Incantesimo (eLit): eLit
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Info su questo ebook
Come manager di un'importante azienda, Gwen non si ritiene una persona ingenua, dunque quella storia della gonna speciale che attira gli uomini come api sul miele le sembra davvero ridicola! Da non crederci. Anche perché, se funzionasse, il suo vicino Alec la vedrebbe come una vera donna, e non come l'amica della porta accanto, con cui dividere pizza e telefilm. Insomma la guarderebbe... proprio come la sta guardando ora!
Heather MacAllister
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Incantesimo (eLit) - Heather MacAllister
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Prologo
«Hai ancora quell'espressione sdolcinata.» Gwen Kempner parlava a denti stretti, in modo da mantenere il sorriso che si addiceva a una damigella di nozze: falso, ma perlomeno non sdolcinato. Non è che non fosse contenta per la sposa, è che il suo senso di felicità faticava a manifestarsi.
L'accurata conoscenza che aveva delle relazioni tra uomini e donne e la sua esperienza personale le avevano insegnato a non provare alcun melenso sentimentalismo, quando partecipava a un matrimonio. Anzi, le capitava perlopiù di sentirsi felice soltanto dopo la cerimonia, quando tutto era finito.
Kate, la sua amica del cuore, anche lei damigella e testimone, sospirava sognante. «Guardala, Gwen.»
Lei ubbidì e prese a guardare Chelsea, l'altra sua amica del cuore, ugualmente sognante mentre fissava Zach, che era appena diventato suo marito.
«È così bella» sospirò Kate.
Gwen le lanciò uno sguardo tagliente. «Ne abbiamo parlato tante volte. Le spose hanno quell'espressione perché diventano in qualche modo immuni alla realtà. Altrimenti, come potrebbero accettare di sborsare tutti quei soldi per un abito che metteranno una sola volta nella loro vita?»
«Ma sembra così felice, Gwen. Forse...»
«Sii forte e ripeti dopo di me: Non ho bisogno di un uomo per essere felice.»
«Non ne sono così sicura... Hai visto che bel tipo il testimone dello sposo?»
«Certo. E ho anche già immaginato tutto il resto. Lui e i suoi amici, ex giocatori di football, che bevono birra nei weekend durante il campionato e insieme rivivono le glorie passate di fronte a una televisione con lo schermo gigante.»
«Ti manca il maxi schermo. Ammettilo.»
Kate si riferiva all'ultima storia importante di Gwen, durante la quale, per troncare, era stata costretta ad andarsene dal suo stesso appartamento e a lasciarlo al suo ex, perché lui si rifiutava di portare via la sua mostruosa TV, lo stereo e tutti gli attrezzi per fare ginnastica. Aveva dovuto persino lasciargli l'amato divano. E siccome questo era avvenuto durante la domenica del Superbowl, la sua assenza era stata notata il giorno dopo soltanto.
Kate le afferrò un braccio. «Guarda! Sta per lanciare il bouquet!»
«Grazie per l'avvertimento.» Gwen indietreggiò nel gruppetto delle altre donne single.
«Oh, no, non devi!» Kate la spinse di nuovo in prima fila.
Gwen perse l'equilibrio proprio nell'esatto momento in cui Chelsea stava per lanciare il bouquet. A quel punto Kate cercò di afferrarla, e Gwen cadde sulle ginocchia.
Il bouquet volò sopra la sua testa. Si udì uno strillo, seguito da un tramestio sospetto e da svariate imprecazioni.
Gwen si alzò giusto in tempo per incrociare lo sguardo di Chelsea. E rabbrividì. In mano, la sua amica, aveva qualcosa che era molto più di un semplice bouquet da sposa.
«No, la gonna no!»
Prima ancora che Gwen si rendesse conto di quanto stava accadendo, Chelsea l'aveva già lanciata verso di lei. A mo' di frisbee.
Cercò di schivarla con un braccio, ma la gonna andò a finire dritta sulla sua testa, attaccandosi come se fosse incollata.
«Oh, no!»
«Gwen, hai preso la gonna. Sei tu la fortunata.» Mentre cercava di levarsela dalla testa, la voce di Kate risuonò alle sue spalle. «Mentre io ho preso il bouquet.»
