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Sfida rovente
Sfida rovente
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E-book195 pagine2 ore

Sfida rovente

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Info su questo ebook

Le ragazze ricche lo fanno meglio! Almeno è quanto sostiene Victoria Whitford. Appena tornata a casa per prendere in mano l'impero familiare, vuole concedersi un'ultima avventura prima di sistemarsi del tutto. E sa già chi sarà il fortunato: il figlio del giardiniere. È da quando aveva sedici anni che fantastica su di lui e adesso è pronta a lanciargli una sfida sessuale.

Ma è lui quello che vuole.

Jake Conners non crede ai propri occhi. Victoria, Tori, è uno schianto. Bella, ricca e sofisticata, quando lo mette alle corde e gli propone l'esperienza sensuale più eccitante di tutta la sua vita, lui non sa resistere. Ma quanto ci vorrà prima che la ragazzina viziata di un tempo si stufi di quel gioco stuzzicante?
LinguaItaliano
Data di uscita10 giu 2016
ISBN9788858950944
Sfida rovente
Autore

Debbi Rawlins

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Sfida rovente - Debbi Rawlins

    successivo.

    1

    «Isabelle, portami subito l'agenda e un'altra tazza di tè.»

    Victoria Whitford sospirò al tono annoiato con cui la madre si rivolgeva alla loro vecchia governante, ormai parte della famiglia. Era Isabelle che le aveva messo un cerotto la prima volta in cui si era scorticata un ginocchio.

    «Grazie» aggiunse Tori al posto della madre, cosa che Marian Whitford naturalmente notò.

    Isabelle sorrise. «Con il tè gradisci dei wafer alla vaniglia, Tori?»

    «Mio Dio, non chiamarla in quel modo orribile. Il suo nome è Victoria» la rimproverò Marian.

    «Mi scusi, signora Whitford.» Isabelle uscì svelta dal salotto dal lucido pavimento di parquet.

    «Tori mi piace, mamma.»

    «Non è il nome che tuo padre e io ti abbiamo dato.»

    «Non importa, dovrai abituartici.»

    La madre la guardò torva. Sua sorella Mallory sorrise.

    Marian si rivolse alla figlia maggiore. «Che cosa ci trovi di tanto divertente?»

    Mallory si portò il bicchiere di Martini alle labbra.

    «Guardami quando ti parlo!» protestò la madre.

    Tori aspettò che la sorella replicasse in tono sprezzante, ma l'unico segno del suo vecchio carattere provocatorio fu un leggero irrigidimento della mascella mentre riportava l'attenzione sulla madre.

    «Metti giù quel bicchiere. Ti ho già detto che non devi bere così presto.»

    Sentendosi a disagio, Tori guardò Mallory obbedire. Non che approvasse l'abitudine al bere della sorella, ma odiava vederla così remissiva.

    Essendo rimasta lontana da casa per sette anni, ora vedeva tutto sotto una luce diversa. Avendo passato metà della sua vita in un collegio, da cui tornava a casa soltanto per le feste e le vacanze estive, non aveva mai notato l'atteggiamento autoritario della madre. Certo, era sempre stata una figlia ubbidiente, perciò di rado costituiva il bersaglio della donna.

    «Quel divano è nuovo?» le chiese, nel tentativo di cambiare argomento.

    La madre sgranò gli occhi ben truccati. «Quel mobile era della tua bisnonna. Appartiene alla famiglia da generazioni.»

    «Oh.» Era piuttosto brutto, di velluto vinaccia bordato d'oro, ma probabilmente essendo antico aveva un certo valore. Tori lo odiò all'istante. «È comodo?»

    «Santo cielo, non ci si siede sopra!»

    Già sul punto di mettere il fondoschiena sul divanetto, Tori si immobilizzò. «Che sciocca» mormorò, e Mallory soffocò un sorriso.

    Isabelle apparve con un vassoio e, mentre la governante serviva il tè, Tori andò alla finestra a guardare in giardino, come sempre incantevole con le sue file di piante di lavanda, le rose e i gelsomini rampicanti.

