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La donna del contrabbandiere: Harmony History
La donna del contrabbandiere: Harmony History
La donna del contrabbandiere: Harmony History
E-book254 pagine3 ore

La donna del contrabbandiere: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1810
Vedova con un figlio di appena cinque anni e una locanda da mandare avanti, Sophie sta perdendo la speranza di superare l'inverno senza dover vendere il locale e il suggestivo laghetto vicino, quando un affascinante sconosciuto le propone di fare da esca per arrestare i contrabbandieri con i quali era implicato il suo defunto marito. Benché la missione si prospetti molto rischiosa, Sophie accetta per il bene suo e del piccolo Kit, ma le prove che deve affrontare si rivelano fin dall'inizio molto più dure del previsto. Oltre che con un gruppo di uomini spietati, infatti, sarà costretta a vedersela con le proprie paure e con l'innegabile attrazione che il misterioso Nicholas Hatton esercita su di lei.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2020
ISBN9788830521339
La donna del contrabbandiere: Harmony History

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    Anteprima del libro

    La donna del contrabbandiere - Meg Alexander

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Gentleman’s Demand

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2001 Meg Alexander

    Traduzione di Elena Rossi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-133-9

    1

    1810

    Le ombre della sera si allungavano nella stanza dal soffitto basso. Nel camino, gli ultimi ciocchi ormai carbonizzati mantenevano ancora qualche brace che diffondeva un fumo acre, ma nessuno dei presenti parve farvi caso, finché l’uomo non incominciò a tossire.

    «Per l’amor del cielo, fai portare le candele!» sbottò. «E chiama qualcuno che ravvivi il fuoco prima che moriamo tutti soffocati!»

    Meglio la morte per asfissia che un’altra discussione, pensò Sophie alzandosi per chiamare il domestico.

    «Il vento dev’essere cambiato» disse con calma. «Questo camino ci ha sempre dato problemi...»

    «Fossero soltanto quelli, i problemi» borbottò l’uomo.

    Si azzittì all’arrivo di un domestico con le candele, ma fu solo una tregua temporanea.

    Appena la porta si fu richiusa prese il candelabro e, avvicinatosi alla figlia, lo posò sul tavolo accanto alla sua poltrona esclamando: «Guarda come ti sei ridotta! Perfino io che sono tuo padre stento a riconoscerti».

    «Non avete un briciolo di pietà, padre?» replicò Sophie, esasperata. «È solo un mese che sono rimasta vedova.»

    Un istante di silenzio seguì le sue parole. Poi, con visibile sforzo, Edward Leighton riprese a parlare in tono più dolce.

    «Non voglio angustiarti, mia cara, ma non posso fare a meno di pensare che questa tua perdita sia stata una benedizione. Sei giovane e hai ancora tutta la vita davanti. Ritorna a casa con me e troveremo il modo di ricominciare da capo. Per quanto grave, un errore si può sempre perdonare.»

    «Per quanto grave?» Sophie uscì in una risata amara. «Vedo che non siete cambiato, padre. Con quale leggerezza liquidate il mio matrimonio!»

    Edward si fece scuro in volto. «Non l’ho mai preso alla leggera. È stato il colpo più duro della mia vita. La tua fuga ha distrutto tutte le speranze che nutrivo per te. E con che uomo, poi! Non avresti potuto scegliere peggio.»

    «Basta!» gridò lei. «Non vi permetto di infangare la memoria di Richard!»

    «Altri l’hanno fatto prima di me. Era solo uno spiantato, senza carattere né dignità.»

    Gli occhi di Sophie lampeggiarono. «Come osate? Voi non lo conoscevate!»

    Lui fece una risata ironica. «Ho rinunciato a tanto onore. Ma altri non sono stati così fortunati. Perché è stato sollevato dal suo incarico all’Anticontrabbando? Ho sentito parlare di corruzione.»

    «Non ho mai creduto a quelle bugie. Era un complotto contro di lui.»

    «Qualcuno invece vi ha prestato fede. Le prove erano schiaccianti e le autorità non hanno avuto dubbi.»

    «È stata tutta una montatura.»

    «Vedo che sei sempre ostinata, Sophie.» Edward Leighton sospirò. «Ma devo dire che ammiro la tua lealtà, anche se è mal riposta.»

