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Un intrigante spia: Harmony History
Un intrigante spia: Harmony History
Un intrigante spia: Harmony History
E-book236 pagine3 ore

Un intrigante spia: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1820
Lord Gray Chadwick, agente segreto in missione per conto di Sua Maestà, ha il compito di indagare su un'operazione di contrabbando e sull'uomo che presumibilmente ne tira le fila, il visconte Gislingham. Per poter agire sotto copertura, affitta una proprietà del nobile nel Suffolk, e ne diventa l'integerrimo vicino di casa. Insieme al visconte vive anche Thea Cranford, sua nipote. Già dal loro primo incontro, Thea e Gray scoprono di essere attratti l'uno dall'altra e molto presto si abbandonano alla passione che li consuma. Gray però non trascura le sue indagini che, all'insaputa di Thea, lo conducono sempre più vicino allo zio.
Ma la verità spesso assume forme ingannevoli mettendo a rischio ogni cosa, anche l'amore.
LinguaItaliano
Data di uscita20 ago 2019
ISBN9788830501942
Un intrigante spia: Harmony History

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    Un intrigante spia - Virginia Heath

    successivo.

    1

    Suffolk, luglio 1820

    Non v'era alcun dubbio. Lord Fennimore si sarebbe fatto una collana con le sue budella. Specialmente dopo lo sciagurato incidente della sera prima, che aveva avuto come risultato la biancheria strappata. Il comandante dell'Élite del re non aveva uno spiccato senso dell'umorismo, e questo non prometteva bene per l'ambizione di Gray, che era piuttosto recente, ma non per questo meno importante.

    «Trefor! Riportala qui subito!»

    Era inutile inseguirlo. Per quel maledetto cane tutto era un gioco, ed era sovreccitato da quando erano arrivati nel Suffolk il giorno prima. Ma in realtà come poteva disapprovarlo? Trefor era sempre stato un cane cittadino e, tranne che per i parchi di Londra, non era abituato agli ampi spazi aperti. Invece lì il verde abbondava, con campi sconfinati in cui correre, alberi contro cui fare i propri bisogni e bastoni in abbondanza dietro a cui correre. Era un paradiso canino, e l'esuberante animale vi sfrecciava a tutta velocità con la pantofola del bisbetico Fennimore ben stretta tra i denti.

    Come per provocare Gray, il cane posò il bottino al confine della tenuta che aveva in affitto e lo guardò con aria birichina, scodinzolando furiosamente, le orecchie dritte e la lingua penzoloni.

    Gray si esaminò i polsini, guardò il cielo, poi gli alberi, tutto tranne il cane, mentre avanzava lentamente, circospetto, sperando di convincerlo che non era interessato alla pantofola del suo superiore, che ora era coperta di bava. Quando fu a poca distanza, si slanciò con lo scatto di una pantera, ma grugnì fra sé e sé quando il cane riagguantò la dannata pantofola e si gettò di corsa verso gli alberi in lontananza.

    «Trefor!»

    Stavolta Gray lo inseguì, non solo per recuperare la calzatura del suo arcigno superiore o perché Trefor era scomparso in un boschetto, ma perché aveva visto da lontano anche un paio di pecore e il suo cane aveva ancora minore esperienza in fatto di pecore che di spazi aperti. Gray voleva fare buona impressione sul Visconte Gislingham, farselo amico, ingraziarselo, comportarsi da perfetto vicino e introdursi nel suo ristretto circolo di amicizie. Ma, soprattutto, doveva fare colpo su Lord Fennimore per avere una possibilità di ottenere la promozione a cui ambiva. E il suo desiderio non si sarebbe realizzato se il cane, ormai incontrollabile, avesse azzannato una pecora e il visconte l'avesse bandito dalla proprietà. La sua missione sarebbe stata un fiasco ancora prima di cominciare.

    Trefor non era aggressivo, non mordeva, ma leccava tutti con entusiasmo canino per esprimere il suo affetto. Tuttavia le povere pecore ottuse non avrebbero capito che si stava precipitando verso di loro solo per salutarle. Perché aveva insistito per portare con sé Trefor? La sua teoria che un vero signorotto di campagna dovesse avere almeno un cane fedele al proprio fianco sembrava destinata a fallire miseramente sin dall'inizio per colpa del suddetto animale perché, pur essendo fedelissimo, Trefor era anche indisciplinato.

