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La scommessa del cuore: Harmony Jolly
La scommessa del cuore: Harmony Jolly
La scommessa del cuore: Harmony Jolly
E-book184 pagine2 ore

La scommessa del cuore: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo?
Certo. Provare per credere!


Brandon Stone e Angel McKenzie sono entrambi cresciuti nel mondo delle corse automobilistiche, anche se in due famiglie rivali da sempre. La scuderia di Angel versa in cattive acque e Brandon vorrebbe acquisirla per accrescere la propria credibilità. La donna però non vuole vendere, così Brandon le propone una scommessa e finisce col sedurla.
Se la razionalità le suggerisce di lasciar perdere, il cuore e le nuove sensazioni che Angel sente nascere dentro di sé la spingono a infrangere le regole e a fidarsi dell'uomo che dovrebbe rifuggire. In fin dei conti, ognuno deve fare i conti con la realtà dei propri sentimenti...
LinguaItaliano
Data di uscita19 giu 2018
ISBN9788858983515
La scommessa del cuore: Harmony Jolly
Autore

Kate Hardy

Autrice inglese, consulta spesso riviste scientifiche per verificare i dettagli tecnici dei suoi romanzi.

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    Anteprima del libro

    La scommessa del cuore - Kate Hardy

    successivo.

    1

    Angel esaminò la pila di posta sulla sua scrivania.

    Bollette, circolari e ancora bollette, che sperava davvero di poter pagare senza prelevare del denaro dal conto che aveva destinato al pagamento dei debiti aziendali per il primo semestre.

    E ancora nessun segno della grossa busta con francobollo americano che stava aspettando e che conteneva il contratto per la fornitura della nuova McKenzie Frost perché comparisse nel nuovo episodio di Spyline, una serie di film d'azione d'alto profilo. I Triffid Studios non gliel'avevano nemmeno spedito per e-mail, perché Angel aveva già controllato la sua casella di posta, anche nello spam. Due volte.

    Magari il giorno dopo avrebbe mandato un'e-mail al loro ufficio legale. Bastava poco per sembrare non tanto entusiasta per il progetto, quanto disperata e bisognosa.

    Anche se, in quel momento, Angel in effetti si sentiva disperata e bisognosa. Non poteva permettere che la McKenzie fallisse, non sotto i suoi occhi. Come avrebbe potuto sopravvivere se avesse perso l'azienda fondata da suo nonno settant'anni prima? Il contratto con la Triffid sarebbe stato determinante. Vedere la McKenzie Frost nel film avrebbe ricordato al pubblico quanto fossero meravigliose le automobili della McKenzie: artigianali, stilose, classiche, con un'attenzione maniacale per i dettagli. Ed erano all'avanguardia: intendeva produrre la Frost anche in versione elettrica. A quel punto la loro lista d'attesa si sarebbe riempita di nuovo, tutti avrebbero voluto una Frost completamente personalizzata, e lei non avrebbe dovuto licenziare nessuno.

    Però non poteva ancora parlare dell'accordo. Non fino a quando non avrebbe firmato il contratto, cosa che non poteva fare se il suo avvocato non l'aveva ancora controllato, cosa che il suo avvocato non poteva fare se il contratto non era ancora arrivato...

    Doveva smettere di rimuginare su qualcosa che non poteva cambiare! Doveva solo andare avanti nel migliore dei modi, e sperare di non doversi inventare un piano B. E non far preoccupare i suoi genitori. Sapeva che si stavano godendo la pensione, e l'ultima cosa che voleva era strapparli dalla lunga vacanza che avevano pianificato da anni.

    Avrebbe sorriso e sopportato, e se necessario avrebbe detto un paio di bugie a fin di bene.

    Esaminò di nuovo la posta, ma si fermò quando vide l'ultima busta: era una pergamena color crema con l'indirizzo scritto a mano. Ormai, quasi tutti usavano etichette stampate al computer o semplicemente una penna a sfera, ma quella calligrafia corposa e appariscente sembrava tracciata con una vera stilografica. La deluse scoprire che la lettera in sé era stampata, ma la firma in fondo era nella stessa calligrafia della busta.

