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Gli Stanislaski: Mikhail (eLit): eLit
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E-book131 pagine1 ora

Gli Stanislaski: Mikhail (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Gli Stanislaski 2
Chiamarsi Stanislaski e appartenere a quella prestigiosa famiglia di origine russa è motivo di orgoglio ma comporta regole precise da rispettare.

Mikhail Stanislaski è un uomo che non conosce paura. Affronta i problemi di petto e nel suo vocabolario non esiste la parola sconfitta. Si infiamma facilmente, ma non dimentica mai la propria posizione, e il suo carisma gli permette di conquistare ogni donna. Ora il suo obiettivo è Sydeny Hayward, la sola che ha l'ardire di resistergli. Il desiderio che gli accende l'animo e il cuore, però, è fuori dal suo controllo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2020
ISBN9788830514805
Gli Stanislaski: Mikhail (eLit): eLit
Autore

Nora Roberts

Nora si dedica alla professione con metodo e costanza. Tutte le mattine si siede alla scrivania intorno alle otto e prosegue senza distrazioni fino alle sedici e trenta. "Se interrompo il lavoro, ho sempre paura di perdere l'ispirazione" spiega. Con oltre cento milioni di copie dei suoi romanzi pubblicati in tutto il mondo, Nora Roberts può essere definita, senza esagerazioni, un vero fenomeno editoriale.

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    Anteprima del libro

    Gli Stanislaski - Nora Roberts

    Immagine di copertina:

    Nastasic / E+ / Getty Images

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Luring a Lady

    Silhouette Special Edition

    © 1991 Nora Roberts

    Traduzione di Elisabetta Elefante

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 1994 HarperCollins Italia S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-480-5

    1

    Non era una donna paziente. Non tollerava ritardi e scuse, e detestava aspettare. Ora stava aspettando da ben dieci minuti, e camminava avanti e indietro nel suo ufficio, al dodicesimo piano di un elegante edificio di Manhattan.

    Tutto era in perfetto ordine intorno a lei; documenti, schedari e rapporti. Il set di pelle bordeaux era centrato sulla scrivania di mogano lucido; le penne e le matite allineate accanto al calendario e al telefono.

    E l’aspetto di Sydney Hayward rispecchiava la meticolosa eleganza di quell’ambiente. Gonna Principe di Galles, twin set di cachemire beige, un semplice filo di perle al collo, e un orologio d’oro al polso sottile, molto discreto e molto esclusivo.

    I capelli ramati erano trattenuti dietro la nuca da un fermaglio d’oro, e le lentiggini del viso eburneo erano nascoste sotto un sottile velo di cipria. Gli zigomi erano alti, accentuati; il mento deciso, il naso appena appuntito.

    A ventotto anni, Sydney poteva dire di avere un viso aristocratico, candido come porcellana, con labbra sottili ed enormi occhi grigiazzurri.

    Guardò ancora l’orologio e si allungò sul telefono. Il ronzio dell’interfono le impedì di afferrare il ricevitore. «Sì?»

    «C’è un uomo che insiste per vederla, signora Hayward. E il suo appuntamento delle quattro...»

    «Sono le quattro e un quarto. Fallo entrare subito.»

    «Sissignora. Ma non è il signor Howington» precisò la segretaria.

    Così, non era venuto di persona. Pensava di poter trattare con lei tramite un suo subalterno? «Fallo entrare» ripeté, pronta a fulminare chiunque avesse varcato quella soglia.

    Quando l’uomo entrò nel suo ufficio, Sydney non aprì la bocca per lo stupore solo perché si era allenata per anni a non lasciar trapelare nessuna emozione davanti a un estraneo. Dire che era bello era dir poco, di una bellezza selvaggia. I lunghi capelli scuri erano legati in un minuscolo codino, che tuttavia non toglieva nulla alla sua dirompente mascolinità. I tratti erano decisi, la pelle dorata e gli occhi scurissimi. Le labbra erano nascoste dalla barba lunga di due giorni, che gli conferiva un’aria rude e pericolosa. Un’aria da pirata, insomma. Era un gigante di un metro e novanta, che sembrò riempire completamente il suo ufficio.

    Quel che era peggio, indossava un paio di jeans impolverati, una camicia stropicciata e un paio di stivalacci che lasciavano sudicie impronte sulla moquette color panna. Non era nemmeno un subalterno di Howington, pensò Sydney, ma un semplice operaio, che non si era neppure degnato di lavarsi prima di presentarsi per il colloquio.

    «Lei è Hayward?» chiese l’uomo, con un tono insolente e un accento leggermente slavo.

    «Sì. E lei è in ritardo» gli fece notare. «Farebbe bene a portare un orologio, perché il mio tempo è prezioso, signor...»

    «Stanislaski.» Lui infilò i pollici nei passanti dei jeans. «Sydney è un nome da uomo.»

    «Come vede, si sbaglia.»

    «Ovviamente.» La squadrò con uno sguardo interessato e un tantino contrariato. Era venuto fin lì per perdere tempo con una femmina? «Infatti pensavo che Hayward fosse un vecchio panciuto e con i capelli bianchi.»

    «Sta parlando di mio nonno.»

    «Allora è lui che voglio vedere.»

    «Non credo che sarà possibile, signor Stanislaski. Mio nonno è morto due mesi fa» lo informò Sydney.

    La sua arroganza si addolcì un tantino. «Mi spiace...»

    «Ora, se vuole sedersi, possiamo parlare di affari.»

    Fredda e distante come la luna, pensò Mikhail. Meglio per lui. Gli sarebbe stato più facile concentrarsi su quanto era venuto a chiedere. Le si sedette di fronte. «Ho spedito diverse lettere a suo nonno. Forse le ultime sono andate smarrite nella confusione che si sarà venuta a creare dopo la sua morte.»

