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L ultima notte col chirurgo: Harmony Bianca
L ultima notte col chirurgo: Harmony Bianca
L ultima notte col chirurgo: Harmony Bianca
E-book159 pagine2 ore

L ultima notte col chirurgo: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

La loro relazione è ormai diventata una leggenda all'Harbour Hospital, ma Evie Lockheart sa con certezza che ormai è giunta al capolinea. Per dimenticare definitivamente Finn Kennedy, Evie si è concessa un'ultima notte fra le sue braccia, dopo la quale l'uomo dei suoi sogni se ne è andato definitivamente. Ma quando due cuori si appartengono, il destino fa in modo di non ostacolarli e Finn è costretto a tornare al SHH per un'ultima operazione d'urgenza. Proprio in quei giorni Evie capisce che forse il suo amore è l'unica forza in grado di impedirgli di scappare di nuovo.
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2019
ISBN9788858993644
L ultima notte col chirurgo: Harmony Bianca
Autore

Amy Andrews

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    L ultima notte col chirurgo - Amy Andrews

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Sydney Harbour Hospital: Evie’s Bombshell

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2013 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Giovanna Seniga

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-364-4

    Prologo

    Evie Lockheart si attaccò al campanello senza preoccuparsi di farsi sentire da tutto l’edificio. La musica rock ad alto volume proveniente dall’interno indicava che lui non stava dormendo. «Apri subito, Finn Kennedy, o abbatterò la porta a calci.»

    Erano passate due settimane da quando Finn non era più in ospedale dopo il poco brillante esito della sua seconda operazione. Due settimane da quando le aveva detto di andarsene perché non la voleva più nella sua vita. Due settimane di telefonate e messaggi senza risposta.

    E allora basta.

    Era stufa che Finn la respingesse, respingesse il mondo dalla sua vita.

    Se non lo avesse amato tanto se ne sarebbe andata lasciandolo affogare nella nuvola di infelicità e negatività che lui chiamava casa.

    Ma non riusciva a non pensare continuamente all’infezione che si era preso dopo la sua prima operazione e allo stato in cui si era ridotto quando aveva cercato di curarsi da solo. Che quel maledetto testardo lo volesse o no era decisa a controllare come stava.

    Stava per prendere a pugni la porta quando sentì arrivare l’ascensore. Era Gladys. Non era mai stata così felice di vedere la donna delle pulizie di Finn.

    «Gladys, mi occorrono le chiavi di Finn.»

    L’anziana signora la guardò preoccupata e cominciò a frugare nella borsa. «Sta bene? È ancora malato?»

    «Penso di no» la rassicurò Evie. Gladys aveva trovato Finn svenuto sul pavimento a causa dell’infezione e non si era ancora ripresa del tutto dallo shock. «Penso che stia bene, ma voglio verificare con i miei occhi. Poi gli tirerò il collo.»

    Gladys smise di frugare nella borsetta. «Ieri stava bene.»

    Evie si trattenne a stento dall’impulso di strappare la borsetta a quella piccola anziana signora, che oltretutto puliva anche il suo appartamento insieme a molti altri del complesso residenziale Kirribilli Views.

    «Le ha detto di non darmi le chiavi, vero?»

    Gladys la guardò imbarazzata. «Mi spiace Evie, ma è stato molto chiaro su questo.»

    Evie si trattenne ma avrebbe voluto urlare. «Gladys, glielo chiedo da donna a donna. Ho bisogno di quelle chiavi. Devo assolutamente vederlo.»

    Gladys si morse un labbro. «Lo ama?»

    Evie non fu sorpresa che Gladys sapesse delle chiacchiere che giravano sulla storia fra lei e Finn sia al Sydney Harbour Hospital che nel complesso di appartamenti dove entrambi vivevano. Annuì.

    «Sì.» Anche se non sapeva perché. Era impossibile amare quel uomo!

    Gladys mise la mano nella borsa e le porse un mazzo di chiavi. «Ha bisogno che qualcuno lo ami.»

    «Ha solo bisogno di un paio di sculacciate» borbottò Evie.

    «Anche di quelle» ammise Gladys.

    Finn la guardò quando entrò ed Evie sentì il gelo dei suoi occhi azzurri che la seguivano mentre attraversava la stanza. «Ricordami di licenziare Gladys» le disse e tracannò il liquido giallo ambrato di un bicchiere da cocktail.

