Incontro sull'isola: Harmony Collezione
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Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Anteprima del libro
Incontro sull'isola - Carol Marinelli
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Shameful Consequence
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2011 Carol Marinelli
Traduzione di Carla Ferrario
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-578-5
Prologo
«Questa notte dormiranno nelle loro camere!» stabilì Alexandros. «In camere separate.»
«Ma che fastidio ti...?» cominciò Roula, però subito tacque. Aveva imparato a non discutere le decisioni di Alexandros, però in quel caso doveva tenergli testa. Sarebbe stato crudele separare i bambini, perciò cercò un approccio diverso. «Piangeranno tanto che finiranno per svegliarti.»
«Lasciali piangere, impareranno che la notte tu resti con me.» Le fece scivolare una mano tra le cosce. «Stanotte non accetterò scuse» l’avvertì, per quanto non l’avessero mai fermato neppure prima.
Quando udì chiudersi la porta e lui andò come ogni giorno a giocare a carte e a bere alla taverna, Roula si sentì sollevata. Non durò a lungo, perché un attimo dopo cominciò a temere il suo ritorno.
A diciassette anni, era già madre di due gemelli che erano la luce dei suoi occhi. Non esistevano bambini belli come i suoi, poteva restare per ore a guardarli dormire, i nasini schiacciati all’insù mentre si succhiavano il pollice, le ciglia così lunghe da sfiorare la curva delle guance. A volte uno dei due fissava gli enormi occhi neri sul fratello e poi, tranquillizzato da quella vista, li richiudeva.
Gemelli identici, le aveva detto l’ostetrica dopo averli aiutati a venire al mondo. Identici ma opposti, uno mancino e l’altro no, i capelli soffici girati verso destra per Nico, verso sinistra per Alexandros.
A quasi un anno di età dividevano ancora lo stesso lettino e strillavano se Roula cercava di separarli. Se anche si accostavano i lettini, le loro proteste non si placavano. E quella notte avrebbe dovuto sistemarli addirittura in due camere diverse.
Il pensiero di sentirli piangere tutta la notte mentre il marito usava il suo corpo le riusciva insopportabile.
Non ne posso più. Adesso basta. Se mio padre sapesse la verità, certamente mi aiuterebbe.
Ad Alexandros non piaceva che lei uscisse di casa, perciò dal giorno del matrimonio aveva visto il padre solo un paio di volte. Era stato lui a spingerla a sposarsi, perché il denaro ricavato dai suoi dipinti non bastava per mantenere entrambi. Dopo la morte della moglie era diventato piuttosto stravagante e preferiva restarsene da solo. Ma senza dubbio non vorrà imporre questa vita a me e ai suoi nipoti!
«Adesso. Devi farlo adesso» incitò se stessa ad alta voce. Le restavano forse cinque o sei ore prima del ritorno del marito, perciò prese una valigia e la riempì in fretta con i pochi abiti dei gemelli. Poi corse in cucina a prelevare un barattolo dove aveva nascosto il denaro che metteva da parte già da mesi.
«È questo il tuo modo di ripagarmi?»
Roula prima si sentì gelare, poi subì impassibile insulti e percosse dal marito.
«Sei solo una ladra che ruba a chi ti ha dato un tetto!» la investì lui come una furia. «Vuoi andartene? Fa’ pure!» Per un attimo si sentì rincuorata, ma poi Alexandros le inferse il colpo più crudele. «Si fa a metà, però.» La spinse verso la stanza da letto, dove i bambini strillavano, svegliati dal litigio. «Qual è il primogenito?» Ancora non riconosceva i suoi figli. «Chi è Alexandros?» Ottenuta la risposta, prese il bambino con sé e le spinse tra le braccia Nico. «Prendilo e vattene.»
Portando via il figlio tra le braccia, Roula corse dal padre. Temeva quello che sarebbe potuto accadere al gemello rimasto con il marito ed era certa che suo padre l’avrebbe aiutata. Corse trafelata fino a casa, ma la trovò sbarrata. I vicini le rivelarono che il padre era morto, accusandola di non essere mai passata a trovarlo e di non aver neppure partecipato al funerale, nonostante suo marito fosse stato informato.
Ma lui non mi ha avvertita.
«Ci riprenderemo tuo fratello» promise a Nico, che ancora non smetteva di piangere. L’unico poliziotto della zona non le sarebbe stato di nessun aiuto, giacché era amico di Alexandros.
Andrò dall’avvocato di Xanos.
Ottenne un passaggio da un camionista e fu costretta a pagarlo nel modo più abietto, ma lo fece per i suoi figli. In seguito dovette ripetere più volte quell’esperienza, perché, per aiutarla, il giovane e ricco avvocato voleva essere pagato in anticipo.
Un goccio di ouzo a buon mercato le serviva a far dormire Nico la notte e ad avere il tempo di guadagnare altro denaro. Il resto della bottiglia serviva a lei per andare avanti.
Finché un giorno, mentre stava seduta in un vicolo con il bambino tra le braccia, udì la voce di un uomo.
«Quanto vuoi?»
Roula alzò lo sguardo e stava per dire la sua tariffa, quando notò una donna al suo fianco.
Rifiutò, perché, per quanto fosse stata costretta a scendere in basso, non accettava rapporti a tre o peggio.
L’uomo però non era interessato al suo corpo.
«Quanto vuoi per il bambino?»
Le raccontò che erano una coppia senza figli, in vacanza per cercare di superare il loro dolore. Le parlò del denaro e dell’educazione che avrebbero dato a Nico. Con lui si sarebbero stabiliti nella vicina isola di Lathira e lo avrebbero cresciuto come figlio loro.
