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Un segreto mozzafiato: Harmony Privé
Un segreto mozzafiato: Harmony Privé
Un segreto mozzafiato: Harmony Privé
E-book213 pagine4 ore

Un segreto mozzafiato: Harmony Privé

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Info su questo ebook

"Ti faccio paura?"
Passare dall'ufficio alla camera da letto comporta sempre delle conseguenze.

Xander King non sa cosa sia peggio: odiare la sua sorellastra o desiderarla in ogni modo possibile. Tanto più che l'ha anche assunta! Ma cos'altro avrebbe potuto fare? Nessuno vuole lavorare con un King a causa della scia di violenza che suo padre ha lasciato dietro di sé. Poppy però non sembra temerlo, anzi, trova eccitante il suo potere proprio come lui si accende davanti a quelle curve mozzafiato. Ma un segreto che si porta dentro da troppo tempo rischia di rovinare tutto e di sovvertire le regole di quel gioco seducente.
LinguaItaliano
Data di uscita11 nov 2019
ISBN9788830506947
Un segreto mozzafiato: Harmony Privé

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    Anteprima del libro

    Un segreto mozzafiato - Jackie Ashenden

    successivo.

    1

    Xander

    Innanzitutto era il suo nome. Non avevo idea di cosa avesse avuto in testa sua madre Lily, all'epoca. Poppy come primo nome poteva andare; Valentine di cognome anche. Ma insieme? Appariscente. Adatto più a una ballerina di burlesque che a una persona reale.

    Un'opinione personale, ovviamente, tuttavia provavo imbarazzo ogni volta che lo sentivo pronunciare.

    Secondo, era la mia sorellastra. Fin dal primo giorno che mio padre la presentò a me e ai miei due fratelli, Poppy si dimostrò inverosimilmente scortese.

    Aveva dieci anni contro i miei quindici e già allora era fottutamente irriverente.

    Purtroppo, papà mi aveva scelto per tenerla d'occhio e lei non si faceva scrupoli a farmi capire quanto poco fosse impressionata non solo da me, ma anche dalla famiglia King in generale.

    Di nuovo bene, dato che nemmeno io ero impressionato da quella ragazzina e dal suo atteggiamento.

    Terzo, tutta quella impertinenza e sarcasmo erano avvolti in un pacchetto straordinariamente bello. Poppy aveva una nuvola di capelli neri ricci che sembravano morbidi al tocco tanto quanto erano taglienti le frecciate che uscivano dalla sua bocca; una pelle che, con certe luci, pareva oro puro mentre con altre bronzo; gli occhi, invece, erano del colore del rame fuso e aveva curve da urlo, fatte apposta per distrarre un uomo. Non che io le avessi notate. Affatto.

    Quarto, avevo bisogno di un'assistente personale e anche se Poppy era l'ultima persona al mondo che avrei assunto, iniziava a diventare sempre più evidente che non avessi scelta, dal momento che nessuna agenzia di lavoro interinale di Sydney voleva avere a che fare con un King.

    Mio padre, Augustus King, era stato a capo del più grande impero criminale della città prima del suo arresto, avvenuto cinque anni prima, e ci erano voluti anni a me e ai miei fratelli per trascinare fuori dal fango il nostro nome.

    Malgrado le nostre attività assolutamente legali nel settore dello sviluppo immobiliare, gli abitanti di Sydney non ci avevano ancora assolto.

    Non era bastato a riscattarci nemmeno il matrimonio di mio fratello Leon con Vita Hamilton, la figlia di uno dei loro benefattori preferiti.

    No, evidentemente avevamo ancora parecchia strada da fare e mi stava bene. Ci stavamo sbarazzando degli ultimi residui dell'impero di nostro padre, scovando e facendo piazza pulita delle sue menzogne e anche se non c'eravamo riusciti del tutto, presto ce l'avremmo fatta.

    Non essere nelle condizioni di avere un ottimo staff era una scocciatura minore. Naturalmente, il fatto che nessuno volesse lavorare per me poteva dipendere in parte dalla mia reputazione di bastardo freddo e spietato, ma non era neppure quello il punto.

    Non volevo assumere Poppy, cazzo!

    Purtroppo avevo bisogno di qualcuno. Qualcuno di cui potessi fidarmi, che non fosse in combutta con i nostri nemici e in giro ce n'erano molti. Qualcuno che non sperasse ancora in un ritorno di mio padre e volesse entrare nelle nostre grazie.