    Spalancò la bocca leggendo la lettera.

    Era un'offerta di acquisto per l'azienda.

    Vendere sarebbe stato un modo per risolvere i problemi finanziari della McKenzie. Ma vendere a Brandon Stone? Era davvero convinto che lei potesse anche solo considerare l'idea?

    Angel conosceva bene la storia di famiglia. Suo nonno aveva fondato l'azienda con il suo migliore amico poco dopo la Seconda guerra mondiale, e costruivano automobili d'alta qualità alla portata di tutti. Solo che poi si erano innamorati della stessa donna. Esther aveva scelto Jimmy McKenzie; per tutta risposta, Barnaby Stone aveva sciolto la società e se n'era andato con tutta l'attrezzatura per fondare un'altra azienda e produrre auto in serie. Anche Jimmy McKenzie aveva ricominciato, rendendo personalizzabili le sue macchine costruite a mano, come tuttora facevano.

    Alla vigilia del matrimonio, Barnaby Stone era tornato e aveva chiesto a Esther di scappare con lui. Lei aveva rifiutato. Da allora, le due famiglie non si erano mai più parlate.

    Fino a quel momento.

    Sempre che si potesse definire parlare una lettera.

    Angel riusciva a capire il punto di vista di Brandon. Comprare la McKenzie avrebbe salvato il suo senso dell'onore familiare, perché così, anche se il nonno aveva perso la ragazza, il nipote avrebbe avuto l'azienda. Sarebbe stata anche la fine di tutto ciò che faceva la McKenzie, perché la Stone sicuramente si sarebbe liberata della loro procedura di costruzione a mano con personalizzazioni. Sapeva che le macchine da corsa della Stone erano tutte costruite in serie, utilizzando robot e alta tecnologia; erano all'esatto opposto dell'artigianato e dell'esperienza personale della McKenzie.

    Aveva sentito le voci che giravano sul fatto che la Stone volesse espandersi nella produzione di spider, il che li avrebbe messi in diretta competizione con la McKenzie; e quale modo migliore di liberarsi del proprio avversario se non acquistarlo? Senza dubbio lui avrebbe mantenuto il nome; la McKenzie era conosciuta per la sua alta qualità, quindi il marchio aveva decisamente un valore. Angel aveva sentito parlare i suoi genitori durante l'ultima recessione, quando Larry Stone si era offerto di comprare la McKenzie; secondo suo padre, Barnaby Stone era stato un uomo d'affari spietato, e i suoi figli e nipoti erano fatti della stessa pasta. Max McKenzie era bravo a giudicare il carattere delle persone, quindi era ovvio che Brandon avrebbe scorporato le attività rendendo inutile lo staff di Angel.

    Col cavolo!

    Non avrebbe venduto la sua azienda di famiglia a Brandon Stone, nemmeno se fosse stata disperata e lui fosse stato l'ultima persona rimasta sulla terra.

    E poi lui che cosa sapeva davvero di affari? Guidare macchine da corsa, sì: nella sua carriera aveva vinto un paio di campionati, e un paio di volte aveva perso solo per un soffio il Campionato del mondo. Ma essere un bravo pilota non significava saper gestire un'azienda che produceva macchine da corsa. E per quanto ne sapeva lei, uscire con le supermodelle e tracannare magnum di champagne non erano caratteristiche richieste per una buona gestione aziendale. Era abbastanza sicura che lui fosse solo il leader di facciata e che fosse qualcun altro a gestire davvero la Stone.

    In ogni caso, non intendeva vendere, non a lui.

    Aprì il suo programma di posta elettronica. Nella sua lettera, Brandon Stone aveva detto che non vedeva l'ora di ricevere sue notizie; quindi lei gli avrebbe risposto subito.

    Gentile signor Stone,

    non esiste proprio che il logo della McKenzie finisca sulle vostre macchine fatte con lo stampino. Non venderei la mia azienda a lei nemmeno se fosse l'ultima persona sulla faccia della terra. Mio nonno si rivolterebbe nella tomba anche solo a pensarci.

