Il mio principe è tornato: Harmony Jolly
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Per le principesse Rossiano di Domodossola il dovere viene prima dell'amore. Quasi sempre...
La Principessa Donetta Rossiano di Domodossola non ha mai dimenticato il suo primo e unico amore: il Principe ereditario Enrico di Vallefiore. A causa di un'antica rivalità tra i loro regni, ai due giovani era stato impedito anche solo di frequentarsi, finché a un certo punto Enrico era sparito, facendo pensare a Donetta che non l'avesse mai amata.
Adesso Enrico è tornato, e questa volta a chiederle di diventare sua moglie così da unire i due regni. Donetta sente di dover accettare, ma pone una condizione: concederà la propria mano solo in cambio di una vera prova d'amore.
Rebecca Winters
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Il mio principe è tornato - Rebecca Winters
successivo.
Prologo
Allo squillo di tromba seguì la voce del commentatore dell'evento sportivo.
«Quest'anno la vincitrice del concorso Emerian, nella categoria juniores di dressage, è la sedicenne principessa Donetta Rossiano di Domodossola. Congratulazioni a questa valorosa amazzone e a Blaze, la sua cavalcatura!»
A quelle parole, la folla applaudì con entusiasmo.
«La giovane principessa si è rivelata un'autentica campionessa fin dal suo esordio, al concorso di Windsor, quando aveva appena dieci anni ed era accompagnata dal padre, re Victor di Domodossola» proseguì il commentatore. «Oggi è qui con il suo allenatore, il principe Lorenzo, cugino di suo padre anche lui campione di equitazione.»
Quell'annuncio fu seguito da altri applausi.
«E ora Sua Altezza Reale la regina Anna di Emeria, premierà la vincitrice del concorso ippico» concluse il presentatore.
Donetta sorrise, felice di avere vinto la gara, ma ancor più emozionata al pensiero che avrebbe ricevuto il premio dalla regina.
Era una fortuna per la giovane, elegantissima sovrana di Emeria, essere nata in una nazione in cui il trono si ereditava anche in linea femminile, pensò.
Maggiore di tre sorelle, fin da bambina sognava di diventar la regina di Domodossola, nonostante nel loro piccolo regno vigesse ancora la legge salica, secondo la quale si ereditava il trono solo in linea maschile. Ma lei nutriva la segreta speranza di potere abrogare quella legge ormai superata.
«Hai meritato la vittoria» disse con un sorriso il principe Lorenzo, avvicinandosi a lei. «Ero sicuro che ce l'avresti fatta. È un vero peccato che la tua famiglia non sia qui. Sarebbero tutti molto fieri di te.»
«Grazie, Lorenzo. Quello che importa è che tu sia qui» replicò Donetta. «Sei il mio allenatore e se ho vinto è anche merito tuo» aggiunse, ricordando che il principe era a sua volta un ex campione di equitazione. Gli sorrise, lieta che fosse stato lui ad accompagnarla al concorso. Le faceva sempre da chaperon in quelle trasferte. Non la opprimeva con la sua presenza e le permetteva anche qualche divertimento.
«Principessa, vuole seguirmi sul palco?» disse uno dei giudici di gara, richiamando la sua attenzione.
«Vai a ritirare il meritato premio» le sussurrò Lorenzo.
Fra gli applausi del pubblico, Donetta si avvicinò al palco d'onore, dove le furono scattare delle foto insieme alla regina.
«Sei l'amazzone più straordinaria che abbia mai visto» le disse la regina Anna, consegnandole la coppa della vittoria. «Mi aspetto di vederti vincere molti altri concorsi su quel cavallo.»
«Grazie, Maestà. La vostra stima mi onora» rispose Donetta. Per un istante si concesse di immaginare di essere un giorno lei stessa regina e di rivolgere il medesimo complimento a una giovane amazzone.
Donetta prese la coppa sulla quale era appena stato inciso il suo nome, e dopo avere salutato il pubblico, tornò da Lorenzo, gustando la gioia per la vittoria.
Suonò un altro squillo di tromba, seguito da un nuovo annuncio.
«Il vincitore maschile di quest'anno nella categoria juniores è un giovane campione che abbiamo già applaudito insieme al suo cavallo al concorso di Windsor all'età di dieci anni. Il principe Enrico Montedoro di Vallefiore, in sella a Rajah» disse lo speaker. «Fra pochi istanti, Sua Altezza la regina Anna consegnerà la coppa al vincitore.»
Il principe Enrico era in piedi, vicino al cugino, il principe Giovanni.
Giovanni aveva perso i genitori in un incidente aereo. Dopo averlo presentato a Donetta, Enrico le aveva spiegato che i suoi genitori avevano adottato Giovanni, e che quindi erano cresciuti insieme come fratelli.
