Una notte in corsia: Harmony Bianca
Di Amy Andrews
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Info su questo ebook
Da quando ha perso sua moglie, l'ex infermiere militare Gareth Stapleton cerca di mantenere le distanze da tutto e tutti. Fino a quando, durante un turno di notte, la dottoressa Billie Ashworth-Keyes non irrompe nella sua vita con un giro di valzer. Da quel momento ogni cosa intorno a lui sembra assumere un nuovo significato e il bacio che si scambiano, uno dei più sexy che Gareth abbia mai sperimentato, cambia la sua vita per sempre. Forse Billie è proprio la donna giusta al momento giusto, quella che può riempire di felicità i suoi giorni e di sensualità le sue notti.
Amy Andrews
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Una notte in corsia - Amy Andrews
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
It Happened One Night Shift
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2015 Amy Andrews
Traduzione di Nicoletta Ingravalle
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-254-1
1
Gareth Stapleton inclinò il capo da una parte all’altra, distendendo i muscoli del collo con gli occhi fissi sulla strada.
Si stava facendo troppo vecchio per certe cose.
Era stata una notte lunga e movimentata nel reparto di pronto soccorso, e aveva bisogno di una birra, una doccia, e di mettersi a letto.
I sabati sera al pronto soccorso di Brisbane erano sempre caotici, ma questa volta la luna piena aveva aggiunto un non so che di bizzarro al mix. D’ora in poi avrebbe consultato le carte astrologiche prima di chiedere il turno.
Sbadigliò e diede un’occhiata all’orologio del cruscotto – quasi mezzanotte – e ringraziò che il turno fosse finito quando previsto. Quando se n’era andato la sala d’attesa era ancora piena, e non invidiava i colleghi del turno di notte, che avrebbero dovuto vedersela con quella situazione.
Improvvisamente, l’auto davanti a lui – un taxi – sterzò leggermente nella corsia opposta e il battito di Gareth accelerò.
Che diavolo?
Nonostante viaggiasse nei limiti di velocità, diminuì la pressione sull’acceleratore, mentre il taxi correggeva la rotta. Gareth lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore del veicolo, cercando di vedere cosa stesse facendo l’autista. Cos’era a distrarlo? Stava mandando un messaggio? O parlando al cellulare?
Non riuscì a capire cosa stesse facendo, ma almeno sembrava non ci fossero passeggeri.
Gareth rallentò ancora un po’. Guidava un rottame di vent’anni, ma non voleva farsi male per la disattenzione di quel buffone. Fortunatamente, erano su una strada lunga e dritta che collegava due strade extraurbane, quindi non c’erano case né auto parcheggiate ai lati della strada, solo alberi e cespugli.
Il taxi oscillò ancora e Gareth sentì un nodo allo stomaco quando un paio di fari apparvero lontani, ma in avvicinamento. Le sue dita si strinsero più ferme sul volante, uno strano presentimento in testa.
Il suo sesto senso lo aveva aiutato parecchio negli anni – specialmente nel Medio Oriente – e non lo avrebbe deluso quella sera.
Guardò con orrore il taxi invadere nuovamente la corsia opposta, dritto di fronte all’auto in arrivo. Gareth suonò il clacson ma fu inutile, poté solo osservare, come al rallentatore, lo scontro.
L’altra auto frenò di colpo, sterzando per evitare l’impatto con il taxi, ma Gareth era certo che non ce l’avrebbe fatta. Aspettò lo scontro, il rumore di metallo distrutto, ma fortunatamente non arrivò. Il taxi sfiorò appena l’altra auto, sbandando fuori strada e andando contro un albero.
Ma ora l’altra auto era sulla sua corsia e Gareth dovette frenare per evitarla. Fortunatamente l’altro autista ebbe il buon senso di sterzare nuovamente sulla sua corsia e si fermarono entrambi, quasi l’uno di fianco all’altro, sui due lati della strada.
Gareth, il cuore che gli martellava in petto, portò istintivamente una mano al vano portaoggetti e prese un paio di guanti da una scatola che teneva sempre lì. Si slacciò la cintura con foga e spalancò la portiera.