Roula pensò ad Alexandros, ancora nelle mani di quel mostro del marito, e a come dovesse tentare di metterlo in salvo. Pensò all’ouzo e ai clienti che avrebbe dovuto soddisfare quella notte e a tutte le cose terribili che aveva fatto fino a quel momento.
Nico meritava una vita migliore.
Starà bene, si ripeté di nuovo quando la coppia lasciò l’ufficio del ricco avvocato di Xanos con il bambino. Mi dimenticherà presto.
Lei invece avrebbe trascorso il resto della vita cercando di farlo.
1
Forse avrei dovuto telefonare.
Mentre l’automobile scivolava nel vialetto davanti alla casa dei genitori, Nico Eliades non poté fare a meno di chiedersi perché ci fosse tornato. L’affare ad Atene si era concluso prima del previsto, l’albergo ormai era suo, e potendo approfittare di uno dei pochi fine settimana liberi aveva deciso di fare il proprio dovere e recarsi a Lathira a far visita ai genitori.
Non la sentiva come casa sua, solo il senso del dovere lo spingeva a salire i gradini fino alla porta d’ingresso. O forse il senso di colpa.
I genitori non gli piacevano.
Non gli piaceva il loro modo di usare la ricchezza né come erano sempre alla ricerca di adulazione. Suo padre era arrivato dalla Grecia continentale quando Nico aveva solo un anno, e aveva acquistato due navi di lusso da crociera che ancora costeggiavano le isole greche.
Finiremo per litigare anche oggi, perché mi chiederanno ancora una volta di tornare a vivere con loro e di investire una parte del mio capitale nell’azienda di famiglia. Come al solito mia madre mi pregherà con le lacrime agli occhi di prendere moglie e di regalarle dei nipotini, e mi farà notare per l’ennesima volta che dovrei dimostrare più gratitudine per quello che hanno fatto per me.
Ma perché dovrei ringraziarli?
Espirò con forza dalle labbra. Non voleva assumere un atteggiamento ostile, desiderava evitare l’ennesimo scontro, ma l’insistenza sul fatto che avrebbe dovuto dimostrarsi più grato per le ottime scuole frequentate, per le possibilità che gli erano state offerte...
Non è quello che farebbe qualunque genitore, potendoselo permettere?
«I suoi genitori non sono in casa» lo informò la cameriera, preoccupata della reazione dei coniugi Eliades che sarebbero stati molto contrariati per aver perso una delle rare visite del figlio. «Sono andati al matrimonio, non torneranno prima di domani.»
«Ah, già, il matrimonio.» Nico se ne era scordato. Aveva rifiutato l’invito e una volta tanto loro non avevano protestato per la sua assenza.
Il matrimonio era quello di Stavros, figlio di Dimitri, il maggior rivale in affari di suo padre. In casi come quello, suo padre insisteva perché Nico fosse presente. Amava esibire il figlio che aveva raggiunto un grande successo negli affari.
A Nico invece non interessava pavoneggiarsi e stranamente quella volta i suoi genitori non avevano cercato di fargli cambiare idea.
Non sapeva che cosa fare. Giacché era arrivato fin lì, gli sarebbe dispiaciuto ripartire senza incontrarli. Erano trascorse settimane, no, mesi, dall’ultima volta, e se fosse riuscito almeno a salutarli si sarebbe potuto risparmiare un’altra visita per parecchio tempo.
«Dove si tiene il matrimonio?» Charlotte, la sua assistente, gli aveva comunicato la notizia della cerimonia senza entrare nei particolari.
«A Xanos.» Nonostante Xanos fosse ormai diventata meta delle vacanze esclusive di ricchi e famosi, gli abitanti erano ancora poveri e i cittadini di Lathira li giudicavano con disprezzo, come dimostrava l’espressione della donna. «La sposa viene da lì.»
«Dalla zona meridionale?» domandò Nico, ben sapendo che in quel caso significava che Stavros si era ben sistemato. La cameriera abbozzò un sorriso.
«No, viene dalla città vecchia. Suo padre e Dimitri stasera avranno vita dura.»
Allora anche Nico sorrise perché, benché suo padre fosse benestante, la zona meridionale di Xanos era fuori dalla sua portata. Ci andrò, decise su due piedi.
Non lo preoccupava il fatto di non avere prenotato l’albergo, simili dettagli non lo interessavano. Charlotte avrebbe sistemato ogni cosa.
Ma oggi lei è a Londra per un matrimonio, ricordò all’improvviso.
«Sistemi pure le mie cose» ordinò alla cameriera. L’autista stava portando in casa le sue valigie e Nico gli ordinò di organizzare il trasporto su Xanos.
«Non ci sono mezzi disponibili» lo informò più tardi l’autista, nervoso. «Gli elicotteri sono tutti fuori e non rientreranno fino a domani.»
«Non c’è problema.» Si fece portare al traghetto. Era abituato a cambiare spesso autista, ma ciò cui non era abituato era definire personalmente tutti i dettagli, perché se ne occupava la sua assistente, disponibile giorno e notte, ma non quel fine settimana.
Non gli restava che il traghetto.
Vestito con l’abito scuro, si sedette in mezzo ai turisti. Molti osservavano quell’uomo attraente con gli occhiali da sole che, evidentemente, non faceva parte del gruppo di normali utilizzatori del traghetto.
Il trasporto pubblico non è poi così male, decise. Prese un caffè ristretto e avrebbe voluto leggere il giornale, ma glielo impedì un bambino dietro di lui che piangeva e non voleva saperne di smettere.
Cercò di concentrarsi, ma gli strilli del bambino si intensificarono, aumentando il suo disagio.
Il battello cavalcava le onde e l’odore del fumo di scarico