Primario e playboy: Harmony Bianca
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Il primario del Pronto Soccorso del Bayside Hospital Harry Worthington cerca in tutti i modi di conciliare il proprio lavoro con la sua condizione di papà single e non sempre con risultati incoraggianti. Il suo problema più grave riguarda le babysitter che, per un motivo o per l'altro, finiscono sempre per innamorarsi di lui e, non corrisposte, lo abbandonano al proprio destino. Di sicuro questo non accadrà con la gelida, professionale, inflessibile infermiera Johnson. Lui l'ha scelta per questo. E per quei magnetici occhi blu che non lo fanno dormire la notte.
Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Anteprima del libro
Primario e playboy - Carol Marinelli
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Accidental Romeo
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2014 Carol Marinelli
Traduzione di Silvia Calandra
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-743-1
1
Era stato troppo bello per essere vero!
Marnie Johnson percorreva lentamente Beach Road a bordo della sua auto con un senso di crescente disagio. I moderni condomini e le villette a schiera che aveva ispezionato solo un paio di settimane prima non suscitavano in lei più alcun interesse. Cominciavano a piacerle sempre di più quelle case un po’ vecchiotte circondate da giardini spesso incolti che, però, avrebbero richiesto molta cura per poterci vivere in maniera confortevole. E se c’era una cosa di cui Marnie non disponeva era proprio il tempo da dedicare a una nuova abitazione.
Quasi certa che avrebbe ottenuto il posto di responsabile del team infermieristico al Bayside Hospital nella Mornington Peninsula di Melbourne, Marnie aveva trascorso il pomeriggio dopo il colloquio finale a cercare casa. E quando era giunta in quel quartiere, aveva capito che era amore a prima vista. Sì, gli affitti erano piuttosto alti, ma sempre meno che in città. Si era lasciata conquistare dagli appartamenti assolati e luminosi con la vista sulla baia e dai piccoli edifici di pochi piani con balconi dove potersi rilassare dopo una giornata indaffarata. E Marnie avrebbe avuto parecchio da fare. Quando poi le avevano confermato che il posto sarebbe stato suo, Marnie si era ritrovata con i tempi ancora più stretti del solito. Doveva passare le consegne del suo precedente ruolo e festeggiare il nuovo lavoro con le amiche. Sì, era stato un azzardo, ma, dopo una breve conversazione con l’agente immobiliare che le aveva fatto fare un giro della zona, aveva firmato il contratto di affitto per un mese di una casa che non aveva neanche visto, ma che le avevano detto essere simile ad altre che aveva visitato.
Simile!
L’unica somiglianza era che tutte avevano la porta. Anche se, in effetti, mentre Marnie procedeva lungo il vialetto, non riusciva quasi a vederla poiché l’edificio era circondato da una vegetazione incolta e l’erba del prato era molto alta.
Mai fidarsi degli agenti immobiliari.
Marnie lo sapeva, ma si era lasciata convincere quando Dave le aveva detto che la casa era appena stata messa sul mercato e perciò non aveva ancora le foto. E lei, la superorganizzata Marnie, tiratissima con i tempi, si era fidata e non aveva approfondito.
Ed ecco com’era andata a finire!
Aprì la porta, entrò e, come temeva, vide che l’interno era terribile come si era aspettata.
Prese il telefono e compose il numero dell’agenzia, e quando l’impiegata rispose le chiese, non senza una notevole irritazione nella voce dal brusco accento irlandese, di passarle Dave.
«È a un’asta» le spiegò l’impiegata che le aveva consegnato le chiavi. «Non credo che oggi tornerà in ufficio, ma posso dirgli di mettersi in contatto con lei.»
Marnie si trattenne dal risponderle male. Dopotutto, la ragazza non c’entrava nulla. «Grazie, gliene sarei grata» si limitò a replicare, sapendo che comunque era improbabile che Dave la chiamasse in giornata.