Per quanto la riguardava, aveva provato una simpatia immediata per Giovanni, ma anche adesso non aveva occhi che per Enrico.
Proprio in quel momento lui la guardò e dalla sua espressione Donetta intuì che Enrico era altrettanto lieto di vederla.
Avevano dei progetti per il dopogara.
Se sua sorella Fausta, quindicenne, fosse stata lì, le avrebbe detto che Enrico era bello come un divo del cinema.
Enrico era più che affascinante, pensò Donetta, che aveva una cotta per lui da almeno sei anni, quando l'aveva visto esibirsi per la prima volta a Windsor nella sua stessa categoria di dressage.
Anche all'età di dieci anni, Enrico Montedoro di Vallefiore era stato più alto e muscoloso degli altri concorrenti della sua età. Con il bel viso abbronzato e i capelli scuri, era stato sicuramente il più attraente.
Nonostante a quell'epoca fosse stata poco più di una bambina, aveva notato tutto di lui, dagli splendidi occhi scuri al suo imponente cavallo baio, Malik.
Soprattutto, aveva ammirato la sintonia fra cavallo e cavaliere. Come se fossero un'unica entità.
Sei anni prima, al termine della gara, Enrico si era avvicinato per complimentarsi della sua abilità come amazzone. E lei aveva ricambiato i complimenti al bel cavaliere.
Da quel giorno, ogni volta che partecipavano a qualche concorso all'estero, cercavano di trascorrere insieme il tempo libero. Discutevano delle loro gare, parlavano delle rispettive esistenze e, assorti l'uno nell'altro, perdevano invariabilmente la cognizione del tempo.
Il fascino di Enrico e la sua intelligenza brillante facevano sì che lei non avesse occhi per nessun altro ragazzo partecipante ai concorsi ippici.
Dopo le gare trovavano sempre tempo e modo per stare insieme, parlare, ridere e scherzare.
Ma quel giorno, guardando Enrico che riceveva dalle mani della regina il trofeo della vittoria, Donetta notò che il ragazzo stava diventando un uomo, il cui fascino e carisma avevano un effetto a dir poco letale su di lei.
Sconcertata, in quel momento si rese conto che la cotta adolescenziale per Enrico si stava trasformando in un vero e proprio innamoramento.
La cerimonia di premiazione era terminata e Donetta si affrettò a consegnare a suo cugino la coppa che aveva in mano, sapendo che Lorenzo si sarebbe fermato sul campo per sbrigare alcune formalità con i giudici di gara.
«Ci vediamo all'ingresso fra un'ora?» le domandò.
«D'accordo. Grazie!» annuì lei.
«So bene perché sei sempre così lieta di partecipare a ogni competizione all'estero, e ho chiuso un occhio» le disse inaspettatamente Lorenzo. «Divertiti, ma fa' attenzione e ricorda: sei promessa sposa al principe Arnaud. Non dimenticare che i Rossiano e i Montedoro sono in lotta da duecento anni per questioni commerciali. Se i tuoi genitori dovessero scoprire che hai un debole per il principe Enrico...»
«Non preoccuparti» lo interruppe Donetta. «Sono sempre prudente e so che tu non lo dirai nessuno.» A dire il vero, quell'avvertimento non la turbò più di tanto, concentrata com'era sul pensiero che di lì a poco sarebbe stata in compagnia di Enrico.
Dopo avere rivolto un cenno di saluto a Lorenzo, Donetta si allontanò a passo svelto, in direzione delle scuderie.
«Donetta?»
La voce calda e virile che ben conosceva, le procurò un delizioso brivido.
«Enrico!» sorrise lei, voltandosi. Era così eccitata di vederlo che a malapena riusciva a nasconderlo.
«Congratulazioni per la vittoria» le disse Enrico gentilmente. «Una gara eccezionale.»
«Lo stesso vale per la tua... Che ne dici di parlarne in un luogo più privato? Possiamo prendere i nostri due cavalli e andare a fare una passeggiata senza sella, nel parco intorno all'ippodromo» gli propose.
Era inutile nasconderlo. Voleva stare con lui. E all'inferno le vecchie faide di famiglia e le pressioni dei suoi genitori perché sposasse il principe Arnaud!, pensò.
Anche i genitori di Enrico stavano facendo pressioni perché a tempo debito si fidanzasse con una cugina, la principessa Valentina Vallefiore. Ma lui aveva risposto loro che non aveva nessuna intenzione di acconsentire a quel fidanzamento.
Insieme si avvicinarono al box dove Blaze, il cavallo di Donetta, era stato portato dopo la gara.
«Vado a prendere Rajah e ti raggiungo» le disse Enrico. Un attimo dopo sorrise, guardandola negli occhi. «Per favore, puoi togliere il cappello da amazzone per andare nel parco?»
«Perché?» domandò lei con una risatina.