    «Voi non potete capire, perciò è inutile parlarne.»

    «Molto bene. Non sono venuto per discutere con te. Mia cara, niente potrà ridarti tuo marito, ma la vita continua. È presto per parlarne, ma un giorno ti risposerai... William è tuttora vedovo, e sai che ha sempre avuto un debole per te.»

    Lo fissò incredula. «Avrei dovuto capirlo che c’era una ragione al vostro cambiamento improvviso. Non è stata la vostra preoccupazione per me a farvi venire qui. Senza marito, pensate di potermi ancora sfruttare a vostro vantaggio.»

    «Come sei dura! Tua madre e io abbiamo a cuore solo la tua felicità.»

    «E quella di sir William Curtis, senza dubbio. Mi dispiace, ma non vi credo. Avete sempre aspirato ai suoi possedimenti e alle sue ricchezze.»

    «È forse sbagliato desiderare il meglio per la propria figlia? Non ho mai capito perché non ti va a genio.»

    «Un uomo che ha fama di essere un libertino? Padre, voi siete accecato dalla sua ricchezza.»

    «Nessuno è perfetto, Sophie, come tu hai imparato a tue spese. Ma questo tuo disprezzo nei confronti di una solida posizione mi fa capire che sei ancora una fanciulla sventata. Non è così che va il mondo.»

    Lei non rispose.

    «Non c’è alcuna fretta di pensare al matrimonio» riprese Edward in tono suadente. «William si è mostrato molto paziente e comprensivo. È disposto a perdonare...»

    «Il mio tradimento per aver sposato un altro? Mi chiedo se sarà così nobile da perdonarmi anche il figlio che ho avuto da Richard.»

    Edward Leighton si fece scuro in volto. «Non essere stupida!» esclamò. «Non ti ho mai detto di portare con te il bambino.»

    Sophie lo fissò allibita. «Che cosa volete dire? Christopher è vostro nipote!»

    «No!» gridò lui. «Non voglio un Firle sotto il mio tetto. Dovrai darlo in adozione.»

    Questo era troppo.

    Sophie si alzò in piedi, decisa a porre fine a quel colloquio.

    «Ho sempre pensato che non aveste cuore» dichiarò, «ma non avrei mai creduto che poteste arrivare a tanto.»

    «Sono mai stato duro con te? Non ti ho forse dato tutto quello che potevi desiderare?»

    «Tutto tranne la comprensione, padre.»

    «Puah! Una giovane deve obbedire ai genitori. A diciassette anni non avevi alcuna esperienza del mondo. Come potevi sapere che cosa sarebbe stato meglio per te?»

    «Non certo sir William.»

    «Firle è stato una scelta migliore? È stato fortunato a non venire deportato.»

    Leighton fece una risata amara prima di aggiungere: «Dimmelo tu dove ha trovato il denaro per acquistare questa locanda. Hai idea di quanto deve essergli costata?».

    Sophie si limitò a scuotere il capo e distolse lo sguardo. Anche se non l’avrebbe mai ammesso davanti a suo padre, era un argomento che l’aveva spesso turbata. «Aveva degli amici» mormorò.

    «Almeno questo è vero, ma chi erano? Tu li hai mai visti?»

    Visto che lei taceva, riprese: «D’accordo, non spetta a una moglie fare domande. Non ti biasimo per questo, ma devi guardare in faccia la realtà. L’uomo che hai sposato era un piccolo truffatore che si è lasciato affascinare dall’opportunità di fare soldi facili». Leighton guardò la figlia e sospirò. «Non sei la prima donna a essersi lasciata incantare da un tipo del genere, e purtroppo non sarai l’ultima.»

    Sophie stava tremando, ma lo guardò dritto negli occhi. «Non potete parlare così di Richard» sussurrò prima che la voce le si incrinasse.

    «Stupidaggini! Che cosa ne sai tu degli uomini? Firle era solo un cacciatore di dote. Le sue preghiere sono state esaudite quando una ricca ereditiera è caduta ai suoi piedi. Deve aver pensato che ti avrei perdonato, una volta sposata.»

    «Non avrebbe toccato un penny del vostro denaro!» replicò Sophie, il volto in fiamme. «Né lo farei io, se me lo offriste.»