    Poi respirò profondamente e cancellò il paragrafo. Per quanto le piacesse l'idea di mandare l'e-mail così com'era, sembrava una sfida. Lei non cercava un litigio, cercava solo di evitare altri tentativi di comprarla.

    Cosa dicevano tutti gli esperti sul dire di no? Farla breve. Niente scuse, niente spiegazioni, un semplice no.

    Gentile signor Stone,

    grazie della sua lettera. La mia azienda non è in vendita.

    Cordiali Saluti

    Angel McKenzie

    Non avrebbe potuto essere più chiara di così.

    Quando sentì il trillo, Brandon aprì il programma di posta elettronica. Angel McKenzie gli aveva già risposto? Bene!

    Poi lesse la lettera. Era breve, educata e decisa.

    E lei viveva nel regno delle favole.

    Forse non voleva vendere, ma la McKenzie stava decisamente fallendo. Lui aveva visto i bilanci pubblici degli ultimi quattro anni, e lo stato patrimoniale peggiorava di anno in anno. La recessione aveva colpito molto la loro nicchia di mercato. Per come stavano le cose, lei non poteva permettersi di non vendere.

    Forse lui aveva scelto l'approccio sbagliato scrivendole. Forse avrebbe dovuto provare una tattica diversa, scioccarla ed essere il primo Stone a parlare a una McKenzie in quasi settant'anni. E se fosse riuscito a convincerla a vendergli l'azienda, allora finalmente avrebbe dimostrato di essere degno di presiedere la Stone. L'avrebbe dimostrato a suo padre, a suo zio e a tutti quelli che pensavano che Brandon Stone fosse solo uno sciocco playboy capace soltanto di guidare macchine veloci.

    Guardò la fotografia del suo fratello maggiore. Forse, riuscire a spuntarla in quell'accordo sarebbe stata l'unica cosa in grado di mitigare il senso di colpa di cui non riusciva a liberarsi da tre anni. Sapere che avrebbe dovuto esserci lui in quella macchina, il giorno della gara, non Sam, che se non fosse andato a sciare la settimana prima della gara, se non fosse stato così incosciente da prendere una pista nera, cadendo e rompendosi una costola, allora sarebbe riuscito a guidare. E quindi Sam non sarebbe stato il suo pilota di riserva, e quindi non avrebbe avuto l'incidente, e quindi la bambina di Sam non sarebbe cresciuta conoscendo suo padre solo in fotografia.

    Brandon non sapeva se un giorno sarebbe riuscito a perdonarsi.

    Ma gestire bene la Stone era uno dei modi per espiare ciò che aveva fatto. Aveva lavorato sodo e imparato in fretta, e l'azienda collezionava un successo dopo l'altro, ma non bastava comunque a placare il senso di colpa.

    «Mi dispiace, Sammy» disse a voce bassa. «Mi dispiace di essere stato un moccioso così immaturo ed egoista. E vorrei davvero che tu fossi ancora qui.» Certo, Brandon avrebbe comunque lavorato nell'azienda di famiglia a quel punto della sua carriera, ma Sam sarebbe stato a capo di tutto, nel posto che gli competeva. Nessuno avrebbe dubitato delle sue capacità manageriali, e il loro zio Eric non avrebbe esaminato ogni singola mossa di Sam per criticarlo.

    Si riscosse. Eric era deluso solo perché pensava che avrebbe dovuto esserci lui a capo dell'azienda. Brandon doveva trovargli un ruolo diverso, che l'avrebbe reso felice e gli avrebbe fatto sentire di avere voce in capitolo. Se fosse riuscito ad acquisire la McKenzie, allora forse avrebbe potuto affidarla a Eric.

    Ora la sua priorità era decisamente convincere Angel McKenzie a vendere, qualunque fosse il costo personale.

    Telefonò all'ufficio di lei per prenotare un appuntamento.