    «Forse» concesse Sydney. «Ma ora tutta la corrispondenza deve essere indirizzata a me. Come sa, la Hayward Enterprises sta contattando diverse aziende...»

    «Per fare cosa?»

    Sydney corrugò la fronte. «Posso sapere per chi lavora, signor Stanislaski?»

    «Per chi lavoro?»

    «Sì. Che lavoro fa?»

    Lui parve perplesso, e seccato. «Lavoro con il legno.»

    «Fa il carpentiere?»

    «A volte sì.»

    «E come mai la Howington Construction si fa rappresentare da un semplice carpentiere, in un colloquio con un potenziale committente?»

    «Non mi ha mandato la Howington Construction» precisò lui. «Io mi chiamo Mikhail Stanislaski, e abito in uno dei suoi palazzi.» Accavallò le gambe, per mettersi più comodo. «Ma se sta pensando di affidare alla Howington qualche ristrutturazione, le consiglio di non farlo. Una volta ho lavorato per loro, e tagliano troppo sui costi.»

    «Scusi solo un istante.» Sydney premette il pulsante dell’interfono. «Janine, il signor Stanislaski ti ha detto che veniva per conto di Howington?»

    «No, signora. Ha solo chiesto di vederla. Howington ha chiamato dieci minuti fa, e ha chiesto di rimandare l’appuntamento. Se vuole...»

    «Lascia perdere.» Si tirò indietro e fissò l’uomo davanti a lei. «Temo che ci sia stato un equivoco.»

    «Sì, ha fatto un errore, Hayward. Sono venuto a parlarle dell’edificio di Soho, che appartiene alla sua società.»

    «Se ha qualche lamentela da fare, dovrebbe sapere che c’è tutta una procedura da seguire...» iniziò lei.

    «Lei è la proprietaria di quel palazzo, giusto?»

    «Sì, ma...»

    «Allora è lei la diretta responsabile.»

    Sydney si irrigidì. «So benissimo quali sono le mie responsabilità.»

    «Suo nonno ci aveva fatto delle promesse, e ora lei deve mantenerle per onorarne la memoria.»

    «Quello che devo fare» replicò lei, «è gestire al meglio la mia azienda. Per questo la Hayward sta contattando diverse imprese di costruzione: perché si occupino della ristrutturazione di vari edifici intestati alla società. Il condominio a Soho dovrà aspettare il suo turno.»

    Mikhail non mutò espressione, né atteggiamento. «Siamo stufi di aspettare il nostro turno. Vogliamo che quelle promesse siano mantenute. Adesso.»

    «Se mi fa avere una lista delle vostre richieste, controllerò stasera stessa i nostri schedari» propose Sydney.

    «La lista l’abbiamo già mandata. Ma temo che i suoi schedari non le diranno un bel niente. Ha mai visto quell’edificio, o le persone che ci abitano?»

    «Ho diversi rapporti documentati...»

    «Rapporti.» Mikhail imprecò in un’altra lingua. «Lei ha uno stuolo di avvocati e di commercialisti che le permettono di starsene qui, in questo bell’ufficio, a studiare tanti bei rapportini; però non sa niente. Non è lei che ha freddo quando il riscaldamento non funziona. Non è lei che deve farsi cinque piani di scale a piedi perché l’ascensore è guasto; non si preoccupa perché non c’è acqua calda o se l’impianto elettrico è troppo vecchio per essere sicuro.»

    Nessuno le aveva mai parlato con quel tono, e Sydney si sentì accelerare i battiti, per la collera. «Si sbaglia. Mi preoccupo eccome di queste cose, e intendo rimediare al più presto.»

    «È una promessa che abbiamo già sentito.»

    «Ma è la prima volta che gliela faccio io, signor Stanislaski.»

    «E dovremmo fidarci di lei, che se ne sta qui a girarsi i pollici e non ha nemmeno mai visto le sue proprietà?»

    Il viso di Sydney sbiancò di colpo. «Ne ho abbastanza dei suoi insulti. L’uscita è da quella parte. O preferisce che chiami il servizio di sorveglianza?»

    Adagio, lui si mise in piedi. «Conosco la strada, grazie. Ma voglio avvertirla, Hayward; se entro due giorni non farà qualcosa, andrò a protestare alla commissione edilizia e mi rivolgerò alla stampa.»

    Sydney aspettò di vederlo uscire e contò fino a dieci, per ritrovare la calma. Poi chiamò la sua segretaria. «Janine? Portami il dossier del progetto Soho, per cortesia.»

    Un’ora più tardi, riposto il dossier, Sydney mandò a chiamare Lloyd Bingham, il vicepresidente della società.

    «Mi hai trovato per un pelo» esordì Lloyd, entrando con passo tranquillo nel suo ufficio. «Stavo già per uscire. Che posso fare per te?»

    Poco più che quarantenne, pluridivorziato, Lloyd era un bell’uomo e aveva i modi eleganti di un lord inglese. Sydney sapeva che aveva lavorato sodo per conquistarsi la posizione che occupava alla Hayward, e che era stato lui a gestire la società nell’ultimo anno, quando suo nonno aveva dovuto ritirarsi, per via della malattia.

    Ma sapeva anche che Lloyd nutriva un certo rancore nei suoi confronti, perché si sentiva più in diritto di lei di occupare la poltrona della presidenza.

    «Puoi spiegarmi perché non è stato fatto niente per il condominio di Soho?» gli chiese senza preamboli.

    «Il condominio di Soho?» Lloyd si accese una sigaretta. «La ristrutturazione rientra nei nostri programmi...»

    «Sì, ma soltanto ora. E le prime lettere di protesta da parte dei condomini risalgono a più di due anni fa. Sono indicate almeno

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