Il giorno successivo era domenica e lunedì avrebbe iniziato il nuovo lavoro. Non aveva tempo di andare a vedere altre case. Si guardò intorno e pensò che forse sarebbe bastata una bella pulita, ma girando da una stanza all’altra diventava sempre più difficile essere ottimista. Non c’era neanche una vasca, ma solo una vecchia doccia ammuffita che avrebbe avuto bisogno di una bella strofinata prima di essere usata. «Gli australiani devono avere una fissazione per le docce» considerò Marnie a voce alta. Le sarebbe piaciuto avere una vasca dove potersi rilassare la sera.
Sospirò e decise di lasciare perdere. Aveva visto di peggio. Il camion dei traslochi con i mobili sarebbe arrivato alle otto della mattina seguente, insieme ai suoi due fratelli, Ronan e Brendan.
Perciò, meglio darsi da fare con l’olio di gomito!
Si legò i lunghi capelli neri in una coda e andò a prendere in auto l’aspirapolvere, il secchio e gli stracci che si era portati appositamente, anche se aveva sperato di trovare una situazione meno drammatica. Tuttavia, se c’era una cosa in cui Marnie era maestra, era la pulizia. In un battibaleno avrebbe sistemato tutta la casa!
Gli uomini! Pensò Marnie portando in casa l’attrezzatura. La fissavano per un istante negli occhi blu, soppesavano la sua figura minuta ma formosa, vedevano il suo volto sorridente, sentivano il suo accento morbido, e pensavano di averla in pugno.
Nessuno l’aveva mai avuta in pugno!
Dave non aveva idea del guaio in cui si era cacciato.
Rispose a una telefonata proprio mentre stava per iniziare... Era Matthew, un amico col quale usciva di tanto in tanto.
«Com’è la nuova casa?»
«È magnifica!» mentì Marnie. Non avrebbe mai ammesso di essersi sbagliata, soprattutto considerato che lui l’aveva avvertita che stava commettendo un errore a lasciare la città per trasferirsi vicino alla baia.
«Ti annoierai a morte» l’aveva avvisata.
Marnie avrebbe voluto annoiarsi anche solo dieci minuti, pensò continuando a chiacchierare con lui per qualche minuto e poi terminò la chiamata.
Non le era neanche saltato per la testa di chiedere a Matthew di aiutarla col trasloco. Matthew stava cominciando a starle un po’ troppo addosso e non le piaceva. Voleva a tutti i costi che gli ambiti della sua vita restassero separati. Famiglia, lavoro, amicizie... tutti ben distinti, perfino la vita sessuale. Marnie aveva trentun anni, era una donna indipendente, e da parecchio tempo ormai aveva deciso che questo sistema era quello giusto per lei. E poi, se avesse chiesto aiuto a Matthew, lui e i suoi fratelli si sarebbero incontrati e Ronan e Brendan avrebbero frainteso il loro rapporto.
Marnie aprì tutte le finestre per far entrare il sole e poi iniziò a fare pulizie, cominciando dalla cucina e proseguendo poi nelle altre stanze e in giardino. Era come un tornado. Con i guanti di gomma per proteggersi le mani, lavò le pareti e pulì i vetri. Tolse le tende e le distese al sole, passò l’aspirapolvere e lavò i pavimenti, e tutto senza smettere di pensare al lunedì seguente e alle sfide che l’aspettavano.
Non vedeva l’ora di diventare responsabile di reparto. Nell’ospedale di una grande città era già stata vice responsabile per alcuni anni e poi, quando si era resa conto che il suo superiore non aveva intenzione di andarsene ed essendo stanca di prendere ordini, dopo aver letto l’annuncio del Bayside aveva inviato la sua candidatura. Cercavano una persona decisa e determinata e lei lo era sicuramente. Christine, la persona che aveva ricoperto quel ruolo fino a poco tempo prima, sembrava trascorresse più tempo chiusa nel suo ufficio che a occuparsi del reparto. E in quel momento il ruolo era ricoperto da Cate Nicholls che, però, aveva scelto di non restare a tempo indeterminato perché presto si sarebbe sposata.
Il Pronto Soccorso era terribilmente a corto di medici, anche se le avevano precisato che a breve avrebbero iniziato a lavorare due nuovi dottori. Inoltre, le avevano accennato a un altro problema. Uno dei medici, Harry Worthington, che non aveva partecipato al suo colloquio, approfittava dei membri del personale infermieristico per impiegarli come baby sitter dei suoi due gemelli.