    Poppy poteva non essere la mia prima scelta come assistente personale, e a essere sinceri era la mia ultima, ma almeno di una cosa ero sicuro, ossia che non aveva nulla a che fare con l'impero di Augustus King. Non mi fidavo di lei, per nulla, tuttavia non avevo molta scelta, considerando la mancanza di altre candidate.

    E adesso Poppy era seduta alla testa del grande tavolo della sala riunioni negli uffici di Sydney della King Enterprises; precisamente sulla sedia del mio fratello maggiore, Ajax, con i suoi dannati piedi appoggiati sul bordo del tavolo e le mani dietro alla testa, intenta a canticchiare come se fosse annoiata.

    Cristo! Quella donna non aveva il minimo rispetto! A peggiorare la situazione, i jeans attillati che indossava sottolineavano la forma sensuale delle sue lunghe gambe.

    Inoltre portava una minuscola T-shirt con qualche scritta di un gruppo punk e il modo in cui stava seduta faceva tirare la stoffa della maglietta sul suo seno pieno.

    Quinto punto della mia lista di cose che odiavo di lei era il fatto che la volessi scopare. Poco importava cosa uscisse dalla sua bocca, cosa facesse, o quanto fosse indifferente, irriverente, sarcastica e totalmente scortese: volevo scoparla. E basta.

    Il che non solo mi faceva arrabbiare, ma infuriare di brutto. Non ero un uomo che permetteva alle proprie emozioni, o libido, di intralciare la sua logica e il suo buonsenso, ma Poppy Valentine sembrava avere un filo diretto con entrambi e metterli al tappeto a ogni occasione buona.

    Come adesso, per esempio.

    La fissavo dal mio posto all'altro capo del tavolo, ignorando il desiderio di afferrarle uno dei suoi piedi insolenti e trascinarla lungo il legno lucido, fino a mettermela in grembo e mostrarle le conseguenze della sua strafottenza.

    Naturalmente mi astenni.

    Era la mia sorellastra e uno degli ultimi ordini di mio padre, prima del suo arresto, era stato quello di occuparmi di lei e di sua madre. Il fatto che nessuna delle due lo desiderasse era un'altra fonte di irritazione costante.

    Ero un uomo di parola che manteneva le promesse, persino alla persona che mi aveva sempre mentito. Quindi mi sarei preso cura di Poppy e questo significava non toccarla. Non che lo avrei fatto comunque; preferivo donne che non si davano la pena di farmi incazzare.

    «Non mi sembra che tu stia prendendo la mia offerta molto seriamente» le dissi freddo, compiaciuto che il mio autocontrollo fosse apparentemente saldo.

    Poppy mi ignorò, continuando a fissare il soffitto e battendo il piede a ritmo di una musica silenziosa. Quella donna aveva desiderio di morire. E poi vidi un lampo bianco in mezzo alla massa di capelli neri. Gesù! Aveva gli auricolari.

    Era venuta a quell'appuntamento, a cui aveva accettato di partecipare, come mi aveva assicurato la mia matrigna, e aveva deliberatamente scelto di non ascoltare ciò che avevo da dirle.

    Il mio malumore cominciò a strattonare il guinzaglio con cui lo tenevo a bada, ma decisi di ignorarlo. La rabbia non era mai produttiva. Infatti, la passione di solito portava con sé solo bugie, malintesi e altre... difficoltà. Mio padre ne era il tipico esempio, avendomi fornito una lezione che non mi sarei mai potuto permettere di ignorare.

    Con calma spostai indietro la sedia, mi alzai e girai attorno al tavolo raggiungendo Poppy. Lei non mi guardò; evidentemente non aveva notato cosa stavo facendo. Bene. Mi fermai dietro la sua sedia, dopodiché mi chinai, sollevai le mani e afferrai contemporaneamente il filo degli auricolari strappandoglieli dalle orecchie.

    Poppy puntò i suoi bellissimi occhi color rame nei miei. Per un secondo pensai di intravedervi qualcosa che non era sdegno, disprezzo, o rabbia, anche se non seppi identificarlo. Ma poi sbatté le palpebre e qualunque cosa fosse sparì.

    «Cosa credi di fare?» le chiesi mantenendo il mio tono freddo.