    «Non c’è pericolo.»

    «Oh, no! Siete stato abbastanza chiaro su questo. In sei anni non ho avuto una parola da voi. Ho scritto alla mamma, ma non ho mai ricevuto risposta. Le avete impedito voi di scrivermi?»

    «Sì.» Edward Leighton si guardò intorno disgustato. «L’avresti ricevuta qui, in una comune locanda? Credi che le avrebbe fatto piacere vedere sua figlia lavorare come una serva?»

    «Non me ne vergogno. È una vita onesta.»

    «Comprata con il frutto della corruzione?»

    Sophie controllò a fatica la collera e rimase ad ascoltare il rumore del vento, che si era rinforzato. La pioggia sferzava ormai contro i vetri delle finestre.

    «La tempesta sta peggiorando» osservò con calma. «Vi fermate qui per la notte?»

    «No, devo ripartire entro un’ora. Non mi hai risposto, Sophie. Vieni a casa con me. Sapremo perdonarti.»

    «E dovrei abbandonare mio figlio?»

    Le labbra di suo padre si strinsero in una linea sottile. «Non voglio in casa mia il figlio di Firle a ricordarmi la tua colpa.»

    «Allora non abbiamo più niente da dirci. Vi ringrazio, padre, ma non posso accettare la vostra offerta.» Sophie guardò attraverso i vetri. «Davvero non volete restare?» chiese nuovamente. «Non vorrete mettervi in viaggio con questo tempo!»

    «Lascia che sia io a giudicare. Per niente al mondo resterei sotto questo tetto. Di tutte le figlie ingrate...»

    «Mi dispiace che la pensiate così.»

    «Sei tu che l’hai voluto. D’ora in poi io non ho più una figlia. Questo spezzerà il cuore di tua madre, ma non cercare di metterti in contatto con noi.»

    Leighton uscì come una furia dalla stanza chiamando a gran voce la sua carrozza.

    Sophie rimase accanto al fuoco ad ascoltare il trambusto della partenza. Provò una fitta al cuore quando udì la vettura che si allontanava, ma sapeva che niente l’avrebbe fatta tornare sui suoi passi. Non poteva rinunciare a suo figlio. Christopher era tutta la sua vita.

    Suo padre le aveva fatto una richiesta assurda, ma quel breve incontro l’aveva scossa nel profondo. Alla tristezza subentrò ben presto la collera; poi anche quella svanì lasciando posto a un senso di vuoto. Che cosa poteva fare, adesso?

    Il giorno in cui Richard era morto, aveva chiuso la locanda. Desiderava soltanto restare da sola, in preda a una specie di letargo. Quando i domestici avevano cominciato ad andarsene, non aveva fatto nulla per trattenerli. Sapeva di non essere in grado di pagarli: Richard l’aveva lasciata senza un penny. Era l’ultimo affronto, che si aggiungeva a tutti quelli che già aveva dovuto subire.

    A un tratto si accorse di tremare di freddo e si accostò alle fiamme del camino tendendo le mani per scaldarsi. Se non altro, la visita di suo padre era riuscita a scuoterla dall’apatia in cui era sprofondata.

    Il giorno della tragedia si era sentita impotente a combattere quel destino che sembrava accanirsi contro di lei. Se non fosse stato per Kit...

    Le sue labbra si piegarono in un debole sorriso. Grazie a Dio era ancora troppo piccolo per capire appieno quello che era successo. Lui, almeno, era stato risparmiato.

    Guardò l’orologio. Kit dormiva da circa un’ora e non si sarebbe svegliato ancora per un po’. Doveva approfittarne per riflettere e trovare una soluzione ai suoi problemi.

    Forse avrebbe dovuto vendere la locanda. Così avrebbe potuto lasciare quel posto isolato e ricostruirsi una nuova vita insieme con suo figlio in una delle cittadine costiere.

    Assorta nei progetti, si alzò sulla punta dei piedi e studiò la propria immagine riflessa nello specchio appeso sopra il camino. Non c’era da stupirsi che suo padre fosse rimasto sconvolto, si disse. Il dolore le aveva scavato le guance e lasciato profonde rughe sulla fronte; gli occhi grigi apparivano enormi contro il pallore del volto. Si prese fra le dita una ciocca di capelli e li sentì spenti e privi di vita. Avevano perso lo splendore dei riflessi ramati e non ricordava quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che li aveva lavati e spazzolati.