«Stai bene, amico?» chiese balzando fuori, le sue dita che già sfioravano il cellulare nella tasca mentre valutava mentalmente la scena, con occhio clinico.
Aprì a forza la portiera dell’altra auto, notando vagamente che era una biposto sportiva, e incontrò lo sguardo di due occhi nocciola, truccati pesantemente e ornati da lunghe ciglia. Due labbra tinte di rosso erano leggermente aperte, a formare una O di sorpresa.
Una donna.
«Sto... sto bene» gli rispose annuendo, con aria meravigliata.
Gareth non ne era del tutto sicuro. Non sembrava ferita, ma poteva essere sotto shock. «Riesci a muoverti? Come va il collo?» chiese.
Lei annuì di nuovo, slacciando la cintura. «Sta bene. Sto bene.» Appoggiò i piedi per terra.
«Non ti muovere» ordinò lui. «Stai qui.» L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che si facesse male andando in giro per la scena. «Mi chiamo Gareth, e tu?»
«Billie.»
Gareth quasi non fece caso a quel nome poco comune. «Vado a dare un’occhiata al tassista. Tu rimani qui, va bene, Billie?»
Lei lo guardò sbattendo gli occhi e annuì. «D’accordo.»
Soddisfatto di essersi assicurato la sua cooperazione, Gareth, che già stava chiamando i soccorsi, si avviò verso il taxi.
A Billie ci volle un po’ per uscire da quello stato di confusione e riprendersi. Aveva detto a Gareth – o almeno, le era sembrato che si fosse presentato con quel nome – che stava bene. Era successo tutto così in fretta. Controllò mentalmente il suo corpo e confermò quella versione.
Tremava come una foglia, ma non si era ferita.
Ed era un medico. Non sarebbe dovuta rimanere seduta in auto come un’invalida – avrebbe dovuto dare una mano.
Che diavolo era successo al tassista, perché virasse in quel modo sulla sua corsia? Era ubriaco? O si era sentito male? Un calo di pressione? Un attacco epilettico?
Aprì il vano portaoggetti e afferrò un paio di guanti dalla scatola che teneva sempre lì, il cuore che le batteva all’impazzata, preparandosi mentalmente alla possibile presenza di sangue. Essere schizzinosi non si addiceva a un medico, ma era un lato del carattere che non era mai riuscita a vincere.
Aveva imparato a controllarlo – a malapena.
Uscì dall’auto, tirando il freno a mano, aggirando il veicolo e prendendo una valigetta che conteneva tutto il necessario per il primo soccorso. Poi fece un profondo respiro e, con quelle ridicole scarpe col tacco e il vestito da sera, si avviò verso l’auto incidentata e Gareth.
Gareth alzò lo sguardo quando Billie si avvicinò. «Mi sembrava di averti detto di stare ferma» disse, togliendosi la felpa morbida, senza sentire il freddo della notte. La sua priorità era tirare fuori dall’auto il tassista, che non respirava e non aveva polso.
«Sto bene. E sono un medico, quindi ho pensato di poter essere d’aiuto.»
Gareth per un attimo fu colpito da quell’informazione, ma non aveva il tempo di indagare oltre. Lei aveva già indosso un paio di guanti in lattice che lui non le aveva dato, quindi almeno era preparata.
E le labbra del tassista si stavano facendo blu.
Aveva bisogno di ossigeno e di un defibrillatore. E loro non avevano né l’uno né l’altro.
Tutto quello che quell’uomo aveva a disposizione erano loro, finché non fosse arrivata l’ambulanza.
«Sono infermiere di pronto soccorso» disse Gareth, arrotolando la felpa, fino a farle prendere forma cilindrica, e poi annodandola attorno al collo dell’uomo, arrangiando una specie di collare per proteggergli la spina dorsale mentre lo tiravano fuori dall’auto.
«L’ambulanza è a dieci minuti da qui. È in arresto cardiaco. Per fortuna non è bloccato in auto. Aiutami a tirarlo fuori per iniziare la CPR. Io lo prendo dal torso» disse Gareth.