    «Temo che la signorina McKenzie abbia l'agenda piena per tutto il prossimo mese» lo informò la segretaria, sottintendendo chiaramente che l'agenda sarebbe stata piena anche per tutto il mese successivo e quello dopo.

    Certo, come no.

    Era evidente che Angel avesse anticipato la sua prossima mossa e avesse detto alla sua assistente di rifiutargli qualsiasi appuntamento.

    «Forse potrebbe mandarle un'e-mail» gli suggerì con dolcezza la segretaria.

    Qualsiasi e-mail sarebbe senza dubbio finita nel cestino. «Lo farò, grazie» rispose Brandon, anche se non aveva alcuna intenzione di mandare un'e-mail. Avrebbe tentato qualcosa di completamente diverso. Riagganciò e andò a parlare con la sua assistente. «Gina, mi serve tutto quello che puoi trovare su Angel McKenzie, per favore» le disse. «Il suo curriculum, quello che le piace fare, la persona con cui sta uscendo.»

    «Se sei interessato a lei, tesoro, non dovresti cercarti da solo quel tipo di cose?» gli domandò Gina.

    Ah, le gioie di ereditare una segretaria che ti conosce da quando sei bambino ed è la migliore amica di tua madre, pensò Brandon. «Non mi interessa uscire con lei» rispose. «Si tratta di lavoro. Angel McKenzie.» Sottolineò il cognome, in caso lei non avesse capito.

    Gina fece una smorfia. «Ah. Quei McKenzie.»

    «So già tutto sull'azienda» continuò lui. «Ora mi serve sapere le cose personali.»

    «Secondo me andrà a finire male» lo avvisò Gina.

    «Ma no! Si tratta di capire con chi devi fare affari ed essere preparato. E preferirei che non ne parlassi ai miei genitori né a Eric, per favore. Okay?»

    «Sì, signor Bond. Rimarrà top secret» biascicò Gina.

    Brandon grugnì. «Le segretarie di Bond sospiravano di desiderio, sbattevano le ciglia e facevano esattamente quello che chiedeva lui.»

    «Bond non aveva una segretaria, flirtava con le segretarie di tutti gli altri. E tu non puoi flirtare con chi ti ha cambiato il pannolino» ribatté Gina.

    Brandon sapeva ammettere la sconfitta. «Vado a fare il caffè. Latte scremato macchiato con un cucchiaio di dolcificante, giusto?»

    Lei sorrise. «Bravo il mio ragazzo!»

    «Dovresti rispettare il tuo capo!» borbottò lui, scherzando solo in parte.

    «Ma io ti rispetto, tesoro. Però penso anche che tu stia per fare una cosa stupida. E tua madre...»

    «Non ti perdonerebbe mai per avermela lasciata fare» terminò Brandon. Le aveva sentito dire quella battuta già qualche volta nel corso degli anni. La cosa peggiore era che di solito lei aveva ragione.

    Preparò il caffè e poi si seppellì nelle scartoffie.

    Gina entrò un'ora più tardi. «Un dossier, come richiesto» dichiarò, e gli mise sulla scrivania una cartellina marrone.

    Aveva anche stampato un'etichetta per la cartellina, con le parole Top Sicret! in rosso e un carattere che somigliava allo scarabocchio di un bambino.

    «Hai reso l'idea» disse lui. Era chiaro che Gina pensava che si stesse comportando come un bimbo di tre anni.

    «Bene. Spero che mi ascolterai.»

    Dato che la sua segretaria era stata una delle poche persone dell'azienda a difenderlo quando aveva preso il posto di suo padre, non poteva arrabbiarsi con lei. Sapeva che Gina aveva a cuore il suo bene.

    «Non andrà a finire male» disse con dolcezza. «Te lo prometto.»

    «Bene, perché mi preoccupo per te quasi quanto tua madre.»

    «Lo so, e lo apprezzo.» Si allungò a stringerle la mano, sperando di non doversi sorbire la ramanzina sul fatto che era ora di mettere la testa a posto; perché non contava proprio di farlo. Come poteva sistemarsi e farsi una famiglia, sapendo di aver tolto quella possibilità

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