    Arricciò il naso avvertendo un intenso odore di bruciato e subito dopo lanciò un grido di terrore.

    L’orlo del suo abito era già bruciacchiato e le fiamme si alzavano più alte. Fece un passo indietro, ma ormai era troppo tardi. I suoi vestiti avevano preso fuoco.

    Gridando in preda al panico, cercò invano di spegnere le fiamme con le mani.

    Poi si sentì avvolgere in un panno pesante e gettare rudemente al suolo. Due mani robuste la fecero rotolare sul pavimento battendo i suoi vestiti senza tanti riguardi.

    Terrorizzata, Sophie cercò di liberarsi, ma era impotente in quella stretta d’acciaio.

    «State ferma» le intimò una voce sconosciuta. «E per l’amor del cielo, smettetela di gridare!»

    Sophie aveva poca scelta. Quel trattamento poco cerimonioso l’aveva lasciata senza fiato, ma se non altro riuscì a liberarsi dal panno che le copriva la testa. Fu allora che vide l’uomo inginocchiato, ancora intento a battere i suoi vestiti.

    Era troppo buio per distinguerne i lineamenti, ma quando la sollevò da terra per deporla su una cassapanca, si rese conto che doveva essere alto e imponente.

    Lo sconosciuto prese il candelabro, si inginocchiò davanti a lei e prese a esaminare il vestito bruciato.

    «Siete stata fortunata» dichiarò. «Avete perso un abito, ma non la vita. Si può sapere che cosa stavate facendo?»

    «Io... non mi sono resa conto...»

    «Inutile discuterne.»

    Soddisfatto di aver spento l’incendio, lui ordinò una bottiglia di brandy. Sophie scosse il capo quando ne versò un bicchiere anche per lei.

    «Grazie, non mi piace.»

    «Bevetelo. Avete preso uno spavento» le replicò in un tono che non ammetteva repliche.

    Sicuro di venire obbedito, si versò un bicchiere di liquore e sedette osservandola intensamente.

    Sophie sostenne il suo sguardo. Non aveva mai visto quell’uomo e riconobbe che il suo aspetto incuteva timore. Lineamenti decisi si stagliavano alla luce delle candele. Solchi profondi gli segnavano la fronte e i lati della bocca. Gli occhi scuri non avevano traccia di calore. Sorseggiando il brandy, si riprese a poco a poco. Non riusciva a immaginare che cosa ci facesse lì quell’individuo, dal momento che la locanda era chiusa.

    «Vi ringrazio per avermi salvato la vita» disse.

    Non ottenne risposta.

    Tornò allora cautamente alla carica. «Posso conoscere il vostro nome?»

    «Mi chiamo Nicholas Hatton, ma il mio nome non può dirvi niente.»

    «Come potrebbe? Non ci siamo mai incontrati prima. Vi sono debitrice per il vostro aiuto, ma che cosa vi ha portato qui?»

    Lui fece una breve risata. «Sto cercando una stanza per la notte. Non è una pubblica locanda?»

    «Lo è, ma in questo momento è chiusa. Abbiamo poco personale.»

    «Davvero? Il vostro uomo mi ha dato una chiave.»

    «Matthew dev’essersi sbagliato. Mi dispiace, signore, ma dovete andarvene.»

    Lui guardò verso la finestra oscurata dalla pioggia battente. «Suvvia, mi rifiutereste un riparo in una notte simile?»

    Sophie era allarmata dalla sua insistenza. Alto e possente, sarebbe potuto diventare violento, se contrariato, e Matthew non sarebbe stato in grado di tenergli testa. Si pentì di avergli detto che era a corto di personale. E se fosse venuto per derubarla? Non c’era niente di valore nella locanda, ma lei e Kit si sarebbero potuti trovare in pericolo, se non le avesse creduto.

    Sembrò leggerle nella mente. «Non ho intenzione di derubarvi» affermò.

    Lei arrossì fino alla radice dei capelli. «Non pensavo a questo» mentì.

