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Un chirurgo in abito da sera: Harmony Bianca
Un chirurgo in abito da sera: Harmony Bianca
Un chirurgo in abito da sera: Harmony Bianca
E-book152 pagine1 ora

Un chirurgo in abito da sera: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Nell'ambiente glamour di una clinica di lusso si intrecciano le vite, le passioni e gli amori del più eccitante team di chirurghi di Londra.

Il famoso chirurgo plastico Leo Hunter ha sacrificato tutto per ristrutturare la clinica di famiglia e riportarla agli antichi fasti. Sempre a proprio agio, sia che indossi lo smoking a una festa sia che porti il camice in sala operatoria, Leo predilige la compagnia di donne belle e superficiali. E allora perché ha perso la testa proprio per l'infermiera Lizzie Birch? Forse perché è l'unica che finora è stata in grado di resistergli? Per lei Leo è disposto a rompere tutti gli schemi e a trasformarsi da preda in spietato predatore. E se saprà usare al meglio le proprie armi, la dolce e incantevole Lizzie non avrà scampo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2020
ISBN9788830510289
Un chirurgo in abito da sera: Harmony Bianca
Autore

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

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    Anteprima del libro

    Un chirurgo in abito da sera - Carol Marinelli

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    200 Harley Street: Surgeon in a Tux

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2014 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Giacomo Boraschi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-028-9

    Prologo

    Alloggio fornito stava assumendo un nuovo significato!

    Mentre saliva al quinto piano con l’ascensore, Lizzie Birch aveva il cuore in gola, sicura che dovesse esserci un errore. Quella non poteva essere la sua nuova casa. Quando le avevano dato l’indirizzo di Marylebone, si era aspettata un alloggio per infermiere come quello in cui aveva abitato all’inizio della carriera... un vecchio edificio suddiviso in minuscole stanze.

    Invece era tutto diverso.

    Dopo avere aperto la porta, Lizzie entrò in un appartamentino arredato con ottimo gusto e sentì un delizioso profumo di fiori. Si volse e deglutì quando vide un sontuoso mazzo e un cestino di cioccolatini.

    Si concesse il lusso d’inalare la deliziosa fragranza della primavera in un gelido mattino di gennaio. Quei fiori dovevano essere costati una fortuna.

    Come l’appartamento, pensò Lizzie, addentando un cioccolatino allo champagne e chiudendo beatamente gli occhi mentre lo assaporava. Soltanto ora cominciava a capire che cosa significasse essere capo infermiera nella Clinica Hunter al 200 di Harley Street.

    Un biglietto la informava che l’uniforme, per la quale lei aveva inviato le proprie misure, l’aspettava nella clinica. Era molto diversa dalle tuniche bianche e dai camici che Lizzie era abituata a portare. Era sofisticata come la voce che fino a quel momento Lizzie aveva sentito solamente al telefono.

    Leo Hunter.

    «Ha ottime referenze.»

    Leggermente ironico, il tono aveva fatto accigliare Lizzie. In fin dei conti a raccomandarla per il posto era stato Ethan, il fratello di Leo.

    «Grazie.» Lizzie non aveva saputo bene che cosa dire. «Mi sono sentita molto lusingata quando Ethan mi ha consigliato di candidarmi. Mi ha detto di telefonare e accordarmi per un colloquio...»

    «Il posto è suo» l’aveva interrotta Leo. «Non c’è bisogno di colloqui a meno che non voglia fare un salto in Svizzera.»

    Lizzie non aveva capito bene se fosse serio o stesse scherzando. Aveva sentito il suono della sua profonda risata, poi Leo si era scusato... spiegando che, come ogni buon chirurgo estetico, una volta sistemata l’ondata natalizia di clienti era andato a sciare. L’aveva informata che si sarebbero visti dopo Capodanno e Lizzie aveva corrugato la fronte. Che cosa significava?

    Non l’aveva nemmeno interrogata sulla sua esperienza di lavoro! In apparenza non gli interessava il fatto che per Ethan lei avesse lavorato soltanto come infermiera privata e che la sua esperienza riguardasse essenzialmente il pronto soccorso.