«Facciamo cambio?»
«Volentieri, ma non possiamo. Conosci le regole.»
«Ma non ci sono regole.»
«Sì che ce ne sono. Chi la prende la deve indossare. Se non lo fai rischi di spezzare una sorta di catena, o qualcosa del genere.»
«Kate, stiamo parlando di una gonna.»
«Ma non di una gonna qualsiasi.»
«Invece sì! Si tratta proprio di una gonna qualsiasi.»
«Se tu credi che la gonna che ha permesso a due donne di trovare l'uomo dei loro sogni possa essere considerata una gonna qualsiasi, fa' pure. Per me non è così.»
Gwen borbottò. «Non crederai alla storia dei poteri magici dei quali parla Torrie! Per favore, Kate. Siamo nel ventunesimo secolo!»
Tutta la combriccola lì intorno aveva però sentito lo scambio di battute tra le due amiche e non sembrava intenzionata a demordere.
«Si tratta proprio di quella gonna allora?» chiese una di loro, destando grande curiosità intorno a sé.
Kate cominciò così a raccontare nei dettagli di Torrie, una ex compagna di scuola, e della storia della gonna, il cui tessuto proveniva da un'isola lontana. Questo tessuto - e quindi la gonna - se dato da una sposa a una giovane donna in età da marito, aveva il potere di farle trovare il grande amore.
«Oooh!» fu il commento estasiato della piccola folla.
«Signore, ripeto, siamo nel ventunesimo secolo!» disse Gwen schioccando le dita come per ridestarle.
Ma venne ignorata, a favore di Kate, che le incoraggiava continuando: «... e la tradizione vuole che si passi di sposa in sposa».
Tutti gli sguardi si rivolsero allora verso Gwen.
«Avanti, mettila» suggerì qualcuno.
«Usa il camerino della sposa» incalzò Kate, «e non farmi aspettare a lungo. Sai, mi hanno detto che il cugino di Chelsea non è ancora sposato...»
«Kate!» strillò Gwen. «Ascoltami, io non voglio questa cosa. Prendila tu.» Cercò di lanciarla verso di lei, e si sentì pungere sulle mani e sul braccio. Guardò, credendo di vedere qualcosa di simile a un'eruzione cutanea. Ma la pelle era liscia e candida, mentre il fastidioso prurito continuava.
«Che cosa succede?» chiese Kate.
«Non lo so. Forse sono allergica ai tessuti aderenti. Oppure sono stata morsa da un ragno o da qualche altra creatura disgustosa.»
«Oh, non credo che ci siano creature disgustose da queste parti» disse Kate, allontanandosi per raggiungere gli altri invitati che stavano confluendo verso la porta del terrazzo.
Gwen scosse allora la gonna, e facendo quel movimento, si rese conto di quanto scintillasse. Il tessuto era di buona qualità. La lunghezza assolutamente giusta. Non aveva poi così tanti vestiti da potersi permettere di buttare via una gonna come quella, a tubino, nera e classica. Un capo base, insomma.
«Credo che la terrò» disse.
Trattandola ora con più rispetto, la ripiegò e se la mise sul braccio. Il bruciore e il prurito erano completamente spariti. E la gonna fluttuava in modo sensuale, facendo lo stesso effetto di una carezza.
Non era strano?
Abbastanza da farle venire i brividi.
Si affrettò per raggiungere Kate e gli altri invitati, che nel frattempo si erano radunati intorno agli sposi per salutarli prima della loro partenza.
Chelsea stava salendo sulla macchina. «Pensate che la prossima volta che ci ritroveremo tutte insieme, sarà per il matrimonio di Gwen!» esclamò sorridendo.
Gwen si cucì addosso il sorriso da damigella e fece un cenno con la mano. Se questo era quello che pensavano, allora loro tre non si sarebbero viste per tanto, tantissimo tempo.
1
«Aiutami a capire, la sposa ti ha lanciato una gonna che si dice abbia il potere di attrarre gli uomini?»
Gwen sollevò la sua valigia e la mise nel baule dell'auto di Laurie. «E, oltretutto, anche l'unico, vero amore. Almeno così sostiene Chelsea. Di questa curiosa vicenda si è persino scritto su qualche rivista. Non trovi sia una cosa stupida?»
