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Il gioiello della notte: Harmony History
Il gioiello della notte: Harmony History
Il gioiello della notte: Harmony History
E-book227 pagine4 ore

Il gioiello della notte: Harmony History

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Info su questo ebook

Fuggita dall'India dopo il barbaro assassinio dei genitori, Judit Wyatt non ha mai confidato a nessuno il suo tragico passato. Ma quando l'amica Charlotte le presenta il fratello, l'enigmatico capitano Jordan Grant, appena tornato dall'Inghilterra dopo nove anni di servizio a Ranjipur, a poco a poco gli apre il suo cuore, complici i ricordi. E Jordan, che sulle prime l'aveva giudicata l'ennesima scocciatura, inizia a chiedersi se in realtà non sia proprio Judit il gioiello più prezioso, più prezioso persino del diamante che...
LinguaItaliano
Data di uscita9 apr 2021
ISBN9788830528048
Il gioiello della notte: Harmony History
Autore

Helen Dickson

Helen Dickson lives in South Yorkshire with her retired farm manager husband. On leaving school she entered the nursing profession, which she left to bring up a young family. Having moved out of the chaotic farmhouse, she has more time to indulge in her favourite pastimes. She enjoys being outdoors, travelling, reading and music. An incurable romantic, she writes for pleasure. It was a love of history that drove her to writing historical romantic fiction.

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    Anteprima del libro

    Il gioiello della notte - Helen Dickson

    Copertina. «Il gioiello della notte» di Dickson Helen

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Jewel of the Night

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2002 Helen Dickson

    Traduzione di Emanuela De Simoni

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-804-8

    Frontespizio. «Il gioiello della notte» di Dickson Helen

    1

    1822

    L’ufficiale di cavalleria che scese dalla scialuppa sulla quale aveva percorso il tratto di mare tra la Eastern Lady e il cantiere navale della Compagnia delle Indie Orientali, nel porto di Blackwall, sembrava nato nell’uniforme che indossava. Fisico imponente, bel volto dai lineamenti decisi perfettamente disegnati, profilo imperioso e pelle abbronzata come quella degli abitanti dell’India, il capitano Jordan Grant si arrampicò agilmente sulla scaletta della banchina. I suoi folti capelli neri luccicavano alla luce del sole mattutino e, sotto le sopracciglia scure, i grandi occhi grigi apparivano severi e penetranti.

    Era fuor di dubbio un uomo che ispirava timore. La sua espressione appariva sempre indecifrabile e risoluta.

    In quel preciso istante, però, un’intensa sensazione di disagio lo colse di sorpresa.

    Si voltò per lanciare un’occhiata alla nave che lo aveva riportato a casa dall’India, e la mascella serrata tradì un fugace sussulto. Scrutò attentamente i volti delle persone che gli stavano intorno come se potesse così scoprire chi aveva violato la sua cabina e rovistato nei suoi effetti personali, mentre era a colazione con il capitano della nave.

    Chiunque fosse stato, comunque, non era riuscito a trovare ciò che gli interessava, concluse soddisfatto. Istintivamente si portò una mano sul taschino della giubba e, stringendo le dita sul contenuto, si sentì rassicurato.

    Il suo sguardo si incupì al ricordo dell’individuo dal volto pallido e dai lunghi baffi che aveva incrociato sul ponte poco prima, un uomo che non si era imbarcato in India e che, di conseguenza, doveva essere salito a bordo durante una delle soste notturne della nave. La sua faccia gli era vagamente familiare. L’aveva già vista, ne era sicuro, benché in circostanze differenti. Doveva essere successo in India... ma dove, di preciso?

    Il viso di Jordan era ancora improntato a un profondo cipiglio, quando una carrozza si fermò sulla banchina. Appena lo sportello si spalancò, rivelando il caro volto di suo fratello, lui relegò quell’episodio inquietante in un angolo della mente. Se ne sarebbe occupato in un altro momento.

    Divorò a lunghi passi la distanza che lo separava da Edmund, la bocca piegata in un grande sorriso. Erano passati due anni dall’ultima volta che era tornato a casa per una breve licenza, ed era impaziente di rivedere la famiglia.

    I due uomini si strinsero la mano, poi si abbracciarono calorosamente.

    Tra loro c’era una certa somiglianza. Edmund aveva i capelli neri come Jordan, ma non era alto come lui né vantava la stessa prestanza fisica. Inoltre gli mancava l’aura di autorità, energia e forza che circondava Jordan.

    Pur avendo un carattere più affabile e indulgente, Edmund non possedeva il leggendario fascino dei Grant che, invece, era stato ereditato dal fratello maggiore.

