Una dolcissima terapia: Harmony Bianca
Di Kate Hardy
5/5
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Info su questo ebook
Tuttavia, giorno dopo giorno, Toni e Archie riescono a far breccia nel cuore ferito di Ben. Ma quando dopo un romantico weekend a Vienna Toni si rende conto di essere incinta, i fantasmi del passato tornano a tormentarlo. Una famiglia è tutto quello che Ben ha sempre desiderato. Ma anche tutto ciò che ha sempre temuto di perdere.
Kate Hardy
Autrice inglese, consulta spesso riviste scientifiche per verificare i dettagli tecnici dei suoi romanzi.
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Una dolcissima terapia - Kate Hardy
successivo.
1
Lo studio medico di Great Crowmell distava più di 150 km dalla sua vecchia vita di Londra. Era sulla costa del Norfolk, un luogo con grandi spiagge e cieli immensi. Pace e tranquillità. Nessuna complicazione. Solo lui e il suo nuovo lavoro.
Un nuovo inizio.
Ben Mitchell prese un profondo respiro e aprì la porta dello studio medico.
L'addetta alla reception alzò il viso. «Buongiorno, dottor Mitchell.»
«Preferisco essere chiamato Ben» disse lui con un sorriso.
«Benvenuto allo studio, Ben. L'acqua per il tè è nel bollitore, e ho portato dei biscotti con gocce di cioccolato, fatti da me. Sono nel cucinino.»
«Grazie, signora Hartley.»
«Chiamami Moira.» La donna gli sorrise. «Sembri un po' nervoso. Ricorda che Ranjit ti ha scelto per questo lavoro perché è convinto che tu sia la persona giusta. Andrà tutto bene.»
Si capiva tanto che era nervoso? «Grazie» rispose, con un sorriso. Era sciocco sentirsi così. In fondo, era stato supervisore nella clinica in cui lavorava a Londra. A trentacinque anni, era già un medico esperto e sapeva di essere bravo con i pazienti.
Ma era pur sempre il suo primo giorno in un posto nuovo. Doveva inserirsi in una squadra già formata e imparare a conoscere colleghi e pazienti.
Raddrizzò la schiena. Sarebbe andato tutto bene, si disse. Avrebbe continuato a fare il lavoro che amava, e in più da ora in poi, tornando a casa la sera, avrebbe trovato un luogo privo di ricordi dolorosi.
Aprì la porta su cui era scritto: Dott. B. Mitchell, posò la valigetta accanto alla scrivania e andò a cercare la cucina per prepararsi una tazza di tè e assaggiare uno dei biscotti di Moira.
Ma quando svoltò l'angolo incespicò su un cane bianco e marrone, che emise un guaito e gli lanciò un'occhiata di rimprovero con grandi occhi color ambra.
«Archie?» La porta della cucina si spalancò, lasciando uscire una donna. Dall'uniforme azzurra Ben capì che era un'infermiera. Quando era venuto allo studio per conoscere i suoi futuri colleghi, la settimana prima, Ranjit gli aveva detto che un'infermiera era in vacanza. Come si chiamava? Terry?
Lei aggrottò la fronte si chinò ad accarezzare il cane, che emise un altro guaito. «Cosa è successo?»
«Non ho visto il cane e temo di avergli pestato una zampa.»
Lei strinse leggermente gli occhi. Bellissimi occhi grigi come il cielo novembrino... Ben sbatté le palpebre, sorpreso di se stesso. Erano anni che non notava quel genere di dettagli in una donna.
«Mi dispiace» disse, sapendo di essere nel torto perché aveva fatto male al cane, anche se in modo del tutto non intenzionale. Del resto, nessuno avrebbe potuto immaginare che ci fosse un cane nel corridoio di uno studio medico di famiglia. «Non volevo fargli male. Ma non dovrebbe essere qui. E se mordesse un paziente?»
Lei si raddrizzò. «Archie non ha mai morso nessuno in vita sua» lo corresse, con freddezza.
«C'è sempre una prima volta» ribatté lui, un po' irritato. «La sicurezza dei pazienti ha la priorità assoluta.»