    Il cane non spuntò dalla macchia di alberi, tanto fitta che Gray fu costretto a costeggiarla finché non si trovò inaspettatamente davanti al ripido argine di un corso d'acqua profondo ma stretto, che fendeva il pascolo.

    Fantastico. Mancava solo l'acqua...

    Era la cosa che Trefor preferiva, dopo le scarpe altrui, i bastoni, le palle e le salsicce. Era vano sperare che non avesse trovato il fiumiciattolo. Il fatto che vi stesse già sguazzando beatamente era inevitabile come la sfuriata del suo superiore per quel flagello distruttivo e incontenibile del suo cane, a poche ore dalla precedente. Quella mattina non sarebbe tornata a casa fradicia solo la pantofola di Lord Fennimore, ma anche Trefor. Però non poteva biasimarlo. I raggi del sole erano già cocenti ed erano solo le otto.

    La sera prima, a causa dell'afa, del letto a cui non era abituato e delle enormi responsabilità che gli pesavano sulle spalle, nonché del desiderio di dimostrare a Fennimore di essere l'uomo giusto per quella missione, aveva dormito tanto male che si sarebbe buttato in quel comodo ruscello nel cuore della notte se avesse saputo della sua esistenza. Il lavarsi con l'acqua fredda appena sveglio era andato sprecato perché ora era tutto sudato per colpa dell'inattesa corsa mattutina, e la camicia impeccabilmente stirata gli aderiva alla pelle. Nessun gentiluomo si sarebbe mai fatto vedere in pubblico in quelle condizioni.

    Non che lui fosse un vero gentiluomo. Non più, almeno; però era colpa sua, perciò sarebbe stato inutile arrabbiarsi. Ormai era acqua passata. Erano trascorsi quasi dieci anni da quando la sua esistenza era implosa e lui l'aveva accettato con stoica rassegnazione. La vita era troppo breve per piangersi addosso.

    Gray aveva fatto molta strada dagli anni bui della sua gioventù. Non aveva più molto in comune con l'adolescente avventato che era stato quella tragica estate, né con l'aristocratico fratello che non vedeva da quando il tradimento gli aveva straziato il cuore, per colpa del gelido e insensibile padre che l'aveva istigato alle sue spalle e della donna che non lo aveva amato veramente. Ma non aveva neppure rimpianti per il futuro che non si era realizzato. Ormai non pensava quasi più alla moglie che non aveva avuto e ai suoi sogni romantici e puerili. Era andata com'era andata. Capitolo chiuso. E il destino l'aveva spinto in una direzione molto diversa, che con sua grande sorpresa l'aveva condotto verso l'avventura e non verso il matrimonio.

    Ora era più saggio e maturo, ed era diventato ciò per cui evidentemente era nato. Una spia con la missione di assicurare alla giustizia i nemici della Corona. Un uomo che ne aveva viste e fatte di tutti i colori: esperienze che l'avevano reso tenace e temerario. Dopo avere sofferto per amore e suscitato uno scandalo senza precedenti, aveva avuto una vita interessante, viaggiando in tutto il mondo. Aveva visto e fatto cose straordinarie, incontrato persone affascinanti sia buone sia malvagie. Aveva avuto tresche con tante donne invece di essere fedele a una sola, e ora lavorava per il governo di Sua Maestà. Quanti nobili potevano dire altrettanto?

    Se lui o il suo incorreggibile bastardino non avessero mandato a monte la missione, ben presto Gray sarebbe stato a capo degli Invisibili, gli addestratissimi agenti segreti che facevano parte dell'Élite del re, e avrebbe risposto solo a Lord Fennimore, al Segretario di Stato per gli affari interni e al re, in quell'ordine. Non male per un uomo diseredato dalla famiglia per avere perduto l'intero patrimonio al gioco alla tenera età di ventun anni. Aveva sempre desiderato l'avventura e i divertimenti più di quanto non volesse conformarsi.