«Non se ne parla!» aveva risposto Marnie e aveva visto Lillian, la direttrice di tutto il personale infermieristico dell’ospedale, non solo abbozzare un sorriso ma appuntarsi qualcosa su un taccuino.
Era stato allora che Marnie aveva intuito di avere avuto il lavoro. Harry Worthington!
Lillian le aveva fatto fare il giro del reparto, e Marnie aveva capito qualcosa di più delle problematiche del personale e aveva scoperto che Harry di recente era rimasto vedovo con due gemelli di quattro anni.
Marnie non aveva lasciato trasparire che quel nome le era familiare e aveva represso un lieve sorriso quando si era ricordata dell’Harry scavezzacollo che aveva conosciuto e che ora invece era un medico stimato e padre di famiglia.
Chi l’avrebbe mai detto?
Pronta ad affrontare la doccia, Marnie staccò la tenda e la immerse in una buona dose di candeggina e poi si spogliò e rimase in biancheria. Mentre fregava le pareti incrostate di sporco pensò ai suoi primi tempi da studentessa d’infermieristica. Il primo anno d’internato l’aveva fatto al Melbourne Central, per ragioni personali, e poi si era trasferita a completare la specializzazione al Royal. Era stato al Melbourne Central che aveva conosciuto Harry. In realtà avevano solo scambiato poche parole in ambito lavorativo, ma lei avvertiva uno strano fremito ogni volta che lo vedeva entrare in reparto o in mensa.
Da giovane specializzando, grazie ai suoi modi disinvolti e al suo aspetto attraente, a Harry non era mai mancata la compagnia femminile. Bastava girasse voce che Harry avrebbe presenziato a una festa alla mensa dei medici per fare raddoppiare il numero dei partecipanti. Marnie in quel periodo era perdutamente innamorata di Craig, il suo primo ragazzo. Tuttavia, vivendo lontano da casa, dai genitori severi e dalla responsabilità di doversi occupare dei due fratelli minori, Marnie era troppo presa ad assaporare con entusiasmo la nuova libertà per riservare a Harry Worthington poco più di qualche pensiero fugace.
Lui l’aveva colpita con le sue gambe lunghe, i capelli castani sempre perfettamente in ordine, che fossero le nove del mattino quando iniziava il turno o le otto di sera quando andava a casa. Anche quando non si faceva la barba per un giorno, sembrava che un pittore gliel’avesse disegnata sul volto. Aveva lavorato tanto, si era divertito ancora di più ed era sopravvissuto alla sua fama di dongiovanni. Gli volevano tutti bene, dal portiere al primario, dall’ausiliaria alla caposala, dai pazienti ai parenti. Harry affascinava tutti!
Tutti, ma non lei.
Ripensandoci, mentre se ne stava seduta tranquillamente, era capitato che una volta parlassero fuori dall’ambito lavorativo. «Forza, Marnie, smettila di aggirarti con quel muso...» Le sembrava di sentire ancora le sue coinquiline che la incoraggiavano a uscire e, anche se non aveva voglia di festeggiare, per farle tacere, quella sera le aveva accontentate. Era stata per tutta la sera con il bicchiere di limonata in mano a pensare al suo mondo che crollava a pezzi. Alla fine aveva deciso di andarsene.
«Te ne vai di già?» Harry l’aveva vista avviarsi alla porta e le aveva offerto un drink. Lei aveva fissato i suoi occhi verdi e, del tutto insensibile al suo fascino, senza dargli alcuna spiegazione, se n’era andata.
Chissà come se la passava adesso l’affascinante Harry, si chiese Marnie. Ormai aveva sicuramente passato la trentina da un po’ e probabilmente aveva pagato il conto per tutti quegli anni di eccessi. Marnie si alzò e aprì la doccia, indirizzando il getto verso la parete e ridendo tra sé al pensiero di un Harry rubicondo e tracagnotto.
E padre single di due gemelli.
In passato il suo fascino non aveva fatto presa