammentasse quell’estate. Che gli facesse pensare a lei. Perché Olivia avrebbe sentito moltissimo la sua mancanza.

    Lui era il tipo di ragazzo che le suscitava il desiderio di essere protetta. Coraggioso, avventuroso e leale come l’intera squadra di A-Team e carino, oh, sì... tanto carino, come Michael J. Fox.

    Lo sguardo le cadde sul penny con la testa di pellerossa che conservava con orgoglio. Lo aveva trovato in giardino e il profilo severo dell’indiano era divenuto il simbolo del suo eroe ideale. Prima di Gabriel, ovviamente.

    Scelse la moneta. Non sarebbe stato facile separarsene, così come non sarebbe stato facile separarsi dal suo migliore amico. La infilò in tasca con riguardo e afferrò un pennarello per barrare il giorno sul calendario, come faceva ogni mattina.

    6 settembre 1983.

    Quindi si precipitò giù dalle scale e prese il sacchetto con la merenda che aveva preparato la sera precedente. Lei e Gabriel sarebbero andati a Shem Creek per costruire una diga e cacciare le rane.

    1

    Quanto orgoglio deve possedere un uomo per assicurarsi il benessere dei propri figli? Gabriel Brant era certo che l’avrebbe scoperto molto presto.

    Mentre sorpassava un cartello di benvenuto che indicava: Hennings, la migliore cittadina dello stato di New York, gettò un’occhiata nello specchietto retrovisore per controllare i gemelli di cinque anni. Gli occhi furbi di Justin incontrarono i suoi.

    «Papà, Jared ha fame.»

    Da quando l’uragano Katrina aveva distrutto la loro casa e il ristorante di Gabriel, poco più di due anni prima, Jared aveva smesso di parlare. Con la straordinaria sensibilità di un gemello, Justin era divenuto il suo portavoce.

    «Fra poco saremo a casa del nonno» affermò lui con un nodo allo stomaco. «Mi ha assicurato che troveremo il pranzo pronto.» Qualcosa di già pronto, preconfezionato, per enfatizzare deliberatamente che non ci volesse un genio per fare il cuoco.

    Quasi alla fine della via principale, Gabriel svoltò in Chestnut Street, verso la zona residenziale. Mancava poco al Giorno del Ringraziamento e non si vedeva un singolo fiocco di neve, ma le case erano già addobbate per Natale.

    «Papà, guarda! Babbo Natale!» esclamò Justin eccitato, indicando una figura di plastica accanto a un portone. «Verrà anche dal nonno?»

    I bambini ricordavano il motel e, in seguito, l’accampamento di roulotte in cui avevano trascorso le due precedenti festività natalizie, dove le organizzazioni benefiche avevano fornito loro un buon pranzo e dei regali.

    Il devastante uragano si era trascinato dietro una lunga coda di tragedie. L’immensa ricostruzione, l’infinita lista delle vite andate perdute, l’inquietudine dell’incertezza. Gabriel era stanco d’aspettare. La necessità impellente di dare un tetto ai propri figli lo aveva convinto ad accettare l’invito insistente di Walter Brant di trasferirsi da lui, a Hennings.

    «Allora, papà, Babbo Natale passerà anche da qui?» perseverò Justin.

    «Credo proprio di sì.» Gabriel avrebbe fatto il possibile, sebbene le sue risorse finanziarie fossero ridotte al lumicino.

    Imboccò il vialetto della casa del padre. Sullo sfondo delle nuvole basse, si stagliava la tozza costruzione con l’ampio porticato. Tornare a Hennings era seccante, ma i suoi figli avevano bisogno di vivere in una vera casa in cui non si sentissero dei rifugiati. Quindi, che gli piacesse o no, quella era la sua città. E paragonato all’inferno provocato da Katrina, Walter sarebbe sembrato una passeggiata.

    «Eccoci arrivati» annunciò, tentando d’infondere entusiasmo alle proprie parole.

    «Il nonno ci preparerà i nostri panini preferiti per pranzo?» s’informò Justin, speranzoso.

    «Dubito. Finché non andrò a fare provviste, mangerete le sue specialità e vi comporterete bene, vero?»

    «Sissignore. Educati come damerini.»

    Gabriel sorrise per la serietà con cui il bimbo aveva ripetuto una frase che la loro ultima babysitter ribadiva spesso. I gemelli sganciarono la cintura, pronti a saltare fuori dall’auto. Tuttavia, non appena videro apparire Walter sulla veranda, rimasero immobili sui loro sedili. Gabriel non aveva parlato molto del nonno, dubbioso della loro reazione.

    «Coraggio, voi due. Andate a salutare il nonno.»

    Il freddo novembrino contribuì solo in parte al gelo dell’atmosfera. «Come mai ci avete messo tanto?» li accolse Walter con voce gracchiante.

    «Il traffico» replicò Gabriel secco.