    Dieci anni duri e un brutale tradimento non avevano smorzato la sua esuberanza e il suo gusto per i piaceri della vita. Era inutile pensare a ciò che sarebbe stato, autocommiserarsi per il destino avverso e perdere tempo ad arrabbiarsi e farsi tormentare dai rimorsi. Meglio godersi la vita come Trefor, vivere appieno il momento presente, dimenticare il passato che era inalterabile e non pensare al futuro che era imperscrutabile.

    Gray tese l'orecchio e udì lo sciabordio dell'acqua e i grugniti distintivi del cane che nuotava con qualcosa stretto in bocca, sicuramente la pantofola rubata. Lo rintracciò più avanti lungo la riva, e guardò severo l'animale che sguazzava felice.

    «Grazie a te riceverò l'ennesima lavata di capo. Non ti bastava fare a brandelli i mutandoni di Fennimore? Ero sicuro che avrebbe avuto un colpo apoplettico quando li hai lacerati, ma almeno ne aveva altri. Però temo che abbia un solo paio di pantofole.» Mise una mano sul fianco e guardò il cane con la stessa espressione delusa che suo padre aveva sempre rivolto a lui. «Sei fiero di te, immagino, eh, giovanotto?»

    E Trefor lo era, a giudicare da come scodinzolava allegramente in acqua. Gray decise di non tentare di tirarlo fuori. Ormai la pantofola era rovinata e irrecuperabile, e il rimprovero di Lord Fennimore inevitabile. Però... era ancora presto, il posto isolato e l'acqua allettante. Una bella nuotata rinfrescante gli avrebbe fatto bene. Sarebbe stato un peccato sprecare quell'occasione, specialmente visto che il lato ribelle del suo carattere faticava a resistere oltre al seducente richiamo del momento.

    Il cane intuì la sua indecisione e lasciò cadere la pantofola mentre risaliva la scarpata. Frugò con il muso tra i cespugli e non impiegò più di tre secondi a trovare un bastone, poi rimase fermo a guardare il padrone con gli occhi espressivi e imploranti che cercavano di trasmettergli l'invito a giocare. Qualsiasi tentativo di resistere era futile, perciò, prima di fare qualcosa di minimamente sensato come ripensarci, Gray si sfilò gli stivali lucenti, nuovi come i suoi abiti signorili che finirono sull'erba, e s'immerse in acqua tutto contento.

    «Dovremmo trovare un posto all'ombra per sistemare il cavalletto.» Thea alzò gli occhi al cielo azzurro e terso, e aggrottò le sopracciglia. Adorava il sole, ma il sentimento non era ricambiato. La carnagione chiara e delicata era la maledizione delle rosse. Più di venti minuti al sole le avrebbero garantito di essere scarlatta come un'aragosta per giorni.

    Harriet alzò gli occhi al cielo, infastidita nonostante avesse buttato giù dal letto Thea all'alba per chiacchierare mentre tentava di dipingere. L'acquarello era il nuovo passatempo di Harriet e, come tutti i precedenti, era destinato a essere abbandonato perché nulla riusciva a mantenere il suo interesse per molto tempo. «Non ti scotteresti se portassi il cappellino.» Neanche lei lo indossava, anche se le vedove mature e altolocate non andavano mai a testa scoperta.

    «Con questo caldo qualsiasi copricapo mi farebbe sudare e mi s'incresperebbero i capelli.» Thea si diresse verso il boschetto, sapendo che a Harriet non sarebbe dispiaciuto stare all'ombra purché le tenesse compagnia. Erano una strana coppia, divise da trent'anni di età, ma molto unite come amiche nonché vicine. Forse perché Harriet era spregiudicata e sfrontata per natura, e Thea temeva di essere altrettanto noncurante delle convenzioni, pur cercando di controllarsi. Un classico caso di opposti che si attraevano. Oppure nel loro caso era più giusto dire Dio li fa e poi li accoppia? Abitavano vicine e, in mancanza di altre nobildonne abbastanza interessanti nei paraggi, avevano stretto un legame improbabile poco dopo che Harriet era rimasta vedova.

    «Zia Caro ha invitato mezza contea per il tè questo pomeriggio e, per una volta, vorrei avere un aspetto meno disastroso del solito.» Però l'umidità stava già rovinando la sua acconciatura. Malgrado la sua cameriera avesse tentato di domarla quella mattina, Thea sentiva che le ciocche ribelli stavano per liberarsi dalle forcine.