    «Bentornato a casa, Jordan. Buon Dio, è bello rivederti! Ma indossi ancora l’uniforme» osservò percorrendo la giubba scarlatta del fratello con uno sguardo interrogativo. «Hai forse intenzione di tornare al tuo reggimento?»

    «Ho indossato questa uniforme così a lungo che è diventata una parte di me» ribatté Jordan con voce profonda. «Ma, no... non tornerò indietro.»

    «Nostra madre accoglierà la notizia con enorme sollievo. Tutti noi saremo felici di riaverti a Landsdowne. A proposito, la mamma ha invitato Emily e me a passare l’estate con voi.»

    «Bene. Sarà bello essere di nuovo tutti insieme.» Jordan aggrottò la fronte. «Mi trovavo a Calcutta quando ho ricevuto la terribile notizia che la nave di nostro padre era naufragata al largo del Madagascar. Un ciclone tropicale, mi è sembrato di capire. Come ha reagito la mamma?»

    «È stata una vera tragedia. La mamma era come stordita dal dolore. Lo sai, la sua costituzione è delicata e siamo ancora preoccupati per la sua salute» ammise Edmund quietamente. «Ma, grazie a Dio, il peggio sembra passato e la mamma è impaziente di rivederti.»

    Jordan allora chiese della sorella. «E Charlotte?»

    «Sono stato io a portarle la notizia al collegio. Adorava nostro padre e la sua morte l’ha sconvolta. Ma sono passati tre mesi dalla tragedia, ed è giovane e forte. Per lei sarà più facile superare il dolore.»

    «È ancora in collegio?»

    «Sì. Fra tre settimane avrà terminato gli studi.»

    Jordan guardò il fratello con sincero stupore. «Santo cielo! Ha già diciotto anni?» gli domandò, mentre gli attraversava la mente l’immagine di una graziosa ragazzina tutta volant e merletti, con i capelli biondi pieni di nastri e il volto sorridente.

    Edmund rise. «Esatto. Nostra sorella ormai è una donna... una donna incantevole, direi. Temo che tu sia stato lontano troppo a lungo.»

    Salirono insieme sulla carrozza e Jordan si accomodò in un angolo. Edmund lo esaminò attentamente. Il suo viso esprimeva un’aggressiva sicurezza di sé e una notevole determinazione. Aveva l’aria di essere un uomo abituato a ottenere tutto ciò che si prefiggeva.

    Ogni volta che era tornato a casa, un esercito di ragazze nubili lo aveva cinto d’assedio nella speranza di conquistare il suo cuore.

    Le donne lo trovavano irresistibile e, benché non interessato al matrimonio, lui non si era mai mostrato indifferente alle loro lusinghe.

    Ora che era ritornato con l’intenzione di restare, la sua condizione di scapolo rappresentava una sfida cui poche avrebbero saputo resistere. Non appena la notizia del suo ritorno si fosse diffusa a Londra, ogni madre di una ragazza in età da marito si sarebbe affannata a presentargli la propria figlia.

    «Dunque non sei più un militare» dichiarò Edmund.

    «No. La morte di nostro padre mi ha convinto ad anticipare il congedo dall’esercito. Tuttavia» proseguì lui, «l’incarico nella Compagnia mi riporterà in India di tanto in tanto. Ma ora raccontami tutto ciò che è successo durante la mia assenza... e di Emily. Sono dispiaciuto di non avere assistito al vostro matrimonio.»

    Edmund aveva sposato Emily Paxton, una giovane di buona famiglia e di enorme ricchezza, un anno prima. Essendo la maggiore di due sorelle, Emily era anche l’erede del patrimonio di famiglia e suo padre aveva insistito che Edmund e lei si trasferissero nel Kent, affinché il genero imparasse a occuparsi della loro tenuta.

    Di natura indolente e privo dello spirito di iniziativa del fratello, Edmund era stato felice di esaudire i desideri del suocero.

    E adesso che Jordan aveva ereditato il titolo di lord Grant, era lieto che il compito di portare avanti i numerosi e ponderosi affari di famiglia, incluso l’incarico di consigliere nella Compagnia delle Indie Orientali, ricadesse sulle sue forti spalle.

    Stringendo una lettera in mano Judit attraversò la strada, diretta alla casa di miss Powell che sorgeva di fronte al collegio. Non era la prima volta che provava aspri sentimenti nei confronti di zia Cynthia, riconobbe. Immediatamente, tuttavia, si sentì sommergere da un’ondata di rimorso. Non poteva dimenticare la generosità della zia che, quando i suoi genitori erano stati uccisi in India quattro anni prima, l’aveva accolta in casa sua e le aveva offerto la possibilità di ricevere un’educazione.

    In ogni caso si sentiva sola al mondo e completamente dipendente da zia Cynthia, che non aveva mai nascosto di considerarla un peso economico e sopportava la sua presenza nella casa di Brighton con malcelato risentimento.