    «Se non l’avete pensato, siete un’incosciente. Siete sola, signora, e il vostro aiutante non mi è sembrato robusto.»

    «Sa ancora impugnare una pistola» replicò punta sul vivo.

    «Non ce ne sarà bisogno.»

    Nicholas Hatton si adagiò allo schienale della sedia, completamente a suo agio, e proseguì: «Trattate così tutti i vostri clienti? Ho visto l’ultimo uscire senza troppe cerimonie».

    Sophie lo incenerì con lo sguardo. «E avete osato ascoltare una conversazione privata? Da quanto tempo eravate lì? Perché non avete manifestato la vostra presenza?»

    «Ero affascinato dallo spettacolo, signora.» La guardò con espressione maliziosa. «Inoltre temevo di mettervi in imbarazzo» disse con un sorriso che mise in mostra i denti perfetti.

    «I miei affari non vi riguardano» replicò lei in tono tagliente.

    «Al contrario, signora Firle.»

    Ora non sorrideva più e Sophie lo vide per quello che era: un individuo pericoloso.

    «Come mai conoscete il mio nome?» chiese. «E che cosa volete da me?»

    Impugnò il candelabro, pronta a usarlo come un’arma e a barricarsi nella stanza di Kit. L’uomo glielo tolse di mano senza scomporsi.

    «Dovreste stare più attenta con il fuoco, mia cara. E adesso, volete sedervi e ascoltare quello che ho da dirvi?»

    «Non desidero parlare con voi. Vi prego di andarvene. Non siamo lontani da Brighton e lì troverete sicuramente una sistemazione per la notte.»

    La interruppe in un tono che non ammetteva repliche: «Me ne andrò non appena avrò portato a termine il mio compito».

    «Quale sarebbe?» Sophie decise di passare al sarcasmo. Non si aspettava che le dicesse la verità, ma sospettava che il suo visitatore avesse qualcosa a che fare con i contrabbandieri che infestavano le coste da quando la Francia aveva dichiarato il blocco continentale interrompendo i commerci con l’Inghilterra. Ebbene, se pensava di aver trovato un rifugio sicuro, si sbagliava.

    «Il mio compito riguarda voi.»

    Sophie arretrò, ma prima che potesse raggiungere la porta lui le bloccò ogni via di fuga.

    «Non abbiate timore. Non voglio farvi del male.»

    «Allora lasciatemi andare» mormorò lei, il fiato in gola.

    «Appena avrete sentito quello che ho da proporvi.»

    «Potete risparmiare il fiato. Questa locanda non sarà mai un covo di contrabbandieri.»

    «Ora state saltando a conclusioni affrettate, mia cara. Pensavo che vi interessasse sapere come è morto esattamente vostro marito.»

    Sophie sgranò gli occhi, poi il mondo sprofondò nell’oscurità.

    Quando si riprese, era seduta su una sedia, il capo bloccato sulle ginocchia da una mano che le serrava la nuca. Poi dita forti le sollevarono il mento e due occhi scuri la fissarono.

    «Va meglio?»

    Annuì brevemente, incapace di parlare.

    Hatton prese a percorrere la stanza a grandi falcate.

    «Perdonatemi se sono stato brutale» disse in tono più gentile, «ma dovevo trovare un modo per vincere la vostra resistenza.»

    «Ci siete riuscito.» La sua voce era poco più di un sospiro. «Volete torturarmi? La morte di Richard è stata un incidente. Le scogliere sono pericolose e di notte non ha visto il ciglio.»

    «Il sentiero non è forse segnato con pietre dipinte di bianco? Si vedono perfino nella nebbia.»

    «Che cosa volete dire?» Sophie fissò lo sconosciuto, scossa da un tremito incontrollabile.

    Invece di rispondere, lui le porse un altro bicchiere di brandy.

    «Bevete. Ne avete bisogno.»

    «Andatevene» mormorò lei allontanando il bicchiere con la mano.

    Hatton esitò, ma poiché non c’era modo di attutirle l’impatto della verità decise di andare dritto al sodo. «Richard Firle è stato assassinato.» Per un attimo pensò che sarebbe svenuta nuovamente. Aveva chiuso i grandi occhi grigi

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