La conquista dello sceicco: Harmony Destiny
Di Olivia Gates
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Olivia Gates
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Anteprima del libro
La conquista dello sceicco - Olivia Gates
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Conveniently His Princess
Harlequin Desire
© 2013 Olivia Gates
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-255-9
1
«Vuoi che sposi Kanza il Mostro?»
Aram Nazaryan si stupì lui stesso della veemenza infusa nella voce, ma nessuno poteva biasimarlo, per la miseria, se il suo tono era stato un po’ troppo aggressivo. Shaheen Aal Shalan gli aveva fatto numerose richieste anche assurde nel corso degli anni, ma quella le superava tutte.
Il fatto era che proprio non gli andava giù che il suo migliore amico si fosse trasformato, da tre anni a quella parte, in una specie di mamma chioccia. Da quando si era felicemente sposato con sua sorella Johara, si era messo in testa di dover dare un senso a quella che definiva la sua non vita. E più andava avanti e più gli dava il tormento per questo.
E pensare che si era illuso che il caro cognato fosse passato a trovarlo in ufficio per una visita di cortesia. Dopo dieci minuti di chiacchiere innocue, era tornato all’attacco, mettendolo al tappeto con il suo solito ricatto emotivo.
Ormai non si sforzava più di trovare un modo garbato e discreto per convincerlo a ritrasferirsi nello Zohayd; senza tanti giri di parole, gli diceva che doveva tornare a casa, puntando sul carico sentimentale di quella parola.
A nulla serviva rammentargli che lo Zohayd non era più casa sua e che mai e poi mai ci sarebbe tornato solo per essere l’ultima ruota del carro, soprattutto ora che Shaheen e Johara avrebbero avuto il loro secondo figlio.
Shaheen non si era dato per vinto, raggiungendo il culmine dell’insistenza. Per dimostrargli che aveva ancora un ruolo vitale e una vita piena nello Zohayd, gli aveva offerto il proprio lavoro. Gli aveva nientedimeno offerto di diventare ministro dell’economia!
Pensando che lo stesse prendendo in giro, sulle prime era scoppiato a ridere. Poteva essere nient’altro che uno scherzo dal momento che solo un nobile dello Zohayd poteva assumere un tale incarico, e da quel che gli risultava lui era semplicemente un americano franco-armeno.
Shaheen, purtroppo, non aveva riso per niente. Lui aveva già in mente come tramutarlo in un nobile. Facendogli sposare una principessa zohaydiana.
Prima che potesse protestare, suo cognato gli aveva dato il colpo di grazia rivelando l’identità della candidata che credeva perfetta per lui.
Aram gli scoccò un’occhiata incredula. «Ti ha dato di volta il cervello? Non sposerò mai quel mostro.»
«Non capisco perché la definisci così» ribatté Shaheen, che sembrava cadere dalle nuvole. «La Kanza che conosco io è tutt’altro che un mostro.»
«Allora, non stiamo parlando della stessa persona. Da quel che ricordo io, Kanza Aal Ajmaan, principessa dal ramo materno della tua famiglia, si è guadagnata quel nome a pieno titolo.»
Shaheen lo scrutava con aria sospetta, come se stesse avendo a che fare con un pazzo. «Esiste una sola Kanza... ed è deliziosa.»
«Deliziosa?» Una smorfia esagerata accompagnò quell’esclamazione. «Ammetto pure che tu ci sia rimasto male, ma non ci posso fare nulla. Neanche a dire che la salvi la simpatia. A ogni modo, mostro o non mostro, non credi che sia una pazzia propormela come sposa? È solo una bambina!»
Stavolta toccò a Shaheen torcere il viso in una smorfia. «Ma se ha quasi trent’anni.»
«Trenta? Impossibile... L’ultima volta che l’ho vista non ne aveva neppure diciotto.»
«Appunto, l’ultima volta... cioè dieci anni fa.»
Era davvero passato così tanto tempo? Si fece un rapido calcolo mentale e concluse che era effettivamente così. L’ultima volta che l’aveva vista era stato a quel fatidico ballo, qualche giorno prima che se ne andasse dallo Zohayd per sempre.
Mosse la mano, come a sminuire l’importanza di quella rivelazione. «A ogni modo, gli undici, dodici anni di differenza tra di noi non si sono accorciati.»
«Io ho otto anni più di Johara. Una differenza di quattro o cinque anni poteva essere un problema allora, ma non adesso, all’età che avete oggi.»
«Questo è quello che pensi tu, ma io...» Si interruppe, soffocando una risata e puntando un dito contro Shaheen. «Oh, no, non mi dire che mi vuoi costringere davvero a valutare l’ipotesi che me la sposi. Ti dico che è un mostro.»
«E io ti ripeto che non lo è affatto.»
«Ascolta, la Kanza che conoscevo io era una persona cupa, sinistra che faceva scappare la gente. Ricordo che ogni volta che mi fissava, avevo come la sensazione di trovarmi poi con due fori fumanti addosso, nel posto esatto in cui puntava lo sguardo.»
Shaheen emise un fischio. «Caspita, ti è rimasta impressa, se a distanza di dieci anni conservi un ricordo di lei così vivido che ti suscita ancora delle reazioni intense.»
«Intense in senso negativo, però» obiettò. «Già trovo agghiacciante che tu mi proponga un matrimonio di convenienza, ma addirittura con la persona che più di tutte mi faceva accapponare la pelle dalla paura...»
«Paura?» ripeté Shaheen. «Non credi di esagerare?»
