In vacanza col dottore: Harmony Bianca
Di Amy Andrews
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Info su questo ebook
L'infermiera Felicity Mitchell sta finalmente facendo il viaggio che sogna da una vita. Il dottor Callum Hollingsworth sta fuggendo da un presente difficile da accettare. Nessuno dei due è alla ricerca di un'avventura, eppure la passione irrompe nel vagone del treno di lusso su cui stanno viaggiando quando si ritrovano uno fra le braccia dell'altra.
Passare la notte con un perfetto estraneo non rientrava nei piani di Felicity. Scoprire poi, una volta tornata a casa, che lo sconosciuto del treno non è altri che il suo nuovo capo rende la situazione ancora più complicata. Tenere a freno l'attrazione che prova per lui diventa ogni giorno più difficile e, mentre Natale si avvicina, Felicity esprime un unico desiderio: passare un'ultima notte nel suo letto.
Amy Andrews
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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In vacanza col dottore - Amy Andrews
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1
Bisognava essere completamente ciechi per non notare la bionda sexy seduta poco distante. Grazie a una combinazione di ottime cure, lo scorrere del tempo e il fatto che lei fosse alla sua destra, Callum Hollingsworth per fortuna ci vedeva.
In realtà, la prima cosa che aveva notato di lei era stata la risata. Stava parlando al telefono e benché il tono di voce fosse basso, le sue risa risuonavano nel bar affollato. Un suono spontaneo e spensierato, quasi smodato e lui non poté fare a meno di ammirarla.
Lui non aveva avuto molte ragioni di essere allegro negli ultimi tempi, e mentre osservava la donna da dietro le lenti scure degli occhiali, provò una punta d'invidia. Lei aveva i capelli color del miele che le sfioravano le spalle in morbidi ricci e l'abbronzatura s'intravedeva sulla gola e sulle braccia. Le gambe snelle ma non magre erano fasciate in un paio di jeans e alti stivali con le frange, che le conferivano l'aspetto di una cow-girl, più che di una dominatrice.
Non portava gioielli e il viso era privo di trucco. Pur senza traccia di ornamenti o lustrini, la giovane donna riluceva come una gemma nella luce del sole che filtrava attraverso le ampie vetrate del vecchio bar della stazione. Forse era davvero il modo in cui rideva, con tutto il corpo, che la distingueva da tutti gli altri avventori del bar. Oppure lo spontaneo candore. Magari erano gli stivali.
Di qualsiasi cosa si trattasse, Cal era felice di quella piacevole distrazione mentre aspettava l'arrivo del suo treno. Avrebbe dovuto rallegrarsi: stava per affrontare uno dei più celebri e grandiosi tratti di ferrovia del mondo, sull'iconico treno Indian Pacific. Stava per lasciare Sydney alla volta di un luogo in cui nessuno conosceva lui o il capitombolo che aveva fatto la sua carriera. In quei due mesi lontano da casa avrebbe resettato l'orologio e reinventato se stesso. Una volta tornato, avrebbe mostrato a tutti che non gliene importava un accidenti.
Prima si arrendeva all'idea che la sua vecchia vita era finita e prima poteva darsi da fare per ricominciare. Stavolta, si sarebbe sforzato di essere felice. Non ne poteva più della nuvola scura che lo seguiva da due anni a quella parte e quale mezzo migliore per dissiparla che trasferirsi a millequattrocento chilometri di distanza?
In quel momento fu annunciata la partenza dell'Indian Pacific, e Callum si alzò, raccogliendo le sue cose. La donna al telefono accavallò le gambe e continuò a parlare, segno che non aspettava lo stesso treno. Lui ne fu deluso. In cuor suo aveva sperato di poterla conoscere sul treno e, come in un film di James Bond, trovarsi una bellissima donna tra le lenzuola, quella notte. Subito si diede del pazzo e scuotendo la testa uscì dal bar diretto al binario dieci.
Felicity Mitchell fu pervasa da un fremito d'eccitazione quando salì a bordo del lussuoso treno e fu condotta nel suo scompartimento da un uomo che si era presentato come Donald, l'assistente ai viaggiatori. Superò diversi altri scompartimenti con le porte aperte e sorrise alle coppie all'interno.
