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Sulla sabbia rovente: Harmony Collezione
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Sulla sabbia rovente: Harmony Collezione
E-book157 pagine1 ora

Sulla sabbia rovente: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

A una settimana dalle nozze col proprio "capo",Bryn si ritrova in casa l'ex marito, il miliardario sceicco arabo Kahil al-Assad con una rivendicazione a dir poco inquietante: secondo lui, le pratiche per il divorzio non sono mai state chiuse, per cui loro due sono ancora legalmente sposati! Soggiogata per l'ennesima volta dal suo fascino ammaliante, Bryn accetta di seguirlo per verificare la verità e si ritrova di nuovo nel palazzo dorato da cui era fuggita. La verità è che...
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2016
ISBN9788858953181
Sulla sabbia rovente: Harmony Collezione
Autore

Jane Porter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Sulla sabbia rovente - Jane Porter

    successivo.

    1

    Avviandosi verso la porta Bryn si guardò velocemente nello specchio appeso nell'ingresso, mentre il campanello suonava insistentemente. Vide riflessa l'immagine di un luminoso vestito bianco, due brillanti occhi azzurri, le guance soffuse di un lieve rossore... una sposa radiosa. Si sentiva davvero incantevole, più bella di quanto si fosse sentita da anni. Entro sette giorni si sarebbe sposata, sarebbe finalmente diventata la moglie di Stanley.

    Sorridendo cominciò a canticchiare la marcia nuziale e aprì la porta di ingresso: per un istante fu accecata dalle dorate onde del sole pomeridiano.

    Socchiudendo gli occhi per la luce improvvisa, intravide due ampie spalle, due zigomi pronunciati e una splendida bocca. Solo un uomo aveva una bocca così. Il cuore perse un colpo.

    «Cosa... cosa ci fai tu qui?»

    «Ciao, tesoro. Anch'io sono felice di rivederti.»

    Il tempo si fermò e per un breve istante le sembrò di essere in un posto diverso, come per effetto di un incantesimo. Era tutto esattamente come il giorno in cui l'aveva incontrato per la prima volta, quando con la sua piccola utilitaria era finita contro la Mercedes Benz argentata di lui. Fu come sentire di nuovo l'impatto dell'incidente, le mancò il respiro e rimase a bocca aperta per la sorpresa. «Kahlil...»

    «Bene, mi fa piacere che ti ricordi anche come mi chiamo.» Sembrava divertito, ma i suoi occhi dorati sorridevano sempre quando era arrabbiato, ricordò Bryn.

    «Probabilmente ti ricorderai anche di questo» le sussurrò lui quasi dolcemente agitandole un foglio davanti al viso.

    Bryn fissò quel pezzo di carta senza nemmeno riuscire a vederlo, incapace di leggerne le parole. L'unica cosa che riusciva a percepire era la penetrante voce di lui, roca, con un accento inglese molto formale. «Che cos'è?»

    «Non lo riconosci?»

    Tremando lei si appoggiò allo stipite della porta. «No.»

    «È il nostro certificato di matrimonio» le sussurrò Kahlil con voce calda e suadente. «Un piccolo pezzo di carta che ci lega ufficialmente.»

    Deve essere diventato completamente matto, pensò Bryn cercando di guardarlo negli occhi.

    Ma non aveva l'aspetto di un pazzo, tutt'altro. Sembrava calmo e perfettamente cosciente di quello che stava facendo. Come se stesse mettendo in atto un piano studiato da tempo, proprio una settimana prima del suo matrimonio...

    Improvvisamente fu percorsa da un brivido di paura: cosa sarebbe successo se Kahlil avesse scoperto Ben? Che cosa avrebbe fatto se avesse saputo di avere un figlio?

    No, lei non sarebbe mai tornata con lui, non sarebbe tornata in Zwar!

    Cercando di scacciare la paura, si fece coraggio.

    «Non capisco che cosa abbia a che vedere con noi questo documento» lo affrontò.

    «Tutto, tesoro.» Dall'alto della sua statura, lui la guardava con evidente interesse per la sua reazione.

    «Vorrei sapere come pensi di poterti sposare di nuovo quando sei ancora legalmente sposata con me.»

    Ancora sposata con lui? Ridicolo! Come poteva pensare di prenderla in giro in quel modo? Non era più una diciottenne sprovveduta!