    Miss Powell, la proprietaria del collegio, era una donna molto alta e imponente. Quando la cameriera condusse Judit nel suo salotto, era seduta a un tavolo, intenta a leggere la corrispondenza. Vedendo la sua allieva preferita, il volto si illuminò di un caldo sorriso di benvenuto.

    La luce che si riversava nella stanza attraverso la finestra accarezzò il volto di Judit regalando alla sua pelle delicata una morbida sfumatura dorata e accendendo i suoi sereni occhi nocciola di un luccichio delizioso. I capelli castani dai caldi riflessi ramati erano raccolti in una crocchia all’altezza della nuca in uno stile che miss Powell giudicava troppo austero per una ragazza così giovane.

    Judit era di statura media e di corporatura esile come un fuscello. Indossava un abito verde scuro, il cui corpetto aderente attirava lo sguardo sulla vita sottile e il seno minuto. Benché dotata di un’innata eleganza nel portamento e di un calore spontaneo, appariva sempre seria e composta. Alcuni la giudicavano fredda e distaccata, altri ritenevano semplicemente che fosse soltanto molto quieta ed educata. Aveva un modo di guardare le persone, in silenzio e senza battere ciglio, decisamente simile a quello delle donne del paese in cui era nata, l’India. Avendo vissuto tra loro per quattordici anni, inconsciamente doveva aver acquisito qualcosa del loro fascino esotico.

    «Di che cosa si tratta?» le domandò miss Powell notando la lettera che teneva in mano. «È per me?»

    «Proviene da zia Cynthia» rispose Judit avvicinandosi per porgerle la busta. «Penso che dovreste leggerla.»

    Miss Powell diede una rapida scorsa alla missiva.

    Quando ebbe finito, emise un lento sospiro e, per qualche istante, apparve pensierosa. Alzandosi, lanciò alla sua allieva uno sguardo vagamente preoccupato. «Dunque, tua zia ha intenzione di recarsi in Europa con alcuni amici e suggerisce che tu trascorra le vacanze estive al collegio. Come ti senti al riguardo, Judit?»

    «Sono delusa, naturalmente» ammise lei con lentezza, il viso un po’ accigliato. «Amo molto Brighton e il mare. Ma zia Cynthia ha il diritto di fare ciò che desidera. Non ho intenzione di ripagare la sua generosità lamentandomi e mostrandomi ingrata. Se non fosse stato per lei, non avrei mai potuto frequentare la vostra scuola. Quindi, se voi mi permetterete di restare al collegio, miss Powell, ve ne sarò oltremodo riconoscente.»

    «Certo che puoi restare. La lealtà che dimostri nei confronti di tua zia ti rende onore, ma credo che tu sia fin troppo generosa con lei. In quanto unica sorella di tuo padre e sola parente in vita, tua zia aveva il dovere di prendersi cura di te dopo la tragica morte dei tuoi genitori. Inoltre, da quanto tu stessa mi hai raccontato, tua madre e tuo padre erano una coppia ammirevole. Sei la loro degna figliola.»

    Il cuore di Judit si riempì di calore. «Grazie, miss Powell. Nessuno è in grado di comprendermi come voi.»

    «Hai tratto il massimo profitto dallo studio. I tuoi genitori sarebbero molto orgogliosi di te. Diventerai un’insegnante eccellente, Judit.»

    «Almeno sarò in grado di mantenermi» mormorò lei. «Ormai ho diciotto anni e fra tre settimane la mia istruzione sarà completa.»

    Miss Powell annuì con un sorriso di comprensione e apprezzamento al tempo stesso. L’insegnamento rappresentava un’occupazione rispettabile per una giovane donna, e Judit, che era sempre stata un’allieva modello, sarebbe presto diventata un’ottima insegnante.

    Rassegnata a trascorrere l’intera estate a Londra, Judit fece ritorno nella stanza che divideva con la sua amica, Charlotte Grant, nell’imponente edificio in mattoni rossi a Chelsea. Quel pomeriggio Charlotte aveva seguito con riluttanza una delle insegnanti e un gruppo di altre ragazze a una mostra di pittura; non provava infatti alcun interesse per l’arte.

    Pervasa da un profondo senso di solitudine, Judit si sdraiò sul letto e fissò il soffitto. Non avrebbe mai dimenticato il giorno di quattro anni prima, il giorno in cui era arrivata al collegio.

    Timida e dolorosamente consapevole del misero abito grigio che indossava, era stata sul punto di scoppiare in lacrime. Ma grazie all’amore per la cultura che aveva ereditato dai genitori e a una forte determinazione, si era applicata nello studio ottenendo presto gli elogi e la stima degli insegnanti.

    Charlotte Grant era stata la sua salvezza, facendo irruzione nella sua vita come una luce fulgida.