    «Sto ascoltando musica, mi pare ovvio, no?» Poppy non pareva preoccupata che l'avessi beccata a farsi gli affari suoi, il che era irritante quasi quanto il modo in cui la sua voce roca mi si insinuò sotto la pelle.

    «Si dà il caso che tu debba ascoltare ciò che ho da dirti. Era questo lo scopo della nostra riunione.»

    Poppy alzò gli occhi al cielo. «Quando avrai qualcosa di interessante da comunicarmi allora ti starò a sentire. Finora ho trovato tutto noioso.»

    La maniera in cui mi ero chinato su di lei ci aveva fatti avvicinare parecchio e potevo inspirare il suo profumo, una fragranza dolce simile al gelsomino. Una scelta strana per una donna così tagliente e intrattabile. Lo trovavo persino inebriante, altra cosa che detestavo di quella ragazza.

    «Come fai a sapere che è noioso se non ascolti?»

    Avrei voluto affondare le dita in quei morbidi ricci che ricadevano sulla spalliera della sedia e tirarglieli, così che non riuscisse più a muoversi.

    Che non potesse fare altro se non implorare.

    «Non ne ho bisogno.» Lo sguardo di Poppy era di sfida. «Tutto quello che dici è noioso a prescindere.»

    Era evidente che volesse che io ribattessi e le dessi una risposta di qualche tipo, ma per quanto lo desiderassi, non era mia abitudine assecondarla.

    «C'è uno studio di architettura a Londra» le dissi giocando il mio asso nella manica. «Mi è giunta voce che ti piacerebbe lavorare per loro.»

    L'insolente espressione sul suo volto sparì come previsto. Avevo fatto le mie ricerche. Prima di affrontare il nemico era sempre meglio scoprire il più possibile sul suo conto, i punti di forza e quelli di debolezza. E io avevo scoperto quelli di Poppy.

    Sua madre si era lasciata scappare che stava cercando disperatamente di ottenere un tirocinio in un prestigioso studio di architettura londinese, il che era provvidenziale dato che conoscevo il capo piuttosto bene.

    Poppy mi guardò in tralice. «Potresti smetterla di incombere su di me? È maledettamente irritante.»

    Quindi Lily non aveva mentito. Poppy era molto interessata a lavorare per loro. Soddisfatto, mi raddrizzai e mi infilai gli auricolari nella tasca dei pantaloni. Lei serrò la mascella ed ero consapevole che fosse dibattuta se chiederli indietro o no. Le risolsi il problema.

    «Te li ridarò quando avrò finito.»

    «Sono miei.»

    «Non mi interessa. Questo è un appuntamento d'affari e non ho tempo per i tuoi scontrosi drammi da ragazzina.»

    «Sei uno stronzo.»

    «E tu una rogna. Sono contento che abbiamo chiarito i rispettivi punti di vista.»

    Tornai al mio posto e mi sedetti incrociando le mani sul tavolo davanti a me.

    Lo sguardo di Poppy incontrò il mio. I suoi occhi rame sprizzavano fuoco. Non si era preoccupata di togliere i piedi dal tavolo. Anzi li tenne deliberatamente lì, ovviamente per farmi incazzare. Be', non le avrei dato quella soddisfazione.

    «Adesso che ho la tua attenzione, sei pronta ad ascoltarmi? Oppure devo chiedere alla Sicurezza di accompagnarti alla porta?»

    Poppy si lasciò andare contro lo schienale della sedia e incrociò di nuovo le mani dietro alla testa. Questa volta, però, fissandomi.

    «Okay» mi disse, come se non si trattasse di una questione importante. «Mamma mi ha detto che avevi una specie di offerta meravigliosa da farmi. Sentiamola allora.»

    Come se fossi io quello che era andato da lei e non viceversa. Davvero era un mistero perché il mio cazzo fosse così interessato a Poppy quando il resto di me non poteva sopportarla. E non solo perché era bella. C'era qualcosa nel modo in cui continuava a sfidarmi che trovavo... eccitante. Non ero nemmeno sicuro del perché, considerando che non avevo mai avuto prima questo tipo di reazione con una donna. Non lo avrei mai capito.

    «Ho bisogno di un'assistente personale» le dissi andando dritto al punto. «L'ultima che avevo se ne è andata ieri e non posso stare senza. Inoltre faccio molta fatica a trovare qualcuno disposto a lavorare per un King.»