    Malediceva tutti i giorni quei riccioli indisciplinati, anche se le piaceva il colore, un rosso vivido che la faceva spiccare e le dava un'ottima scusa per non portare gli abiti d'insipide tinte pastello che dovevano indossare le fanciulle nubili. Però tutte avevano boccoli acconciati ad arte che incorniciavano loro il viso, mentre Thea aveva un'aureola di ricci scomposti.

    «Ci sarà anche Mr. Hargreaves?»

    «Dio, spero di no! Quell'uomo è uno strazio.» Nonché chiaramente un cacciatore di dote. Thea sospettava che avesse avuto una tresca con la zia, ma non l'avrebbe mai spifferato a Harriet. Non le avrebbe mai rivelato le sue congetture sulle infedeltà della zia, per quanto Harriet insistesse per farle confessare qualche pettegolezzo succoso. Anche se voleva bene allo zio, Thea si rendeva conto che non era un marito perfetto e aveva trascurato molto la sua fragile seconda moglie. A volte era eccessivamente aspro con la zia Caro e la poverina aveva cercato di consolarsi altrove nel corso degli anni. Thea non la giustificava, ma evitava di giudicare. Il loro matrimonio infelice era un monito di ciò che poteva succedere sposando la persona sbagliata.

    Probabilmente Mr. Hargreaves era uno dei tanti che avevano scaldato il letto della zia durante le sue scappatelle. Scambiavano troppe occhiate furtive ed eloquenti quando credevano che non li guardasse nessuno. «Non fa altro che parlare delle sue conoscenze altolocate, come se potesse importarmene qualcosa.»

    «Però è aitante. Se bisogna proprio legarsi a un uomo per sempre, è meglio che sia di aspetto gradevole. È un punto su cui ho insistito quando mi sono dovuta sposare. Crudge, che Dio l'abbia in gloria, era bello e gli piaceva cavalcare. L'ippica fa meraviglie per i glutei maschili. Secondo la mia modesta opinione, non c'è niente di meglio che un bel fondoschiena maschile inguainato in un paio di aderenti calzoni di pelle di daino.» La sua incorreggibile amica la guardò con occhi scintillanti di malizia. «Ti ho mai detto che sono stata io a sedurre lui e non viceversa?»

    «Più volte.» E nei minimi particolari. Praticamente tutte le conoscenze di Thea riguardo alla procreazione derivavano dalle confidenze dettagliate di Harriet.

    «Mi stavo già innamorando di lui e lo desideravo, perciò non vedevo il motivo di perdere tempo con un lungo corteggiamento. Ovviamente è stata la scelta migliore. Ci siamo affrettati a sposarci e ce la siamo spassata molto più che se avessimo seguito il galateo.» Harriet sospirò. «Ah, quanto era bello nudo! Mr. Hargreaves ha un posteriore gradevole, almeno credo. Non sono ancora riuscita a esaminarlo approfonditamente, ma gli ho dato un'occhiata alla battuta di caccia il mese scorso. Cosce decenti, ed è un buon segno perché indicano un fisico robusto. Però, sinceramente, per te vorrei qualcosa di meglio. Vorrei che prima vivessi qualche avventura emozionante. Per essere tanto giovane, la tua esistenza è così noiosamente prevedibile, ed è un peccato. Ma, aspetta... Non senti abbaiare un cane?»

    Le due amiche tesero l'orecchio. Dopo un breve silenzio interrotto solo dal cinguettio degli uccelli, si udirono dei latrati che provenivano dal boschetto. I cespugli si agitarono in maniera preoccupante e il cane abbaiò di nuovo.

    «Credi che sia in pericolo?»

    Thea adorava gli animali e le era insopportabile il pensiero che soffrissero. Altri latrati le fecero battere forte il cuore. Temendo che il povero cane fosse rimasto vittima della trappola di un bracconiere e si fosse ferito tentando di liberarsi, Thea si mise a correre. Nell'ultimo mese il guardiacaccia dello zio aveva trovato delle trappole nella sua proprietà e le prove che qualcuno catturava i suoi fagiani.

    Thea si precipitò tra gli alberi, seguendo la direzione dell'abbaiare, ma si fermò di colpo quando vide lo spettacolo inatteso di due notevoli glutei maschili.