    Diversamente da lei, non si imponeva affatto di mantenere un’aura di compostezza. Quando non si sentiva sotto lo sguardo vigile di miss Powell, i suoi modi diventavano alquanto vivaci. Era testarda, ma aveva un cuore d’oro e un animo premuroso e gentile.

    Di carnagione nivea, con un paio di occhi azzurri come il fiordaliso che brillavano maliziosamente e il viso circondato da una profusione di boccoli dorati, eccelleva in tutti i talenti che caratterizzavano una giovane nobildonna. Sapeva suonare bene il pianoforte, danzare con la leggiadria di una fata e cantare come un usignolo, qualità che Judit non era in grado di eguagliare.

    Nel profondo del cuore, lei invidiava a Charlotte la sua casa a Greenwich, la famiglia e il forte affetto che li univa. L’immensa ricchezza dei Grant le garantiva parecchi lussi. Suo fratello maggiore e suo padre la ricoprivano di doni ogni volta che tornavano dall’India: sete meravigliose, scialli di cachemire e preziosi ninnoli.

    Ma, soprattutto, le era molto affezionata.

    In quel momento, il ritorno di Charlotte interruppe il corso dei suoi pensieri.

    «Dopo che avrò lasciato il collegio, giuro che non guarderò mai più un quadro» dichiarò la ragazza con tranquilla determinazione.

    Judit si sedette curvando le labbra in un sorriso di fronte al broncio dell’amica. «La mostra era tanto brutta?»

    «Peggio» borbottò Charlotte sbuffando. Le lanciò una rapida occhiata. «C’è qualcosa che non va, Judit? Sembri molto infelice. Che è successo?»

    «Ho ricevuto una lettera da zia Cynthia. Ha deciso di passare l’estate sul continente con alcuni amici. Miss Powell mi permetterà di restare al collegio.»

    «Che cosa? L’estate intera?» si indignò Charlotte.

    Lei annuì.

    «Ma è terribile! Non puoi pensare di restare qui tutta sola! Devi venire a Landsdowne a trascorrere le vacanze con me» decise Charlotte con il suo consueto entusiasmo.

    «È un’offerta molto generosa da parte tua.» Judit sorrise. «Ma non posso accettare.»

    «Certo che puoi! Scriverò alla mamma immediatamente, anche se so già che sarà felice di averti con noi. Le piace avere gente intorno, soprattutto da quando papà è morto. Ci saranno anche Edmund ed Emily, e Jordan sta per tornare dall’India.»

    «Una ragione in più perché io resti qui. State per riunirvi per la prima volta dopo due anni, Charlotte, e io mi sentirei un’intrusa.»

    «Non essere sciocca» la rimproverò l’amica. «Non saresti un’intrusa. La mamma mi ha sempre chiesto di portarti a Landsdowne, e anche mio fratello ha espresso il desiderio di conoscerti. Emily ti piacerà, e anche Edmund è molto simpatico, diversamente da Jordan che talvolta sa essere più scorbutico di un orco. Oh, devi proprio venire!»

    «D’accordo, Charlotte, ma solo se tua madre assentirà di buon grado. Sarò felice di conoscere Edmund e sua moglie, e ti prometto che non mi farò intimorire dal tuo fratello maggiore.»

    «Corro a scrivere alla mamma.»

    La lettera della madre di Charlotte arrivò il giorno prima della fine del trimestre.

    Pioveva a dirotto, quella sera, e Charlotte era appena rientrata in collegio. Era in piedi accanto alla porta dell’ingresso, intenta a scrollare la mantella color prugna e a soffocare uno starnuto, quando Judit le porse la busta.

    «Te l’avevo detto!» esclamò dopo avere dato una breve scorsa alla lettera. «La mamma sarà felice di averti con noi. Devi correre a informare miss Powell, poi andremo a preparare i bagagli.»

    Alla prospettiva di andare a Landsdowne, Judit avvertì un misto di apprensione e di eccitazione. «D’accordo.»

    «Aspetta!» la fermò Charlotte. «Sta piovendo a catinelle. Tieni questa.» Le porse la mantella. «È già bagnata, ma almeno ti coprirà.»

    Annuendo, Judit uscì.

    Era quasi buio e la strada appariva silenziosa. D’un tratto, però, una carrozza trainata da due cavalli le si fermò accanto.

    Dal suo interno emerse una sagoma scura con il volto coperto da un ampio cappello; una sagoma che aveva in sé qualcosa di sinistro e minaccioso.

    Allarmata, Judit si voltò per tornare in collegio, ma tutto accadde con incredibile velocità.

    Prima che avesse il tempo di muovere un solo passo, l’uomo le si parò davanti e la afferrò tra le braccia.

    Judit aprì la bocca per

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