«Adoro i tuoi capelli» le rispose semplicemente. Detto ciò, si allontanò in fretta.
Donetta rimase un istante a guardarlo, pensando che nessuno indossava stivali da equitazione e divisa di cavaliere meglio del principe Enrico Vallefiore di Montedoro. Ed era cresciuto ancora in altezza dall'ultima volta che lo aveva visto, concluse, divorandolo con lo sguardo.
La sua richiesta le aveva provocato un altro brivido di eccitazione. Senza esitare, tolse giacca e cappello da amazzone. Sciolse i lunghi capelli biondi che aveva raccolto in una treccia e si avvicinò a Blaze. Gli offrì un piccolo premio dolce e lo abbracciò.
«Sei stato fantastico, oggi. Ti voglio bene» gli sussurrò, accarezzandogli il muso. «Che ne dici di andare a fare una passeggiata con Rajah? Senza sella.»
Donetta fece uscire Blaze dal box e poi montò a cavallo.
Niente più gare per quel giorno. Niente più regole. Solo divertimento con l'unico ragazzo al mondo che le faceva battere più forte il cuore. Bastava il fatto che lui l'avesse invitata a fare una passeggiata a riempirla di felicità.
Poco dopo Donetta vide Enrico avvicinarsi in sella al suo imponente stallone baio.
Anche lui si era tolto giacca e capello, aperto il colletto della camicia bianca. Il sole gli accendeva di riflessi i capelli scuri.
Enrico pensò che nessuna principessa poteva essere paragonata a Donetta Rossiano.
Poesia in movimento, in sella o non in sella alla sua cavalla.
Queste erano le parole che suo cugino Giovanni aveva usato per descriverla.
Aveva una figura sottile e ben modellata, molto femminile, e un portamento regale ed elegante che lo faceva letteralmente impazzire.
Senza la giacca di panno blu, con una semplice camicetta bianca, pantaloni beige e stivali, era a dir poco spettacolare. Soprattutto senza cappello, con i capelli biondi che le coprivano spalle e schiena come un'onda dorata.
Donetta era stata carina fin da piccola. Ma la bambina si era trasformata in una vera e propria sirena dagli occhi verdi.
Ogni volta che la vedeva in mezzo alla folla, sempre circondata da una piccola corte maschile di ammiratori, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
«Oggi hai gareggiato con un nuovo cavallo, Enrico. Perché l'hai chiamato Rajah?» gli domandò Donetta.
Quella domanda lo riscosse dalle sue fantasie. «Per onorare le sue origini. Da secoli i suoi antenati corrono come il vento nelle steppe, e adesso anche nelle pianure del nostro regno.»
«È un esemplare assolutamente stupendo. Sono sicura che in sella a Rajah vincerai tutte le gare a cui parteciperai.»
«Lo spero» annuì Enrico.
«Ne sono sicura» insisté Donetta con convinzione. Sorrise mentre imboccavano uno dei sentieri del parco.
Quando raggiunsero una radura fra gli alberi, smontarono da cavallo.
«Luogo ideale per il picnic che ho organizzato» disse Enrico, guardandosi intorno.
Da uno zaino estrasse un plaid e poi panini imbottiti, frutta e bibite.
«Che bella sorpresa, Enrico» esclamò Donetta, sedendosi con lui sul plaid.
«Mi piacerebbe trascorrere con te il resto del week end, ma non è possibile» disse lui, mentre facevano merenda. «Vorrei tanto che fossimo già maggiorenni... Così nessuno potrebbe impedirci di stare insieme. Mi piacerebbe invitarti a cena e a ballare.»
«Adesso i miei genitori non me lo permetterebbero. E i tuoi?»
«Se potessi, fuggirei anche adesso con te in capo al mondo, ma non è possibile. Dobbiamo aspettare di compiere diciotto anni. Allora faremo tutto ciò che vogliamo» rispose Enrico.
«Ti penso sempre» mormorò Donetta, senza fiato per quella dichiarazione.
«Anch'io» confessò lui, guardandola negli occhi. «Non appena saremo maggiorenni, staremo insieme. È una promessa. Nel frattempo dobbiamo accontentarci di un picnic.»
«La prossima volta, ci penserò io a organizzarlo» disse Donetta. Diede un'occhiata all'orologio ed emise un gemito. «Sarà meglio che torni alle scuderie. Lorenzo mi ha concesso un'ora libera.»
«Cosa accadrebbe se tornassi con un paio d'ore di ritardo?»
«Preferisco non scoprirlo» rispose lei.
«Era solo un'ipotesi, Ma questo non mi impedisce di sognare.»
«Lo so. Anch'io non vedo l'ora di poter prendere da sola le mie decisioni.»
Donetta si alzò e aiutò Enrico a riordinare. Dopo aver messo plaid e avanzi della merenda