    «Noi non siamo sposati» rispose con la voce velata di sdegno, «abbiamo divorziato tre anni fa.»

    Possibile che lui non accettasse ancora il loro divorzio? Erano trascorsi già tre anni, anzi per la precisione tre anni e mezzo...

    «Non ho voglia di scherzare, Kahlil. Forse in Zwar il divorzio non è consentito, ma qui è perfettamente legale.»

    «Lo so, tesoro. Forse hai dimenticato che mi sono laureato in legge ad Harward, un'università americana. Nonostante sia arabo, accetto la legalità di un divorzio, ma noi non abbiamo mai divorziato.»

    C'era una sottile minaccia nella sua voce, una minaccia che lei avvertì chiaramente.

    «Se credi che questo sia uno scherzo divertente...»

    «Ho mai scherzato, io?»

    No, rifletté Bryn cupamente. Kahlil era sempre stato un uomo del tutto privo di senso dell'umorismo.

    «Sto cercando di evitare di metterti in grande imbarazzo» aggiunse lui con la voce carica di tensione. «Avrei potuto aspettare fino al giorno delle nozze, in chiesa, davanti a tutti gli invitati per annunciare che sei ancora sposata con me.»

    Non poteva accettare quel tono di sfida; Kahlil con lei era sempre stato protettivo, generoso, innamorato... Quest'ultimo pensiero le fece accelerare il battito del cuore. Il loro era stato un matrimonio troppo breve. Ma lei non aveva intenzione di tornare indietro, non poteva dimenticare quello che era successo.

    «Penso sia ora che tu te ne vada.»

    Lui mise una mano sulla maniglia per impedirle di chiudergli la porta in faccia.

    «Ho cercato di essere gentile, ma forse con te è meglio comportarsi diversamente. Non ci sarà nessun matrimonio domenica prossima» la minacciò senza tanti giri di parole. «Anzi, finché sarò vivo io non sposerai mai un altro uomo!»

    Bryn si strinse nelle braccia cercando di contenere il tremito che la stava scuotendo. Forse nel suo paese gli uomini potevano imporre alle donne il velo, come vestirsi, dove andare e perfino cosa pensare, ma non negli Stati Uniti, e non in casa sua!

    «Io non ti appartengo.»

    «In Zwar, sì.»

    «Kahlil, le persone non sono oggetti!»

    Spalancando del tutto la porta, lui improvvisamente l'abbracciò, sollevandola da terra. Le sue dita erano come fuoco sulla pelle, e un brivido caldo le corse lungo la schiena. I suoi sensi stavano rispondendo esattamente come avevano sempre fatto: poteva ancora accenderla di desiderio in pochi secondi...

    «Come puoi pensare che ti lascerei sposare un altro uomo? Come puoi credere che ti lascerei andare?» le gridò quasi lui.

    «C'è un divorzio che dice...» sussurrò lei cominciando davvero ad avere paura, non tanto di lui quanto dell'idea di poter essere ancora sposata con lui. Il loro matrimonio era finito. Doveva essere finito.

    «Quale divorzio?» chiese lui in tono insolente.

    «Il divorzio... il nostro divorzio» annaspò lei.

    Un'ombra sinistra gli oscurò il viso per un istante.

    «Non c'è stato nessun divorzio. Tu non hai mai firmato i documenti, quindi le pratiche sono state sospese» spiegò lui.

    All'improvviso le si seccò la gola e il cuore cominciò a batterle talmente forte che poteva distintamente sentirne i battiti.

    «Documenti?» sussurrò, ripetendo la parola come se non la comprendesse.

    «Io ho contestato il divorzio, rifiutandomi di accettare che tu mi avessi lasciato. Ho detto al giudice che la tua era solo un'assenza temporanea, non un abbandono. Lui ti inviò dei documenti da firmare e tu non li hai mai rispediti, quindi la pratica per il divorzio è stata annullata.»

    «Hai corrotto il giudice. Gli hai dato del denaro perché stesse dalla tua parte...»

    «Non pensare male, il sistema giudiziario americano non è così corrotto. Se vuoi dare la colpa di quello che è successo a qualcuno, dalla solo a te stessa.»

    Bryn non riuscì più a pronunciare una sola parola. Era davvero possibile che lui avesse ragione? Come poteva essersi dimenticata di firmare un documento così importante? Cercò di ricordare quel terribile primo anno di separazione, quando, incinta, aveva traslocato almeno una mezza dozzina di volte, cercando lavori saltuari da fare oltre il proprio lavoro regolare per riuscire a pagare tutte le bollette.

