Nuovamente tua: Harmony Jolly
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Info su questo ebook
Non sempre al primo colpo si capisce chi abbiamo a fianco, ma la seconda volta sì!
Be', dottor Cullen Gray, una bevuta in compagnia ora è proprio ciò che ci vuole! Ma ecco suonare il cellulare. "Pronto, Cullen, c'è un'altra emergenza, la vulcanologa Sarah Purcell è rimasta ferita in un'esplosione". Sono due i motivi per cui deve precipitarsi in ospedale: primo, lui è un medico; secondo, Sarah è sua moglie, almeno sulla carta.
Forse sto ancora sognando, quest'uomo non può essere Cullen! E invece Sarah si deve ricredere è proprio lui e le sta dicendo che la porterà a casa e la accudirà sino a quando non si sarà perfettamente rimessa. Forse suo marito è tornato da lei. Forse per loro non tutto è perduto. Se è un sogno che nessuno mi svegli.
Melissa Mcclone
Laureata alla Stanford University, ha lasciato il lavoro di ingegnere meccanico per scrivere.
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Recensioni su Nuovamente tua
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Anteprima del libro
Nuovamente tua - Melissa Mcclone
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Winning Back His Wife
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2013 Melissa Martinez McClone
Traduzione di Leonora Sioli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5892-080-0
www.eHarmony.it
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1
Il dottor Gray Cullen avanzò faticosamente all’interno dell’albergo, non vedendo l’ora di togliersi gli scarponi da montagna che calzava. Aveva i muscoli indolenziti dopo aver passato due giornate tremende sul Monte Hood, ma sapeva bene che era valsa la pena fare tutta quella fatica.
Uno scalatore era stato salvato.
E questo valeva di sicuro più di una notte in un comodo letto caldo, di una doccia bollente e di una succulenta colazione fatta in casa a base di uova strapazzate e bacon.
Il profumo del caffè lo avvolse facendogli brontolare lo stomaco. Era stanco e affamato, ma una dose di caffeina gli sarebbe bastata per affrontare la riunione con gli altri membri del soccorso alpino e poi il breve viaggio che lo avrebbe riportato a casa.
A pochi metri da lui, la squadra di soccorso dell’Oregon Mountain era radunata attorno a un tavolo. Ognuno di loro aveva davanti a sé una tazza di caffè, mentre gli zaini, le giacche e i caschi erano sparpagliati sul pavimento.
Ce l’ho quasi fatta.
Cullen non desiderava altro che togliersi dalle spalle quel pesante zaino e sedersi.
Passò accanto a un gruppo di ragazzi della scuola di snowboard di Hood Hamlet, che ridevano e scherzavano durante una pausa dagli allenamenti. Una bambina che doveva avere circa sei anni, tutta vestita di rosa, dal casco agli scarponi da sci, si allontanò un po’ barcollante dalla macchinetta delle bevande stringendo tra le mani una cioccolata calda.
Solo poche ore prima una persona aveva rischiato la vita, mentre veniva trasportata in ospedale su una barella appesa a un elicottero. Ma lì, ai piedi della montagna, era continuato tutto normalmente, come se niente fosse stato.
Lui comunque era contento di essere stato lassù, non tanto perché amasse il rischio, quanto piuttosto perché aveva salvato una vita.
Cullen non era il tipo di uomo a cui piaceva il pericolo. Tutt’altro. Conduceva infatti una vita semplice in un tranquillo paesino di montagna, Hood Hamlet per l’appunto. Il lavoro e le montagne riempivano le sue giornate, e questo gli bastava. Perlomeno alcune volte. Altre, invece, decisamente no.
Giornate come quella appena passata, tuttavia, gli ricordavano per quale motivo avesse scelto di fare il medico e il volontario del soccorso alpino, e lo riempivano di energia.
Missione compiuta.
Non sarebbe potuta andare meglio di così. A meno che l’alpinista non fosse precipitato in quel crepaccio, ovviamente.
Considerando però la caduta, la gravità delle ferite e la difficoltà tecnica del salvataggio, quel ragazzo doveva ritenersi fortunato a essere ancora vivo. Probabilmente era stata la magia del Natale, qualcosa per cui Hood Hamlet era particolarmente famoso, nonostante fosse marzo, e non dicembre.