    No, l’aveva assunta senza chiederle niente!

    «A proposito» aveva aggiunto Leo prima di riagganciare, «vuole un alloggio?» La sua voce coltivata aveva rivolto la domanda con indifferenza. «Come capo infermiera della Clinica Hunter ne ha diritto.»

    «Ne ho...»

    «Un appartamento arredato.»

    Lizzie strinse convulsamente il ricevitore mentre lui ringraziava qualcuno, presumibilmente per un drink dato che dall’altro capo del filo veniva un tintinnio di cubetti di ghiaccio. Poi si dedicò nuovamente a lei. «Non so esattamente quale, ne abbiamo diversi a poca distanza dalla clinica.»

    Lizzie si era accinta a rifiutare. Qualunque alloggio a poca distanza dal 200 di Harley Street sarebbe stato troppo costoso per le sue finanze. Ma poi Leo continuò. «Fa parte dell’offerta. Ma se ha già un alloggio, possiamo...»

    «Sarebbe fantastico.» Stavolta era stata Lizzie a interrompere. Non si era curata di nascondere il proprio entusiasmo. Un appartamento arredato a poca distanza le avrebbe risparmiato una fortuna, non soltanto in affitto ma anche in trasporti. Due anni prima Lizzie si era trasferita da Brighton a Londra e aveva trovato la capitale molto costosa, tanto più che doveva pagare la casa di cura per i suoi genitori. Non era abituata ai regali, certamente non di quel livello. «L’appartamento sarebbe me-ra-vi-glio-so.»

    «Bene» aveva approvato Leo. «Gwen, la direttrice della clinica, la contatterà per comunicarle i particolari. Ci vediamo dopo Capodanno.»

    Buon anno, pensò Lizzie mentre guardava dalla finestra, meravigliandosi di vedere uno scorcio di Regent’s Park e non osando credere che stesse veramente accadendo a lei. Il fratello di Leo, Ethan, era stato suo paziente. Era tornato dall’Afghanistan e Lizzie lo aveva assistito a domicilio, curandogli le gravi ferite alle gambe. Sapeva che Ethan era medico ma ignorava la straordinaria storia della sua famiglia. Ethan era introverso e taciturno. Sapendo una parte di quello che aveva sofferto, Lizzie aveva evitato di fargli domande personali. Al contrario, aveva parlato della propria vita... dei suoi anziani genitori, di sua madre malata di Alzheimer, della propria ansia per loro benché abitassero in una casa di cura. Della sua decisione di vendere la dimora di famiglia. Di come cercasse di approfittare di ogni giorno libero per andare a Brighton a trovarli. Di come soffrisse perché sua madre non la riconosceva quasi mai.

    Si era interrotta mentre terminava la medicazione, più che altro aveva parlato fra sé. Ma per una volta era stato Ethan a rompere il silenzio.

    «Sono fortunati ad avere una figlia come lei.»

    «No» aveva replicato Lizzie, felice di avere ottenuto una reazione. «Sono fortunata io ad averli.»

    Ethan aveva cominciato lentamente a parlare. Quando le aveva rivelato che intendeva lavorare nell’azienda di famiglia occupandosi dell’attività umanitaria della clinica estetica e ricostruttiva di suo fratello, Lizzie si era interessata all’argomento, più che altro perché era felice che Ethan si fosse finalmente deciso a comunicare.

    Non si sarebbe mai aspettata che lui la proponesse come capo infermiera della clinica. E non avrebbe mai creduto di venire accettata.

    Si sentiva insicura per quell’improvvisa svolta nella sua carriera. Temeva che, dopo avere visto come fosse giovane, Leo avrebbe cambiato idea.

    Esplorò l’appartamento e andò nel bagno, dove guardò il proprio riflesso nel grande specchio, chiedendosi come dovesse essere la capo infermiera di una rinomata clinica di chirurgia estetica.

