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L eroe e la dottoressa
L eroe e la dottoressa
L eroe e la dottoressa
E-book169 pagine2 ore

L eroe e la dottoressa

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Info su questo ebook

Per ogni cattivo ragazzo c'è una ragazza pronta a redimerlo.
Trasferitasi in una piccola città di montagna per dimenticare il passato, la dottoressa Cassidy Mahoney cerca soltanto un po' di pace e di tranquillità; ma non troverà né l'una né l'altra nella prigione della contea, dove è stata chiamata per curare Sam Kellan, ex Navy Seal e vero e proprio eroe locale, coinvolto in una rissa. Sam è il classico cattivo ragazzo, capace di fare impazzire una donna con un solo sguardo, ma Cassidy è immune a questo tipo di fascino, lo ha già sperimentato in passato e non le ha portato nulla di buono. Tuttavia, resistere agli attacchi sferrati da Sam diventa ogni giorno più difficile, soprattutto quando un bacio indimenticabile potrebbe riportarla nello stesso luogo da cui stava scappando.
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2021
ISBN9788830525498
L eroe e la dottoressa

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    Anteprima del libro

    L eroe e la dottoressa - Lucy Ryder

    978-88-3052-549-8

    1

    La dottoressa Cassidy Mahoney, arrivata di recente dalla sua città a Crescent Lake, piccolo centro abitato tra le Cascades Mountains, non si aspettava certo di finire così presto dentro la prigione locale.

    La cosa le accadeva per la prima volta, e appena entrata in quel luogo, ben separato dagli uffici dello Sceriffo, si augurò caldamente che fosse anche l'ultima. L'ambiente, triste come tutte le prigioni, era saturo di aria viziata, densa di odori alquanto sgradevoli: alcol stantio e forti emanazioni umane, dovute alla netta prevalenza di ospiti appartenenti al sesso maschile.

    Un giovane agente sedeva a un tavolo; più oltre, dopo un lungo corridoio, chiuso da una porta blindata, alcune celle. Cassidy gettò un rapido sguardo oltre le sbarre della cella più vicina, notando un tipo mollemente disteso sulla cuccetta risicata che lo conteneva a fatica. Alto, muscoloso, indifferente e sfrontato, cantava a squarciagola una canzone in spagnolo, dedicata a una bella ragazza con brillanti occhi neri e labbra di fuoco. L'anziano vicino di cella si era unito al ritornello, con una voce così rombante da evocare una frana, mentre un altro gli dormiva accanto, russando con fragore.

    Non è che un'allucinazione, pensò Cassidy, stordita. Le sembrava di essere piombata per errore dentro il set di uno di quei truculenti film western, pieni di agguati e conflitti a fuoco nei bar. Non certo il suo genere preferito. Tutta Crescent Lake, l'intera città, ne appariva un sorprendente scenario ideale. Lo Sceriffo l'aveva prelevata da un reparto dell'ospedale, affidata a un poliziotto, e spedita, innocente, in quella prigione, con l'ordine di curare un prigioniero.

    In quel momento, da una cella, qualcuno imprecò, minaccioso, ingiungendo ai due cantori di tacere.

    «Stasera siamo al completo» disse Hazel Porter, la magra donna dall'età indefinita che le faceva strada, tra l'inquietante tintinnio del suo enorme mazzo di chiavi appeso alla cintura. «Sarà per via della luna piena» aggiunse, la voce così roca neanche avesse fumato fin dalla culla. «Ignorali, dolcezza» disse poi, accennando ad alcuni anziani. «Di solito passano dentro tutti i fine settimana.»

    «E non badare neanche a quello laggiù» disse ancora. «Non fa che minacciare feroci vendette da quando l'abbiamo trovato su una panchina, al parco, due ore fa. Avrei chiamato il veterinario, ma lo Sceriffo ha detto che dormendo gli sarebbe passata la sbornia.»

    «Dormirei anch'io, vecchia cornacchia» esclamò un altro ospite. «Se ci fosse almeno un po' di silenzio!»

    «Quando è in trappola, l'amico ha sempre qualche problema, anche se non ha bevuto» disse Hazel, mentre l'agente richiudeva la porta d'ingresso della sezione alle loro spalle.

    Un po' nervosa, Cassidy le lanciò uno sguardo inquieto. L'idea di essere bloccata in quel luogo, insieme a un gruppo di delinquenti, di cui uno potenzialmente violento, non le piaceva affatto; inoltre la compagnia della vicesceriffo, dall'apparenza così fragile, la rendeva ancora meno tranquilla.

    «Allora, questo paziente?» chiese, sperando che non fosse il più pericoloso. Detesto tradire il giuramento di Ippocrate, pensava, ma preferirei avvicinarlo in presenza dello Sceriffo, magari accompagnato da un paio di robusti agenti armati.

    «Eccolo. Passerà alla storia come il vero supereroe di Crescent Lake» spiegò Hazel, diretta alla cella di quello che cantava. Bene, pensò lei, sollevata. «Ma stai attenta, è qui da poco, e stasera è un po' nervoso» aggiunse, annullando all'istante il sollievo di Cassidy.