«D’accordo, forse mi sono espresso male. Non è che proprio mi spaventasse, però mi disturbava. Lei è una persona disturbata. Mi ricordo che una volta si presentò con i capelli viola, il corpo dipinto di verde e le lenti a contatto gialle. E un’altra si fece tutta bianca come un coniglio albino, con gli occhi rossi. L’ultima volta che l’ho vista aveva i capelli blu e il trucco da zombie. Allora sì che mi spaventai.»
Shaheen sorrise. «Sì, ma a parte il bizzarro colore dei capelli e degli occhi, mi spieghi che cos’è che ti inquieta tanto di lei?»
«Il modo in cui pronunciava il mio nome, per esempio, come se fosse una maledizione. Ho sempre avuto la sensazione che fosse in qualche modo... posseduta.»
Il cognato si ficcò le mani in tasca con aria di compiacenza. «A quanto pare, è proprio la persona di cui hai bisogno, quella che può scuoterti dal gelo emotivo nel quale sei sprofondato da vent’anni a questa parte.»
«A questo punto, per dissipare il gelo, perché non gettarmi direttamente in un inceneritore? Sarebbe molto più efficace e meno indolore.»
Shaheen si limitò a rivolgergli lo sguardo compassionevole dell’uomo appagato disposto a fare qualunque cosa pur di salvare un poverino dalla sua arida esistenza.
«Smettila di guardarmi con quell’espressione di pietà. La mia temperatura emotiva è a posto.»
«Magari fosse come dici tu. Anche Johara, come me, avverte la freddezza che emani. I tuoi genitori non si danno pace, ritenendosi responsabili della tua decisione di restare con tuo padre nello Zohayd.»
«Nessuno mi ha costretto. Ho scelto io di rimanere con papà perché sapevo che non ce l’avrebbe fatta da solo, dopo la separazione dalla mamma.»
«E quando alla fine si sono rimessi insieme, tu avevi già sacrificato desideri e ambizioni per aiutare la famiglia. Da allora, non sei stato più capace di correggere il corso del tuo destino. E adesso sei ancora intrappolato in un mondo a parte, da dove osservi le vite degli altri in completa solitudine.»
Aram si adombrò. Era contento, incredibilmente contento per suo padre e sua madre. Per sua sorella e il suo migliore amico. Era contento che fossero tutti così felici. Ma quando gli sbattevano in faccia la sua solitudine, non riusciva a provare nessun sentimento affettuoso nei loro confronti.
«Ho preso le mie decisioni in autonomia, quindi nessuno si deve sentire in colpa per questo. La solitudine che tu lamenti mi piace. Mi ci trovo bene. Ragion per cui, mettiti l’anima in pace e lasciami vivere la mia vita come preferisco.»
«Mi faresti felice se prendessi in considerazione la mia proposta. Tirare in ballo atteggiamenti di Kanza vecchi di dieci anni non ha senso.»
«Allora te ne dico una aggiornata. Se ha ventotto anni...»
«Ventinove fra qualche mese.»
«E non è ancora sposata, un motivo ci dev’essere, non ti pare?»
Shaheen corrugò le labbra. «È vero, non è stata mai né sposata né fidanzata.»
«Vedi?» incalzò Aram, compiaciuto. «Alla sua età, secondo gli standard dello Zohayd, è già una vecchia zitella.»
«Ti credevo di idee più progressiste. Non pensavo ponessi limiti di età per una donna rispetto al matrimonio.»
«Infatti, non li pongo, e non sono affatto un reazionario. Volevo solo sottolineare che se una donna zohaydiana, per giunta una principessa, alla soglia dei trent’anni non ha mai avuto una relazione sentimentale importante significa che non è in grado di provare sentimenti. Come se fosse un’aliena.»
«La stessa cosa può essere detta di te.»
Lanciando le braccia in alto in un gesto esasperato, le lasciò poi ricadere sulle spalle dell’amico. «Ascoltami con attenzione, Shaheen, perché te lo dico una volta e non intendo ripeterlo mai più. Non mi sposerò. Né per diventare un nobile zohaydiano e fare il primo ministro, né per nessun’altra ragione. Se davvero hai bisogno del mio aiuto, sarò felice di offrirtelo ugualmente.»
Avendo messo in conto una risposta del genere, Shaheen fu pronto a ribattere: «Richiedo da parte tua un impegno full-time, per cui ti toccherà comunque trasferirti nello Zohayd».
«Ma qui ho la mia attività...»
«Che hai organizzato così bene che non sarà un problema per te seguirla da lontano, circondato come sei da personale super efficiente. E sono proprio le tue doti organizzative e il tuo fiuto nello scegliere i collaboratori giusti che mi servono nello Zohayd.»
«Non mi risulta, però, che tu abbia mai lavorato full-time» puntualizzò Aram.
«Ma solo perché, da quando ha abdicato, mi ha aiutato papà. Ora, però, vuole ritirarsi dalla vita pubblica e godersi il meritato riposo. Tra l’altro, anche con il suo aiuto mi dovevo dividere tra famiglia, lavoro e ministero; e non era facile, te l’assicuro. Ora, con un altro figlio in arrivo, il tempo da dedicare alla famiglia aumenterà. Inoltre, Johara è sempre più impegnata con i suoi progetti umanitari. Se dovessi conservare la carica, non saprei proprio dove sbattere la testa.»
Aram restrinse lo sguardo. «Quindi, dovrei sacrificare la mia vita per rendere più facile la tua?»
«Non sacrifichi proprio un bel niente. La tua attività continuerà ad andare alla grande come sempre, diventerai il migliore ministro dell’economia esistente sulla faccia della terra e avrai una famiglia... cosa che, sotto sotto, desideri da sempre.»
Già. Era l’unico maschio che conosceva che, all’età