    «Non sapevo che si potesse contestare il divorzio, in Texas...» riuscì a sussurrare.

    «In Texas è possibile fare qualunque cosa

    Improvvisamente se lo immaginò mentre stringeva a sé Ben, facendolo salire sul proprio aereo privato e portandolo via da lei. Avrebbe potuto farlo, ne aveva il diritto. Lei non avrebbe più rivisto suo figlio. L'immagine era così reale, viva e terribile che le si spezzò il cuore.

    «Perché stai facendo tutto questo?»

    Lui la scrutò con gli occhi dorati.

    «Mi hai sposato. Conosci il significato di una promessa. Io sto tenendo fede a quella promessa e lo stesso devi fare tu.»

    «Non vivrò mai più con te, Kahlil.»

    «Sei mia moglie e rimarrai mia moglie.»

    Lei incrociò le braccia sul petto come per difendersi: legata a lui tutta la vita. Sarebbe stata una vita in catene. E Ben... chiuse gli occhi incapace di sopportare l'immagine di suo figlio prigioniero con lei.

    Guardò negli occhi suo marito. Un tempo lo trovava bellissimo, adesso ne era spaventata.

    «Che cosa vuoi?»

    «Voglio te.»

    Un nodo le strinse lo stomaco. Mai, mai più.

    «Non tornerò da te.»

    Lui sorrise, un sorriso intransigente, spietato.

    «Tornerai. Ci scommetterei la mia stessa vita.» Quindi si diresse alla porta e giunto sulla soglia aggiunse: «Manderò una macchina a prenderti domani sera, ceneremo insieme e discuteremo del futuro».

    «Non c'è nessun futuro!»

    «Oh, sì che c'è! Ti va bene alle sette?»

    No, ci sarebbe stato anche Ben alle sette! Era l'ora del suo bagnetto, lei non poteva uscire! Ma non poteva nemmeno correre il rischio che Kahlil tornasse lì e vedesse suo figlio...

    «Non puoi pretendere che io sia a tua disposizione! Se quello che dici è vero...» La voce le si incrinò. «Ho bisogno di un po' di tempo. Devo fare delle telefonate e, naturalmente, devo parlare con Stan.»

    «Ah, già! Il caro Stanley... Hopper. Il tuo capo, il tuo assicuratore, il tuo fidanzato...»

    «Vattene!»

    «Sono all'albergo Four Seasons, non lascerò la città fino a quando questa questione non sarà risolta.» Si chinò verso di lei e le diede un veloce bacio sulle labbra. «Comunque, stai benissimo con quel vestito.»

    Si era completamente dimenticata di indossare il vestito da sposa! Senza pensarci si passò una mano sulla gonna, sentendo la seta delicata sotto le dita. «Volevo vedere se mi andava bene.»

    «Ti sta benissimo, davvero.»

    Bryn era ancora sconvolta un'ora dopo che Kahlil se ne era andato. Si era cambiata, si era preparata una tazza di tè ma non era comunque riuscita a rilassarsi. Kahlil si sbagliava, doveva per forza avere torto. Non erano più sposati! Non poteva essere ancora sua moglie. Se fosse stato così lui avrebbe avuto il diritto di vedere Ben, di portarsi via Ben.

    Preparando la cena quella sera Bryn fece uno sforzo per nascondere al figlio la propria preoccupazione e quando lui finalmente andò a letto, lei si sentì un po' più rilassata.

    L'unico modo per tenere Ben al sicuro era far sì che Kahlil non scoprisse la sua esistenza. Non aveva idea di come comportarsi, ma doveva assolutamente riuscirci.

    Il giorno successivo Bryn non andò al lavoro e trascorse tutta la giornata al telefono con avvocati e tribunali, per cercare di risolvere il problema legale legato al proprio divorzio. Con disperazione scoprì che si era realmente dimenticata di firmare un documento, così la pratica per il divorzio era stata annullata l'anno precedente. Quindi quello che le aveva detto Kahlil era vero! Il matrimonio, il loro matrimonio, per le leggi del Texas era ancora effettivo!

    Le ci vollero altri due giorni per accettare la terribile verità. Due giorni di crampi

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