    La donna inserì la chiave nella serratura. «Non ci ha stupito sapere che aveva rinunciato alla professione per arruolarsi in Marina» disse, il tono confidenziale. «Poteva essere un bravo medico» aggiunse, con una risata gracchiante. «Ma forse diventare una specie di selvaggio. Era nel suo destino!»

    Cassidy non rispose, non sapeva cosa dire. In sole due settimane di permanenza a Crescent Lake, aveva imparato che la gente di montagna è in gran parte cortese e taciturna con gli stranieri, ma considera le vicende private di chiunque come affari propri. La caposala le aveva detto che in città già si discuteva sulla presenza della nuova dottoressa di Boston nell'ospedale di Crescent Lake; la maggioranza giurava che presto sarebbe tornata a casa sua, prima della scadenza del contratto.

    Lentamente, la chiave girò più volte, poi la porta della cella si aprì cigolando sui cardini; le sbarre sbatterono contro il muro con un sinistro rumore metallico. Cassidy trattenne il respiro e guardò timorosa il selvaggio, passandosi le mani umide sui jeans.

    L'uomo, un ginocchio piegato, l'altra gamba lungo il bordo della cuccetta, lo stivale piantato al suolo di cemento grezzo, celava in gran parte il viso, tenendo un braccio di traverso sugli occhi. E di sicuro stava sottoponendo Cassidy alla più attenta e minuziosa osservazione.

    Santo cielo, è un vero gigante, pensò lei subito. E c'è solo la nonna degli gnomi da giardino tra me e il fratello minore di Golia, per giunta ubriaco.

    «Ha bevuto molto?» chiese, a bassa voce.

    Hazel ridacchiò. «Ma no! Secondo lo Sceriffo arrestarlo era l'unico modo per impedirgli di muoversi fino al tuo arrivo. Potrebbe rifiutare medicazioni, pochi punti di sutura e perfino un paio di cerotti.»

    Cassidy, in preda alla forte emozione dettata dal luogo, e dalle parole di Hazel, non si decideva a entrare. Le sembrava di essere lei colpevole di qualcosa, e di meritare la prigione. Aveva spesso udito storie di persone scomparse in luoghi sperduti, e avvertiva confusamente una strana sensazione di pericolo: forse, superando quella soglia, la sua vita non sarebbe più stata la stessa.

    Hazel la guardava perplessa.

    «Posso fidarmi?» le chiese lei, disinvolta. «Non è meglio aspettare lo Sceriffo, magari con due agenti?» O forse avere un bastone elettrico a portata di mano?

    Del resto, a Boston, spesso i criminali, anche se in arresto, erano scortati da agenti forzuti.

    «Scherzi?» rise Hazel, divertita dal tono compunto di Cassidy. «Ascolta» aggiunse, tornando seria. «Non so se finora il ragazzo sia stato giudicato innocuo, o no. Ma non devi temere che diventi violento, mia cara: è mite come un agnellino.»

    Davvero? Forse sarà stato un ragazzo, un tempo; ora, tutto braccia, spalle e gambe, quel tipo non aveva per niente l'aspetto gentile. Senza contare che quel corpo, dai muscoli compatti, spandeva nell'aria l'inconfondibile sentore dei suoi ferormoni, in grado di suscitare in lei dei preoccupanti, brevi brividi lungo la spina dorsale.

    Cassidy arretrò d'istinto. Ma Hazel aveva compreso, e posandole la mano ossuta sulla schiena, la sospinse, non proprio delicatamente, dentro la cella.

    Emozionata, lei deglutì. Non essere ridicola, si rimproverò. Finora quel tipo si era limitato a cantare, con calda voce da baritono, come se fosse proprio a casa sua, magari nella stanza da letto.

    «Cosa mi hai portato, tesoro?» chiese quella stessa voce profonda. E Cassidy, stavolta, il brivido di paura lo provò davvero. Paura, certo. Altrimenti perché sentire anche la stretta allo stomaco, e la pelle d'oca, sotto il corto camice rosa dell'ambulatorio pediatrico, con orsetti dottori e orsette infermiere, e decorato da macchie di ogni tipo? Aveva lasciato l'ospedale in fretta, senza avere il tempo di cambiarsi.

    «Mi hai portato bistecca al sangue e patate fritte che avevo ordinato?»

    Forse, se portassi abiti normali, in questo momento avrei più fiducia in me stessa, pensò lei.

    Hazel rise piano. «Ehi, piccolo, guarda che questo non è un hotel di lusso» ribatté, tranquilla, scrutando il prigioniero al disopra degli occhiali. «Se volevi mangiare, dovevi pensarci prima di picchiare Wes.»

    «Andiamo, Hazel» replicò lui, piegando le labbra tumefatte in un tentativo di sorriso ironico. «Wes era più ubriaco di un marinaio il libera uscita, continuava a infastidire un gruppo di ragazze, terrorizzandole. D'altra parte, qualcuno doveva fermarlo, e impedirgli di distruggere il bar di Hannah. Pensa che le ha tirato addosso uno sgabello, quando lei ha tentato di intervenire!»