    La stupenda villa dei Whitford era già apparsa due volte su Arch Digest, ma a lei erano sempre piaciuti soprattutto i giardini. La calmavano, l'aiutavano a sentirsi in comunicazione con il mondo. Quando era via ne sentiva la mancanza, forse più di quanto sentisse la mancanza della famiglia.

    Certo, non erano i fiori che all'inizio avevano catturato il suo interesse. Era stato Jake Conners, il figlio del giardiniere dal corpo simile a un dio greco. Quando Jake si toglieva la camicia, persino il suo cuore di adolescente batteva all'impazzata.

    Tori si chiese che fine avesse fatto. Aveva almeno cinque anni più di lei e probabilmente era già sposato, aveva due figli e viveva in campagna.

    «Victoria?»

    Tori si voltò verso la madre. Cinquantotto anni e neppure una ruga in viso, non un filo grigio nel caschetto biondo.

    «Non devi fare programmi per il finesettimana senza avere prima chiesto a me» le disse la donna aprendo la sua agenda di pelle. «Abbiamo già diversi impegni.»

    Con la coda dell'occhio, Tori colse un movimento in giardino. Spostò la testa per vedere meglio e strizzò gli occhi alla vista di un uomo che teneva in mano un badile. E il respiro le si mozzò in gola.

    No, non era possibile.

    «Victoria, mi stai ascoltando?»

    «Sì, mamma, ho sentito ogni parola.» Tori cambiò finestra per avere una visuale migliore.

    «Per l'amor del cielo, Victoria!» La madre la raggiunse alle spalle, spostò la pesante tenda beige e seguì la direzione del suo sguardo con disprezzo. «Non pensare nemmeno di poter frequentare il figlio dei Conners.»

    «Ma allora è davvero Jake?»

    Mallory si unì a loro alla finestra. «Niente male, vero? Erano secoli che non lo vedevo.»

    «Voi due, smettetela subito!» le riprese la madre lasciando cadere la tenda. «Allontanatevi di qui prima che vi veda sbavare come due ragazzine.» Tornò al divano e alla sua agenda come se la questione fosse sistemata. «Sabato abbiamo una cena con i Radcliff. Ti ricordi di loro figlio Bradley, vero, Victoria?»

    «Come potrei dimenticarlo? La prima volta che ci siamo incontrati ha cercato di fare colpo su di me recitandomi tutto il Gotha dell'alta società locale. Decisamente poco interessante.»

    «Può darsi, ma adesso è diventato il vicepresidente delle Imprese Radcliff. Gira voce che fra due anni il padre si ritirerà e sarà lui a prenderne il posto.»

    Tori sorrise, maliziosa. «Da quando dai retta ai pettegolezzi?»

    La madre alzò lo sguardo dall'agenda. «Ho pranzato con Claire Radcliff» rispose in tono seccato. «Sai, non mi piace per niente l'atteggiamento che hai assunto da quando sei tornata. Me ne ha parlato anche tuo padre ieri sera dopo cena.»

    Ah, era probabile. Come se a suo padre interessasse qualcosa oltre a quello che conveniva alle Industrie Whitford. Per Tori andava bene così, almeno non interferiva nella sua vita. Cosa che invece la madre riusciva a fare benissimo.

    «Va bene, che cos'altro c'è in programma oltre alla cena con i Radcliff?»

    «Vediamo...» La madre si sistemò meglio gli occhiali. «Ah, sì, abbiamo un'altra cena con Jonathan e Sela Matthews e il figlio Nelson. Venerdì al club.»

    Mentre ascoltava dalla madre l'elenco dei loro impegni, Tori si girò di nuovo a guardare dalla finestra. Jake si era spostato verso un gelsomino e lei non riusciva a vederlo bene, ma mentalmente registrò i dettagli dei suoi fianchi stretti, del ventre piatto, delle spalle larghe. La pelle era abbronzata, sudata per la fatica.