Aiutati dalla luce della luna piena che splendeva su di loro, riuscirono a stendere l’autista sul prato bagnato di rugiada in meno di trenta secondi. «Mantieni aperte le vie aeree» disse Gareth, scivolando sicuro nella procedura che era ormai radicata in lui dopo vent’anni di servizio sul campo. «Io inizio la compressione.»
Billie annuì, deglutendo all’odore metallico del sangue proveniente da una profonda lacerazione sulla fronte del tassista. In alcuni punti si era già rappreso e il suo stomaco protestò a quella vista, minacciando di riversare a terra la ricca cena che si era concessa quella sera.
Si voltò bruscamente, inspirando con lentezza l’aria nei polmoni. Dentro con il naso, fuori con la bocca, concentrandosi sull’erba bagnata e fredda che le stava già impregnando il vestito leggero, invece che sul sangue. Stava per iniziare i turni al pronto soccorso, e si sarebbe dovuta abituare.
Aprì la valigetta e prese la mascherina.
Gareth inarcò un sopracciglio mentre lei si metteva in posizione, un ginocchio su ogni lato della testa dell’uomo, e tenne la mascherina ben ferma sulla bocca e il naso dell’uomo.
«Decisamente utile» disse lui, notando la perfetta presa sulla mascella e la posizione della mano. «Per caso hai anche un defibrillatore lì dentro?»
Billie sbottò in una mezza risata. «Sfortunatamente no.» Sapevano entrambi che era di quello che aveva bisogno quell’uomo.
Si chinò per soffiare varie volte nella mascherina. I capelli, sapientemente arricciati, ricaddero in avanti e lei se li portò bruscamente dietro le orecchie, mentre la mascherina rischiava di scivolare via. L’unione di sudore e sangue sul viso del tassista non la aiutarono, e Billie dovette soffocare un conato di vomito quando l’odore le invase le narici.
Se avesse chiuso gli occhi e si fosse concentrata sul flusso dell’aria, sul ritmo della respirazione, se avesse mentalmente contato i soffi, forse avrebbe potuto farcela senza mettersi in imbarazzo.
«Cosa ne pensi? Attacco di cuore?» chiese Gareth, dopo aver controllato il polso dell’uomo.
Billie, profondamente concentrata, aprì gli occhi a quell’improvvisa interruzione. Rivoli di sangue coagulato la guardarono, e lei li richiuse di nuovo. «Probabilmente» disse tra i respiri. «Qualcosa lo ha fatto uscire fuori strada ed è piuttosto sudato. Solo che sembra giovane. E anche in forma.»
Gareth era d’accordo, le braccia che iniziavano già a sentire lo sforzo di una compressione prolungata. L’uomo non sembrava molto più vecchio di lui. «Sui quaranta, direi.»
Billie annuì. «Troppo giovane per morire.»
Lui grugnì, e Billie si chiese se non stesse pensando la stessa cosa che stava pensando lei. Il tassista probabilmente sarebbe morto. Le statistiche sugli arresti cardiaci fuori dall’ospedale non erano buone. Anche per le persone giovani e in forma. Quell’uomo aveva bisogno di più di quanto loro potessero dargli lì, sul ciglio della strada.
Tra loro cadde nuovamente il silenzio, mentre cercavano di dare a quello sconosciuto, che li aveva quasi uccisi entrambi quella notte, una possibilità di sopravvivere.
«Andiamo, amico» disse Gareth, controllandogli per la terza volta il polso e tornando a comprimere. «Dacci un po’ di tregua.»
Un minuto dopo, il silenzio fu rotto dal primo lamento di una sirena. «Sì» mormorò Gareth. «Tieni duro, amico. La cavalleria è vicina.»
Dopo un altro minuto due ambulanze – una con un paramedico di terapia intensiva – si avvicinarono, seguite da un’auto della polizia. Ancora un minuto e arrivò anche un camion dei vigili del fuoco. I rinforzi li circondarono, illuminando improvvisamente la scena di luci artificiali, Billie e