Lei gli lanciò un'occhiata che diceva chiaramente: Davvero stai facendo il gradasso in questo modo al tuo primo giorno di lavoro?
«Certamente» disse. «I nostri pazienti sono lieti di vedere Archie il lunedì mattina. Inoltre, abbiamo introdotto una rigorosa campagna per la prevenzione delle infezioni, qui nello studio.»
Il lunedì? Il cane era lì tutti i lunedì? Ma prima che potesse chiederle spiegazioni, lei schioccò le dita e il cane si alzò e si diresse verso la porta vicino al suo studio, che lei chiuse un po' seccamente alle sue spalle.
Infermiera specializzata Toni Butler.
Toni. Era il diminutivo di Antonia?, si chiese.
Aveva fatto decisamente un passo falso con una nuova collega, pensò ricordando il viso severo di Toni. Tuttavia, era convinto che uno studio medico non fosse il posto adatto per un animale. Alcuni pazienti avevano paura dei cani; altri erano allergici.
Quando Ben entrò in cucina, nessuno dei colleghi presenti commentò la loro piccola discussione, ma a giudicare dalla loro espressione era chiaro che tutti avevano sentito. Un po' imbarazzato, salutò e tornò nel suo ufficio senza prendere niente da mangiare.
Se non altro, i suoi nuovi pazienti sembravano lieti di conoscerlo, e la mattina volò.
All'ora di pranzo, vide con un certo sollievo che non c'era traccia di Toni e del suo cane.
«Com'è andata la tua prima mattina?» gli chiese Moira.
A parte il litigio con l'infermiera? «Bene, grazie.»
«Se non ti sei portato il pranzo, ci sono alcuni bar, una gastronomia e un negozio di fish and chips sul lungomare, e naturalmente lo Scott's Café, che fa il miglior gelato della zona. Abby Scott, che ora si chiama Powell – da quando ha sposato Brad – ha anche un gelato speciale per cani. Toni è una delle clienti più affezionate.»
«Gelato per cani?» chiese Ben, incredulo.
«Archie ne va matto» rispose Moira. «E tutti vanno matti per Archie.»
Ben inarcò un sopracciglio. Continuava a pensare che lo studio medico non era il posto per un cane; ma ormai era chiaro che protestare ancora non avrebbe giovato alla sua popolarità in paese.
«Ciao, Ginny.» Toni posò un bacio sulla guancia dalla pelle sottile e rugosa dell'anziana signora e le si sedette accanto. «Come stai oggi?»
La donna non rispose. Non diceva una parola da tre mesi, ormai, e forse non aveva neppure compreso la domanda di Toni. Purtroppo il suo Alzheimer progrediva rapidamente. Tuttavia sorrise, e i suoi occhi si illuminarono, quando vide Archie.
Era per questo che Toni aveva addestrato il suo spaniel come cane da pet therapy. A volte un animale riesce a comunicare con persone che non sono in grado di comunicare con altri esseri umani, e può rallegrare molto le giornate tutte uguali di un malato. Spesso, i pazienti della casa di riposo avevano dovuto lasciare i loro animali domestici quando erano stati ricoverati, e il contatto con Archie faceva loro rivivere ricordi felici.
Quando la nonna di Toni era stata ricoverata, bastava un visitatore con un cane per migliorare il suo umore. Adesso che ne aveva la possibilità, Toni sperava di poter aiutare qualcuno per ricambiare l'aiuto che lei e sua nonna avevano ricevuto.
Ginny era stata una delle migliori amiche di sua nonna, ed era stata come una zia per Toni e sua sorella Stacey, quando erano piccole. Era lieta di poter rallegrare gli ultimi giorni dell'anziana donna.
Fece indossare ad Archie il suo cappottino da lavoro fluorescente, e lui entrò subito nella modalità pet therapy, sedendosi e restando paziente e immobile mentre gli anziani ospiti lo accarezzavano. Alla casa di riposo, Toni entrava nella sala comune per consentire a tutti i pazienti di passare qualche minuto con il cane, a turno. Come da regolamento, un dipendente della casa di riposo era presente per tutta la sessione.