«Penso sia una cosa carina.»
Carina? Gwen sentiva il bisogno di parlare con una donna razionale, non contagiata dall'idea del matrimonio. Laurie Van Camp, la collega di lavoro che le stava dando un passaggio dall'aeroporto a casa, era proprio quel tipo di persona. O perlomeno, così aveva pensato Gwen fino a trenta secondi prima. Ma Laurie non stava affatto deridendo la storia come avrebbe dovuto.
«Com'è questa gonna?» chiese infatti interessata.
«Nera, aderente ma di taglio classico, e lunga sino al ginocchio. Niente di speciale.»
«Qualcuno l'ha già provata?»
«Più o meno.»
«Sì o no?»
«Sì, penso di sì.»
«Ha funzionato?»
Accidenti, stava prendendo tutta la storia in modo troppo serio. «Come faccio a saperlo?»
«Quante delle donne che la hanno indossata hanno trovato marito?»
«Entrambe» ammise Gwen sospirando.
«Qual è il problema allora?»
«A parte che non credo a una sola parola di tutta questa storia, be', io non voglio un uomo.»
«Fantastico.»
«Non sto scherzando! Gli uomini necessitano di troppo tempo e di troppe energie. E sono totalmente inaffidabili. Voglio dire, sei dovuta venire tu a prendermi in aeroporto, perché Alec, che avrebbe dovuto cambiare l'olio della mia macchina, non lo ha fatto quando avrebbe dovuto.»
«Che cosa ti aspettavi? Questa domenica sono cominciati i playoff.»
«Mi aspettavo che fosse di parola! In fondo avrei dovuto saperlo, ma il fatto che si trattasse del mio vicino di casa mi ha portato a dimenticare che avevo a che fare con un uomo.»
«Ti sta comunque facendo un favore, non lo dimenticare» sentenziò Laurie.
«Lo pagherò per quel favore. Sempre che lo faccia, prima o poi. E poi, perché continui a giustificarlo? Ha avuto ben tre giorni a disposizione per cambiare l'olio della mia macchina. Se lo avesse fatto in tempo, tu non avresti dovuto incasinarti la domenica pomeriggio per venirmi a prendere. Comunque, gli uomini sono un passatempo che non vale poi così tanto la pena di avere. Credo sia molto meglio concentrarsi sulla propria carriera, per esempio.»
«Certo! Il mondo ha un disperato bisogno di assumere caffeina ogni giorno!»
«Ehi! Non dimenticare che anche tu lavori alla Kwik Koffee!»
«Sì, ma se decidessi di rinunciare agli uomini sarebbe per una causa molto nobile, come studiare per trovare una cura per il cancro o per i disturbi cardiaci, oppure diventare un'astronauta, o...»
«Lo vedi? Non fai che darmi ragione. Molte più donne potrebbero fare carriera se la smettessero di sprecare il loro tempo a sacrificarsi per gli uomini. Seriamente, io non ho bisogno di loro.»
«E invece sì» replicò Laurie.
«Ma perché? Ho un lavoro, un appartamento carino e un paio di scarpe di Prada. Perché dovrei aver bisogno di un uomo?»
«Uhm... per compagnia?»
«Anche i cani fanno compagnia, e danno molti meno problemi.»
«Okay, allora per... per i figli» disse aspettando la reazione di Gwen.
«Ma per svezzarli occorre ancora più tempo di quanto ce ne voglia per i cani! E per gli uomini.»
«Questo cinismo non ti appartiene.» Laurie mise la freccia e imboccò l'uscita per Westheimer.
«E invece sì.»
«Dunque non indosserai mai quella gonna.»
Ancora quella dannata gonna. «Certo che lo farò. Ma non per andare a caccia di prede di sesso maschile.»
«Peccato. Mi pare di aver capito che sia in grado di attrarre un sacco di altri uomini, oltre a quello giusto. E questo sembra divertente.»
Che cosa era successo alla Laurie che conosceva, indipendente, competente e tutta d'un pezzo? «Le nostre ave sarebbero inorridite se avessero ascoltato questa conversazione. Non solo, anche tua madre sarebbe inorridita. Dimentichi forse tutte la battaglie, le proteste e le lotte