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Affittasi moglie: Harmony Collezione
Affittasi moglie: Harmony Collezione
Affittasi moglie: Harmony Collezione
E-book171 pagine3 ore

Affittasi moglie: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Da quando sua moglie ha abbandonato lui e la piccola Lucy, Mac Schofield ha imparato a risolvere qualsiasi problema da solo, ma questa volta è impossibile. C'è una serata di gala che può risultare molto importante per il futuro professionale, solo che occorre presentarsi "accompagnati". Non c'è altra soluzione che recitare una parte e l'unica donna a cui poter chiedere un "favore" del genere è Melissa Barnes, la signora che viene a sistemare i giardini. Quando glielo domanda, lei chiede di...
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2016
ISBN9788858956335
Affittasi moglie: Harmony Collezione
Autore

Kathryn Ross

Americana, viene giustamente considerata uno dei nuovi "talenti" della narrativa rosa targata Harlequin.

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    Anteprima del libro

    Affittasi moglie - Kathryn Ross

    successivo.

    1

    Mac Schofield se ne stava seduto al tavolo in cucina, riflettendo su come non sentisse affatto la mancanza di una donna nella sua vita. Cresceva sua figlia da solo, e ce la faceva benissimo. Qualche volta gli capitava di passare la notte in bianco, specie da quando Lucy stava mettendo i dentini, ma se l'era sempre cavata. Si destreggiava così bene che nessuno, nella società in cui lavorava, si era accorto che non esisteva una signora Schofield.

    Lui ne era rimasto all'oscuro fino al momento di rinnovare il contratto. Solo allora, inaspettatamente, l'equivoco si era manifestato in tutta la sua evidenza.

    Mac era stato convocato nell'ufficio del presidente della J.B. Designs, evento piuttosto insolito, e si era ritrovato seduto proprio di fronte al grande J.B. che gli aveva offerto un sigaro, scrutandolo attentamente con i suoi occhi acuti.

    «Come va la famiglia?» gli aveva chiesto, sorprendendolo.

    «Bene, grazie» aveva risposto lui, senza addentrarsi in particolari. Durante quell'anno non si era mai trovato a conversare con lui di questioni personali. Immaginò che avesse curiosato nel suo fascicolo, senza riflettere che la sua situazione familiare era mutata da quando aveva fatto domanda per ottenere quel posto.

    J.B. aveva fatto una pausa. «Sei un architetto di grande talento, e siamo stati soddisfatti del tuo lavoro.»

    Di fronte a quel complimento, Mac non aveva saputo se sentirsi lusingato o diffidare.

    «Il tuo è un contratto a tempo determinato e la scadenza è ormai alle porte» aveva continuato J.B., pensoso, e lui si era definitivamente convinto che non glielo avrebbe rinnovato.

    In una frazione di secondo, però, il suo pessimismo era stato spazzato via.

    «Il nostro prossimo grande progetto riguarda un nuovo casinò in Nevada e sto cercando qualcuno in grado di dirigere i lavori.»

    Mac si era sforzato di apparire tranquillo, ma quella notizia gli aveva procurato una scossa.

    «Non occorrerà trasferirsi in Nevada, metterò a disposizione il jet della compagnia per i sopralluoghi necessari. È ovvio, però, che la persona che sceglierò, oltre a essere affidabile, di grande talento e con capacità creative, dovrà essere disponibile al cento per cento.» J.B. si era spinto in avanti, corrugando le sopracciglia folte. «Non ho ancora deciso chi metterò a capo del progetto, ma ho dato una scorsa al tuo curriculum e mi ha colpito. La proposta ti potrebbe interessare?»

    «Certamente» aveva risposto Mac senza esitare e J.B. aveva annuito soddisfatto.

    «I tuoi titoli e il tuo curriculum parlano da soli, ma voglio essere certo di scegliere l'uomo adatto da tutti i punti di vista, anche personale. Perciò darò un ricevimento la prossima settimana, invitando tutti i candidati. Sarei felice se venissi con tua moglie.»

    Crede che io sia ancora sposato. Mac era rimasto sconcertato da quella scoperta. L'affermazione di J.B. di volere qualcuno che non temesse le responsabilità assumeva all'improvviso un significato diverso.

    Mac avrebbe dovuto chiarire subito quell'equivoco, confessare a John Bradford di essere stato lasciato dalla moglie e di vivere solo con sua figlia da quando aveva accettato quel lavoro. Dopotutto il suo stato civile non riguardava la compagnia, né influenzava la sua attività.