    Nudi.

    Emise uno squittio per lo stupore e si coprì subito la bocca con la mano. Un attimo dopo il posteriore sodo e muscoloso scomparve in acqua, poi il suo proprietario si voltò, coprendo con le mani le pudenda. Anche se quella parte era immersa in acqua, il resto del corpo era scoperto. Gli occhi di Thea risalirono dalle mani all'addome piatto, diviso da un'intrigante striscia di peli scuri che si allargavano sul torace ampio. Aveva spalle muscolose, bicipiti torniti e scintillanti occhi grigioazzurri che la fissavano sfrontati e divertiti, nonché uno dei visi più belli e virili che avesse mai visto.

    «Buongiorno, signore.»

    «Ehm...» Thea era senza parole per la prima volta in vita sua. Stava arrossendo e si appellò a tutta la sua forza d'animo per non riportare gli occhi verso il basso, mentre boccheggiava come un pesce preso all'amo. Distolse subito lo sguardo, mortificata.

    «Buongiorno a voi» disse Harriet alle sue spalle, dando una gomitata a Thea. «Mia cara, ritiro quello che dicevo poco fa sui calzoni di pelle di daino. C'è di meglio» commentò avanzando spudoratamente per osservare meglio. Harriet non avrebbe mai distolto lo sguardo. «Posso chiedervi chi siete?»

    «Lord Graham Chadwick.» Con la coda dell'occhio, Thea lo vide abbozzare un inchino benché fosse tutto nudo, continuando a coprire con le mani le parti innominabili, apparentemente a suo agio. «Ma tutti mi chiamano Gray. Sono nuovo di qui.»

    «Ah, sì! Avete affittato Kirton House, nevvero? Be', siamo praticamente vicini, milord.» Harriet non era affatto a disagio e chiacchierava come se volesse prolungare l'incontro per ovvi motivi. «Io sono Lady Crudgington di Exley House, e lei è Miss Theodora Cranford, la pupilla del vostro padrone di casa.»

    «Pupilla?» ripeté lui.

    Thea alzò lo sguardo con aria colpevole, imbarazzata perché non aveva potuto fare a meno di lanciare un'altra occhiata al suo torace possente. Dopo aver combattuto con la sua natura segretamente ribelle, Thea lo guardò negli occhi. Ora non sorrideva più, ma aveva un'espressione imperscrutabile.

    «Esatto, nonostante Thea abbia passato da parecchio la maggiore età. Perciò tecnicamente ora è solo sua nipote.» Harriet la guardò allusiva. «Si accontenta di avvizzire a casa dello zio finché Cupido non le manderà un cavaliere con la sua lucente armatura per portarla via, finalmente.»

    Prima che l'amica indiscreta cercasse di combinarle un'intesa, come faceva spesso, Thea la interruppe balbettando: «Lord Gray... volevo dire, Lord Chadwick...».

    La situazione era sempre più mortificante.

    «Abbiamo sentito abbaiare un cane e mi sono precipitata in suo soccorso. Non intendevo interrompere il vostro...» Spostò di nuovo gli occhi rapidamente. Era sicura di essere paonazza. Per cercare di trarsi d'impaccio, si affrettò a voltargli le spalle per fissare gli alberi. «Vestitevi, milord! Come vi viene in mente di fare il bagno nudo nel ruscello di mio zio?»

    Sperava di fargli capire, con il suo rimprovero, che non lo considerava affatto un cavaliere ed era scandalizzata dalla sua assoluta mancanza di pudore. Però fremeva dalla voglia di fissare apertamente il suo corpo nudo e bagnato. Vedendo un mucchietto d'indumenti ai suoi piedi, li raccolse e li agitò in direzione dell'amica, continuando a distogliere lo sguardo.

    «Daglieli subito!»

    Lo sentì tornare a riva e vide di sfuggita Harriet che porgeva con fare seducente gli indumenti a Lord Comesichiama. Le lanciò un'occhiata ammonitrice che, ovviamente, Harriet ignorò.

    «Ditemi, milord, com'è che vi trovate tutto nudo nel ruscello di Gislingham? Non avete una vasca da bagno a Kirton House?»

    «Vi chiedo profondamente scusa per avervi

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