    «Chissà perché» commentò Poppy. «Oh, aspetta un momento. Potrebbe essere per via di tutto quel crimine? O forse è perché sei un coglione?»

    «Sarebbe per un mese» continuai, come se non avesse parlato. «Finché non troverò un rimpiazzo permanente. L'orario è lungo, ma sarai ben ricompensata e...»

    «No.»

    Non capitava spesso che la gente mi interrompesse. Oltre alla mia reputazione di freddo e spietato bastardo, ero anche famoso per concedere alle persone un'unica possibilità. Se uno sbagliava era fuori senza discussioni. Non era una questione personale, bensì di affari. Il tempo era denaro e se c'era una cosa che detestavo era perdere soldi.

    Non a caso ero il responsabile finanziario della King Enterprises.

    «Non ho finito» le dissi freddo.

    «Tu forse no, ma io sì.» Spingendo indietro la sedia Poppy si alzò e si avviò alla porta. «Puoi tenerti gli auricolari.»

    La lasciai raggiungere la porta, poi le dissi: «Dirò alla signora Jordan che non sei interessata a un tirocinio da loro. Sono sicuro che abbia molti altri candidati, per cui immagino che non sarà molto preoccupata all'idea di perderti».

    Poppy aveva già una mano sulla maniglia e mi dava la schiena. Calò un improvviso silenzio.

    «Hai parlato con la signora Jordan?»

    Questa volta la sua voce aveva perso il suo precedente disprezzo. Avrei sorriso se fossi stato un uomo diverso, ma non lo ero e ne avevo abbastanza di questo stupido gioco.

    «Sì» risposi piatto. «È d'accordo a farti fare il tirocinio a una condizione: che tu abbia da me delle buone referenze.»

    Le spalle di Poppy si irrigidirono, tuttavia non si voltò.

    «Perché sono necessarie?»

    «Perché le ho detto che lo erano.» Fissai la sua figura rigida; la tensione contrastava con la morbidezza delle sue curve. «Adesso sei pronta a sederti come una brava ragazza e ascoltare quello che ho da dirti?»

    2

    Poppy

    Non volevo girarmi perché sapevo che cosa avrei visto: la soddisfazione dipinta sul bellissimo e stupido volto di Xander King.

    Lo odiavo tantissimo!

    Come faceva a sapere del tirocinio? Chi glielo aveva detto? C'era soltanto una persona a cui lo avevo menzionato e...

    Maledizione! Naturalmente. Mia madre. Interferiva sempre e aveva un debole per Xander. Dio solo sapeva perché.

    Avrei dovuto sapere che quella richiesta di un incontro avrebbe avuto delle condizioni, perché era sempre così quando c'erano di mezzo gli uomini. Niente era gratis con loro. Bastava che guardassi mia madre per capirlo.

    Sei pronta a sederti come una brava ragazza?

    Sentii un brivido lungo la schiena, come succedeva ogni volta che parlava con la sua voce fredda e profonda. E con quel tono di autorità che raggiungeva qualcosa dentro di me. Una mia parte che detestavo.

    Dio, non volevo guardarlo. Odiavo guardarlo. Tuttavia avevo trascorso anni a ripetermi che non mi importava affatto di lui, così mi obbligai a voltarmi e ad assumere un'espressione di assoluta noia.

    Purtroppo, per quanto continuassi a dirmi che non me ne fregava niente, come al solito in sua presenza sentii un pugno allo stomaco.

    Xander era un King e si comportava come tale, come se regnasse sull'intera città e i suoi abitanti.

    La sedia su cui era seduto era il suo trono, la sala riunioni il salone delle udienze e i dipendenti erano i suoi sudditi pronti a rendergli omaggio.

    Tutti i fratelli King erano carismatici e Xander, di sicuro, faceva la sua parte. La sua statura, le spalle ampie e il corpo asciutto, messo in risalto alla perfezione dal vestito grigio di sartoria che indossava.

    I suoi tratti erano spigolosi. Aveva sopracciglia dritte e scure, occhi neri, come i capelli corvini che teneva tagliati molto corti e un naso classico. Era un uomo intenso, freddamente bello e incredibilmente avvincente. La sua aria di assoluta sicurezza mi affascinava, ma la parte che più mi stregava era la sua bocca. Perché se il suo volto era duro, la bocca invece no. C'era una sensualità nella curva

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