    «La presenza di una donna ci complicherebbe solo la vita» borbottò ad alta voce, picchiettando con le dita sul tavolo della cucina. «È molto meglio che io sia solo.» Uno strillo impaziente riportò la sua attenzione al presente e alla bambina seduta accanto a lui nel seggiolone. «E poi non sono del tutto solo» sorrise. «Scusa, piccola, ero lontano mille miglia» proseguì in tono gentile, riprendendo a imboccarla. «E insieme ce la caviamo bene, non trovi?» domandò, mentre le infilava in bocca una cucchiaiata di yogurt alla fragola.

    Lucy gorgogliò a bocca piena.

    Ma perché non gli ho detto subito la verità?, meditò tra sé Mac. Era rimasto chiuso in un silenzio istupidito, a pensare a quanto amasse il suo lavoro e a come, in un solo anno, la sua posizione economica si fosse consolidata.

    Era un architetto di talento e se non gli avessero rinnovato il contratto avrebbe certamente trovato un altro posto, ma la J.B. Designs godeva di prestigio e di fama internazionale, dava lustro ai suoi dipendenti e offriva la possibilità di operare in tutto il mondo.

    Senza contare il tenore di vita a cui ormai Mac si era abituato: la casa in una delle zone più prestigiose di Los Angeles, la Mercedes comprata da poco, e soprattutto l'ottima assicurazione medica per sé e per Lucy.

    Quelli erano i pensieri che gli avevano attraversato la mente quando J.B. lo aveva invitato al ricevimento con sua moglie, e Mac si era ritrovato ad accettare senza una parola di spiegazione.

    Naturalmente non mi negherebbero una promozione solo perché mia moglie mi ha lasciato, si era detto cercando di essere ragionevole. Il suo sogno di conquistare quella posizione di prestigio che gli era stata prospettata lo aveva convinto che era meglio tacere, per il momento, per evitare qualunque motivo di contrasto. Il seguito della conversazione gli aveva confermato che essere un ragazzo padre avrebbe potuto ostacolargli la carriera.

    «Ora lavori molto da casa» aveva infatti aggiunto J.B., «ma se ottenessi questo posto dovresti venire quasi tutti i giorni qui in ufficio. Sarebbe un problema?»

    «Certo che no» aveva assicurato Mac con la massima tranquillità. Una persona fidata si occupava di Lucy in sua assenza, ma all'improvviso chiarire la sua posizione gli era sembrato un rischio enorme.

    «E dovresti recarti spesso a Las Vegas. Ti creerebbe delle difficoltà nei tuoi impegni familiari?»

    «Non penso proprio. In fondo si tratta di un'ora di volo... A volte impiego lo stesso tempo per attraversare Los Angeles in mezzo al traffico!»

    In quel preciso momento Mac si era reso conto di voler ottenere quel posto a ogni costo. Non si trattava tanto di denaro, anche se la cifra sarebbe stata ragguardevole, quanto della possibilità di esprimere fino in fondo la sua creatività. Sentiva il bisogno di essere messo alla prova, perché era stanco di progettare uffici o case di lusso. Un casinò, per cui avrebbe avuto a disposizione un budget praticamente infinito, gli avrebbe dato la possibilità di dimostrare davvero quello che sapeva fare.

    «Posso dare il cento per cento» ripeté Mac in quel momento in tono fiducioso. «Non è vero, piccola?»

    Lucy sollevò lo sguardo affascinata, gli immensi occhi azzurri spalancati nel faccino incorniciato dai riccioli biondi. Mac si sentì soffocare dall'amore per sua figlia, l'essere più importante al mondo.

    «E più successo avrò più potrò darti tutto quello che vuoi.» Si chinò a baciarla sulla guancia, profumata di talco e di fragole. «Tu e io, piccola, contro il resto del mondo» mormorò. «Ma che cosa fare per quell'invito?»

    Lucy borbottò felice qualche parola incomprensibile.

    «Non te ne potrebbe importare meno, eh?» scherzò Mac. «Che razza di figlia sei?» Le diede l'ultima cucchiaiata di yogurt e poi portò i piatti sporchi nel lavello.

    Aprì il rubinetto e guardò fuori della finestra, assorto nei suoi pensieri. Posò lo sguardo sulla montagna di terra ammucchiata nel giardino che aveva affidato a un professionista. In quel momento, però, sembrava solo un campo di battaglia.

    La settimana prima si erano presentati tre uomini a frantumare il cemento vecchio, poi non s'era più visto nessuno. Mac aveva telefonato per lamentarsi di quel disastro e quel giorno era comparso un tizio che adesso lavorava nell'angolo più lontano del patio che doveva sorgere.

    Lui non lo vedeva bene perché era distante e il calore della giornata sfuocava la sua immagine, però notò che si arrestava per tergersi il sudore dalla fronte.

    Devo offrirgli qualcosa di fresco da bere, è una giornata terribile per un lavoro così duro, pensò.