    D'un tratto, fu come dodici anni prima, quando stava alla finestra della sua camera da letto, nascosta dietro le tende bianche di pizzo. Se si era accorto della sua presenza, non lo diede a vedere. Continuò a scavare, i muscoli che si increspavano nelle spalle e nella schiena, e così facendo mandò il povero cuore di Tori in fibrillazione.

    Una volta stava lavorando al laghetto davanti al solarium e lei si era infilata in camera di Mallory per vederlo meglio. Isabelle l'aveva sorpresa seduta sul davanzale. Si era limitata a sorridere e non ne aveva fatto parola con nessuno.

    «Be', vedo che questo è un pomeriggio sprecato.» La madre richiamò l'attenzione di Tori battendo sull'agenda con la punta della penna d'oro.

    «Hai ragione, mamma» convenne lei attraversando la stanza. «Lo faremo un'altra volta.»

    «Victoria!»

    Senza esitare, lei si diresse alle scale, eccitata. Doveva assolutamente scrivere alle sue amiche virtuali.

    A: La combriccola di Eve's Apple

    Da: Angel

    Oggetto: Dannazione!

    Finalmente è successo. Oggi l'ho trovato!!! L'uomo della mia vita è proprio qui, sotto il mio naso. L'ho appena rivisto dopo tanti anni, ma sto divagando... Comincerò dall'inizio. Si chiama Jake e ha il corpo di una statua greca. Non sto scherzando, ragazze. Potrebbe fare un calendario o roba del genere. Comunque...

    Tory smise di battere per rileggere ciò che aveva scritto e si accigliò. Forse usare il nome di Jake non era una buona idea. Le ragazze la conoscevano soltanto con il suo pseudonimo, Angel, e naturalmente erano sparse in tutto il paese. Sapeva che un paio stavano sulla East Coast ed era altamente improbabile che le loro strade si incrociassero, tuttavia, se qualcuno l'avesse collegata a quella confessione...

    Fremette al pensiero di come avrebbe reagito sua madre. Cambiare alcuni dettagli poco importanti non avrebbe modificato la storia. Si rimise a scrivere e sostituì il nome di Jake con la semplice iniziale J.

    La prima volta in cui ho visto J. ero una ragazzina. Era il figlio del giardiniere dei vicini e aveva cinque anni più di me. Dio, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. A quell'età non capivo perché mi sentissi tutta illanguidire ogni volta che lo vedevo. A ogni modo, mia madre mi aveva proibito di fraternizzare con lui e da figlia ubbidiente qual ero a quei tempi non gli ho mai rivolto la parola. Lo adoravo da lontano.

    Oggi l'ho rivisto. Senza camicia, nudo. A essere sincera, mi sorprende che viva ancora nei paraggi. Oh, accidenti, mi è appena venuta in mente una cosa. Spero che non sia sposato. Be', meglio che vada a vedere se porta la fede.

    Oh, domanda. Fino a che punto devo essere diretta? Voglio essere sicura che sappia che sono interessata soltanto al sesso. Niente mattinate passate insieme a leggere il giornale. Nessuna presentazione ai genitori. Solo sesso. Dovrei forse dirglielo chiaro e tondo? In questi casi, la maggior parte degli uomini coglie l'occasione al volo, no?

    Aspetto con ansia vostre notizie. Devo ammettere di essere un po' nervosa. E va bene, mi tremano le mani. Scrivetemi presto, d'accordo?

    Grazie. Siete le migliori.

    Angel

    Tori chiuse il portatile e corse alla finestra. Non riuscì a vederlo, ma sul retro era parcheggiato il vecchio camioncino rosso di suo padre.

    Si fermò davanti allo specchio, si aggiunse un tocco di fard sugli zigomi, si arruffò i capelli in modo calcolato e poi si avviò alle scale di servizio che finivano nella dispensa. In quel modo avrebbe evitato d'incontrare la madre. Dubitava che Marian Whitford avesse mai messo piede in cucina.

    Missione compiuta.