Prenotare una suite in classe platino sull'Indian Pacific era stata una vera stravaganza. Avrebbe potuto percorrere la tratta Sydney-Adelaide in una classe più economica, risparmiando un sacco di soldi, ma guardare il mondo scorrere fuori dal finestrino di una comoda suite era sempre stato il suo sogno. Aveva speso ciò che restava della sua eredità per quel viaggio, ma sapeva che suo nonno, pace all'anima sua, sarebbe stato fiero di lei.
Uno degli scompartimenti che superarono era chiuso e Donald andò a fermarsi davanti alla porta di quello successivo. «Eccoci qui» annunciò lo steward, facendole cenno di precederlo all'interno.
La suite, rivestita di lucidi pannelli di legno, era dominata da un'ampia finestra che si apriva sul paesaggio esterno. Un bel divano, che sarebbe diventato il suo letto a due piazze, era strategicamente sistemato tra la finestra e un piccolo armadio, davanti al quale erano stati depositati i suoi bagagli. Su un tavolino da caffè le avevano fatto trovare un piatto di formaggio e biscotti salati.
Donald le mostrò il bagno personale, le diede alcune informazioni sul servizio offerto sul treno e le domandò se desiderasse un bicchiere di champagne per cominciare il suo viaggio.
«Grazie, Donald, mi farebbe molto piacere.»
Felicity attese che lui fosse uscito prima di concedersi una piccola danza di gioia e lasciarsi cadere sul divano con un sospiro di beatitudine. Fuori dalla finestra, il binario era affollato di persone, solo alcune delle quali in partenza sul lussuoso Indian Pacific. Lei non riusciva a credere di essere una dei pochi privilegiati.
Donald fece ritorno con una flûte di champagne. «Lei sarà con noi solo fino a Adelaide, vero?»
«Sì, anche se mi piacerebbe percorrere tutto il tragitto fino a Perth. Un giorno, forse.»
L'Indian Pacific si chiamava così perché attraversava tutta la parte meridionale dell'Australia, dalla costa dell'oceano Indiano a quella del Pacifico e viceversa. L'intero tragitto durava tre giorni, mentre per Felicity si sarebbe trattato di un viaggio di ventiquattro ore fino a Adelaide.
«Penso che le piacerà comunque» osservò l'uomo.
«Non ho dubbi» replicò lei con un sorriso. «Aspettavo questo momento da tutta la vita.»
Quando si ritrovò di nuovo sola, guardò fuori dalla finestra. Il treno si mosse lentamente, lasciando dietro di sé la stazione di Sydney e dando inizio a quell'avventura.
Felicity riemerse dalla sua suite mezz'ora più tardi. La città era ormai lontana e si stavano inoltrando nelle Blue Mountain; era giunto il momento di fare la conoscenza degli altri viaggiatori. La porta dello scompartimento adiacente era ancora chiusa e lei rifletté che forse non era ancora occupato. Avrebbe comunque incontrato gli altri nella lounge del treno.
Infatti il suo ingresso fu accolto dal sorriso di una mezza dozzina di persone. Lei si fermò al bar e ordinò un'altra flûte di champagne da un giovane barista di nome Travis. Col bicchiere in mano, si diresse verso i divanetti semicircolari dove erano seduti gli altri viaggiatori.
«Salve» esordì.
Il gruppo la salutò all'unisono. «Si sieda qui con noi, mia cara» la invitò un uomo anziano con un forte accento scozzese. La donna al suo fianco si spostò per farle posto. «Se posso dirlo, lei non rientra proprio nella fascia d'età del resto di noi.»
Felicity scoppiò a ridere. «Ho un'anima antica.»
In effetti, tutti i presenti dovevano aver superato la sessantina. Era evidente che i viaggi di quel tipo erano più una prerogativa dei pensionati che di giovani raffinati e alla moda, ma per Felicity andava bene così. Non era mai stata una persona trendy e di certo non era raffinata. Era un'infermiera di provincia a cui piacevano le persone, soprattutto quelle anziane. Lo studio medico in cui lavorava aveva molti pazienti di una certa età e lei si soffermava spesso a chiacchierare con loro. Non c'era ragione di credere che i viaggiatori di quel treno fossero molto diversi.
«Che lavoro fa, mia cara?» le domandò una bella donna dai capelli grigi.