Questo oppure, più semplicemente, il destino.
Cullen però preferiva pensare che fosse stata la magia del Natale. Nonostante fosse un medico, dopo avere vissuto per un anno a Hood Hamlet, aveva imparato a credere che non tutto fosse giustificabile dal punto di vista razionale e scientifico. Aveva visto pazienti lottare di fronte alle diagnosi peggiori, sfidando la scienza e sconfiggendo malattie che parevano incurabili.
Miracolo? Magia? Non avrebbe saputo dare una definizione a quegli eventi. Certo era che stare in quel paesino gli aveva aperto la mente.
Appena raggiunse il tavolo si tolse lo zaino dalle spalle e lo lasciò cadere sul pavimento con un tonfo che attirò gli sguardi di alcuni turisti e sciatori.
Forse non era stato un gesto molto educato, ma non gli importava che cosa pensavano di lui quelle persone. Niente poteva rovinare quella giornata. Si tolse il parka nero, con la scritta soccorso stampata sulla spalla, lo appoggiò sullo zaino quindi si sedette.
«Ottimo lavoro, Doc» gli disse Bill Paulson, un altro volontario del soccorso alpino, che era seduto di fronte a lui. Gli passò una tazza di caffè. «Quello che hai fatto in quel crepaccio per salvare il ragazzo è stato...»
«Ho fatto solo il mio lavoro» tagliò corto Cullen.
Non voleva che la questione venisse ingigantita. Non gli interessava passare per un eroe. La sola cosa che contava era che una vita era stata salvata.
«Potresti dirlo se fosse successo in un pronto soccorso, ma non in fondo a un crepaccio.» Paulson alzò la tazza di caffè. «Questa sera al pub il primo giro di birra lo offro io.»
«Affare fatto.»
Zoe Hughes, l’attraente moglie del capo della squadra di soccorso, Sean Hughes, nonché membro lei stessa del gruppo, si fermò dietro Cullen. «Ti porto qualcosa da bere?»
Cullen strinse le mani congelate intorno alla tazza di caffè caldo. «Per ora mi basta questo.»
«Dimmelo se poi ne vuoi ancora.» Gli rivolse un sorriso che le illuminò gli occhi blu. «Ho sentito dire che sei stato straordinario oggi.»
«Ho fatto semplicemente il mio lavoro» ripeté di nuovo Cullen.
«Nemmeno a Sean piace essere considerato un eroe» le spiegò Zoe, appoggiandogli una mano sulla spalla, «ma in realtà lo siete. Tutti voi. Quello che fate, dimostra che siete delle persone eccezionali.»
«Giustissimo. Ecco perché le ragazze ci trovano irresistibili» osservò Paulson. «Questa sera mi farai da spalla, Gray. Avremo così tanti numeri da segnare che non basterà la memoria di un solo cellulare.»
Paulson, che era un pompiere della squadra di Hood Hamlet, aveva la fama di essere un dongiovanni. Lo stesso, invece, non si poteva dire di Cullen, che non toccava una donna da...
Da molto tempo.
Presto, però, le cose sarebbero cambiate.
Non aveva nessuna intenzione, infatti, di continuare a vivere nel passato. L’unica donna che voleva, non lo voleva. Lo aveva capito. Doveva farsene una ragione e voltare pagina. E lo avrebbe fatto. Prima o poi.
Sorseggiò il caffè.
«Sono certo che tu riuscirai a recuperare tanti numeri di telefono anche senza il mio aiuto.»
«Hai ragione. Ma pensa quanto ci divertiremmo insieme» gli fece notare Paulson. «Io ho un debole per le bionde. Devo ammettere, però, che mi piacciono anche le brune e le rosse.»
Zoe scosse la testa facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli. «Prima o poi dovrai deciderti a crescere e a capire che le donne non sono state create solo per farti divertire.»
Paulson le rivolse un sorriso furbo. «Temo che non accadrà mai.»
«È un vero peccato» reagì Zoe facendo una smorfia, «perché l’amore ti riempie la vita.»
«L’amore è solo una scocciatura» borbottò Paulson, dando voce anche ai pensieri di Cullen.