    Attraversò la cucina senza incontrare anima viva, ma non fece in tempo ad arrivare alla porta di servizio che Mallory entrò dalla sala da pranzo.

    Le sorrise, ironica. «Dove stai andando?» Allargò il sorriso guardando fuori dalla finestra. «Lascia che indovini.»

    Tori sospirò. «Mallory...»

    «Ehi, al posto tuo io mi butterei.» Mallory aprì la porta della dispensa e frugò tra i barattoli di pelati e lo zucchero, poi estrasse una bottiglia di gin.

    Tori si accigliò.

    «Sono stanca delle interferenze di mamma» affermò Mallory versandosi da bere. «Meno sa, meglio è per lei.»

    Tori esitò. Lei e la sorella avevano smesso di confidarsi l'una con l'altra quando lei era partita per il college. Non voleva crearle problemi, ma non poteva nemmeno tenere la bocca chiusa. «Sbaglio, o stai bevendo molto?»

    «Lo faresti anche tu, se fossi sposata con Richard.» Sospirando, Mallory bevve un lungo sorso di gin. «Va' a cercare Jake prima che se ne vada.»

    Tori provò una stretta al petto. La rassegnazione rivelata dalla voce della sorella l'aveva toccata nel profondo, ma in quel momento non avrebbe potuto dire molto di più. Avrebbero parlato più tardi, lontane da casa. Aspettò che Mallory sparisse in sala da pranzo, poi scappò fuori dalla porta di servizio.

    Il tempo di girare intorno al cespuglio di ortensie e vide che il camioncino non c'era più. Le parve di sentire un motore acceso e corse verso il passo carraio. Jake era davanti alla portiera aperta del camioncino e si stava infilando la maglietta, mentre un altro uomo caricava le pale e gli altri utensili sul retro.

    Le si seccò la bocca alla vista dei muscoli che si tendevano mentre Jake abbassava il bordo della maglietta. Deglutendo a fatica, si inumidì le labbra e si toccò i capelli. L'altro uomo salì sul furgone e Jake si mise al volante, quindi ingranò la retromarcia senza nemmeno accorgersi di lei.

    Tori corse nella loro direzione, ma lui ancora non la vide. Jake si fermò un attimo, poi cambiò la marcia e avanzò proprio quando lei ebbe raggiunto il retro del camioncino. D'un tratto impacciata, Tori esitò. Non gli aveva mai parlato, prima di allora. Probabilmente lui ignorava persino il suo nome. Che cosa poteva dirgli?

    Il furgone cominciò ad allontanarsi.

    «Jake!»

    Lentamente, lui si voltò guardando fuori dal finestrino aperto, l'espressione per nulla sorpresa, come se l'avesse vista arrivare. «Ciao, Victoria» disse con aria indifferente, come se si fossero incontrati solo il giorno prima.

    Lei sorrise.

    Jake superò i doppi cancelli bianchi senza voltarsi.

    Victoria Whitford.

    Accidenti, quasi non la riconosceva. Quando era ritornata?

    Al suono di un clacson, Jake spostò il vecchio camioncino del padre sulla carreggiata di sinistra, mancando di poco una Honda bianca.

    Hector trasalì. «Tutto bene, amigo

    «Sì, perché? Mi ero solo dimenticato che questo relitto non ha ripresa. Mio padre avrebbe dovuto disfarsene già da anni.»

    «Scordatelo. Non lo farà mai.» Hector allungò un braccio fuori dal finestrino e diede un colpo all'esterno della portiera. «Va ancora bene. E lui ormai non si avventura più lontano di casa Whitford o del supermercato.»

    Jake scosse la testa. Non sopportava l'idea che il padre continuasse a lavorare quando avrebbe potuto benissimo andarsene in pensione. Il perché volesse lavorare proprio per gente come i Whitford restava un mistero. Eppure da vent'anni curava meticolosamente il loro giardino e quella era la prima volta che perdeva un giorno di lavoro. Nonostante due ernie al disco, probabilmente ci avrebbe provato lo stesso se lui non gli avesse proposto

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