    Evie si avvicinò. Lui aveva l’aria sfatta. Il suo solito aspetto informale si era trasformato in trasandatezza. I capelli castano scuri erano scompigliati come se non avesse fatto altro che tormentarli.

    Com’era possibile che un uomo con quell’aria riuscisse ad attirarla tanto? Che uno che la fissava con quello sguardo di astiosa aggressività che era il suo marchio di fabbrica non avesse ancora cancellato in lei qualunque sentimento verso di lui?

    Finn Kennedy sarebbe stato la sua fine. Già era riuscito a farle gettare nella polvere il suo orgoglio.

    Avanzò finché fu bloccata dal tavolino da caffè e fu felice che la presenza di quell’ostacolo le impedisse di afferrarlo e scuoterlo. «Sei ubriaco.»

    «No di certo» rispose lui versandosi un’altra dose di Scotch dalla bottiglia che c’era sul tavolo. «Non ancora.»

    «Sono le tre del pomeriggio.»

    Lui sollevò il bicchiere verso di lei. «Apprezzo questa visita di piacere, ma se non ti secca ho un incontro ravvicinato con il mio bicchiere di whisky.»

    «Non farti questo, Finn. È sicuramente una cosa temporanea. Tornerai ad operare prima di quanto pensi.»

    Lui sbatté il bicchiere sul tavolo. «Vattene, Evie.»

    Lei sobbalzò, ma si rifiutò di farsi scacciare. Era dall’inizio della loro relazione che continuava a dirle di andarsene. Ma c’erano stati anche i momenti di tenerezza e di passione e lei sapeva che era quello il vero Finn e non l’individuo violento e arrogante che aveva davanti in quel momento.

    Capiva perché la voleva mandare via. Sapeva che lui temeva di non poter più essere quello che desiderava di più. Un chirurgo. E non voleva che lei si legasse ad un uomo che si sarebbe sempre vergognato di se stesso per questo.

    «No. Io ti amo e non me ne vado.»

    «Io non voglio che tu mi ami!» ruggì lui.

    «Non puoi sempre avere quello che vuoi nella vita. Nemmeno tu!» Gli si mise davanti con le mani sui fianchi. «Se vuoi che me ne vada, devi schiodarti da quel divano e buttarmi fuori.»

    «Ma allora vuoi proprio farmi una visita di piacere.»

    Evie sopportò che la guardasse come se fosse stata seduta a una delle finestre delle strade del piacere di Amsterdam.

    «Qual è il problema, principessa Evie? Sei tutta eccitata e in tiro e non hai nessuno sotto mano? Ma non c’era bisogno che ti mettessi tutta elegante. Noi ragazzi con un braccio solo non possiamo permetterci di essere troppo schizzinosi.»

    Evie era appena stata a pranzo con le sue sorelle ed indossava un tubino che le arrivava appena sopra il ginocchio e una camicetta di seta con i bottoni che le sottolineava con discrezione la linea del seno. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle.

    Lo ignorò. Non avrebbe permesso che i suoi insulti la distogliessero da quello che doveva fare. «Lascia che ti aiuti, Finn. Ti prego.»

    La sua mano sana scattò e le strinse il polso. La strattonò e lei cadde sulle sue ginocchia e dovette aggrapparsi alle sue spalle per fermarsi.

    «È questo che vuoi? Vedere cosa riesco a fare con una mano sola?» Le palpeggiò un seno. «O questo?» insistette, facendo scorrere la sua mano fino all’orlo della gonna e sollevando il tessuto scoprendole completamente le gambe. Evie sentì un’ondata di desiderio impadronirsi del suo corpo mentre lottava contro la sensazione di piacere che le davano i suoi capezzoli eretti e i brividi lungo la schiena.

    «Vuoi aiutarmi a farmi sentire ancora un uomo? Vuoi farti un giro usando l’unica parte di me che ancora funziona? Vuoi scopare

    Evie si preparò a non cedere a quegli insulti crudeli e a non cadere nella trappola di rispondere con l’astio che il suo tono avrebbe meritato. Non era per quello che era andata da lui.

    «Io voglio solo amarti, Finn» rispose con dolcezza. «Lasciati amare.»

    Di colpo Finn sembrò afflosciarsi mentre la rabbia lo abbandonava. Lasciò cadere la mano e distolse lo sguardo. «Vedi, non riesco nemmeno a toccarti come si deve.»

    Lei gli prese il viso e lo costrinse a guardarla. «Tu hai questa» disse seguendo con un dito il contorno della sua bocca. «Quando non la usi per dire cattiverie riesci a farmi sciogliere come un gelato.»