    Mentre considerava i propri capelli color castano chiaro, gli occhi nocciola e il viso di solito privo di maquillage, pensò a tutte le celebrità e le bellezze che avrebbe affrontato a partire da lunedì.

    Pensò anche al suo prossimo incontro con Leo.

    Da quando lo aveva sentito al telefono, la sua vita era cambiata!

    Come il giorno in cui la sua pudica genitrice le aveva rivelato i fatti della vita. Nata quando i suoi genitori avevano già superato la quarantina, Lizzie era stata accuratamente tenuta all’oscuro della realtà sessuale. Il giorno della rivelazione fatale le era parso di vedere il ciclo mensile e il sesso dappertutto... dagli spot televisivi alle pagine delle riviste.

    Con Leo Hunter era lo stesso. Ora le pareva di vederlo dappertutto.

    Era il fusto dal fisico scultoreo e gli occhi azzurri che sciava sulle montagne bianche di neve dietro la famiglia reale che posava per una foto.

    Era il bel viso vicino a una celebrità. L’uomo al fianco della top-model che usciva da un night club.

    In passato Lizzie non aveva prestato attenzione a quei particolari.

    Leo Hunter era bello come il sole, il chirurgo delle star, un incorreggibile playboy e da lunedì sarebbe stato il suo capo.

    1

    «L’ho assunta, no?» rispose seccamente Leo a suo fratello. «Allora perché non dovrei trattarla gentilmente?»

    «Sai benissimo quello che voglio dire.»

    Ethan girò sui tacchi e tentò di lasciare a passi rapidi il lussuoso ufficio. Nonostante l’ira e dieci anni... no, anzi una vita di rivalità, Leo avvertì una stretta al cuore mentre assisteva al patetico tentativo di suo fratello.

    Soltanto Dio conosceva le condizioni delle gambe di Ethan, pensò. Ethan non ne parlava e Leo aveva appreso la notizia dalla stampa. Non avrebbe mai dimenticato il dolore e l’umiliazione di quando aveva letto su un giornale che Ethan si stava riprendendo all’ospedale. Ed erano fratelli!

    Ethan preferiva non parlare dell’Afghanistan, tuttavia il suo dolore era evidente e Leo avrebbe voluto che si confidasse. Ma a pensarci bene, perché avrebbe dovuto?

    Non erano mai stati molto legati.

    Il loro padre aveva fatto di tutto per dividerli.

    «Che cosa credi di dimostrare, rifiutando di usare il bastone?»

    Leo vide le spalle di suo fratello irrigidirsi. Al diavolo, pensò esasperato. Un fratello maggiore non poteva fare quel tipo di osservazioni?

    «Se volessi un’altra diagnosi, andrei da qualcuno che...»

    Ethan non finì la frase, non ne ebbe bisogno. Ecco il vantaggio di essere fratelli: ognuno di loro due conosceva esattamente i pensieri dell’altro. Leo scrollò le spalle. «Ridi pure, se vuoi» ribatté mentre Ethan si volgeva a fronteggiarlo. «Ma permettimi di dirti una cosa. Quando se ne vanno da questa clinica, i miei pazienti si sentono molto meglio di quando sono entrati. Ti ricordo che è stato il mio lavoro a riabilitare il nome degli Hunter. Mentre giocavi alla guerra...» S’interruppe bruscamente, desiderando rimangiarsi le parole. Ethan non aveva giocato. Le sue ferite era il risultato della guerra. Tutti lo consideravano un eroe, specialmente Leo. «No, scusami. Era un colpo basso» ammise.

    «Già, come la mina.»

    Leo rimase un momento in silenzio. «Mentre guardi dall’alto in basso il tuo famoso fratello chirurgo» disse alla fine, «ricorda che è il mio lavoro a permetterci di fare della beneficenza. Senza i soldi della Clinica Hunter, non ci sarebbero letti gratuiti al Lighthouse Hospital e al Kate. E tu non lavoreresti qui.»

    «Lo so» borbottò Ethan.

    «Ma l’idea non ti va a genio» osservò Leo, quindi sbirciò la caraffa di cristallo sul tavolo di noce. «Anche se

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