«A volte» rispose Zoe con un sospiro. «Ma altre volte è pura magia.»
Come no! Cullen finì di bere il caffè. L’amore crea solo problemi. La magia è solo quella del Natale, e non ha niente a che fare con l’amore.
Zoe si allontanò per portare poi dell’altro caffè. Il locale, intanto, si era riempito di gente. Erano arrivati altri membri della squadra di soccorso e un reporter stava scattando delle fotografie.
La riunione sarebbe cominciata da un momento all’altro.
Cullen guardò l’orologio. «Come mai Sean non è ancora arrivato?»
Paulson prese un biscotto. «Probabilmente starà parlando con i giornalisti.»
Cullen abbozzò una smorfia. Non aveva un buon rapporto con i media.
Non tollerava il fatto che quando succedeva qualcosa sulle cime del Monte Hood, i giornalisti approfittavano delle disgrazie delle persone per pubblicare articoli strappalacrime, e attirare così più lettori.
«Meglio lui di me» osservò infatti. «Io non sopporto quegli sciacalli.»
«Ma una volta che i giornalisti avranno scoperto chi si è calato nel crepaccio...»
«E se noi dicessimo che sei stato tu?» gli propose Cullen.
«Ci sto» reagì Paulson, «soprattutto se sarà la giornalista bionda del Canale Nove a intervistarmi.»
Anche Cullen assaggiò un biscotto. Era delizioso. Somigliava a quelli di Carly Porter, la moglie di Jake, altro membro della squadra di soccorso, nonché proprietario del birrificio e del pub di Hood Hamlet, dove avrebbero trascorso la serata.
Proprio mentre cominciava a rilassarsi, Cullen vide arrivare lo sceriffo Will Townsend e Sean, con un’espressione che non prometteva nulla di buono.
Strano. La missione aveva avuto successo. A meno che le condizioni del ragazzo non fossero peggiorate durante il tragitto verso l’ospedale.
«Ehi Doc» lo salutò Will, sistemandosi il cappello. «Hai il cellulare spento?»
«Si è scaricato» gli spiegò Cullen, sorpreso. «E qui non è possibile ricaricarlo.»
«Abbiamo cercato di chiamarti» continuò Will, diventando sempre più serio.
Cullen sentì una stretta alla gola. «Cos’è successo?»
«Sei nell’elenco delle persone da contattare in caso di emergenza di Sarah Purcell.»
Sentendo quel nome Cullen sobbalzò, rovesciando il caffè sul tavolo. «Dannazione!»
«Non ti preoccupare, Doc. Ci penso io» intervenne Paulson, prendendo un tovagliolo.
«Che cosa è successo a Sarah?»
Lo sceriffo deglutì. «C’è stato un incidente sul Monte Baker.»
«Un incidente?» chiese Cullen.
«Non sappiamo molto. Ma pare che Sarah fosse sull’orlo del cratere quando c’è stata un’esplosione. È stata colpita da una roccia ed è caduta.»
Cullen sentì venir meno le forze.
Qualcuno gli afferrò il braccio. «Calma Doc» gli disse Sean.
«Respira...» mormorò un’altra voce, forse quella di Paulson.
Sarah. Ti prego, no. Non proprio lei.
Panico, terrore e altre tremende emozioni gli tolsero il respiro. Rivide immagini del suo gemello, Baine, e poi altre, finché non sentì la testa scoppiare.
«Lei è...»
Che cosa gli stava succedendo?
Lui era un dottore. Vedeva le persone morire in ospedale di continuo. Eppure ora non riusciva nemmeno a pronunciare quella parola.
«Sarah è in ospedale. A Seattle» gli spiegò Will.
Non era morta.
A quel pensiero si sentì subito più sollevato e non poté trattenere le lacrime. Era da mesi che non la vedeva. Aveva voluto che lei uscisse dalla sua vita, ma non aveva mai desiderato che le succedesse qualcosa di brutto.
A Seattle c’era un ottimo ospedale. Lui aveva fatto lì il tirocinio. Doveva comunque accertarsi che Sarah fosse in buone mani. Era una fortuna dunque che Seattle fosse solo a quattro ore di auto da