    Gli prese la mano sana e se la portò al seno. «E questa, che conosce come muoversi lungo il corpo di una donna esattamente come l’altra.»

    Evie vide le sue pupille dilatarsi mentre lui abbassava gli occhi per guardare la mano sul seno di lei.

    Si piegò verso di lui e fece scivolare la mano fino all’inguine di Finn. «E questo.»

    Poi aprì il bottone che chiudeva la cerniera dei jeans e in quel momento Finn smise di lottare con i suoi fantasmi. La sua bocca cercò quella di Evie mentre cominciava a slacciarle i bottoni della camicetta.

    Con un sospiro soddisfatto staccò la sua bocca da quella di lei e cominciò a seguire la linea del seno con la lingua. Poi le tolse il reggiseno e cominciò a mordicchiarle i capezzoli. Evie si sentiva la testa confusa e cominciò a gemere. Presa com’era dal piacere di quella succhiata selvaggia non si rese nemmeno conto che lui la stava spogliando e si preparava a fare l’amore con lei. Quando si accorse che stava per penetrarla lasciò che fosse il suo corpo ad assecondare i movimenti dei fianchi di lui, a rilassarsi e sistemarsi in modo da rendere più intenso il contatto fra loro.

    Non fu un amplesso gentile. Niente paroline dolci sussurrate all’orecchio, movimenti lenti e profondi. Fu una cosa veloce e violenta, proprio come la prima volta.

    Escluso il momento dell’orgasmo in cui gridò il suo piacere, Finn tenne sempre il viso nascosto contro il seno di Evie perché sapeva che quello era un addio, che doveva andarsene. Da Sydney, dall’ospedale. Da lei.

    Dalla dipendenza sessuale che c’era fra loro.

    Ma per il momento quel vortice di passione era quello di cui aveva bisogno. Cercò di prolungarlo il più possibile.

    Rimanendo aggrappato ad Evie mentre le diceva silenziosamente addio.

    1

    Cinque mesi dopo

    «Ma lui dov’è?» domandò Richard Lockheart a sua figlia. «Il principe Khalid bin Aziz vuole che sia Finn Kennedy ad eseguire il quadruplo bypass di cui ha bisogno ed è pronto a donare un altro milione di dollari per mostrare il suo apprezzamento. L’ospedale ha bisogno di lui. Dov’è, Evie?»

    «Non lo so.» Evie stava guardando fuori dalla finestra dell’ufficio del padre le barche che salpavano dal porto pieno di vita. Avrebbe voluto salpare anche lei lasciando dietro di sé tutte le sue preoccupazioni.

    «Evie!»

    Lei sobbalzò e si girò verso di lui. «Cosa ti fa pensare che sappia dove si trova?»

    «Non sono stupido. Le chiacchiere arrivano anche qui. So che voi due avete avuto un’avventura. Penso siate rimasti in contatto.»

    Era la prova del fatto che suo padre non aveva idea di come fosse la sua vita e la vita degli altri in generale. Se avesse conosciuto Finn avrebbe saputo che non era il tipo da rimanere in contatto.

    Cinque mesi prima aveva sperato che lui mantenesse qualche forma di legame con lei.

    Invece era scomparso, volatilizzato. Di notte.

    Il giorno dopo Gladys le aveva consegnato il biglietto che le aveva lasciato. Era scritto a mano. Sei parole.

    Addio Evie. Non tentare di trovarmi.

    Dopo tutta la passione era riuscito a racchiudere la fine della loro relazione in sei parole.

    «Evie?» chiese di nuovo suo padre davanti al silenzio della figlia.

    Lo guardò. Continuava a trattarla come se fosse una bambina di due anni invece che un medico di Pronto Soccorso, preparato e di successo.

    «Lo stato del mio rapporto con Finn non è cosa che ti riguarda.»

    «Ma quello che succede all’ospedale mi riguarda e come.»

    Richard Lockheart prendeva molto sul serio gli affari dell’ospedale. Come principale benefattore lavorava senza sosta per assicurare che la struttura mantenesse il livello di eccellenza voluto da suo nonno che ne era stato il fondatore.

    Evie sospirò, stanca di lottare. Era da giorni che si sentiva sempre terribilmente stanca. «Senti, non faccio apposta. Non so davvero dove sia.»

    Si girò di nuovo verso la finestra. Il suo bigliettino era stata la mazzata finale. Aveva lottato con tutte le sua forze, ma c’è un limite alle volte in cui

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