Sul punto di rispondere, Felicity prese una decisione improvvisa. Se avesse rivelato di essere un'infermiera, potevano succedere solo due cose: per le prossime ventiquattro ore le avrebbero raccontato tutti i loro malanni passati o presenti, oppure le avrebbero preso la mano ripetendole che era un angelo. Se era sfortunata, sarebbero accadute entrambe le cose.
Poteva anche essere un'infermiera, ma non era una santa e di certo non un angelo e di fronte a parole come quella si sentiva sempre a disagio. Inoltre, su quel treno da sogno non voleva essere l'infermiera di un piccolo centro dove tutti conoscevano il suo nome. Non voleva essere la ragazza della porta accanto, ma una giovane donna affascinante e ricercata quanto ciò che la circondava. Voleva indossare un abito elegante per cena e bere un Martini mentre chiacchierava del più e del meno con dei perfetti sconosciuti.
«Oh, sono solo una funzionaria statale» replicò con un gesto vago della mano. Non che fosse un impiego più affascinante di quello dell'infermiera, ma era abbastanza generico da scoraggiare una conversazione in merito.
«Lei invece cosa fa?» domandò di rimando alla donna dai capelli argentei. Questa, che disse di chiamarsi Judy, si lanciò in una tiritera sul lavoro che aveva fatto per quarant'anni, alla quale seguì una discussione generale sull'economia che si tramutò presto in un corale resoconto di viaggi.
Felicity era in paradiso. Era su un treno circondata da persone simpatiche e brillanti mentre all'esterno scorrevano gli splendidi paesaggi delle Blue Mountains. Per ventiquattro ore era determinata a essere una persona diversa.
L'indomani pomeriggio sarebbe stata di nuovo a casa dove tutti la conoscevano e la fermavano per strada per consultarla sull'influenza del loro bambino o su una misteriosa allergia. Dove tutti la chiamavano Flick, i coetanei la trattavano da vecchia amica e le donne più anziane cercavano di appiopparle ogni maschio disponibile.
Il domani era fin troppo vicino. Oggi nessuno la conosceva e lei si sarebbe goduta quel divertente anonimato il più a lungo possibile.
La prima cosa che Callum vide quando entrò nel vagone ristorante alle sette in punto, fu la bionda che aveva notato al bar della stazione. Batté le palpebre due volte per assicurarsi che fosse davvero lei: la sua vista non era delle migliori, dopotutto. Poi lei rise e quel suono gli andò dritto al cuore e s'irradiò alle vene.
Non c'erano dubbi, era proprio lei. Se avesse saputo che anche quella donna viaggiava in classe platino, non avrebbe sprecato le ultime ore a leggere un bollettino medico che aveva ricevuto via mail dal suo nuovo capo.
«Posso indirizzarla a un tavolo, signore?» domandò lo steward.
«No» replicò Callum con decisione. I tavoli erano apparecchiati per quattro persone ciascuno e accanto a lei c'era un posto ancora vuoto. «Ne ho già trovato uno.»
Un angolo della bocca di Donald si piegò all'insù. «Ottima scelta, signore.»
Gli occorsero pochi secondi per raggiungere il tavolo in questione. «Scusatemi, è libero questo posto?»
La conversazione si arrestò e tutti e tre i commensali sollevarono lo sguardo su di lui. Gli unici occhi di cui lui si accorse davvero furono quelli della fantomatica bionda. Erano color grigio fumo, contornati da lunghe ciglia. Lei lo fissò per un lungo momento e Cal non distolse lo sguardo. Gli piaceva pensare che anche lei avesse percepito l'immediata scintilla tra loro.
Si era cambiata e indossava un abito nero aderente con le spalline incrociate che metteva in mostra il collo sottile. Per la bocca aveva scelto un lucidalabbra rosa. I capelli sembravano più ricci che quel pomeriggio al bar.
L'uomo anziano seduto di fronte a lei gli diede un caloroso benvenuto. «Si sieda, giovanotto e salvi questa giovane fanciulla dalle chiacchiere di due vecchietti.»
Callum non se lo fece ripetere due volte. Non aveva mai creduto nell'amore a prima vista, ma era un fervido sostenitore del desiderio a prima vista. Per quanto arrugginito fosse, sapeva riconoscere l'interesse sessuale quando lo vedeva.
Di certo lei non lo stava guardando con compassione, come era successo con fin troppe donne negli ultimi due anni.
«Io mi chiamo Jock e questa è mia moglie Thelma. La nostra giovane amica è Felicity.»