    «Non intendevo quello. Le vostre stanze sono pronte ormai da due anni.»

    Ecco, ci siamo. «Lo sai che dovevo rimanere nelle vicinanze di New Orleans per vedere se mi avrebbero concesso di riaprire il ristorante.» Ci aveva investito ogni dollaro in suo possesso e aveva perso tutto.

    «Se fossi stato a New York, non ti saresti trovato in quel maledetto uragano.»

    «Non iniziare.»

    Il vecchio gli lanciò un’occhiataccia. Poi abbassò lo sguardo. «Allora, chi abbiamo qui? Due giovanotti di cinque anni che non hanno mai visto il loro nonno.»

    Ignorando la sterile provocazione, Gabriel pose le mani sulle teste dei bambini. «Justin e Jared.»

    «Era ora che ci conoscessimo. Non sono un po’ piccoli per la loro età?»

    «Walter...» iniziò Gabriel minaccioso.

    «Oh, quanto sei suscettibile» brontolò l’altro, inginocchiandosi davanti ai nipoti. «Sapete stringere la mano come dei veri uomini?»

    «Sissignore» affermò timidamente Justin, porgendo una manina e dando una gomitata al fratello perché facesse lo stesso. «Papà ce lo ha insegnato.»

    Gabriel fu orgoglioso dei suoi ometti, cui aveva instillato l’importanza delle buone maniere e della fiducia in se stessi.

    Sollevando un sopracciglio cespuglioso, Walter strinse a turno le mani dei bambini. «Molto bene. In fondo, siete i miei nipoti. E, ditemi, come farò a riconoscervi?» Alzò uno sguardo accusatore sul figlio. «Non mi avevi detto che erano identici.»

    «Perché per me non lo sono» ribatté a denti stretti.

    «Immagino che avrete fame. Perciò non perdiamo tempo ed entriamo in casa. Ho preparato degli spaghetti e della macedonia.» Lanciò uno sguardo di sfida verso il figlio. «E ho anche acquistato una confezione di pane da toast affettato.»

    Gabriel ignorò la provocazione e osservò la casa. Non era cambiata di una virgola. Il soggiorno era ancora arredato con i mobili scelti dalla madre tanto tempo prima. Divano, tavolini, il televisore, la poltrona col poggiapiedi di Walter, quella da lettura di Marjorie, il suo pianoforte verticale e una tavola con sopra un’enorme lampada. Persino i soprammobili erano gli stessi. La piccola sala da pranzo era la medesima in cui avevano trascorso ogni pranzo domenicale con il delizioso arrosto di Marjorie.

    Doveva ammettere, però, che nonostante l’assenza di sua madre, morta sette anni prima, tutto appariva in ordine e senza un granello di polvere. La casa rappresentava ancora un solido e immutabile universo, controllato, come sempre, da Walter.

    «Potete rinfrescarvi salendo qua sopra. Nel solaio, ho scovato questo per i ragazzi.»

    Gabriel riconobbe lo sgabello costruito dal padre per lui e suo fratello Daniel, affinché potessero lavarsi nel lavello della cucina. Il che la diceva lunga su Walter. Non era un uomo cattivo. Era solo un vecchio testardo che pretendeva che le cose andassero secondo le sue regole.

    Mentre aiutava i piccoli a lavarsi le mani, osservò il padre che serviva il pranzo in tavola. Quindi, sistemati ai loro posti i bambini, iniziarono a mangiare di gusto.

    «Ho chiamato la scuola» annunciò Walter, versando del latte nei bicchieri. «Non mi hanno permesso d’iscrivere i ragazzi. È necessario che lo faccia tu. Ti aspettano domani.»

    «Non si può rimandare a dopo il Ringraziamento?»

    «Questi due giovanotti devono andare a scuola. E presto.»

    Gabriel non poteva dargli torto, benché il suo tono lo facesse sentire come un adolescente privo di discernimento e non un padre di trentaquattro anni. Forse avrebbe dovuto accettare uno degli impieghi che gli erano stati offerti ad Atlanta o a New York. Purtroppo, però, non avrebbe potuto permettersi una casa decente.

    Walter cambiò discorso. «Hai sentito Daniel di recente?»

    «No» rispose Gabriel cauto. «Come se la passa?»

    «Ha la testa dura» brontolò il vecchio. Il fratello aveva intrapreso la carriera militare. «Ma non sembra volersi ritirare. Ama il suo lavoro. E Dio solo sa di quanti uomini come lui avremmo bisogno.»

    Un’altra stoccata. Gabriel aveva prestato servizio nella guardia costiera, sul lago Erie, ma poi aveva deciso di frequentare la scuola di cucina. Un mestiere da donne, nella mente di Walter, e una perdita di tempo.

    «Daniel sarà a casa per le feste?» s’informò Gabriel, dimenticando la frecciata. «Più gente c’è,

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