    Prese in braccio Lucy, le sistemò in testa un cappellino e uscì fuori.

    La casa era costruita sul pendio di una collina e si stendeva su tre diversi livelli. Da quasi tutte le finestre si godeva una splendida vista dell'oceano Pacifico, ma in quel momento il panorama era celato dalla montagna fangosa cresciuta in giardino. Le uniche zone dov'era possibile muoversi erano quella piastrellata attorno alla piscina vuota e il porticato in legno. Mac si augurò di non dover sopportare ancora per molto quel disordine.

    Avanzò lungo il bordo della piscina e chiamò a gran voce il tipo che lavorava sotto di lui. Quello non si voltò neppure, probabilmente perché era impossibile sentire qualcosa al di sopra del rombo prodotto dalla piccola betoniera.

    «Mi scusi, posso offrirle qualcosa da bere?» gridò ancora Mac. L'uomo era piegato su se stesso e gli dava le spalle. Portava un berretto con la visiera girata sul collo per proteggersi dal sole cocente del mezzogiorno, una maglietta bianca, pantaloni kaki e stivali pesanti. «Mi scusi...» cominciò di nuovo. Poi, nell'improvviso silenzio della betoniera, la sua voce tuonò inutilmente forte.

    «Sì?» Il tipo si voltò e Mac restò senza parole nell'accorgersi che la maglietta fasciava un petto decisamente femminile.

    Alzò lo sguardo e incontrò un paio di occhi di un viola intenso, occhi grandi e a mandorla, sovrastati da sopracciglia scure ben delineate. Dalla pelle chiara e levigata si poteva immaginare che la ragazza avesse circa vent'anni. I capelli erano nascosti sotto il berretto.

    «Sì?» ripeté la ragazza, una mano sul fianco. Aveva la vita sottile, evidente nonostante i pantaloni sformati.

    «Posso offrirle qualcosa da bere?» In qualche modo Mac riuscì a ritrovare la voce.

    Lei sorrise, mettendo in mostra una dentatura perfetta. «Volentieri, grazie.»

    «Tè freddo, limonata o cola?»

    «Del tè freddo sarebbe l'ideale.»

    «D'accordo, glielo porto subito.» Esitò. «A meno che preferisca entrare in casa per ripararsi dal sole...»

    «No, grazie, sto bene anche qui.» Sorrise a Lucy che la studiava con palese interesse. «Ciao» la salutò con dolcezza.

    La piccola agitò la manina.

    «Sei una bellissima bambina» commentò lei e Lucy, presa da un attacco di timidezza, nascose il faccino contro la spalla del padre.

    «Bella ma timida» rise Mac. «Le porto subito il tè.»

    La ragazza ricambiò il sorriso e riprese a spianare il cemento fresco nella zona delimitata.

    Lui si voltò e rientrò in casa. Provava l'imbarazzante bisogno di darle una mano: quel lavoro era troppo pesante per una persona sola, specie in una giornata così afosa.

    Tenendo Lucy in equilibrio sul fianco, aprì il frigorifero e ne tolse una caraffa di tè ghiacciato. Poi, d'impulso, la pose con due bicchieri su un vassoio, uscì e lo appoggiò sul tavolino nella zona pavimentata accanto alla cucina. Aprì l'ombrellone per ripararsi dal sole cocente, sistemò Lucy nel seggiolone che stava sempre fuori e quindi chiamò la ragazza.

    «È meglio evitare il sole per un po'» la ammonì mentre si avvicinava.

    «Credevo avesse fretta di sistemare il giardino» obiettò lei con un sorriso.

    Mentre si sedeva Lucy allungò la mano e le strappò il berretto, liberando una massa di capelli castani lisci e brillanti, lunghi fino alle spalle.

    Mac non poté fare a meno di trovarla molto attraente mentre rideva allegramente rivolgendosi alla piccola.

    «Non è timida come voleva far credere» osservò mentre Lucy cercava di calzare il berretto sopra il suo cappellino da sole, l'espressione birichina.

    «No» convenne Mac. Versò il tè nei due bicchieri e gliene porse uno.

    «Grazie.»

    «Non mi sono ancora presentato. Mi chiamo Mac Schofield e questa è mia figlia Lucy.»

    «Melissa Barnes» si presentò lei a sua volta.

    I loro sguardi si incontrarono e Melissa non cercò di dissimulare la curiosità con cui lo esaminava.

    Per un attimo lui fu sconcertato da tanta franchezza. Aveva trentadue anni, era un uomo di mondo, sicuro di sé e mai indifferente ai membri del sesso opposto, eppure quello sguardo per un attimo lo rese titubante. Quell'imbarazzante sensazione passò solo quando lei abbassò gli occhi.

    «Qual

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