    «Tua sorella sa benissimo cavarsela da sola» puntualizzò Hazel.

    «Sicuro» ammise lui, l'aria assonnata. «Le abbiamo insegnato alcune ottime mosse vincenti» aggiunse, sbadigliando a lungo. «Io ho solo compiuto il mio dovere di fratello, tutto qui.»

    «Per farti ridurre in questo stato?»

    L'uomo alzò la mano ferita avvolta in un canovaccio macchiato di sangue. «Quell'imbecille mi ha colto di sorpresa, prima che lo convincessi ad andarsene» mormorò, con una smorfia di dolore. «Meglio rischiare la mia pelle, che vedere il viso di Hannah sfregiato, no?»

    «Sei davvero un buon fratello» commentò Hazel.

    L'altro scrollò le spalle. «Non vorrai insegnarmi come affrontare tutti i bulli del mondo, vero?»

    «E va bene...» sbuffò la vicesceriffo, guardandolo affettuosamente orgogliosa. «Che ti aspettavi da un'anziana debole e indifesa come me?»

    La cella risuonò di una risata contenuta e profonda. Cassidy sentì salire un'onda di tepore in tutto il proprio essere; il viso improvvisamente arrossato, arretrò, preoccupata.

    Ma si riscosse: sono qui per la mia professione, pensò. Prese un bel respiro, respinse le inattese reazioni interiori. Avanzò decisa, posando la borsa del pronto soccorso tra le gambe del prigioniero, l'unico spazio libero rimasto sulla cuccetta.

    Pazienza se poteva sembrare una maestra della scuola d'infanzia. Sono un medico, pensò – oggi ho lavorato con neonati e bimbi che sanno appena camminare – non certo l'ingenua adolescente affascinata da spalle ampie, lunghe gambe muscolose, e voce calda, profonda, dal tono molto intimo...

    A dire il vero, qualcosa di simile era già accaduto, e Cassidy non voleva certo commettere di nuovo lo stesso errore. Basta. Niente più formicolii, piccoli fremiti improvvisi. Tutto finito.

    «Tu invece sei in gamba, vero, cara?» mormorò la voce intima, con un bagliore di denti candidi. Cassidy cominciò a indossare i guanti sterili. L'uomo celava di nuovo lo sguardo sotto un braccio piegato, ma di sicuro seguiva con attenzione ogni gesto di Cassidy.

    «Niente paroline dolci, ragazzo mio» intervenne Hazel. «E comportati bene. La signora Mahoney non ha tempo da perdere in sciocchezze.»

    Cassidy stava per correggere la parola signora, ma in quel momento il prigioniero scoprì il volto, e lei ammutolì, la mente vuota, scoprendo chi era la persona chiusa in quella prigione.

    Sbarrò gli occhi. Santo cielo, è un incubo... Non è possibile, pensò, è davvero il Supereroe, l'Invincibile. Lui, il Maggiore Samuel J. Kellan, di Crescent Lake, appartenente alle Forze Speciali della Marina Statunitense, pessimo soggetto la cui reputazione era conosciuta ovunque. Dunque, eroe locale, o eroe nazionale? E come mai era finito in cella?

    Un momento: ferito, per difendere la sorella e due ragazze spaventate dai bulli. Secondo quanto si diceva in città, tutti lo adoravano. Donne in estasi solo a sentirlo nominare, uomini pronti a narrare nei dettagli le sue azioni leggendarie. Insomma, un mito vivente a tutti gli effetti. Non esisteva un altro capace di eseguire ciò che il Maggiore Kellan aveva portato a termine nella realtà, e uscirne vivo. Finali così ottimisti si realizzano solo a Hollywood.

    E dunque, sebbene un po' malridotto, era evidente che Kellan meritava davvero un plauso a parte, da ogni donna, per bellezza e fascino straordinario. Capelli neri, folti, occhi dalle iridi dorate, lineamenti decisi, e, per contrasto, delle labbra molto sensuali.

    Quanto a Cassidy, era ben lieta di ritenersi ormai immune da quel tipo di attrazione verso uomini belli e inaffidabili, che combinano guai e poi si fingono perseguitati dalla cattiva sorte.

    In quella fase della sua vita, sognava solo di incontrare qualcuno meno affascinante, ma leale.

    Insomma, un uomo che le togliesse il respiro, alterando di colpo la temperatura del corpo. Come riconoscerlo, altrimenti?

    Hazel tossicchiò, distraendo Cassidy da pensieri bizzarri. «Cara, hai bisogno di qualcosa, prima di osservare meglio la sua faccia?»

    «Non ho con me tutto il necessario» replicò lei, asciutta, ignorando il forte odore di birra, e lo sguardo attento dell'uomo, che la sbirciava tra le folte ciglia nere. «Sarebbe meglio portarlo all'ospedale.» Specialmente se la ferita alla mano è seria, pensò, di norma i danni ai nervi creano complicazioni.

    «Nessun problema» replicò subito Hazel. «Lo Sceriffo tiene da parte una buona fornitura di medicinali, nel caso un dottore sia chiamato d'urgenza. Mando Larry, l'agente all'entrata, e avrai

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