«Ciao, Toni. Ciao, Archie!» Julia, la manager della casa di riposo, li raggiunse e diede una grattatina dietro le orecchie al cane. «Guarda, Ginny! C'è la tua visitatrice preferita.»
L'anziana signora non rispose, ma sorrise.
«Puoi passare in ufficio da me prima di andare via, Toni?» chiese Julia.
«Certo» rispose lei. Di sicuro, Julia voleva parlarle di qualche problema di salute dei pazienti.
Toni trascorse ancora qualche minuto con la donna e poi disse: «Ginny, adesso Archie deve andare da Ella. Torneremo la prossima settimana. Saluta, Archie».
Il cane emise un woof sommesso.
Toni fece il suo solito giro di visite, chiacchierando con i pazienti e lasciando che coccolassero il cane. Alla fine delle due ore previste, la durata massima di una sessione di pet therapy, salutò le pazienti e si diresse verso l'ufficio di Julia.
La manager indicò con un cenno un cassetto dove teneva dei biscotti per cani per Archie. «Posso?»
«Certo. Si è guadagnato un biscotto» rispose Toni con un sorriso.
Archie, che aveva drizzato le orecchie alla parola biscotto, si sedette educatamente e offrì una zampa.
Julia sorrise, gli diede una grattata sulla testa e gli porse il biscotto. «Le sessioni con Archie il lunedì sono un ottimo modo di iniziare la settimana per i nostri pazienti, e anche per lo staff.»
«Anche ad Archie piace venire qui» disse Toni. «Volevi parlarmi?»
«Sì.» Julia prese tre cartelline da un cassetto. «Credo che Liza abbia di nuovo la cistite. Le ho fatto il test stamattina, e anche se il risultato è dubbio vorrei bloccare l'infezione prima che progredisca.»
Toni sapeva che le infezioni del tratto urinario sono frequenti nei pazienti anziani, che non si muovono molto e tendono a non bere abbastanza; sapeva anche che possono peggiorare le condizioni mentali di chi soffre di demenza senile. «Va bene. Fai un altro test domattina e fammi sapere i risultati. Chiederò a uno dei medici dello studio di venire a visitarla domani; meglio non aspettare la visita settimanale del giovedì.» Toni controllò la cartella. «Negli ultimi tre mesi ha avuto diverse infezioni del tratto urinario. Potrebbe essere meglio prescriverle antibiotici a basso dosaggio a lungo termine, come profilassi.» Come infermiera specializzata, Toni poteva prescrivere antibiotici senza dover coinvolgere un medico.
«Va bene.» Anche Julia era infermiera, specializzata in geriatria, e Toni sapeva che era brava nelle diagnosi. «Sono un po' preoccupata per Renée. Le trema la mano, e da qualche giorno è agitata e scontrosa.»
«Pensi che occorra ricalibrare il litio?» chiese Toni. Renée era bipolare, e i livelli di litio nel suo sangue andavano controllati regolarmente per verificare che non fossero troppo alti e che le medicine che prendeva funzionassero a dovere. Tremiti e cambiamenti di umore erano spesso i primi segnali di un problema.
Julia annuì. «Meglio intervenire subito.»
«Preleverò un campione di sangue adesso, e lo lascerò allo studio tornando in paese» disse Toni. «Ormai è troppo tardi per analizzarli, ma metterò il campione in frigo e lo farò analizzare domattina. Ti chiamo appena avrò i risultati.»
«Grazie.»
Toni si lavò le mani e andò nell'infermeria a prendere una siringa, un cerotto, un contenitore e un'etichetta. Renée sembrava più agitata del normale e continuava a torcersi le mani. «Non piaccio a nessuno, qui» le confidò. «Vogliono che me ne vada.»
Toni sapeva che, quando l'anziana signora era di quell'umore, continuava a rimuginare sui suoi timori ed era inutile tentare di rassicurarla. Tuttavia, quando i suoi livelli di litio tornavano alla norma, si tranquillizzava. Così, si limitò a chiederle di poterle